sabato 23 gennaio 2010



Via le attrezzature del laboratorio
L’azienda proprietaria: «Ritirate per inutilizzo»

«Impegno equivalente allo zero quello del direttore generale della Asl, Rocco Canosa e del sindaco Carlo Scelzi sul rilancio dell’ospedale e in particolar modo del laboratorio analisi. Le loro promesse si sono dimostrate infondate. In verità ecco l’ennesimo scippo alla nostra struttura». Con questa esternazione manifestata da un gruppo di impiegati del nosocomio cittadino, fermi sull’ingresso dell’ospedale, siamo stati accolti per essere informati dello smontaggio di alcuni macchinari presenti nel laboratorio analisi.
L’operazione di portar via le macchine è iniziata alle dieci di ieri da parte di un tecnico incaricato dalla società proprietaria dell’attrezzatura. L’azienda aveva affidato quelle attrezzature da otto anni in comodato d’uso, ma non ricevendo più ordinativi dei reagenti da un anno, ha deciso di riprendersele.
Due macchine non da poco: quella dei marcatori tumorali e altra per gli ormoni tiroidei. In una città dove, tumori e diagnosi della tiroide purtroppo non mancano, anzi a percezione della popolazione paiono essere in incremento.
Mentre il corridoio dell’ospedale si riempie di scatoloni pronti per essere portati via, il laboratorio analisi appare come uno forziere svuotato. Li dove tutto aveva un senso, un ordine di utilizzo, messo a disposizione dei cittadini di Spinazzola e per quelli di altre città della Asl, ora è desolatamente spazio insignificante.
L’arrivo del giornalista della “Gazzetta”, lo scatto di alcune foto, disorienta le procedure in corso. E mentre il tecnico chiama telefonicamente la sua società per chiedere cosa fare, la dott.ssa Te r e s a Pepe presente nel laboratorio analisi si mette in contatto con la dirigente responsabile della Asl, dott.sa Emilia Chiancone.
Quest’ultima con profonda amarezza ha rilasciato questa dichiarazione: «Ho chiesto di sospendere immediatamente le operazioni di smontaggio. Di quello che sta succedendo a Spinazzola non so nulla. Sto informandomi per saper chi ha autorizzato chi a portar via gli apparecchi. Perché il mio impegno per il laboratorio di analisi di Spinazzola è mirato in senso opposto cioè a potenziarlo e non ad impoverirlo. Abbiamo previsto l’arrivo di altri macchinari come i marcatori per l’e patite».
Riferiamo quel che abbiamo appreso alla dott.sa Chiancone, ovvero che il mancato acquisto dei reagenti ha indotto la ditta a riprendersi l’attrezzatura. «Sì, è vero - ci risponde la dirigente - le gare sono state bloccate ma sono in procinto di ripartire. Ma questo non significa che senza che nessuno sappia nulla l’attrezzatura viene smantellata». Poi aggiunge: «So bene cosa vuol dire un ospedale in un paese distante da altri centri più grandi. Ho lavorato per 20 anni a Minervino. Per questo credo nel la struttura di Spinazzola ed ho anche provveduto a potenziarla con altro personale”.
E qui che questa storia assume connotazione di giallo. Ricapitolando: il dirigente responsabile Asl non sa che a Spinazzola stanno portando via le macchine; il direttore generale subisce l’ira anche degli impiegati perché ritenuto responsabile dell’impoverimento del nosocomio cittadino; il sindaco, anche lui non viene risparmiato, specie perché continua ad affermare che per l’ospedale di Spinazzola tutto va bene. E intanto le aziende si riprendono le attrezzature di propria iniziativa: ma cosa sta succedendo all’ospedale di Spinazzola?

