lunedì 29 aprile 2013


SPINAZZOLA UNA STORIA INQUIETANTE NATA SULL’ASSE TERRITORIALE CHE PORTA AD ALTAMURA
Aggressione al giornalista chieste condanne pesanti
Sullo sfondo della vicenda la destinazione a discarica del sito «Grottelline»
di Cosimo Forina
Intrecci tra mafia, politica e affari ad Altamura. Un cronista “grillo parlante” e tanta indifferenza anche della società civile e dell’ordine dei giornalisti. Per l’aggressione subita da Alessio Dipalo, giornalista pubblicista e direttore di Radio Regio, avvenuta ad Altamura il 5 luglio 2006 chiesti dalla Procura di Bari, pm Desirèe Digeronimo, ai suoi presunti aguzzini, dagli otto ai due anni di reclusione. Processo con rito abbreviato, gup Gianluca Anglana, imputati Domenico Cicirelli (8 anni), l’ex assessore comunale Vito Zaccaria (3 anni) e il collaboratore di giustizia Vincenzo Laterza (2 anni) esecutore materiale dell’aggressione. A Cicirelli e Laterza sono stati contestati anche il reato di associazione mafiosa. Per Zaccaria, chiesta l’assoluzione dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. L’imboscata a Dipalo si verificò dopo la sua partecipazione a Spinazzola alla conferenza del 29 giugno 2006: «Futuro delle Grottelline e della Città, immondezzaio o sito archeologico da valorizzare?» alla quale parteciparono anche l’inviato del Corsera Carlo Vulpio e l’avv. Vincenzo Giancaspro (Senza Rete di Altamura). Incontro a corredo della petizione che chiedeva da parte dei cittadini di Spinazzola al presidente della Regione Nichi Vendola, così come aveva fatto il commissario prefettizio Mariannina Milano, di bloccare l’iter della discarica a Grottelline per la valenza del sito: ambientale, monumentale ed archeologico. Discarica tuttora non realizzata, dopo sette anni. Dato in gestione per vent’anni dalla Regione all’Ati Tradeco-Gogeam. Nei giorni 1-2 e 5 luglio 2006 Dipalo trasmette dalla sua radio la registrazione del dibattito. Ad attenderlo sotto casa alle 14.25 del 5 luglio due individui che lo aggrediscono con calci e pugni. Sgherri legati al boss Bartolo D’Ambrosio ucciso il 6 settembre 2010. Biagio Genco, caso di lupara bianca e Vincenzo Laterza, divenuto collaboratore di giustizia. Il quale, messo in sicurezza dalla direzione distrettuale antimafia di Bari, confessa la dinamica dell’aggressione indicando in Cicirelli il mandante. La spedizione punitiva verso il giornalista che parlava di gestione e smaltimento dei rifiuti, affermerà Laterza agli inquirenti, doveva concludersi con i colpi di pistola, non limitarsi a calci e pugni. Obiettivo: ottenere da Cicirelli un posto di lavoro presso la società Tradeco di Altamura, patron Carlo Dante Columella. Per l’omicidio del boss Bartolo D’Ambrosio, il pm Desirèe Digeronimo in altro processo il 23 aprile, ha chiesto la pena dell’ergastolo per Giovanni Loiudice e suo figlio Alberto. Il primo mandante, il secondo esecutore materiale del delitto. Lo scorso giugno sono stati condannati altri presunti esecutori materiali dell’omicidio, Michele Loiudice (altro figlio del boss Giovanni) e Francesco Palmieri a 20 anni di reclusione. Francesco Maino 12 anni e 8 mesi. Emblematico quanto subito da Alessio Dipalo. Nel processo per l’aggressione a costituirsi parte civile con lui, la sola Provincia di Bari e la famiglia di Biagio Genco. Non il Comune di Altamura, non l’Ordine dei Giornalisti, Assostampa e Federazione della Stampa come avrebbero potuto, ed invece hanno scelto il silenzio anche dopo la richiesta di condanna degli imputati da parte del pm Digeronimo. Diverso atteggiamento fu assunto su Radio Regio (radio contro tutte le mafie) e il suo direttore Alessio Dipalo, quando nell’autunno 2005 il procuratore aggiunto di Bari, Marco Dinapoli ora a Brindisi, e il gip Chiara Civitano chiusero l’emittente. In quella circostanza Dipalo venne sospeso come giornalista per due mesi, pur contestando il provvedimento l’Ordini dei giornalisti nazionale e della Puglia. Il provvedimento dei giudici non era mai stato adottato in Italia da quando sono nate le radio libere (1976). Cosa era successo? Sulla testa di Alessio Dipalo, per quel che raccontava e racconta nella sua trasmissione “La Cronaca” erano arrivate una decina di querele. A distinguersi pure il consiglio comunale di Altamura che in seduta segreta aveva votato una delibera (anche questa senza precedenti in Italia) con cui si invitava procura, questura, prefettura, authority e ministeri a “monitorare ” l’attività dei mezzi di informazione locali. Ovvero Radio Regio Stereo, ovvero Alessio Dipalo. È trascorso del tempo, ma le denunce-inchieste giornalistiche di Alessio Dipalo sul potere politico, su strane assunzioni e sul pressante condizionamento nella vita politica-amministrativa di Altamura con gli anni, hanno trovato riscontro nelle aule giudiziarie.

