Quanto
siamo disposti ad immedesimarci per comprendere il silenzio degli altri, quello
che urla la sofferenza per un nemico invisibile, che per lungo tempo non ha
avuto volto, non ha avuto nome, ma che ha inesorabilmente allontanato dal mondo
per farsi difesa per sé stessi e per gli altri?
Tony
Rizzo nel suo “Mariposa” (Secop edizioni) raccoglie il vissuto, la
testimonianza di un’amica affetta da una malattia infiammatoria rara e invalidante:
la Spondilite Anchilosante, che colpisce le articolazioni della colonna
vertebrale, rendendola meno mobile e flessibile con conseguente limitazione dei
movimenti. Nei casi più gravi la colonna vertebrale si fonde a formare una
struttura unica, con conseguente impossibilità a svolgere molte attività della
vita quotidiana. Una diagnosi giunta solo dopo molti anni di ricerca senza risposte
su di un corpo in continua mutazione.
È
attraverso il racconto della protagonista che è possibile, non senza rimanerne
frastornati dalla conoscenza e presa di coscienza di questa malattia, che si
apprende che questo nemico pur non potendolo sconfiggere può essere domato se solo
si ponesse vera attenzione e sostegno verso chi ne è sofferente. Quello di
Rizzo è un libro che va, oltre che letto, ascoltato. Perché attraverso i codici
QR stampati al suo interno con il proprio telefonino il lettore può immergersi
in riflessioni sensoriali che aiutano a percepire lo stato d’animo della
narratrice.
Dalla
Spondilite Anchilosante non si guarisce, è una malattia che cambia
improvvisamente la vita e ti pone di fronte ad un bivio che pretende una scelta
da cui dipende il tuo futuro: arrendersi, non ci sono cure certe, o trovare la
forza di andare oltre il muro della solitudine per riappropriarsi della propria
esistenza, pur consapevoli che la lotta sarà sempre impari e
imprevedibile.
“Mariposa”
questo il nome della protagonista che ha scelto di mantenere il suo anonimato,
ma che non si è sottratta dal raccontare e denunciare quanto ha dovuto subire
prima di raggiungere la consapevolezza della sua malattia, ci permette,
attraverso il dono della sua sofferenza e del suo percorso di scoprire il
coraggio della reazione. Sperare oltre ogni speranza, con la dignità di chi ama
fortemente la vita diventando sprono per quella degli altri.
Sino
a che nelle sue analisi non è comparsa la positività a “HLA-B27” che contrassegna un
corpo affetto da Spondilite Anchilosante, rimasta latente per anni, nessun
medico, ripetuti ricoveri in ospedale avevano dato diagnosi ai suoi continui
dolori motivando le sue sofferenze.
Ma
il nemico invisibile, di per sé grave, non sarebbe stato il solo aguzzino da
combattere. La somministrazione di un farmaco senza che le venisse fornita
chiara indicazione di rischio, porta “Mariposa” a dover affrontare anche
l’insorgenza di due tumori. Effetti “collaterali” sottaciuti dai medici che le
avevano consigliato quel farmaco per lenire il dolore.
“Mariposa”
era, come lei stessa si racconta, una brillante donna sempre in giro per il
mondo per il suo lavoro, una donna determinata, circondata da amici e persone
che non hanno mai smesso di volerle bene e a cui lei ha nascosto la sua
malattia per non turbare la loro quotidianità. Almeno sino a quando non ha
trovato la forza di accettarla e combatterla.
Rompere
quel silenzio è stato un lento ritorno a riappropriarsi di quello che la
malattia, avendola relegata nella solitudine, le impediva di vivere pienamente.
Una
riconquista, una mutazione riscoperta grazie al sostegno delle cure palliative
che le hanno consentito di riaffermare la propria indipendenza dalla malattia
soprattutto attraverso l’ipnosi e altre cure di mantenimento.
Quelli,
i farmaci biologici devastanti quanto inefficaci, sono la sua vera collera ed è
contro le lobby delle case farmaceutiche che hanno esperimentato sul suo corpo,
e quelli di tanti altri ad alto costo per lo Stato, che è rivolto il suo grido
di attenzione. La sua battaglia per la verità affinché ad altri sia risparmiato
il prezzo da lei pagato.
Mariposa in spagnolo significa farfalla.
La spondilite per questa donna di coraggio è stato il bozzolo che ha avvolto la
crisalide mutata poi in farfalla con l’aiuto dell’ipnosi, permettendole di
spiccare il volo lontana dal dolore. Un dolore a cui non si può restare
indifferenti e su cui lo Stato deve dare risposte e sostegno per rendere
veramente liberi quanti sono afflitti da Spondilite Anchilosante. Una battaglia
che può essere vinta.
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