sabato 16 gennaio 2010



Il regalo di Nichi a Massimo
Di Pierfelice Zazzera www.pieffezeta.it/
Cari amici,
il 27/11/2007 a Palazzo della Regione Puglia, Lungomare di Bari, è convocata la giunta, ordine del giorno: approvazione della delibera n. 2033. Si tratta di accreditare la Kentron srl di Putignano, il cui amministratore unico è l’ingegner Angelo Rocco Colonna e che vede tra i soci Ritella, noto avvocato nocese, il quale a 35 anni gestisce una clinica da milioni di euro. Ma chi gli ha dato tutti questi soldi? Mistero. Tra le persone interessate a quella clinica anche De Santis, uomo di fiducia di Massimo D’Alema.
Centoventi posti letto (60 residenziali e 60 semiresidenziali) sono stati accreditati per una struttura che dovrà dare assistenza per la riabilitazione di malati con disabilità fisica, psichica e sensoriale ex art. 26. Un vero e proprio business.
Il 27/11/2007 quando la giunta si riunisce c’è un solo obiettivo: “fare in fretta”. Il 31/12/2007 scade infatti l’improrogabile termine per gli accreditamenti istituzionali. Chiusa quella data non ce ne sarà più per nessuno: chi sta dentro fa l’affare, chi resta fuori si attaccherà al tram.
Quel 27/11/2007 tuttavia qualcosa va storto, manca l’assessore competente, ovvero l’assessore alla sanità Alberto Tedesco. Un’assenza inaspettata se in giunta sono costretti a correggere a penna la delibera. Quel giorno Tedesco non arriverà mai nel salone della giunta e la delibera verrà presentata dall’assessore regionale alla Cultura, Silvia Godelli. Tutto fa pensare ad uno sgarbo dei confronti dell’ex presidente del consiglio.
La Clinica Kentron srl una volta accreditata dopo poche settimane sarebbe stata sequestrata dai Carabinieri dei NAS, i quali hanno trovato 16 operai e un cantiere aperto, invece di una Clinica di riabilitazione.
Da questo momento qualcosa sembrerebbe rompersi tra Alberto Tedesco e gli uomini di Massimo D’Alema. In particolare il sen. Nicola Latorre alle politiche del 2008 lascerà a terra proprio l’assessore regionale alla salute, il quale tentava la scalata a Palazzo Madama. Scalata riuscita solo a febbraio del 2009, quando l’ex assessore veniva braccato dal pm Desirèe Digeronimo.
Ma la giunta regionale quella clinica doveva per forza approvarla e non si è fermata neppure di fronte all’inchiesta giudiziaria ancora in corso. Il 21/04/2009 infatti approva la delibera n. 637, a presentarla questa volta c’è Tommaso Fiore, il quale nel frattempo ha preso il posto proprio di Alberto Tedesco. Quella delibera serve ancora una volta a riaccreditare la Clinica Kentron srl, nonostante il 31/12/2007 di fatto fosse scaduto il termine utile e la clinica fosse finita sotto sequestro.
Ma nessun problema. Il 19/02/2008 il Consiglio Regionale approva una leggina la n. 1/08 con cui viene prorogato il termine di scadenza per l’accreditamento al 31/12/2008, un termine utile solo a chi nel 2007 ha ricevuto parere favorevole all’accreditamento istituzionale, ovvero solo la Clinica Kentron srl.
E così Nichita il rosso fece un bel regalo all’amico Massimo.

sabato 9 gennaio 2010

Altro che trasparenza nella pubblica amministrazione
Tutto questo a chi giova?

SPINAZZOLA LA RELAZIONE DEL CONSIGLIERE DI TULLIO (UDC) NELL’ATTO PUBBLICATO «SOLO» UN ANNO E MEZZO DOPO
Servizio rifiuti, il mistero della delibera «nascosta»