sabato 13 aprile 2013


ISTITUTO PENITENZIARIO VUOTO A PERDERE MENTRE A LUCERA I DETENUTI, LOTTANO CONTRO I TOPI E CHIEDONO DIGNITÀ
di Cosimo Forina
Spinazzola-Anche il sindacato Sappe-Polizia Penitenziaria è per la riapertura del carcere di Spinazzola. Molto è stato propinato sull’ex carcere, pochi i riscontri che la sua chiusura era davvero inevitabile. Della struttura si è detto che era inidonea e antieconomica, ovvero pochi internati. Che non vi era altra possibilità per farlo sopravivere per mancanza di personale. A distanza di due anni queste dichiarazioni hanno il sapore dell’ennesima “bufala” e non parliamo della mozzarella. Consultando gli interpelli nazionali, ovvero le richieste da parte degli uomini della Polizia Penitenziaria di essere trasferiti in altre sedi, ecco spuntare la sorpresa. Sin dal 2010 vi era chi avrebbe voluto prestare il proprio servizio a Spinazzola, ancor prima del decreto di chiusura firmato dal Guardasigilli Angiolino Alfano (16 giugno 2011), ed anche dopo, quando l’ex capo dipartimento Franco Ionta ci ha ripensato e si è impegnato per la riapertura in seguito alle audizioni con i parlamentari Luigi D’Ambrosio Lettieri in Senato e Benedetto Fucci alla Camera. A chiedere il trasferimento a Spinazzola, decine di uomini che prestavano servizio nelle sedi di: Melfi, Trani, Padova, Milano, Lanciano, Biella, Fermo, Catanzaro, solo per citarne alcune. Richieste azzerate nonostante altra puntuale interrogazione dei Radicali al Ministro della Giustizia Nitto Palma, prima firmataria Rita Bernardini. Il Governo in quella occasione rispondeva che Giuseppe Martone, provveditore regionale Puglia, aveva tra l’altro dichiarato di non riuscire a trovare uomini sufficienti per la sua gestione. Carcere chiuso in tutta fretta: detenuti trasferiti, uomini della polizia penitenziaria in servizio fatti rientrare in altre sedi, struttura smantellata, smembrata e abbandonata. In Italia di carceri con meno di cento detenuti, ovvero da ritenere “antieconomici” ve ne sono diversi. Così come alcune carceri sono tanto fatiscenti da meritare la gogna pubblica. Il sovraffollamento: una vergogna che ha provocato l’ira del Capo dello Stato e la condanna della Corte di Strasburgo. Ma a chiudere è stata Spinazzola. Nel 2013 la popolazione carceraria in Italia ha sfiorato le 67mila unità. Al 31 marzo in Puglia, nelle undici carceri in esercizio, capienza 2.459 posti, si è registrata una presenza di 4.078 detenuti. In condizioni veramente pietose vi è quello di Lucera. Lo scorso 21 marzo la “Gazzetta” ha pubblicato una lettera-denuncia dei detenuti li rinchiusi in cui si asseriva: “viviamo in condizioni disastrose per mancanza di igiene assoluta, in quanto nelle nostre celle non solo combattiamo per la nostra dignità ma, anche, con topi, umidità e freddo. Tanti sono gli abusi che vengono compiuti sulle nostre persone”. Il sindacato Sappe Polizia Penitenziaria, sottolineando la criticità di Lucera. Posizione non estemporanea, così già nel 2010: “ancora una volta torniamo a denunciare una situazione assurda ed incredibile che colpisce il carcere di Spinazzola, poiché potrebbe contribuire in maniera concreta a dare sollievo nel disastrato panorama penitenziario pugliese. Spinazzola non porterà a soluzione la grave problematica del sovraffollamento anche se si deve far notare che la tipologia dei detenuti ospitati nel carcere della Murgia renderebbe un grande servigio ai c.d. penitenziari più grandi. Infatti a Spinazzola tutti i detenuti ristretti appartengono alla categoria sex-offender che nelle carceri normali creano molto più lavoro e disagio alla Polizia Penitenziaria, nonché pericoli alla sicurezza del carcere stesso”. Quale la situazione del carcere di Lucera? Così è stata descritta nell’interrogazione parlamentare dei Senatori Salvo Fleres (Grande Sud), Donatella Poretti e Marco Perduca (Radicali Italiani) al Ministro della Giustizia Paola Severino:“attualmente nella Casa Circondariale di Lucera, a fronte di una capienza regolamentare di 156 reclusi, nonostante i diversi lavori di ristrutturazione nelle diverse aree detentive, sono ospitati circa 250 persone. Sembra che si siano verificati 5 ferimenti, 11 colluttazioni, 8 atti di autolesionismo, 3 tentati suicidi, 9 scioperi della fame, 1 fenomeno di violenza, resistenza ed oltraggio a pubblico ufficiale, 3 manifestazioni di percussione rumorosa dei cancelli. Il personale di Polizia Penitenziaria sarebbe composto da 104 unità di cui 6 unità femminili.” Riaprire Spinazzola significa arginare la mancanza di dignità dei detenuti, non escludendo il trasferimento di parte di quelli rinchiusi a Lucera. Almeno per sottrarli ai topi aguzzini. Cosi il segretario nazionale del Sappe, Federico Pilagatti: “vivono in stanze di un metro e mezzo per tre circa, costretti a fare i loro bisogni corporali senza alcuna privacy nella stessa stanza ove soggiornano mangiano, dormono e passano la maggior parte della loro giornata”.

