martedì 19 ottobre 2010


IL CASO
UN TERRITORIO SACCHEGGIATO
LA TUTELA
Le località di interesse storico-archeologico sono numerose ma manca la volontà politica di valorizzarle

Murgia sempre a rischio natura e archeologia
Numerosi siti scoperti sull’altopiano assediato dalle speculazioni
di Cosimo Forina
Energie rinnovabili e territorio. Una sensazionale nuova scoperta archeologia. La Murgia non è una sterile pietraia, ma pietre che parlano della Storia, quella della presenza dell’uomo in forma stanziale che si è susseguita senza interruzioni da diecimila anni con testimonianze uniche. Un grande parco archeologico esteso che potrebbe segnare il futuro di questo tratto della Nazione e che meriterebbe per le sue peculiarità riconoscimento internazionale. Chi vuole relegare questo territorio dentro e fuori l’area protetta del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, così come sta succedendo a semplice spazio di occupazione e conquista da asservire a immondezzai, impianti fotovoltaici e torri eoliche smembra paesaggio commette un grande torto non solo alla scienza ma anche alle future generazioni. Da Minervino Murge a Spinazzola, passando da Poggiorsini sino a Gravina quello che sta emergendo grazie alle campagne di scavi autorizzate da varie sovrintendenze e affidate a diverse Università, sta riscrivendo la storia della Murgia. Accrescendo non solo il suo valore paesaggistico, della fauna e flora, di quella che un tempo era l’architettura rurale legata alla pastorizia con il bagaglio del sapere giunto dagli scambi della transumanza. La Murgia ora è anche altro. Le recenti scoperte archeologiche lo dimostrano. Dal sito neolitico di “Grotellie ” (scavi affidati all’Università di Pisa, condotti dalla prof.ssa Donata Grifoni Cremonesi) dove si vuole realizzare la discarica del Bacino Ba/4 e dove è stata scoperta una chiesa rupestre a croce greca con cinque absidi si giunge alla “Rocca del Garagnone” (villaggio dell’Età del Bronzo più esteso di tutta l’Italia del Sud). Vincolo archeologico fatto imporre dalla prof.ssa Donata Venturo. Altra scoperta oggetto di studio sono le incisioni su roccia dell’area del “Cavone ” di Spinazzola con figure antropomorfe e zoomorfe. Di rilievo sempre a Spinazzola la villa Romana in località “La Santissima” scoperta dall’archeologa Maria Luisa Marchi dell’Università di Foggia a cui si unisce a patrimonio anche il villaggio dell’Età del Bronzo scoperto dalla dott.sa Giuseppina Canosa sotto le fondamenta del castello marchesale abbattuto nel 1936, dove il 1615 nacque Antonio Pignatelli divenuto papa come Innocenzo XII. A tanto si sommano le scoperte di Minervino Murge con il villaggio dell’Età del Rame e diversi insediamenti dauni, e proprio sotto le torri eoliche, nel cuore della Murgia è stato scoperto altro villaggio dell’ Età del Bronzo. Come per segnare una nuova datazione dell’uomo sul territorio è di questi giorni la conclusione della campagna di scavi dell’abitato peuceta dello Jazzo Fornasiello, territorio di Gravina, luogo ubicato sulla strada che porta a Spinazzola portato alla luce dall’Università Statale di Milano, prof.ssa Maria Castoldi. La scoperta archeologica riconducibile al IV-V secolo a.C. che ricade interamente nell’aera del Parco Nazionale dell’Alta Murgia è ragione di ulteriore riflessione. Una eloquente contrapposizione all’assalto al territorio da parte delle lobby della “green economy”. Ha denunciato il vice presidente dell’Ente Parco, Michele Di Lorenzo: I cosiddetti “sviluppatori ”, che propongono tali impianti, trovano negli agricoltori, assediati dalla crisi economica, facili prede. È in queste situazioni che le Amministrazioni locali devono erigere barricate antimalaffare. Diverse Procure della Repubblica stanno ormai indagando su questi fenomeni e l'Ente Parco ha alzato le sue difese contro gli speculatori, ottenendo diversi successi anche nelle sedi giudiziarie. Spetta ora ai Comuni del Parco, dimostrare di non essere ostaggio di vecchi ricatti occupazionali e di nuovi sedicenti imprenditori della “green economy”.
A «JAZZO FORNASIELLO» UN VILLAGGIO PEUCETO SCAVI SU UN’AREA DI CIRCA DIECI ETTARI
Questo è quanto è emerso nella seconda campagna di scavi nel sito di Jazzo Fornasiello, sede di un abitato peuceta che occupava un’area di circa 10 ettari ai piedi del costone murgiano, sotto il monte Fornasiello. L’indagine è condotta dal 2009 dall’Università degli Studi di Milano, sotto la direzione di Marina Castoldi, con la collaborazione dei dottori Alessandro Pace, Alfonso Bentivegna, Marcella Leone e di laureandi dell’Ateneo milanese, in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Archeologici della Puglia e con l’Ente Parco Nazionale dell’Alta Murgia. “Lo scavo, descrive per la “Gaz etta” Maria Castaldi, si è concentrato nel settore nord-orientale del villaggio, dove è stato rinvenuto, in stato di crollo, un imponente complesso, lungo circa 10 metri, articolato in più vani paralleli, delimitati da muri di pietre a doppio paramento e con tetto di tegole. Lo scavo del 2010 ha permesso di seguire meglio le fasi di vita dell’edificio che comprende una fase arcaica (seconda metà VI sec. a.C.), caratterizzata dalla presenza di vivaci ceramiche di produzione locale e di coppe da vino di produzione metapontina; e una fase più recente (V-prima metà del IV sec. a.C.) cui sono riferibili le strutture murarie rimaste in situ e numerosi frammenti di grossi dolii per derrate. Moltissime le ceramiche, locali e d’importazione, a fasce, a motivi floreali, a vernice nera, indicative di un ceto di agiati proprietari terrieri, che richiedevano per la convivialità i raffinati prodotti delle città magnogreche. Rispetto al vicino insediamento di Botromagno (Gravina in Puglia), che ha restituito prevalentemente tombe di personaggi eminenti, quella di Jazzo Fornasiello è un’ “archeologia del coccio”, che ha a che fare con le testimonianze della vita quotidiana, rappresentate da frammenti di ceramiche che, una volta classificati e studiati, potranno fornire preziose informazioni sulla vita e sui costumi degli antichi abitanti del sito”. Quale futuro per questa ricerca di estremo rilievo storico-scientifico: “Lo scavo continuerà nei prossimi anni, ma quanto ritrovato consente di ricostruire un operoso borgo di allevatori e di coltivatori che richiama quella che è stata fino a poco tempo fa la realtà contadina dell’area murgiana, in quella continuità tra passato e presente che caratterizza questo territorio”.