Pubblicate a tempo di record (il 4 gennaio 2010) e consegnate a chi le aveva richieste il 9 dicembre 2009 le due delibere di consiglio comunale «congelate» dal 26febbraio 2008 e dal 29 maggio 2008.
Delle due, la prima appare la più rilevante: è relativa alla «lettura ed approvazione verbali della seduta precedente» ma a questa sono allegati importanti documenti che portano la firma del consigliere di minoranza dell’Udc Nicola Di Tullio. Una serie di documenti sul sistema di gestione, appalto, controllo della raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani a Spinazzola affidato dal Comune alla ditta Tradeco di Altamura. Il consigliere Di Tullio in quella seduta al legava, quale corpo di delibera, una sua dichiarazione e la copia della denuncia sporta dallo stesso Di Tullio, il 22 febbraio 2008 (quattro giorni prima del Consiglio Comunale del 26 febbraio, ndr) alla Procura della Repubblica di Trani, in cui si denunciava «la situazione di degrado in cui versa Spinazzola, è assediata dai rifiuti». «Situazione che - scrive Di Tullio - ho rappresentato alla Gazzetta del Mezzogiorno che ha pubblicato in data 11 febbraio 2008 alla pagina 24 un articolo…”».
Inoltre, sempre dall’esposto denuncia raccolto dal luogotenente Francesco Langiano della Procura della Repubblica risulta che Di Tullio consegnava in busta sigillata e controfirmata un cd dove «vi sono foto scattate dal 2 al 21 febbraio 2008 che costituisce dossier e che conferma la situazione attuale di degrado, nonché copia del contratto di gestione rifiuti urbani e servizi tra il Comune di Spinazzola e la Tradeco di Altamura validità dal 6.10.2005, tutt’ora vigente, con scadenza 2012».
Della dichiarazione di consiglio comunale di Di Tullio si evince che «Il partito “Udc” da una serie di segnalazioni pervenute da ogni angolo della città, dove a seconda dei casi vengono lamentati diversi disservizi e carenze igienico sanitaria… chiede a questa amministrazione di verificare tutte le inadempienze da noi riscontrate riconducibili al tipo di servizio offerto dalla ditta appaltante. Di istituire una commissione consiliare che esplichi un servizio di controllo e verifica emettendo a breve un rapporto che dia la vera e reale situazione, stabilendo la regolarità dello svolgimento dell’appalto, applicazione di esso, responsabilità sulla mancata applicazione da parte della ditta che dei preposti dall’Ente per il controllo in favore del Comune di Spinazzola». Ma non solo. «Dalla documentazione fotografica allegata è pos sibile constatare - denunciava Di Tullio in Consiglio Comunale - gravi inadempienze sanzionabili come da capitolato, ma quel che è più grave sono le condizioni che pongono a rischio la salute pubblica, l’ambiente e la caratteristica paesaggistica della nostra città».
Alla denuncia ma soprattutto all’articolo della “Gazzetta” di quell’11 febbraio 2008, i partiti di maggioranza (Pd-Verdi) all’e poca risposero con un cartellone dal titolo: “Il Gatto e la Volpe” in cui si accusava il cronista della “Gazz etta” e Di Tullio di “sfasciare, denigrare, demolire, provocando danni irreparabili all’immagine della nostra città e del nostro territorio (con inevitabili e immediate conseguenze negative per le attività legate alla ristorazione e al turismo). E di rappresentare artatamente (relativamente al problema dei rifiuti) una situazione al limite della menzogna (come se fossimo agonizzanti come in Campania)».
Sulla base della denuncia presentata dal consigliere Di Tullio invece: l’area di stoccaggio dove conferire inerti ed ingombranti, mai entrata in funzione, è stata sequestrata dai carabinieri del Noe, mentre altre indagini, sembra siano in corso, per verificare le inadempienze contrattuali. Resta il giallo: perché quella delibera è stata pubblicata solo due anni dopo, e, forse, solo in seguito alla richiesta del suo rilascio in copia datato 9 dicembre 2009?
Distrazione, volontà?