domenica 7 aprile 2013

AMBIENTE E NATURA
IL FALCO DI SPINAZZOLA
ESEMPLARE RARO

E’ uno dei pochi esemplari di falco
lanario, specie superprotetta dalle
direttive dell’Unione europea
PERICOLO INCOMBENTE
Una ipotetica trasformazione industriale
della zona ha rischiato di cancellare i luoghi e
l’esistenza del Lanario in modo irreparabile
IL PADRONE DEI CIELI DI GROTTELLINE
La sola presenza sarebbe bastata a candidare la zona a sito di interesse comunitario
di Cosimo Forina
Per i più è l’unico vero padrone assoluto dell’area di “Grottelline” che da qualche anno, prima da solo, ora con la sua compagna, sorvola il territorio. È lì, dopo i suoi avi, da sempre. In barba a chi vorrebbe farlo convivere con i gabbiani. E’ uno dei rarissimi esemplari, specie super protetta dalle direttive europee di falco lanario (Falco biarmicus). Taglia media, lungo 38–49cm con coda di 12–15cm ed apertura alare di 90–115cm che ha nidificato tra le lesioni del tufo della cava che si vorrebbe trasformare in immondezzaio. Di lui e della colonia a cui appartiene mai nessuno si è preoccupato, ne tanto meno qualcuno si è posto il problema di rispettarne il suo habitat per evitarne pericolo di sopravvivenza e di estinzione. I suoi parenti vivono in Africa, nella penisola arabica, in Asia minore e nei Balcani. Non si trova in Europa centrale. Come a dire, che la sola sua presenza sarebbe bastata a candidare “Grottelline ” come zona Sito di interesse comunitario, ovvero Sito di Importanza Comunitaria come è stato per i “Valloni ” di Spinazzola per la presenza della “Salamandrina tergiditata”. Ed invece no, di “sviste” e “disattenzioni” su questo lembo di terra, di interesse ambientale, paesaggistico, architettonico e archeologico, in una mangiata di anni, rispetto alla sua storia millenaria c’è ne sono state così tante da poterci scriverci un libro o forse un’opera enciclopedica, vista la mole di documenti prodotti. Il falco è li, trasvola, volteggia, scende in picchiata e di tanto in tanto si incrocia con l’uomo. Qualche millennio fa ha condiviso i luoghi con esseri umani che da nomadi, cavernicoli, si sono organizzati in forma stanziale con capanni, allevando bestiame e coltivando i primi cerali. Si era nel Neolitico, ma sino ai giorni nostri passando per l’età del Bronzo finale, epoca Romana, Templari e medioevo, mai nessuno di quegli esseri su due gambe, intelligenti, aveva posto in pericolo la sua esistenza. Poi è arrivata questa strana storia dell’immondezzaio, degli impianti di biostabilizzazione, per il trattamento dell’umido dei rifiuti e della frazione secca. Voluta prima dal Comune di Spinazzola nel 1990, amministrazione Pci-Dc, poi da Raffaele Fitto nel 2003 ex presidente della Regione Puglia, concessa nel 2006 all’Ati Tradeco-Cogeam per circa 20 anni dal Commissario Straordinario all’Ambiente, Nichi Vendola. Storia sfociata in litanie, volta faccia di politici, prima contrari poi favorevoli all’immondezzaio, memorie di computer spariti e faldoni dispersi nei meandri degli uffici, inchieste giudiziarie, sequestri e dissequestri dell’area, interrogazioni parlamentari. Una ipotetica trasformazione industriale, spietata, senza precedenti, capace di cancellare i luoghi e l’esistenza del falco Lanario e non solo lui, in modo irreparabile. Lui c’era, il falco lanario, quando i carabinieri hanno posto i sigilli la prima volta a quelle cave su mandato della procura di Trani, perché il progetto diceva altro rispetto a quello che si intendeva realizzare con qualche alchimia. Era anche lì quando la parte coibentata della cava, da riempire con la “monnezza” del Bacino Ba/4 200mila abitanti, adiacente al sito Neolitico, si è riempita d’acqua. Perché dalla lama, dove c’è anche una chiesa rupestre, in cui scorre un torrente di cui nessuno si è accorto sin ora, scendendo dalla Murgia ha tracimato creando un grande lago. Il buon falco non sa che lo scorso 4 aprile, presso l’assessorato regionale all’ambiente si voleva chiudere la partita, e far ripartire il mega immondezzaio da un milione di metri cubi. Proprio li, a casa sua. E sarebbe andata così se il sindaco di Spinazzola Nicola Di Tullio e i rappresentanti della Provincia Barletta-Andria-Trani, a cominciare dal presidente Francesco Ventola non avessero posto il veto chiedendo di analizzare tutta la documentazione sulla nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Un nulla di fatto che ha portato ad un nuovo rinvio. Certo, c’è stata la sorpresa di trovare li, sul tavolo della discussione, la relazione tecnica “favorevole”, ovvero con nessuna eccezione in contrasto, dell’ufficio tecnico comunale di Spinazzola. Nonostante fatti nuovi sono emersi sull’area di “Grottelline” in particolare per l’aspetto idrogeologico. Il falco, però, dice comunque di fidarsi dell’uomo. Così è stato nei millenni di convivenza. Tant’è che vista la differente volontà politica-tecnica nel Comune di Spinazzola si è chiesto se non sia il caso che il sindaco avochi a se l’intero fascicolo e procedimento. Si può fare, hanno suggerito al volatile, che ora attende gli esiti dopo il rinvio. Tra un volteggio e l’altro, in attesa di una preda da catturare appena uscita dalla tana, al primo raggio di sole di primavera.