LE REAZIONI
SULLE AGGRESSIONI AL TERRITORIO PREOCCUPATI MARTINEZ (BENI CULTURALI) E ASSENNATO (ARPA
)
Una miriade di impianti mette a rischio il paesaggio
Sembrerebbe una barzelletta ma non lo è, mentre si esalta il valore delle nuove scoperte archeologiche sul territorio, la necessita della sua difesa e tutela, scorrendo il “Bur p” Bollettino della Regione n. 141 del 02-09-2010 ci siamo accorti dell’ennesima richiesta di mega impianto fotovoltaico da realizzare a Spinazzola in località Santa Lucia, denominato “Statio ad Pinum”: Antico nome al tempo dei romani, pare, di Spinazzola. Progetto dal nome “f antasioso” avanzato da una società di Ruvo di cui in città nessuno sembra saperne nulla, come sempre. Si legge nel bollettino che: “Tale progetto consiste nella realizzazione di un impianto fotovoltaico localizzato nel Comune di Spinazzola (BT), costituito da numero 11 generatori fotovoltaici, composti in numero di 8 da 4320 moduli fotovoltaici, in numero di 1 da 3880 moduli fotovoltaici, in numero di 1 da 3760 moduli fotovoltaici ed in numero di 1 da 4160 moduli fotovoltaici per una potenza totale di 10662,8 kWp, e delle relative opere connesse ed infrastrutture indispensabili alla costruzione ed al funzionamento dell’impianto stesso rappresentate dalla realizzazione di nuove strade interne all’impianto e di accesso alle stazioni elettriche, linee elettriche in cavo interrato in bassa ed in media tensione e tra l’altro collegamento a mezzo di cavo interrato in alta tensione alla stazione elettrica a 380 kV della rete elettrica di trasmissione nazionale a realizzarsi sempre nel Comune di Spinazzola. Il procedimento si rende necessario per permettere la valutazione dell’impatto dell’opera sulle componenti ambientali. Gli elaborati di cui trattasi resteranno in visione al pubblico per 45 giorni consecutivi, presso gli uffici precedentemente elencati. Eventuali osservazioni potranno essere presentate alla seguente autorità competente».La zona Santa Lucia è quella dove è stata rinvenuta dall’archeolo g a Maria Luisa Marchi dell’Università di Foggia in località “la Santissima” una villa Romana ed è limitrofa a quella zona “Podice ”dove era stata avanzata altra richiesta di mega impianto fotovoltaico da dieci megawatt che tanto clamore ha suscitato in città. Spinazzola sembra essere sempre più appetibile agli insediamenti di impianti di energie rinnovabili. Oltre al fotovoltaico da 1 megawatt (una ottantina le concessioni rilasciate) sono stati avanzati impianti da 5-10-15 megawatt a cui si deve aggiunge il desiderio di far istallare una selva di pali eolici una volta approvato il Prie (da 101 a 121 torri). Qui forse, visto che questo nuovo impianto è stato mandato al vaglio della sovrintendenza vale la pena ribadire quello che l’arch. Ruggiero Martinez direttore regionale del Ministero per i Beni e le Attività culturali ha dichiarato già da alcuni mesi e attendere la sua decisione su questa nuova proposta di specchi sul territorio: “eolico e
impianti fotovoltaici, sono una nuova disarmonia, fatta da interventi a macchia di leopardo che stanno “segnando” il territorio. E il direttore generale dell’Arpa, Giorgio Assennato, ha aggiunto: «rischiamo di stravolgere completamente il paesaggio pugliese».