I documenti presenti nella delibera:
La denuncia


L'intervento in Consiglio Comunale




• SPINAZZOLA GLI ATTI AMMINISTRATIVI RISALGONO AL FEBBRAIO E AL MAGGIO 2008
Due delibere non pubblicate dopo oltre un anno: è giallo

Singolare scoperta sulla vita amministrativa della città. Dopo circa più di un anno alcune delibere di Consiglio Comunale, del febbraio del 2008, non risultano ancora pubblicate e per quelle che sono state sottoposte alla normale procedura di interesse pubblico, lo stemma utilizzato sulla carta intestata, già dagli inizi del 2008, è quello fortemente contestato in cui è rappresentato un “f ascio littorio”.
In buona sostanza oltre alle determine, missive, tesserini di riconoscimento del personale con lo stemma fascista, ad essere avvallate con lo stesso stemma anche le delibere del Consiglio Comunale. Ma torniamo ai tempi biblici con cui alcune delibere vengono redatte e pubblicate.
Dopo una formale richiesta del 9 dicembre 2009 finalizzata a ricevere copia delle delibere del consiglio comunale svoltosi il 26 febbraio 2008, relativi in pratica alla discussione sulla vicenda della discarica a Grottelline, (atti dal numero 1 al numero 9) nonché copia della delibera 10 del 29 maggio 2008, il 31 dicembre il capodipartimento del Comune di Spinazzola, Vito Spano, ha autorizzato il rilascio in copie di questi documenti rivelando però che due delibere (la delibera n° 1 della stessa assise e la numero 10 del 29 maggio 2008) risultavano ancora: “in corso di pubblicazione”.
Un’anomalia che è una beffa alla trasparenza delle amministrazioni e alla loro efficienza.
Va sottolineato che mentre Spano, assunto solo nel 2009, sarebbe fuori da eventuale addebito di lassismo, la responsabilità politica-amministrativa della amministrazione esiste almeno per il mancato controllo degli atti pubblici.
Ma cosa vuol dire in termini concreti una delibera, un atto pubblico approvato e non pubblicato? «Semplicemente, afferma qualche esperto, che la sua validità resta indiscutibile, mentre la sua efficacia decorre, per un eventuale ricorso da parte dei cittadini o per quant’altro in diritto per chiunque, solo dalla data della sua pubblicazione».
Se solo per ventura si è appreso della mancata pubblicazione di questi provvedimenti del consiglio Comunale che mettono in luce anche la disattenzione del controllo da parte delle minoranze ora sarebbe bene conoscere se sulla stessa onda di tempi enormi, tra redazione di un atto e sua pubblicazione, ve ne siano altri.

sabato 2 gennaio 2010

Come Giano bifronte, Nicola Vendola manovra e Vendola Nicola dice bugie. Mentre con Michele Emiliano si gioca al tiro a segno come sull’orso del Luna park: tre palle un soldo.

Pubblicato su 1 Gennaio 2010 da Carlo Vulpio

Il “laboratorio politico” del centrosinistra che la Puglia, a torto, si vanta di essere, ha già consegnato il governo della Regione al centrodestra. Le elezioni di marzo serviranno soltanto a stabilire le cifre della sconfitta: 35 per cento a 65,oppure 40 a 60, o tutt’al più un 45 a 55.

Non che il centrodestra non sia favorito a prescindere, visto il disastroso risultato complessivo della giunta regionale uscente e, soprattutto, lo scandalo della Sanità (soffocato il più possibile, finora anche in sede giudiziaria, nonostante nei modi e nelle proporzioni si presenti come il più pesante d’Italia), ma insomma, con un po’ di buona volontà e facendo pulizia al suo interno forse il centrosinistra avrebbe potuto emendare se stesso e ripartire con il piede giusto.

Invece no. E tutto questo soprattutto per “merito” di un uomo solo al comando, quel Vendola Nicola da Terlizzi che sta dimostrando di essere ciò che è sempre stato: un lupo travestito da agnello, un membro di apparato sotto le mentite spoglie di politico naif, un commerciante levantino di parole finte e un politicante dalla doppia morale, un pifferaio che porta i topi a morire ma li accarezza prima di farli annegare.