QUANDO COLAVOLPE FILMÒ LA DISCARICA
Il reporter fermato nei giorni scorsi in Siria nel 2007 era sulla Murgia per le riprese di «La storia siamo noi»
Tra i quattro giornalisti fermati in Siria: Amedeo Ricucci, Andrea Vignali e la italo-siriana, Susan Dabbous anche Elio Colavolpe, troupe del programma Rai “La Storia siamo noi”. Elio, il 3 aprile 2007 era a Spinazzola per documentare attraverso i suoi scatti quel che andava succedendo per la discarica che si voleva far sorgere a “Grottelline”. Arrivato da Milano, zaino in spalle, con dentro la sua macchina fotografica e i suoi obbiettivi ha subito posto la sua attenzione alla bellezza naturalistica e architettonica dell’area . Le arcaiche grotte, la vegetazione, il paesaggio, prima ancora delle cave destinate a discarica sono state raccolte nella sua documentazione fotografica in ogni dettaglio. Fotografie per provare la contraddizione tra le peculiarità del luogo e la sua destinazione a immondezzaio. Simpaticissimo, disponibile specie con i ragazzi, pur nel suo riserbo che caratterizza un po’ tutti i giornalisti, Elio si è raccontato, lasciando nella conviviale conversazione quel fascino che circonda chi per lavoro deve descrivere senza riserve e spesso in condizioni critiche e di pericolo gravi fatti di cronaca. I suoi ultimi scatti, in serata, prima di ripartire da Spinazzola, durante l’assemblea cittadina organizzata dal Comitato in difesa del Centro Storico e della Pro-loco nella sala Innocenzo XII. Dove tra l’altro veniva denunciato da parte del presidente della Coldiretti locale, Michele Lovaglio, oltre alla situazione di “Grottelline”anche il rischio concreto di arrivo di rifiuti che sarebbero stati occultati nel territorio. Un traffico gestito dai Casalesi. Quell’incontro segnò il lancio della spugna dell’amministrazione di centrosinistra per la discarica. Prima dichiaratasi contraria poi stranamente favorevole all’insediamento dell’immondezzaio a Spinazzola. Finito anche questo negli scatti di Elio Colavolpe. Rispettando il massimo riserbo e il silenzio stampa richiesto dalla Farnesina per i quattro giornalisti italiani rapiti venerdì nel nord della Siria tra la regione di Idlib e quella turca di Hatay. “Priorità è la loro incolumità” ha sottolineato il Ministero degli Esteri, queste righe vogliono essere solo finalizzate a far sentire tutta la nostra vicinanza ai colleghi a cui auguriamo di far presto ritorno a casa.