SPINAZZOLA LA PETIZIONE SARÀ INVIATA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, AL SINDACO, AL DIRETTORE GENERALE ASL, ALL’ASSESSORE REGIONALE ALLA SANITÀ E AL GOVERNATORE
Mille firme per salvare l’ospedale
I VOLONTARI DEL «GRUPPO DI AZIONE»: STIAMO RACCOGLIENDO I TIMORI DEI CITTADINI
La reazione degli spinazzolese contro la chiusura dell’ospedale è stata immediata. In poche ore le firme raccolte dal “Gruppo di Azione” nato da una assemblea spontanea di cittadini, per una petizione da inviare al Presidente della Repubblica, quale garante del diritto alla salute e ai servizi sanitari per i cittadini, al sindaco Carlo Scelzi, al Direttore Generale della Asl Bat Rocco Canosa, all’assessore regionale alla sanità Tommaso Fiore e al presidente della Regione Nichi Vendola ha raggiunto le mille firme. E’ un unanime sdegno quello manifestato contro lo scippo perpetrato alla città con la nuova rimodulazione sanitaria dalla Regione che coinvolge il nosocomio cittadino a cui vengono sottratti ulteriori servizi. Nemmeno più «una scatola vuota» come ha di recente espresso il sindaco Carlo Scelzi, ma un «vuoto a perdere», e a perdere in questo caso sono i cittadini di Spinazzola. Dopo l’assemblea pubblica in cui è stato riferito dal dott. Luigi D’Amelio l’ulteriore
impoverimento dei servi sanitari per Spinazzola, lo stesso Pd, partito del sindaco ha con una lettera richiesto un incontro urgente con i vertici regionali, parlamentari del proprio partito, consiglieri regionali e comunali. Mentre l’opposizione ieri mattina con quattro consiglieri: Michele D’Ercole, Benedetto Silvestri Vigilante, Franca Carbone e Nicola Di Tullio ha immediatamente depositato a Palazzo di Città il seguente documento rivolto al sindaco: «avendo appreso, durante l’assemblea cittadina tenutasi sabato 16 ottobre, dalla viva voce del suo consigliere di maggioranza, dott. Luigi D’Amelio, che il piano di riordino regionale sugli ospedale pugliesi prevede per Spinazzola la soppressione di tutti i posti letto esistenti, così come punto di primo intervento, cose che configgono totalmente con le affermazioni che Lei ha fatto e detto pubblicamente sia nei consiglieri comunali
che nella conferenza organizzata dalla Caritas cittadine; letto il comunicato e l’invito affisso nella bacheca del Pd indirizzato anche ai sottoscritti; constatata la costituzione del Comitato D’Azione pro ospedale. Considerata la viva preoccupazione esistente nella cittadinanza circa le reali e veritiere sorti del nostro presidio ospedaliero. Considerata la assoluta e totale assenza dell’amministrazione comunale nell’assise cittadina. Chiediamo che sia convocato immediatamente un assemblea pubblica o un consiglio comunale magari in prosecuzione di quello lasciato volontariamente aperto dalla scorsa seduta, onde il primo luogo rimarcare e ribadire le vere prospettive dell’ospedale, nonché promuovere iniziative concrete per la sua difesa in concerto con le iniziative popolari già in atto». In sintesi si chiede di giocare a carte scoperte. La petizione popolare indetta dai cittadini è stata sottoscritto anche dal sindaco Carlo Scelzi e il suo vice Nicola Di Nardi, nonché da alcuni esponenti del Pd. Ma c’è anche da segnalare una stranezza: nella notte tra domenica e lunedì ignoti hanno spostato di alcuni metri lo striscione affisso dal “Gruppo di Azione”in piazza San Sebastiano indicante il “No” alla chiusura dell’ospedale, relegandolo in un angolo della piazza anziché al suo centro. Un episodio bizzarro, mentre con serietà è ripresa da parte dei cittadini coinvolti nella difesa dell’ospedale la raccolta delle firme che proseguirà anche nei prossimi giorni.

lunedì 18 ottobre 2010


ORE 22.15 QUESTO IL MESSAGGIO DI FILOMENA TRA LE INTREPIDE AL LAVORO NELLA RACCOLTA DELLE FIRME: “ALLE 21 ABBIAMO CHIUSO IL GAZEBO CON UN RISULATATO DI 1463 FIRME”
A lei e a quanti più di altri stanno continuano il presidio GRAZIE.
18 Ottobre
SANITÀ PUBBLICA E SERVIZI MOBILITAZIONE GENERALE
All’assemblea cittadina nella sala «Innocenzo XII» erano presenti cittadini, medici ospedalieri e di base, associazioni, sindacati Un «gruppo di azione» in difesa dell’ospedale. Avviata una raccolta di firme contro la riconversione del presidio ospedaliero.
UNA PRESENZA PARZIALE
All’iniziativa solo i consiglieri di minoranza, non si sono visti il sindaco e gli esponenti della maggioranza
di Cosimo Forina
Basta con lo scippo alla città! Dopo l’assemblea cittadina che si è svolta sabato sera presso la sala «Innocenzo XII», dove si è registrata grande partecipazione. Oltre a tanti cittadini, medici ospedalieri e di base, associazioni, sindacati, i soli consiglieri comunali di minoranza, assente sindaco e consiglieri di maggioranza. Da ieri mattina presidio davanti all’ospedale e in piazza San Sebastiano con raccolta di firme per dire “No” alla chiusura e rimodulazione del nosocomio come previsto nel piano annunciato dalla Regione. L’assemblea cittadina, convocata da Antonio Monopoli e Savino Montecchi a nome di un comitato spontaneo in conclusione dei lavori ha diffuso il seguente comunicato: «La cittadinanza spinazzolese, valutata l’attuale situazione del locale ospedale; sentite le affermazioni dei rappresentanti delle istituzioni e sanitarie competenti; memore del principio costituzionale che sancisce la sovranità del popolo sulle scelte di interesse generale, indice la costituzione di un “gruppo di azione”, aperto a tutti i liberi cittadini. Avente la finalità di difendere il diritto alla salute con la garanzia di efficienza dei servizi sanitari, secondo