Vendola non è il solo a essersi dimostrato attaccato al potere, è vero. Ma Vendola è peggiore degli altri perché giura e spergiura di non essersi fatto “stravolgere, né mangiare il cuore dal potere”. Lui, il più pagato presidente di giunta regionale d’Italia, con i suoi 25 mila euro al mese. Lui, “l’ambientalista” che vende come una conquista la legge-truffa sui limiti di emissione della diossina a Taranto (come ho dimostrato nel mio libro “La città delle nuvole”), dove si produce il 93 per cento della diossina italiana e dove ogni due settimane un bambino si ammala di leucemia. Lui, che ha firmato sei contratti ventennali per altrettante discariche con la Cogeam, in cui spiccano il gruppo Marcegaglia e la Tradeco, società, quest’ultima, leader nella raccolta e nello smaltimento dei rifiuti al Sud, ma anche grande elettrice di Vendola e dell’ex assessore regionale alla Sanità, Alberto Tedesco (Pd, indagato per gravi reati), e soprattutto società i cui vertici sono inquisiti in blocco per quella connection rifiuti-sanità che è il cuore nero delle inchieste sulla Sanità in Puglia.

Nonostante tutto questo e molto altro, compresa la elargizione di denari a pioggia nel periodo pre-elettorale (Con 150 milioni Vendola ha già vinto), il Vendola ligio osservante della democrazia parlamentare all’improvviso si scopre populista e per conservare la cadrega ora si appella direttamente al popolo. Anzi, come dice lui, “il mio popolo”. Ma sì, “mira il tuo popolo, o bella Signora…”, nemmeno fosse la Madonna.
Se c’era una speranza, anche piccola piccola, di poter contendere il governo regionale al centrodestra con una coalizione (Pd, Udc, Idv, Prc, Verdi, ecc.) che sembra la quadratura del cerchio, ma che aveva trovato un accordo sul nome del sindaco di Bari, Michele Emiliano (Pd), questa speranza è evaporata grazie all’accanimento terapeutico di Vendola su se stesso. Il quale magari spera di risuscitare grazie alla possibilità che l’Udc vada da sola e poi, se vince lui, dietro congrua ricompensa (che so, la vicepresidenza), l’Udc si butti a sinistra. Un ragionamento contorto e doppiogiochista? Certo, ma come credete che si ragioni dietro le quinte?

“Mi candido lo stesso, anche se Udc e Idv non sono d’accordo sul mio nome”, ha detto Vendola. Candidarsi a tutti i costi è un suo diritto, per carità, ma significherà pure qualcosa il fatto che, appresa la notizia, nel centrodestra abbiano stappato in anticipo lo spumante? E che anche don Luigi Verzè, il prete fondatore dell’ospedale San Raffaele di Milano, grande amico ed estimatore di Vendola, abbia fatto salti di gioia nonostante i suoi novant’anni?
Don Verzè, un paio di mesi fa, a Milano, dichiarò che i pugliesi avrebbero dovuto votare Vendola, perché, “come Silvio Berlusconi , è una di quelle poche persone che hanno un fondo di santità”.

Se non sarà così, aggiunse il vegliardo, chiamerò Vendola a fare il presidente del nuovo ospedale San Raffaele. Il prete – del quale papa Paolo VI disse che doveva stare un po’ più vicino a Dio e un po’ più lontano dagli affari (che infatti lo hanno portato spesso ad avere a che fare con la giustizia) – non parla tanto per parlare.
Il San Raffaele a cui si riferisce don Verzé è un nuovo ospedale, un affare da 300 milioni di euro, da costruire, guarda un po’, a Taranto, per farne “il San Raffaele del Mediterraneo”.
Come mai, se a Taranto di ospedali ce ne sono già due (grandi e nuovi, ma lasciati andare in malora)? Per farne un centro oncologico – azzarda qualcuno –, così l’acciaieria Ilva e il polo industriale preparerebbero i morti e l’oncologico, alla fine della triste filiera, li accoglierebbe, prima di passarli al camposanto.
Ma no, scemini, no. Il “nuovo San Raffaele”, con i rimborsi per i malati terminali, ci farebbe gli spiccioli per la birra. Il nuovo ospedale invece punterebbe alle protesi (sì, proprio le protesi degli scandali recenti), che sono la vera, nuova frontiera del business sanitario.