sabato 6 aprile 2013


Un miliardo e 300 milioni di euro per un “mediatore” sono la prova che il business eolico rende più del narcotraffico (con buona pace di Saviano), come sostenevano Vulpio e Sgarbi nel loro programma del 18/5/2011 soppresso da Rai Uno dopo una sola puntata. Il ministro Cancellieri non si accorgeva della mafia eolica di Alcamo e sciolse il comune di Salemi, mentre la Lei (ex dg Rai) sciolse il programma tv. Le due signore faranno ancora carriera. E senza bunga bunga
Dal Blog di Carlo Vulpio
6 aprile 2013
E’ sempre antipatico dire: avevo ragione. Ma se (purtroppo) avevo ragione, avevo ragione.
Se un “facilitatore” o “sviluppatore” (termini che già di per sé fanno vomitare), come quel Vito Nicastri arrestato nei giorni scorsi ad Alcamo, in Sicilia, è riuscito a mettere da parte una somma di un miliardo e trecento milioni di euro grazie alla sua attività di mediazione (in pratica, questi è il soggetto “pagatore” che, per conto degli “investitori”, unge politici e funzionari di comuni ed enti pubblici per ottenere autorizzazioni a installare pale eoliche e paga l’affitto – superiore a quanto i fondi agricoli possano rendere coltivandoli – ai proprietari dei terreni in cui le pale vengono issate), se, dicevo, un sensale del genere intasca un miliardo e trecento milioni di euro, vuol dire che non ha guadagnato tanto, o tantissimo. Ma di più. Vuol dire che se al posto del business dell’eolico avesse scelto quello del narcotraffico non avrebbe guadagnato così tanto. (Con buona pace della rockstar dell’antimafia da notte, Saviano, e della sua tesi “inedita”, che vorrebbe la cocaina come il motore turbocapitalista del mondo).
Questo esempio fa capire un po’ meglio qual è stato il reale motivo della chiusura, dopo una sola puntata, del programma “Ora ci tocca anche Vittorio Sgarbi”, andato in onda il 18 maggio 2011 su Rai Uno. Non fu lo share (8,3 per cento, 2 milioni e mezzo di spettatori), visto che Roberto Benigni leggendo (male) Dante e per questo guadagnando (bene) - 6 milioni di euro – è andato sotto il 2,5 per cento, senza che nessuno lo abbia mandato a casa. Non furono i “fuori programma” di Sgarbi che mandò all’aria la scaletta del programma poiché decise di replicare (sbagliando la sede, non nel merito) agli attacchi falsi e scientifici di collusione mafiosa rivoltigli da Fatto quotidiano e Repubblica alla vigilia e poi il giorno stesso della messa in onda del programma. No. Furono i nostri interventi sulla tutela del paesaggio e in particolare sul business dell’eolico a determinare la chiusura del programma. Fu la nostra fondata ostinazione a dimostrare che l’eolico industriale (e anche il fotovoltaico industriale) sono un business concettualmente mafioso, secondo il seguente felice slogan (concepito da decine di associazioni del Salento stuprato da pale e pannelli): “Dove si devasta il paesaggio là c’è mafia”.
Avevo ragione anche sul “parco eolico” off shore progettato nel Canale d’Otranto, al largo di Tricase, per il quale la signora Grazia Francescato, ex leader dei Verdi, ex assessore al comune di Tricase (ohibo’, proprio quello delle pale eoliche) e da qualche tempo gloriosamente trasmigrata nella Sel del paleologo (nel senso delle pale, di cui ha riempito la Puglia) Vendola, ha perso la causa milionaria che aveva intentato nei miei confronti per un mio servizio pubblicato su questa vicenda dal Corriere della Sera. Francescato ha perso la causa ed è stata anche condannata a pagare 7 mila euro di spese legali.
Avevo ragione, d’accordo. Ma è servito a qualcosa? In questi due brevi/lunghi anni invece cosa è accaduto? Che il governo tecnico e il ministro tecnico dell’Interno, Cancellieri, sciogliessero per mafia il comune di Salemi, il cui sindaco era lo stesso Vittorio Sgarbi (qui di seguito, trovate un suo appassionato articolo sul tema) che con me denunciava la mafia eolica nelle piazze e in tv. Alla signora Cancellieri in quei giorni io stesso inviai una lettera aperta, pubblicata anche da il Giornale, in cui la invitavo a verificare, a soppesare, a sciogliere non Salemi, ma altri comuni, dove le infiltrazioni mafiose erano ben più evidenti e pericolose. Niente da fare. La signora prefetto doveva sciogliere Salemi, così come la signora Lei (allora direttore generale della Rai) sciolse quel programma tv, libero e impossibile, di Sgarbi e Vulpio. Complimenti. Queste due signore faranno ancora carriera. E senza bunga bunga.

Aria pulita e affari sporchi: la mafia fa soldi con l’eolico
Ambiente e criminalità/La vera trattativa Stato-mafia
di Vittorio Sgarbi
(il Giornale, 4 aprile 2013)
Aria pulita e affari sporchi: la mafia fa soldi con l’eolico
Ambiente e criminalità/La vera trattativa Stato-mafia