quanto pubblicamente approvato nel Consiglio comunale nella seduta del gennaio 2009, alla presenza del direttore generale dott. Rocco Canosa (attualmente in carica), dell’Asl della sesta Provincia. Questo principio sarà affermato e difeso con la massima determinazione anche attraverso l’indizione di pubbliche manifestazioni mirate a richiamare le istituzioni competenti, affinché garantiscano ai cittadini di questa comunità decorosi livelli dei servizi sanitari». Stando alle notizie giunte dalla Regione, riportate dal dott. Luigi D’Amelio, diverse, in riduzione, persino da quelle in questi giorni assicurate dal sindaco Carlo Scelzi durante diversi incontri, all’ospedale di Spinazzola toccherebbe una cancellazione di numerosi altri servizi. In definitiva al nosocomio cittadino già “scatola vuota”, verrebbero sottratti anche gli ultimi posti letto di medicina. Lasciando il solo servizio di «118» medicalizzato, copertura di elisoccorso, con un elicottero presente nella città di Matera, guardia medica, nonché qualche ambulatorio. Quisquiglie rispetto al fabbisogno della popolazione caratterizzata per lo più da anziani, come è stato sottolineato dai medici intervenuti all’assemblea. In una condizione, quella di Spinazzola, che la vede penalizzata anche nel raggiungimento di ospedali ubicati in altre città. Il più prossimo a non meno di cinquanta chilometri. La storia dell’ospedale di Spinazzola è altra. Quella di essere un presidio della salute che ha risposto al diritto di essere curati rispondendo alla necessita della popolazione. Non si tratta di una difesa di campanile, quello che la città rivendica è la certezza del diritto alle cure che con il nuovo rimodulamento sanitario verrebbe di fatto meno. L’azione civile della città, fuori da ogni strumentalizzazione politica e partitica, uscita dal suo torpore dopo l’inganno delle promesse è quella di richiamare i vertici della Asl e la Regione ad una valutazione di necessità. Rispettando la piena dignità della popolazione, che non sia elemosina sanitaria a cui i cittadini sono pronti a dire fermamente “No” rimandando ogni tentativo del genere al mittente. A Spinazzola da ieri si chiede ai vertici della sanità pugliese di fare sull’ospedale di Spinazzola proposte “serie”.

venerdì 15 ottobre 2010


L'On. Pierfelice Zazzera con altri ha chiesto al Ministro dell'Interno se vi sono i presupposti per lo scoglimento del consiglio Comunale di Altamura.
Questo il testo integrale dell'interpellanza:

Seduta n. 381 del 12/10/2010
INTERNO
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
notizie stampa riportano che ad Altamura (Bari) la mafia avrebbe fatto un vero e proprio salto di qualità, penetrando profondamente nel tessuto socio-economico della cittadina;
il Rapporto SOS Impresa «Le mani della criminalità sulle imprese» del gennaio 2010 - Confesercenti - conferma la presenza ad Altamura del clan Mangione Matera e la sua forte incidenza estorsiva. Ma ad Altamura opera anche «il clan Dambrosio, capeggiato da Dambrosio Bartolomeo, vicino ai Di Cosola e dedito all'usura e alle estorsioni» (Relazione al Parlamento anno 2008 sull'attività delle forze di polizia, sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata);
la Relazione del Ministro dell'interno al Parlamento sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia del settembre 2008, conferma che Altamura è una realtà ad elevata presenza criminale. Registra che in questi anni si sono verificati numerosi episodi delittuosi, come associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsioni, rapine, porto e detenzione di armi e materiale esplosivo, traffico di sostanze stupefacenti;
la Relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia sulle attività svolte dal Procuratore nazionale antimafia e dalla Direzione nazionale antimafia nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso riferita all'anno 2008, ribadisce e precisa che «in Altamura opera il clan Dambrosio, capeggiato da Bartolomeo Dambrosio, personaggio di spessore della criminalità organizzata (affiliato al clan Di Casola), dedito all'usura ed alle estorsioni; in Gravina in Puglia opera il sodalizio retto dal triumvirato Mangione/Gigante/Matera, attivo nel settore del traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e nell'usura. Particolarmente preoccupanti sono gli indicatori della capacità d'infiltrazione del clan Dambrosio nel tessuto economico e negli apparati della pubblica amministrazione locale, documentati attraverso la contiguità al sodalizio di esponenti del mondo dell'imprenditoria e della politica locale». La medesima Relazione riferita invece all'anno 2009, riporta nello schema della distribuzione territoriale dei clan nel territorio altamurano, non solo Dambrosio, Mangione, Matera, Gigante, ma anche Loglisci, Stolfa e Loiudice, con l'avvertenza che nell'ambito dei «processi di ristrutturazione delle cosche si possano profilare nuovi equilibri malavitosi e possano vedere la luce nuove organizzazioni criminali»;
la relazione del Ministro dell'interno al Parlamento sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla direzione investigativa antimafia del luglio/dicembre 2009 registra che «Ulteriori operazioni delle Forze di polizia hanno confermato sia la rilevanza strategica del territorio pugliese e delle locali compagini nei traffici di sostanze stupefacenti, sia l'esistenza di collegamenti con reti criminali transnazionali. Anche le fattispecie di reato meno rilevanti, essendo accompagnate dal ritrovamento
di armi, evidenziano un non trascurabile livello criminale complessivo.»;
