ECONOMIA
DALLA BELLEZZA
UN
PONTE PER UNIRE ARCHEOLOGIA MINERARIA, PREISTORIA, CARSISMO
Dopo
vent’anni si è assodato che le miniere di bauxite, geosito testimonianza di
archeologia mineraria utile a candidare il Parco dell’Alta Murgia a patrimonio
dell’Unesco, non andavano utilizzate, come auspicato da un “lungimirante”
sindaco di Spinazzola, come discarica.
L’idea
di un sito di sicuro interesse archeologico e patrimonio naturalistico ed
identitario del territorio da utilizzare come discarica era stata accarezzata
dalla criminalità che nel 2008 dentro le cave aveva scaricato ecoballe eludendo
il lavoro della procura di Trani che, con il pm Antonio Savasta, non era
riuscita ad individuare responsabili e provenienza dei rifiuti.
Le
cave di bauxite, attrattore che richiama visitatori e che il cinema ha usato,
facendosi carico dei costi per facilitarne la fruizione, rappresentano una
location privilegiata e di forte impatto per esprimere la settima arte.
Ai componenti della troupe del National Geographic
arrivati dalla Scozia nel 2019 per filmarle, le cave hanno fornito uno
spettacolo del luogo che ha suscitato stupore e meraviglia per conformazione e colori. Un fascino misterioso
e arcano avvolge le miniere, da ultimo riprodotte su un francobollo con tiratura di 200.000
esemplari.
Quello delle miniere di bauxite tuttavia non è
l’unica espressione di bellezza della Murgia spinazzolese, territorio tra i più
suggestivi dell’area protetta ma poco conosciuto. Ed infatti sulla collina
opposta alle miniere di bauxite vi sono testimonianze del carsismo e della
Storia, quella che merita la “S” in maiuscolo, che, pur nella trascuratezza
politica e culturale di tanto considerevole patrimonio, fanno del luogo un unicum di sicuro interesse non solo
locale e regionale ma internazionale.
Tutta la zona prende nome di “località Cavone” in ragione della
presenza di una dolina di 20 metri in cui si trova una voragine che raggiunge
l’abisso ad una profondità di 90 metri, classificata PU_21
nel catasto delle grotte naturali della Puglia. Rilevata nel 1919
da Carmelo Colamonico, è meta di formazione di speleologi, come quelli del
Gruppo Speleologico Ruvese (GSR) e del Centro Altamurano Ricerche Speleologiche
(CARS), ma andrebbe ripulita completamente dalle autovetture fatte cadere giù
dalla criminalità nel corso degli oltre venti ultimi anni.
Poco distante dalla voragine, nel 2006, su
scoperta e segnalazione dello scrivente alla Soprintendenza, l’Università di
Pisa ha approfondito i suoi studi su un’area archeologica risalente all’età del
Bronzo e soprattutto su un giacimento di incisioni risalente all’età dei
Metalli - Riparo del Cavone – l’unico “racconto” dell’uomo rappresentato con
figure antropomorfe, zoomorfe e simboli: tra le numerose ipotesi sul loro
significato le più accreditate riguarderebbero la rappresentazione di una
cerimonia, oppure quella di una scena di caccia o di un sacrificio, oppure,
ultima supposizione, le incisioni riprenderebbero una scena di guerra.
Ad oggi, questo luogo così carico di tracce
paradossalmente non è sottoposto a tutela e non è menzionato, a dispetto del
suo valore antropologico, anche rispetto a incisioni simili attestate solo in
Spagna.
Detto
questo, ecco una proposta che potrebbe sembrare bizzarra, ma che in realtà
trova applicazione in altre aree protette: unire le due colline con un ponte
tibetano - nel suo genere sarebbe unico in Italia - che permetta così, in un
unico percorso fruibile, di passare dalle attestazioni dell’archeologia
mineraria a quella della preistoria e a quelle del carsismo formatosi in età
cenozoica.
Il
ponte si aggiungerebbe ai sei ponti tibetani più spettacolari e di forte
richiamo turistico già presenti in Italia: il ponte di Cesana Claviere
(Piemonte) attualmente il più lungo al mondo con 468 metri di lunghezza, 35 di
altezza, quello della Luna, lungo 95 metri a 30 di altezza e quello della
Gravina entrambi in Basilicata insieme ai due ponti in Veneto, quello della
Valsorda lungo 52
metri, largo 70 centimetri, corrimano a 120 centimetri, a doppia percorrenza e
il sentiero ferrato Ivano Dibona di soli 27 metri nello scenario delle Dolomiti
e il ponte nel Cielo, in Valtellina, il più alto d’Europa 140 metri, largo un solo metro
che si distende per una lunghezza
di 234 metri.
La Murgia di Spinazzola, nel rispetto dell’area protetta, potrebbe
davvero diventare un luogo di grande attrazione e potrebbe rappresentare una
significativa opportunità di sviluppo. Ovviamente non prima di procedere a
riportare in luce completamente il sito dell’età del Bronzo, tutelare le
incisioni rupestri, mettendo in maggiore sicurezza l’inghiottitoio, magari con
la realizzazione, lungo il percorso, di un orto botanico con piante spontanee
del promontorio.
Solo per fare un esempio, in
Basilicata a Pietrapertosa e Castelmezzano
dove si pratica “il volo dell’angelo” che unisce le due località l’esperienza suggestiva, di richiamo nazionale, si completa con
escursioni storico-naturalistiche.
Spinazzola, Parco
dell’Alta Murgia, Regione Puglia proprietaria del sito, per non restare ferme
alle miniere di bauxite potrebbero attuare questo progetto, potrebbero cioè
investire su ponti per sconfiggere limiti, barriere, isolamento, per la
valorizzazione del territorio e del fare impresa. La speranza è che non si debbano
attendere vent’anni per percepirne la portata e per riconoscere il valore e le
potenzialità del territorio su cui si mettono i piedi, di quelle pietre, segni
lasciati dall’uomo e dalla natura su cui guardare dall’alto.
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