di Vittorio Sgarbi
(il Giornale, 4 aprile 2013)
Ecco la trattativa tra Stato e mafia. Eccola oggi, non vent’anni fa. La prova della complicità. Il favoreggiamento. Si è accusato il generale Mori di non avere perquisito il covo di Riina. Di avere perso tempo? Ed ecco qui la dimostrazione del tempo perso per favorire gli affari della mafia e distruggere il paesaggio.
Da anni denuncio lo stupro, la violenza, gli affari criminali dietro l’eolico e il fotovoltaico, in nome di una fantomatica energia pulita. Nelle regioni meridionali, nelle più belle per il paesaggio, la Sicilia, la Puglia, ovunque le immonde torri dominano crinali di colline e montagne con impercettibili e inutili movimenti e, nella maggior parte, sono ferme. Sono il
trionfo delle spese inutili, fintamente deprecate dai partiti e favorite da norme europee, da incentivi dieci volte superiori al gettito dell’Imu.
Il signor Vito Nicastri di Alcamo ha raccolto un tesoretto di un miliardo e trecento milioni di euro e, per favorirlo, il ministero dell’Interno e il presidente Napolitano hanno sciolto per mafia il comune di Salemi, a pochi chilometri da Alcamo, dove c’era un sindaco che gridava e denunciava lo sporco affare, che in ogni
modo ne bloccava lo sviluppo e rifiutava le tangenti legali offerte ai comuni per potere continuare a distruggere il paesaggio.
Come rifiutarle, essendo i comuni alla canna del gas? Io quei danari sporchi li ho respinti, gli attuali Commissari di Stato, lautamente pagati (diecimila euro a testa più rimborsi spese e indennità varie), hanno continuato a promuovere l’eolico e il fotovoltaico favorendolo in ogni modo. Il ministro Maroni, oggi sconfessato dal Consiglio di Stato, ha sciolto il Comune di Bordighera (sic!), il ministro Cancellieri, con la complicità del prefetto di Trapani, Magno, ha sciolto il comune di Salemi. E intanto la mafia faceva i suoi affari poco lontano, ad Alcamo, infettando tutta la Sicilia.
E chissà perché tutta questa urgenza di energia pulita prevalentemente nel Meridione. Ieri ho visto la città di Catanzaro sconvolta da torri eoliche tutte ferme. Il giornalista Carlo Vulpio me ne ha indicato l’espansione in uno dei luoghi più sublimi d’Italia: il lago di Bolsena. Ma le pale si vedono anche a Montalcino e sono minacciate a Pontremoli, nella Lunigiana, sublime sintesi di paesaggio emiliano, ligure e toscano.
Napolitano le ha viste a Gibellina e ha taciuto. Pure da me chiamato a garantire l’efficacia dell’ articolo 9 della Costituzione: «La Repubblica … tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Grillo manda le sue truppe in val di Susa, ma tace sull’eolico, e non l’ho mai visto in Sicilia, a Mazara del Vallo o a Marsala, dove io denunciavo l’orrore a un procuratore inerme e indifferente, Alberto Di Pisa, con esposti e circostanziati riferimenti, e lui rispondeva rendendomi in candidabile alle elezioni amministrative di Cefalù. Intanto il prefetto di Trapani, una delle province più umiliate dalla truffa dell’eolico, non si preoccupava delle mie denunce, non me ne chiedeva ragione, non interveniva ad Alcamo, ma promuoveva e otteneva lo scioglimento del comune di Salemi, da cui la protesta era partita e dove nessun appalto, nessun incentivo
e nessuna autorizzazione erano stati concessi.
Si cercava la mafia a Salemi ed era ad Alcamo. Carabinieri, questori e poliziotti sentivano ovunque i miei comizi e le mie conferenze senza reagire. Intanto il poliziotto Linares corteggiava il mio vicesindaco, Antonella Favuzza, mentre ne indicava remote e impossibili contiguità con una mafia letteraria. Agnese Borsellino veniva a Salemi, mi lodava, mi chiamava «missionario» e veniva costretta dai suoi figli e parenti a sconfessarmi, mentre la mafia divorava il paesaggio che io tentavo di difendere. La trattativa era chiara, e lo è anche nel depistaggio, anche nel cercare di farmi tacere. Magistrati, ministri, prefetti, questori, poliziotti, parlamentari, tutti a parole contro la mafia, si occupavano di altro; e oggi, a babbo morto, lui e il paesaggio, irreparabilmente distrutto, invocano Manganelli, gli rendono omaggio.
Troppo tardi. La mafia ha innescato una metastasi. L’Europa e il governo hanno discusso di incentivi, non di tutela del paesaggio. Il presidente della regione Puglia ha consentito lo sconvolgimento del paesaggio a Sant’Agata, ad Accadia, a Troia, a Foggia, a Lucera, a Melpignano. Milleseicento pale in Puglia e altre migliaia autorizzate. Pensate a quanto danaro buttato, se solo un facilitatore ha raccolto,negli anni dell’indifferenza e della complicità dello Stato, un miliardo e trecentomilioni di euro nella piccola Alcamo.
Chi lo diceva doveva essere cacciato e così è stato. Condannando a morte e alla desolazione Salemi con commissari che con il loro programma di malgoverno, per conto del ministero dell’Interno e dello Stato, hanno indicato prioritariamente lo sviluppo dell’eolico e del fotovoltaico. Altro che siti archeologici di Mokarta e monte Polizo, e il barocco, i musei del paesaggio e di arte sacra, e Caravaggio, Rubens, Lotto, Guercino, Cézanne, Picasso, Modigliani, Pirandello, la Biennale di Venezia, il festival della cultura ebraica, incontri, dibattiti, conferenze, tutto all’aria. Morte e silenzio, e altre pale eoliche. Salemi è stata uccisa perché c’era un sindaco indipendente. Alcamo ha prosperato con un’amministrazione di centrosinistra e la complicità di Stato e mafia. Arrivano adesso e cantano vittoria.
Hanno ucciso una città, distrutto la Sicilia e cercato di far tacere, e allontanato, il «grillo parlante», in attesa di quello «silente». Non è una vittoria; è, anche per me,una sconfitta. Mentre la trattativa si svolgeva, nei modi che ho denunciato, Ingroia andava a cercarla nel ’92-93, inseguendo Mancino e Napolitano. Perché non si è occupato di Maroni e della Cancellieri? O del suo collega Di Pisa? Anche lui ha applaudito allo scioglimento di Salemi, dove pure era stato. Nessun informatore gli ha detto che la mafia faceva affari ad Alcamo. Mentre io ero sindaco,caso unico in Sicilia, sono stato aggredito, in un’assemblea di cinquecento persone, da imprenditori e agricoltori che volevano diffondere l’eolico e il fotovoltaico. I carabinieri e la polizia c’erano, hanno visto, nessuno ha fatto niente. E se vedremo torri eoliche anche nel centro Italia vorrà dire che, grazie alla (vera) trattativa con lo Stato, la mafia ha vinto.
CARLO VULPIO "ORA CI TOCCA ANCHE SGARBI"


Già avevamo ragione Carlo. E siamo rimasti inascoltati. Mentre in Puglia il “grande” Presidente poetastro sognava di trasformare il territorio nella nuova Arabia Saudita delle rinnovabili.