dalla relazione annuale sulle attività del commissario straordinario del Governo per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali del novembre 2008, emerge che ad Altamura sono stati confiscati 12 beni immobili e 3 aziende in gestione al Demanio;
già nel giugno 2005, in occasione dell'omicidio di Raffaele Scalera, ucciso con un colpo di arma da fuoco alla nuca sulla via vecchia per Cassano, dalle indagini investigative emersero presunti intrecci tra criminalità organizzata, imprenditori e politici;
sempre nel 2005, il 25 luglio fu sequestrato un imprenditore, mentre nel novembre 2006 scomparve Biagio Genco, amico fraterno di boss mafiosi e presunto autore di un violento pestaggio ai danni del giornalista di Radio Regio Stereo, Alessio Di Palo;
Alessio Di Palo è solito denunciare attraverso la sua trasmissione radiofonica il malaffare e la malapolitica nella gestione dei rifiuti, criticando apertamente il Gruppo imprenditoriale Columella e l'amministrazione comunale;
il fratello di Di Palo, Francesco, è divenuto testimone di giustizia per aver denunciato i propri estorsori che gli imponevano il pizzo, nell'ambito della sua attività imprenditoriale. Francesco Di Palo, per questo suo gesto civile e di ribellione alla mafia, è attualmente sotto il programma di protezione provinciale assieme alla famiglia;
un secondo caso di lupara bianca ad Altamura, dopo quello di Genco, si è verificato 5 anni fa, con la scomparsa di Paolo Loiudice, imprenditore edile caduto in rovina a causa della mafia altamurana capeggiata dal boss Bartolo Dambrosio;
il 27 marzo 2010, in pieno giorno e in un quartiere popolato, sono stati uccisi Rocco Lagonigro e il suo collaboratore Vincenzo Ciccimarra. Lagonigro, il principale obiettivo dei sicari, era legato al clan di Palermiti. Le indagini dovranno chiarire se il duplice omicidio sia il risultato di una guerra tra clan baresi o di un regolamento di conti locale;
ma è con l'uccisione del boss mafioso Bartolo Dambrosio, avvenuta il 6 settembre 2010 che l'ombra sulla legalità delle istituzioni altamurane si fa sempre più cupa. Come riporta l'articolo pubblicato su La Repubblica sezione di Bari dell'11 settembre 2010, l'assassinio è stato particolarmente efferato, eseguito con armi di particolare calibro e fabbricazione, che non erano mai state utilizzate negli ultimi agguati di mafia nel barese. È forte il rischio dunque che dietro l'omicidio vi possa essere «l'obiettivo della mafia di creare una struttura di comando che tutto controlla» (Procuratore della Repubblica di Bari, dottor Antonio Laudati, su La Repubblica dell'11 settembre 2010);
Bartolo Dambrosio era un elemento strategico nella mafia locale, e ben noto alle forze dell'ordine. Risulta che sul social forum Facebook coltivasse rapporti di amicizia con esponenti politici, quali il sindaco Mario Stacca, il consigliere Michele Barattini, l'assessore alla cultura Giovanni Saponaro, e l'ex consigliere Nicola Clemente (BariSera del 10 settembre 2010);
D'Ambrosio era anche il pro cugino del presidente del Consiglio Comunale, Nicola D'Ambrosio;
lo stesso Nicola Dambrosio e Saverio Columella, figlio dell'amministratore della Tradeco di Altamura, in alcune intercettazioni telefoniche disposte dal pubblico ministero Desirèe Digeronimo, avrebbero parlato «di presunte tangenti date a Pasquale Lomurno, segretario del sindaco di Altamura Mario Stacca» (Barisera di venerdì 10 settembre 2010). L'intercettazione sarebbe al vaglio dei carabinieri «per provare l'antica abitudine dei Columella al pagamento di tangenti ai pubblici amministratori» (Barisera di venerdì 10 settembre 2010);
si precisa che la società Tradeco S.p.A gestisce il servizio rifiuti solidi urbani ad Altamura, e che da tempo è al centro di inchieste giudiziarie. Risulta che il 7 settembre 2010 il comune abbia deliberato un milione e 260 mila euro alla società per il trasporto di rifiuti fuori bacino. In proposito, come riportato da un articolo del 26 settembre pubblicato sul sito altamuralive.it, il movimento «Aria Fresca» avrebbe dichiarato: «Mentre da settimane i cittadini attendono che il sindaco Stacca e i suoi collaboratori chiariscano con versioni credibili e documentate il contenuto delle intercettazioni effettuate dai Carabinieri su disposizione della Magistratura in cui amabilmente diversi di loro parlano, come rilevano gli stessi investigatori, di mazzette e bustarelle, arriva la ciliegina sulla torta. Il giorno seguente all'omicidio di Bartolo Dambrosio, mentre la città era sgomenta per l'accaduto ed esponenti dell'amministrazione rilasciavano dichiarazioni sconcertanti sulla vittima, Stacca e la sua squadra erano impegnati anche in qualcos'altro»;
in particolare, riporta sempre l'articolo succitato, il Movimento avrebbe aggiunto che: «l'amministrazione Stacca ha deliberato, in via definitiva, di chiudere con una transazione il contenzioso che la opponeva alla Tradeco in merito alla quantificazione dei costi per il trasporto fuori bacino dei rifiuti indifferenziati. Si tratta della deliberazione di giunta n. 112 del 7 settembre 2010, che segue la precedente deliberazione n. 45 del 15 marzo 2010 con la quale sempre l'amministrazione Stacca aveva avviato tutta la procedura e la determinazione dirigenziale n. 1108 del 27 agosto 2010 che ha quantificato gli esborsi. Alla Tradeco viene riconosciuto, a partire dalla data di chiusura della discarica di Altamura (dal 1° aprile 2008) oltre un milione di euro all'anno per il servizio offerto. Somme che si aggiungono all'appalto