lunedì 12 luglio 2021


 SPINAZZOLA – BATTIATO- LA DINASTIA DEI MING

Chissà quante volte abbiamo ascoltato e cantato i versi della canzone “Centro di gravità permanente” di Franco Battiato (scomparso il 18 maggio 2021, a 76 anni) e certamente con nostalgia continueremo a farlo, pur senza comprenderne appieno il suo messaggio: simbolico, storico, con rifermenti ai grandi personaggi.

Il Maestro con le sue immagini solo in apparenza casuali in questa canzone ci restituisce al suo e al nostro senso di smarrimento, al rifugiarci nei nostri pensieri più intimi, per poi trovare stabilità ripartendo da se stessi verso la ricerca di quel “centro” intorno a cui gravita l’esistenza che si incrocia necessariamente con quella degli altri trovando la propria inspirazione.

Nell’incipit Battiato parte da: “i capitani contrabbandieri macedoni e la vecchia bretone con un cappello e un ombrello di carta di riso e canna di bambù” collocandoci col suo sapere intellettuale in una citazione letteraria del famoso romanzo di R. Kipling. Nel prosieguo del testo, storicamente a metà del XVI secolo: “Gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori della dinastia dei Ming”.

Questo riferimento ci appartiene. Appartiene a Spinazzola ad uno dei suoi figli più illustri: il gesuita Michele Ruggeri, battezzato con il nome di Pompilio (Spinazzola, 28 ottobre 1543 – Salerno, 11 maggio 1607) il quale con Matteo Ricci (Macerata, 6 ottobre 1552 – Pechino, 11 maggio 1610) furono i primi ad evangelizzare la terra del Celeste Impero, la Cina, per l’appunto, durante la dinastia dei Ming (明朝Míng cháo, chiamata anche 大明帝国 il grande impero dei Ming) durata dal 1368 al 1644.

I due missionari Ruggeri e Ricci dell’ordine fondato da Ignazio di Loyola, ispirati nella loro formazione nel rigore di Euclide - grande matematico greco vissuto intorno al 300 a.C. ad Alessandria d'Egitto - nella iconografia che li rappresenta indossano abiti buddisti (bonzò) scelta finalizzata per meglio integrarsi nel Paese ospitante ed essere identificati come religiosi.

Se di Matteo Ricci se ne conoscono di più le virtù come religioso e studioso (è in corso il processo di beatificazione),  ingiustificata è quasi la messa in ombra di Michele Ruggeri, figura niente affatto secondaria.  

La grandezza di Ruggeri è tutta nelle sue opere: primo sinologo d’Europa ad aver raggiunto la Cina, ad averla in parte attraversata, ad aver imparato a comprendere, parlare, leggere e scrivere la complessa lingua del mandarino usata da letterati, nobili, magistrati in tutto l’impero.

Suo il primo Catechismo (Ttienciu Sce-lu) scritto e stampato in cinese (novembre 1584) con allegati i dieci Comandamenti. Sempre di Ruggeri la traduzione e diffusione nella terra del Celeste Impero del Padre Nostro, Ave Maria e Gloria.

I due partiti da Lisbona il 24 marzo del 1578 con altri dieci missionari per raggiungere l’India,  dopo lo sbarco a Goa giunsero a Zhaoqing, città da dove poi Ruggeri cercò di giungere a Pechino.

Dal grande seminario di San Paolo, Ruggeri venne inviato dal provinciale dell’India, padre Vincenzo Rui, prima a raggiungere un altro confratello nel Malabar, attuale stato del Tamil- Nada. A sorpresa il 12 aprile 1579 ebbe ordine di partire per Macao, emporio portoghese, per essere mandato in Cina.

Per evangelizzare essenziale è la conoscenza della lingua e Ruggeri, con grande capacità, riuscì a “entrare” nella lingua cinese, creandosi un proprio metodo di comprensione del tutto originale.

Il suo metodo venne ripreso secoli dopo dal pedagogista belga Ovidio Decroly per diffondere l’apprendimento linguistico.

Il missionario spinazzolese infatti, con l’ausilio di un pittore locale suo amico, per l’apprendimento associava la figura disegnata (esempio: cavallo) all’ideogramma cinese corrispondente, aggiungendo la romanizzazione italiana del suono.

Nel metodo Decroly-globale alla figura è associata la lettera iniziale del nome in carattere maiuscolo e minuscolo e la scrittura di tutto il nome. Tale metodo è diffuso in tutte le scuole del mondo ove le lingue sono basate sull’alfabeto. L’affinità dei due metodi parte dalla stessa intuizione: l’associazione della figura per l’apprendimento linguistico.

In questo modo, il nostro Ruggeri, acquisì cognizioni di 15 mila ideogrammi dei 60-80 mila che compongono l’idioma mandarino, sufficienti per confrontarsi con i nobili ed essere accettato da questi, diffondere il Vangelo e battezzare diverse famiglie, fondare le prime comunità cristiane in terra cinese.

Michele Ruggeri fu poeta, scrittore, dottore in diritto canonico, fondatore di una scuola per l’apprendimento della lingua cinese per stranieri, la Shengma’erding Jingyuan (la casa di San Martino) ed autore dell’Atlante della Cina.

Nel novembre del 1588, mentre Ricci ripercorreva la strada di Ruggeri, venne inviato a Roma per sollecitare il Papa affinché si provvedesse un’ambasceria pontificia al fine di ottenere per i missionari il permesso di soggiornare nell’Impero. Un progetto che per il susseguirsi di Papi non fu possibile perseguire.

Ruggeri, dopo i dieci anni trascorsi in Cina, si ritirò a Salerno, qui riprese il suo lavoro intellettuale per rendere più nota in Europa la cultura cinese.

Sua la traduzione latina dei Quattro libri (classici testi cinesi sull'introduzione alla filosofia di Confucio), di poesie in cinese e la diffusione delle carte geografiche la cui raccolta e pubblicazione è stata curata solo nel 1993 da Eugenio Lo Sardo (Roma, Istituto poligrafico e Zecca

dello Stato). Il manoscritto originale dell’Atlante della Cina datato 1606 è conservato nella Biblioteca dell’Archivio di Stato di Roma.

Il riferimento di Battiato è rivolto a due missionari che ebbero grande ruolo di evangelizzazione e senza ombra di dubbio a due uomini di scienza.

Peccato che lo stesso orgoglio che i marchigiani hanno destinato al loro Matteo Ricci non lo si riscontri nella Puglia e nella città che diede i natali a Michele Ruggeri. Rincuora di ritrovarne la sua pienezza nella poetica di Franco Battiato.