Cosi sul mio blog lunedì 17 maggio 2010
Sole e vento Murgia assediata
http://cosimoforina.blogspot.it/2010/05/sole-e-vento-murgia-assediata-di-cosimo.html?showComment=1274482798180#c1472779145570889307

mercoledì 3 aprile 2013


“PAPA FRANCESCO VENGA NELLA TERRA DI INNOCENZO XII”
Lettera-invito del sindaco Di Tullio
di Cosimo Forina
Spinazzola-Un invito a venire a Spinazzola e nella terra di Murgia. Anche questo è nella lettera spedita nei giorni scorsi a papa Francesco dal sindaco Nicola Di Tullio. Le parole rivolte al Pontefice, entrato nel cuore di tutti sin dal primo giorno della sua elezione, trovano motivazione nel percorso che la città si è data per celebrare il IV centenario dalla nascita del suo figlio più illustre divenuto papa con il nome di Innocenzo XII. Scrive Di Tullio: “Beatissimo Padre con infinita gioia quale Sindaco della città di Spinazzola che diede i natali ad Antonio Pignatelli (Spinazzola 13 marzo 1615), salito al soglio pontificio il 12 luglio 1691 con il nome di papa Innocenzo XII Le esprimo con tutti i miei concittadini la partecipazione alla Sua elezione a Vescovo di Roma e Vicario di Cristo. La concomitanza del Suo suffragio nello stesso giorno che segna per noi quella della nascita del figlio più illustre della città, ha suscitato nei nostri cuori una grande emozione. La pregnante figura di papa Innocenzo XII, riformatore della Chiesa, il quale abolì il nepotismo, amato per la sua attenzione rivolta ai poveri è tutt’oggi riferimento nella testimonianza della fede in Cristo. Nei diversi ruoli affidatogli da vari pontefici Antonio Pignatelli fu uomo di Chiesa di indiscussa coerenza. A tale proposito La rendo partecipe che l’Amministrazione comunale di Spinazzola con delibera consiliare n°53 del 28 novembre 2012 ha nominato un gruppo di lavoro, ovvero il Comitato promotore del IV centenario della nascita di papa Innocenzo XII (1615-2015) con l’intento di organizzare sin da quest’anno e per il prossimo triennio, una serie di manifestazioni per celebrare l’evento. Ancor più segnatamente la mia città sente di volerLe essere vicina dopo aver appreso del Suo continuo servizio accanto ai poveri. Insegnamento e atto d’amare che La unisce a quella del nostro papa Innocenzo XII. Voglia Beatissimo Padre accogliere il nostro abbraccio e l’invito a visitare la nostra città, la nostra terra di Murgia ed impartire su di essa la Sua Santa Benedizione. Se a tanto mi sono spinto, pur in sentimento di umiltà, è perché ho voluto essere voce dei cuori dei miei cittadini”. La lettera partita dal Palazzo di Città è accompagnata dal programma redatto dal Comitato promotore per le celebrazioni del IV centenario della nascita di papa Innocenzo XII, presiedente Antonio Amendola e da una copia del libro biografico curato dallo scomparso, storico e scrittore, Francesco Antonio Gisondi, autore di: “Innocenzo XII-Antonio Pignatelli (Spinazzola 1615-Roma 1700)”. Aldilà della coincidenza della data che unisce l’elezione di papa Francesco con quella della nascita di Antonio Pignatelli, il 13 marzo, quello che fortemente sorprende è la loro ferma volontà ad elevare la dignità degli ultimi. Con l’emissione della bolla Romanum decet Pontificem papa Innocenzo XII abolì il nepotismo, dichiarando: “i miei nipoti sono i poveri”. E ad essi dedico la sua vita, scegliendo per se l’essenziale, rinunciando ai privilegi. Allo stesso modo papa Francesco ha sorpreso il mondo quando nella sua prima omelia ha dichiarato: “Mi chiamo Francesco perché lui ha incarnato la povertà. Io voglio una Chiesa povera per i poveri”. Qualunque sia l’evolversi della missiva partita da Spinazzola alla volta della Santa Sede, la similitudine tra i due pontefici è davvero forte, segnante. Catechesi che scuote al senso di essere cristiani. La terra di Murgia sogna l’arrivo di papa Francesco, accogliendo i suoi insegnamenti: “L'odio lasci il posto all'amore, la tristezza alla gioia, la menzogna alla verità”.