di raccolta e smaltimento sui rifiuti (circa 7 milioni di euro, tra i più alti della Puglia) e ai costi di biostabilizzazione che il sindaco Stacca ha deciso di assumersi con ordinanza n. 52 del 30 aprile 2010. Tutto questo, mentre la percentuale già bassa di raccolta differenziata è in ulteriore diminuzione (appena l'8 per cento nel 2010) e, per questo, la Città paga 400mila euro di ecotassa regionale. Invece di prendere la strada dello scioglimento del contratto capestro, un contratto frutto di un appalto dalle regole truccate gestito da varie amministrazioni, ecco arrivare l'ennesimo esborso a danno degli altamurani. Un esito che non ci sorprende perché segue uno schema di condotta già collaudato in questo Comune: si fa la faccia feroce con la ditta, questa fa partire i contenziosi, l'amministrazione chiede pareri e consulenze, poi tutto si chiude con una transazione che viene fatta passare come favorevole per la Città (quest'ultima conciliazione riconosce alla Tradeco quasi 1.100.000 euro all'anno anziché i circa 1.700.000 richiesti inizialmente dalla ditta). "Con quale serenità, lucidità e imparzialità è stata definita e chiusa la transazione da questi amministratori, considerato che diversi di loro, tra i più vicini al sindaco, intrattenevano da anni - come emerge dalle intercettazioni effettuate su disposizione della Procura dai carabinieri in questi anni - rapporti molto confidenziali e intimi con i componenti della famiglia titolare della Tradeco (cioè l'impresa che gestisce il più costoso servizio pubblico locale che assorbe circa un quarto della spesa corrente comunale)?"»;
l'attività di Carlo Dante Columella, patron della Tradeco, è oggetto di indagine da parte dell'antimafia che ipotizza i reati di associazione per delinquere e corruzione, traffico illecito e presunta gestione non autorizzata dei rifiuti. Dalle indagini degli inquirenti, la discarica in contrada Le Lamie conterrebbe il doppio dei rifiuti previsti. Il «re dei rifiuti della Murgia» è stato condannato il 29 settembre 2010 a 5 mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 20 mila euro per costruzioni «in contrasto con la pianificazione urbanistica e in totale difformità rispetto al permesso di costruire peraltro illegittimo» in contrada San Tommaso, tra Altamura e San
teramo. Stessa pena è stata irrogata alla moglie, Irene Petronella, e al progettista Alfredo Striccoli;
ma nelle intercettazioni all'esame della Procura, come si legge in un articolo pubblicato su Barisera, vi sarebbe anche uno «stralcio di presunte tangenti che i Columella devono pagare». Nella conversazione del 30 marzo 2002 tra Carlo Columella e una impiegata della Tradeco, Lucia Castoro, si discute di alcune questioni relative alla discarica. L'articolo succitato riporta la seguente conversazione: «Lucia Castoro (C): (...) i soldi per zio Franco (Petronella Francesco) per quelli lì ... (punto della registrazione incomprensibile) ... ora quello che mi ha detto, mi ha detto che deve andare lui ora (...) gli ottocento a Pasquale (duemilacinquecento a quell'altro - sembra dire al politico - (...). L'articolo riporta anche una telefonata del 10 aprile 2002 in cui le stesse persone parlano di una «presunta dichiarazione di guerra» che gli starebbero muovendo. Columella afferma che dirà al magistrato, il quale lo deve ascoltare, che «(...) mi hanno fatto la "delibera", volevano 500 milioni (di vecchie lire, ndr), non glieli ho dati, me l'hanno revocata»;
in un articolo apparso su La Repubblica sezione di Bari del 22 settembre 2010, il summenzionato giornalista Alessio Di Palo ha dichiarato: «Nico (Dambrosio) è un pesce piccolo. E in corso un braccio di ferro fra Stacca e i Columella. Nel 2011 dovrà essere bandita la gara d'appalto per lo smaltimento dell'immondizia e i Columella, appunto, non possono permettersi il lusso di perderla»;
Michele Columella è sotto indagine, insieme all'ex Assessore alla sanità Alberto Tedesco, per l'appalto dello smaltimento dei rifiuti ospedalieri della Asl Bari. L'ex dirigente Asl Lea Cosentino, interrogata dalla pm Digeronimo, avrebbe parlato di «un'amicizia fraterna che Tedesco aveva con la Tradeco di Columella. Io conosco il signor Franco Petronella - ha spiegato Cosentino - lo conosco da quando stava ad Altamura perché è un consigliere anche comunale e siccome Alberto Tedesco lo definiva mio fratello sapevo che spesso andava presso la società Tradeco a fare politica» (Corriere del Mezzogiorno.it);
sottoposti ad interrogatorio, tra gli altri, anche il legale rappresentante della società di smaltimento rifiuti Vi.ri. di Altamura, e Francesco Petronella, titolare della società;
secondo il giudice «è stata evidenziata l'illecita ingerenza degli indagati a sostegno degli interessi economici» di tre aziende, la Vi.ri srl, specializzata nella raccolta di rifiuti speciali, la Draeger Spa, rappresentata dal nipote di Tedesco, e la Consanit scpa, per l'aggiudicazione di altrettanti appalti dalla Asl di Bari (Corriere del Mezzogiorno.it);
i reati contestati all'ex assessore regionale alla sanità Alberto Tedesco sono corruzione, turbativa d'asta e concorso in violazione del segreto d'ufficio rispetto ad appalti per un valore complessivo di 9 milioni di euro;
alla morte di Bartolo Dambrosio, sia il presidente del Consiglio Comunale che l'assessore alla cultura Giovanni Saponaro hanno addirittura esaltato la figura del boss, sostenendo che fosse «una persona rispettabile». In particolare Nico Dambrosio su La Repubblica ha definito il suo parente come «una personalità eccessivamente portata verso il prossimo, il suo atteggiamento di vita era quello di una persona che puntava ad una promozione sociale». Con tali dichiarazioni, non degne di pubblici amministratori, è stato minimizzato l'ennesimo fatto di sangue legato a dinamiche mafiose avvenuto ad Altamura;