Ma torniamo alla cosiddetta “guerra fratricida” che Vendola ha ingaggiato con il suo ex sodale Michele Emiliano, per la candidatura alla presidenza della Regione Puglia.
Vendola ha cominciato con il mandare in giro per la Puglia una pattuglia di 40-50 persone, sempre le stesse, che “in suo nome” interrompono e disturbano le assemblee di altri gruppi politici – non solo del Pd, com’è accaduto a Bari, ma anche di altri gruppi del centrosinistra, quali Verdi, Prc, Idv, associazioni della società civile, com’è accaduto in diverse altre città pugliesi. Poi, con il sostegno di gran parte della stampa e della tv, ha intonato una lamentazione pubblica per dare di sé l’immagine di persona “al di fuori dei partiti” (!) e di politico partorito direttamente dal ventre del popolo. Infine, ha giocato a fare il candidato “anche” del Pd pur senza far parte del Pd. E questo grazie a una “sponda interna” del Pd, in cui si distinguono per l’alacrità dell’impegno a favore di Vendola il segretario regionale Pd, Sergio Blasi , e l’assessore regionale alla Trasparenza, Guglielmo Minervini .
Blasi è sindaco di un piccolo comune del Salento, Melpignano , noto per la “Notte della Taranta”, e non si capisce perché non abbia continuato a occuparsi di “pizzica”, visto che lo aveva fatto così bene. Mentre Minervini, come assessore regionale alla Trasparenza, si è distinto, nonostante i circa 20 mila euro al mese di stipendio per garantire, appunto, trasparenza, per aver sempre fatto orecchio da mercante (come Vendola) con le ventiquattro associazioni di Taranto che gli chiedevano di pubblicare online i risultati delle analisi (autofinanziate) sul latte e sul formaggio contaminati dalla diossina.

In tutta questa faccenda Michele Emiliano, che pure non è un ingenuotto, fa tutt’al più la figura dell’orso del luna park, tre palle un soldo e chi vuol colpire il bersaglio faccia pure, purché colpisca bene. Non che Emiliano sia una “vittima”, dal momento che si è infilato in una lotta di potere diventata ogni giorno più squallida. Ma, contrariamente alle apparenze, è lui l’anello debole adesso, anche perché non ha le malizie di Vendola.
Quest’ultimo, pensate, è riuscito a imporre in agenda il tema “primarie” , quella specie di elezioni che dovrebbero certificare la democraticità della scelta di un candidato. Scrivo “primarie” tra virgolette perché in Italia queste “elezioni” sono una pagliacciata: non c’entrano nulla con il nostro sistema costituzionale ed elettorale e nemmeno con il nostro bipolarismo forzato, che è soltanto una caricatura del bipartitismo americano.
Ma le “primarie” che vuole Vendola sono ancora peggiori. Poiché sono soltanto quelle che piacciono a lui. Come le “primarie” del 2005, per intenderci, quando – lo scrissi, in perfetta solitudine, sul Corriere della Sera – Vendola vinse con il fortissimo sospetto di brogli contro Francesco Boccia (attuale deputato Pd, che solo oggi denuncia pubblicamente quei brogli). Vendola in alcune sezioni raccolse anche percentuali del 90 per cento , con seggi e schede controllati e scrutinati dai suoi sostenitori.