martedì 2 aprile 2013


Spinazzola. Negli uffici della Regione si torna ad analizzare l’AIA. Un nuovo incontro del tavolo tecnico e’ stato fissato per lunedì prossimo, 8 aprile
RIFIUTI A GROTTELLINE, CI RISIAMO
Riconvocato il tavolo tecnico per il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale
di Cosimo Forina
In sordina, in barba alla convenzione di Aarhus che facilita e promuovere l'accesso all'informazione e alla partecipazione del pubblico, si torna a discutere della discarica da realizzare nel territorio di Spinazzola, a Grottelline: sito di interesse ambientale, paesaggistico, monumentale e archeologico. Tavolo tecnico convocato in Regione per il rilascio di una nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) lo scorso giovedì, poi rimandato all’ 8 aprile. Dopo anni di litanie, volta faccia di politici, prima contrari poi favorevoli all’immondezzaio, memorie di computer spariti e faldoni dispersi nei meandri degli uffici, inchieste giudiziarie, sequestri e dissequestri dell’area, interrogazioni parlamentari, ci risiamo. Nonostante Spinazzola ha scelto di uscire fuori dal Bacino Ba/4 (200mila abitanti) a cui la discarica doveva essere asservita, per passare nell’abito della gestione rifiuti della Provincia Barletta-Andria-Trani. A non demordere le aziende che compongono l’Ati Tradeco-Gogeam (80% gruppo Columella srl e 20% gruppo composto dalla Marciagallia Spa 51% Cisa SpA 49%) che hanno vinto la gara indetta da Raffaele Fitto nel 2003, ex presidente della Regione Puglia, ed hanno attenuto la concessione nel 2006 per circa 20 anni dal Commissario Straordinario all’Ambiente, Nichi Vendola. Quella di “Grottelline” è una telenovela senza fine. Nell’ultima puntata pubblicata dalla “Gazzetta” si è scritto, oltre delle tante peripezie di cui sopra, che il faldone su Grottelline negli uffici della Regione era introvabile, tanto da doverlo ricostruire con la documentazione presente nel Comune di Spinazzola. E che un grande lago si era creato all’interno della cava proprio dove (foglio di mappa 142-particella 144) si è provveduto a coibentare con argilla e telo isolante. Particella non menzionata nel primo progetto sottoposto a Valutazione di Impatto Ambientale, limitrofa al sito Neolitico scoperto dall’Università di Pisa nel 2004, che per alchimia pare non aumenti la volumetria dell’immondezzaio. Di tanto si è convinta la procura di Trani sulla base di quanto dichiarato dagli uffici regionali esercitando il primo dissequestro. Il perché si è formato il lago che si voleva svuotare, domandando l’autorizzazione anche alla Provincia Barletta-Andria-Trani da parte della Tradeco, richiesta respinta al mittente perché le carte non quadravano, e perché a mettersi di traverso è arrivato pure l’Ente Irrigazione Puglia e Lucania (Enpli) a salvaguardia della diga in cui l’acqua doveva essere convogliata, è stato ben spiegato più volte dal Comune di Poggiorsi. Città a confine con “Grottelline” avversa alla discarica. Puntuali le osservazioni inviate tanto in Regione che alla procura di Trani sulle gravi criticità idrogeologiche riscontrate nell’area. Per farla breve, sopra le buche vi è una lama e l’acqua che vi scorre e la solca da secoli a carattere torrentizio tracima finendo nella cava di tufo perché questa è stata nel passato mal coltivata. Acqua che passa vicino alle diverse grotte che caratterizzano la zona, tra cui una chiesa rupestre a croce greca con cinque absidi, e come affermato dalla sovrintendenza che insieme all’Università di Pisa ha scoperto proprio li un sito Neolitico (VI millennio a.C.), è sempre servita ad approvvigionare i cavernicoli che nei millenni si sono insediati in modo stanziale. Una distrazione non da poco quella della presenza del corso d’acqua, quando si è deciso di individuare le cave in abbandono per realizzare il mega immondezzaio, nonché i diversi impianti per il trattamento dei rifiuti: biostabilizzatore, impianto della frazione umida, deposito del secco. Un dato che ora dovrà essere valutato nella sua complessità dai tecnici convocati in Regione, i quali non potranno non entrare nel merito delle varie varianti che si sono succedute rispetto al progetto originario approvato, nonché alla sua conformità nel rispetto delle direttive imposte dalla Comunità Europea. A quale conclusione si giungerà, difficile dirlo? Di certo vi è che il Comune di Spinazzola a mezzo del suo sindaco Nicola Di Tullio si è detto contrario alla discarica. Ed “inutile” la ritiene il presidente della Provincia Francesco Ventola. L’incognita che va oltre la volontà politica già nota, è quella di una eventuale relazione tecnica che potrà giungere in Regione redatta da parte degli uffici del Comune di Spinazzola. Al momento non risultano perizie su “Grottelline” dopo la scoperta del lago e l’ondata di piena dell’acqua che si è riversata dal promontorio murgiano direttamente nelle cave, ampiamente documentata fotograficamente. Nonostante questo sia stato oggetto di clamore, finanche riportato da emittenti televisive nazionali.