risulterebbe anche che alcuni esponenti delle forze dell'ordine fossero soliti fare jogging col boss, esperto in arti marziali. Il fatto mai smentito, se confermato sarebbe ad avviso dell'interrogante di inaudita gravità, soprattutto considerato che uno di questi esponenti, avrebbe persino protetto Dambrosio (La Repubblica sezione di Bari del 14 settembre 2010);
come se non bastasse, Bartolo Dambrosio avrebbe anche organizzato eventi collettivi, con il favore e il sostegno economico dell'amministrazione comunale. Appena due giorni prima della sua morte, avrebbe presentato la Notte bianca di Altamura;
il sindaco di Altamura, Mario Stacca, in seguito alle inopportune dichiarazioni del presidente del consiglio comunale sul parente boss assassinato, ha chiesto le dimissioni di Nico Dambrosio. Il presidente però non si è fatto da parte, così il 20 settembre 2010 il sindaco ha presentato la lettera di dimissioni, «già pronta per l'eventualità e l'ha fatta protocollare» (Corriere del Mezzogiorno.it) per consentire di fare chiarezza sugli ultimi fatti accaduti;
solo dieci giorni dopo, il sindaco ha ritirato le sue dimissioni, nonostante i presunti legami tra politica, imprenditoria e malavita siano rimasti inalterati e il presidente del consiglio comunale che elogia la personalità di un boss mafioso sia rimasto al suo posto;
in segno di protesta contro l'intensificarsi dei fenomeni mafiosi ad Altamura, il Coordinamento per la legalità ha recentemente organizzato una manifestazione in piazza della Repubblica. La portavoce del movimento, Valentina D'Aprile, ha dichiarato testualmente «Ad Altamura la mafia c'è, c'e anche una cultura mafiosa. Va avanti in questo modo da vent'anni. Non siamo noi a sostenerlo, ma gli investigatori della Dia e i magistrati della Dda, che parlano di intreccio mafioso-affaristico-politico. Ecco perché vorremmo che oltre agli inquirenti, impegnati a fare luce su questo intreccio, lo stesso risultato fosse garantito da chi ha gestito la nostra città» (La Repubblica sezione di Bari del 28 settembre 2010);
con tale manifestazione i ragazzi di Altamura per la legalità, hanno intesto proporre una «riflessione generale» per allontanare il rischio di «trasformare l'Alta Murgia in una terra invivibile, fra l'omertà dei testimoni, l'assenza di denunce per le estorsioni, la scarsa attenzione sul tema dell'usura e il consumo della droga» (La Repubblica sezione di Bari del 26 settembre 2010) -:
alla luce dei fatti descritti in premessa che rendono manifesta la forte incidenza della criminalità organizzata nella società altamurana, e che confermano l'esistenza di rapporti tra questa ed esponenti politici locali, se non si ritenga di accertare se ad Altamura vi siano condizionamenti esterni tali da richiedere lo scioglimento del consiglio comunale, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
(2-00849) «Zazzera, Barbato, Granata».

venerdì 8 ottobre 2010


LETTERA A DAGOSPIA DI CARLO VULPIO
A me questa perquisizione disposta dai pm napoletani Piscitelli e Woodcock a casa e negli uffici dei giornalisti Sallusti e Porro non piace per niente. Per due motivi. Il primo. Cosa vuol dire applicare il reato di "violenza privata in concorso" per un presunto "dossier" o "campagna di stampa" che "il Giornale" si sarebbe apprestato a pubblicare (condizionale futuro)? Mi sembra tanto uno di quei "pre-reati" di cui si occupano gli investigatori della "pre-crimine" nel film Minority Report, con Tom Cruise. Insomma, un reato che semplicemente non esiste. Senza considerare che, come ricorda il collega Franco Abruzzo, "la Corte di Strasburgo ha imposto l'alt alle perquisizioni nelle redazioni a tutela delle fonti dei giornalisti e i giudici hanno l'obbligo di rispettare le sentenze del Tribunale dei diritti dell'uomo". Ma - dicono i pm e la " presunta vittima" del reato, Emma Marcegaglia, presidentessa di Confindustria -, la conversazione telefonica intercettata tra Porro e Arpisella (portavoce della Marcegaglia) dimostrerebbe l'intento di "coartare la volontà" della Marcegaglia, per indurla a più miti considerazioni sull'operato del governo guidato da Silvio, fratello di Paolo Berlusconi, editore de "il Giornale". Anche in questo caso, può esserci d'aiuto un film. "Guardie e ladri", con Totò (il ladro) e Aldo Fabrizi (la guardia). "Vieni qui o ti sparo", dice Fabrizi a Totò. "Non puoi sparare se non per legittima difesa - replica Totò -, e poiché io non offendo..." . E Fabrizi: "Allora io sparo in aria, a scopo intimidatorio". Totò: "E bravo. Io però non mi