Per la cronaca, anche le elezioni regionali che seguirono, Vendola le vinse sotto la nerissima ombra del sospetto di trucchi e di brogli. Raffaele Fitto , piaccia o no, le perse anche perché migliaia di schede e di verbali erano stati “ritoccati” a suo sfavore. Ci furono ricorsi e controricorsi, ma la decisione finale, contro una giurisprudenza che fino a quel momento si era regolata in senso opposto, bocciò Fitto e promosse Vendola e, soprattutto, stabilì che le schede sospette non dovessero essere ricontrollate.
Le uniche elezioni che le truppe cammellate di Vendola non sono riuscite a condizionare (com’è accaduto in Calabria , per esempio, dove per questi episodi ci sono state denunce degli stessi militanti) sono state quelle per la segreteria del Prc.
Vinse Paolo Ferrero , l’attuale segretario, una persona seria e per bene, ma Vendola non gradì e abbandonò il Prc. Come quelli che giocano a pallone ma se non vincono abbandonano la partita e si portano via pure il pallone.
E tuttavia Vendola invoca “primarie”. Ma di chi, e con chi, nessuno glielo chiede. “Primarie” di coalizione? E di quale coalizione, se nel centrosinistra non ce n’è lo straccio di una che sia una? “Primarie” interne al Pd? Ma allora perché non si iscrive al Pd e la fa finita?
L’idea che Vendola, da portavoce nazionale del suo nuovo partito, Sinistra e Libertà, possa imporre “primarie” a un altro partito, il Pd, e contemporaneamente alzi il ditino per giudicare l’Udc e l’Idv “cattivi” se non lo appoggiano, “buoni” se lo sostengono, o è un’idea da neurodeliri o, più probabilmente, è un modo per stare al centro della scena, per stare a galla comunque vada,. “O io, o nessun altro” insomma, oppure, se preferite, “Dopo di me, il diluvio”.

E Michele Emiliano? A questo punto, o lascia perdere e continua a fare il sindaco di Bari, dove è stato rieletto sei mesi fa, oppure, se ci crede davvero, spariglia le carte e si candida alla guida della Regione. Ma deve farlo senza chiedere di modificare la legge che impone al sindaco di dimettersi preventivamente. Legge che, per quanto fortemente dubbia dal punto di vista della sua costituzionalità, se venisse modificata in corsa apparirebbe come una misura “ad personam”.
Se Emiliano si candidasse senza questo “paracadute” si giocherebbe tutto. Ma andrebbe alla battaglia con argomenti non molto diversi – acqua pubblica, rifiuti, energia - da quelli ripescati da Vendola solo a tre mesi dalle elezioni. Emiliano potrebbe cioè giocarsi un programma elettorale che gli darebbe una statura politica di alto livello, sia per i contenuti, sia perché non sospettabile di essere stato dettato dall’alto o da altri (le ipotesi di “ mani sull’Acquedotto pugliese”, per intenderci, addebitate al quartetto D’Alema-Letta-Casini-Caltagirone).
La candidatura di Emiliano e il suo programma, inoltre, costringerebbero Vendola a uscire allo scoperto. Poiché se Vendola si candidasse lo stesso – come ripete ossessivamente – invece di appoggiare Emiliano, che avrebbe dalla sua la più ampia coalizione possibile, fornirebbe la prova che l’unica “Puglia migliore”, per Vendola, è quella che va meglio a lui. A quel punto, anche gli elettori più ingenui capirebbero e si comporterebbero di conseguenza.

Ma c’è un ma: affinché questo accada, Emiliano dovrebbe avere il coraggio di fare una mossa ardita e inusuale per la palude politica italiana. Che gli darebbe grande solidità e autonomia politica, se gli riuscisse, ma che potrebbe anche scontentare i suoi referenti romani.
Quindi, non se ne farà nulla. Il centrodestra vincerà (o vincerà Vendola, se funziona l’accordo sottobanco con l’Udc), ci saranno un po’ di polemiche post elettorali, e poi Vendola andrà in vacanza in un’isoletta dell’Egeo. Magari insieme con Emiliano. Ma anche no. Chissà.