intimido...".Ecco, anche a voler tutto concedere, Marcegaglia poteva rispondere come Totò: "Non mi intimido", "la mia volontà non si coarta". Che poi è la predica che vien fatta tutti i giorni agli imprenditori affinché non si pieghino a pagare il pizzo, al punto da minacciare di espellere dagli organismi associativi di categoria quelli che cedono. Marcegaglia invece era così "coartata" da far chiamare l'altro fratello di Silvio, Fedele Confalonieri, affinché intervenisse sul direttore editoriale Feltri per sistemare un po' le cose: cioè evitare la pubblicazione di articoli che per lei potessero rivelarsi scomodi (chiamateli pure dossier o come vi pare, la sostanza non cambia). Ma questo, signori miei, si chiama bavaglio alla libertà di stampa. Non ha alcuna importanza chi pubblica una certa notizia, quando la pubblica e per quale altro fine (anche biasimevole) la pubblichi. Ciò che conta è che la notizia (la cui pubblicazione rispetti le norme vigenti, ovvio) sia vera. Di quali notizie vere potesse aver timore la Marcegaglia, per la propria immagine e per quella del suo gruppo imprenditoriale, ci fornisce un assaggio il bravo Vittorio Malagutti sul "Fatto Quotidiano", ricordando gravi storie di smaltimento di rifiuti e di condanne subìte dagli stretti congiunti della signora Emma. Ma, appunto, si tratta di un assaggio. Un'inchiesta giornalistica (dossier?) un po' più approfondita farebbe capire meglio perché Marcegaglia e gli altri potenti, tutti i potenti, temono la libertà di stampa. Che non esiste allo stato puro e in via assoluta, intendiamoci, ma è tutt'al più una libertà relativa, e purtuttavia, anche se presente in "modiche quantità", è una libertà che spaventa. Facciamo un esempio che è di stretta attualità, ma che un po' tutti fingono di non vedere e che potrebbe far drizzare le antenne tanto ai "segugi" de "il Giornale" quanto a quelli del FQ (e sempre che Woodcock e Piscitelli non ravvisino anche in questo mio esempio un intento di "coartare"). Marcegaglia sostiene che Nicola Vendola è tra i migliori governatori d'Italia. Domanda del bravo giornalista: perché lo dice? Risposta del bravo direttore: andiamo a vedere, sguinzagliamo un cronista sveglio in giro per la Puglia e forse ne capiremo il motivo: tra inceneritori e contratti ventennali per discariche, alcune delle quali realizzate persino su laghi di acqua potabile che alimentano l'80 per cento della rete idrica salentina (Corigliano d'Otranto) e importanti siti neolitici (Spinazzola), il gruppo Marcegaglia non può che essere riconoscente per i decenni a venire nei confronti di Vendola. Il quale infatti è diventato un "intoccabile" per la stampa e la tv, di destra e di sinistra: nessuno che gli faccia mai una domanda seria che sia una. Non so se i "dossier" de il Giornale avrebbero riguardato (condizionale futuro) queste storie. Se non è così, peccato. Ma si fa sempre in tempo. Se non su "il Giornale", sul FQ, o su qualunque altra testata. Anche su "Chi" e "Novella 2000", perché no? Le shampiste leggono, se incrociano articoli scritti bene.
Veniamo al secondo motivo. Questa perquisizione e questo "reato" non mi piacciono anche perché avvicina molto Woodcock e Piscitelli a Chieco e Cazzetta, il procuratore e il pm di Matera che nel 2007, assieme al gip Onorati, formularono il seguente fantasmagorico capo di imputazione: "associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa con concorso morale esterno". Un reato inventato, che non esiste nei codici e che infatti non è mai stato applicato nella storia d'Italia, ma che ha comportato non solo perquisizioni di casa e ufficio, sequestri di pc, cd e documenti di lavoro per nulla segreti, ma che ha consentito - grazie alla contestazione del reato associativo - di mettere sotto controllo i telefoni di quattro giornalisti (tra i quali il sottoscritto) e di un capitano dei carabinieri. In quella circostanza furono proprio Feltri e Sallusti, che dirigevano Libero, a pubblicare a puntate le nostre intercettazioni (parlo di intercettazioni private, che dovevano essere distrutte perché non costituenti reato, né pertinenti al presunto reato). Non si scandalizzò nessuno. Né Feltri, né Sallusti, né le direzioni e i comitati di redazione del mio o di altri giornali (eppure, era la prima volta che un intero giornale veniva "ufficialmente" intercettato) e nemmeno l'Ordine dei giornalisti e la Federazione della stampa che oggi accennano a una timida reazione. A me, non è restato altro da fare che agire in giudizio contro Libero. Ma proprio per questo oggi difendo Feltri e Sallusti e penso che i pm napoletani sbaglino. Quale vicenda meglio di questa può dimostrare la necessità che un un principio, se lo si ritiene sacro - e la libertà di stampa lo è -, va difeso sempre? Anche e soprattutto quando riguarda chi ti ha "maltrattato" calpestando ieri i princìpi che invoca per sé oggi? Dirò di più. Così magari qualcuno può cogliere l'occasione per organizzare un dibattito in tv sull'argomento (magari con noialtri "associati a delinquere", Feltri, Woodcock, Vendola e Marcegaglia). Per noi, gli "associati delinquere", il termine ultimo per la conclusione delle indagini, prorogato tre volte, è scaduto a gennaio 2009. Ebbene, quando qualche settimana fa abbiamo inoltrato istanza al procuratore generale di Potenza, Lucianetti, affinché ci venisse detto se fossimo da prosciogliere o da rinviare a giudizio, la risposta è stata un'altra perla giuridica. E' vero - ha risposto il pg - che il termine ultimo per le indagini è scaduto da quasi due anni. Ma le indagini restano aperte perché il "caso è complesso" (una presunta diffamazione!) e, in ogni caso, gli atti compiuti dopo quel termine "sono inutilizzabili". In altre parole, se in tutto questo tempo hanno continuato a "monitorarci" e se verosimilmente continueranno a farlo - per sapere chi siamo e da dove veniamo e con chi parliamo e come la pensiamo e cosa facciamo - non dovremo preoccuparci. Tanto gli atti da gennaio all'infinito sono inutilizzabili. Eh, no. Non va bene. Urge programma tv che affronti la questione e spieghi al grande pubblico. Mi vanno bene anche Floris e Paragone. O una finestra nel tg di Mentana, a La7. Certo, da Fazio o da Vespa, oppure a Matrix, sarebbe già un altro share. Se proprio insiste, però, sceglierò Santoro.