martedì 28 settembre 2010



Imposimato ai giudici di Brescia: “Ecco come nell’ufficio della Finocchiaro si decise di “far fuori” Clementina Forleo”. Finocchiaro querela e Forleo la denuncia per calunnia: “A Milano mi hanno scippato il caso scalate bancarie”. Per i media non c’è notizia. C’è (sempre) chi fa la morale (agli altri)
Pubblicato il 27 settembre 2010 da Carlo Vulpio
Non mi aspettavo mica che questa notizia l’avrebbe data, chessò, “Il Foglio”, che non pubblica una garbata letterina di precisazioni nemmeno se gliela mandi due volte. Né mi aspettavo che l’avrebbero raccontata i giornali grandi e piccini. O i Tg 1, 2 e 3. Oppure le reti Mediaset. O la “nuova” La7. Oppure Sky, magari durante un Calcio Show.
No, questa notizia, che pure, come si dice in questi casi, “c’è tutta”, non l’ha data nemmeno la controcorrente Current Tv all’una di notte. E, soprattutto, non l’ha raccontata nemmeno il giornale che dice di dire “ciò che gli altri non dicono”, cioè FQ, il Fatto Quotidiano, che quando fa così a me piace chiamare “il Pacco Quotidiano” (non è che il sarcasmo può valere solo se chiami il Corriere della Sera “Pompiere della Sera”, no?).

Speravo allora che questa notizia, per spiegare com’è che funziona il giornalismo libero, quello che si chiede il perché e il percome, si riuscisse a raccontarla bene e tutta in uno dei “templi” del giornalismo libero, quella Columbia University di New York dove, a spiegare cosa sono la libertà e la stampa in Italia, sono atterrati i giornalisti Travaglio e Borromeo e il giudice di Cassazione Piercamillo Davigo.

Ospiti di Alexander Stille – figlio di Ugo Stille, il direttore che vent’anni fa mi chiamò al Corriere della Sera e del quale conservo un affettuosissimo ricordo -, i sopra citati Italians non hanno fatto nemmeno per errore un riferimento alle “cose di casa nostra” che fosse, diciamo così, un po’ diverso e un po’ più esaustivo dalla solita messa cantata su Berlusconi e il berlusconismo che ci impedirebbero – mannaggia – di raccontare “la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità”.

Ed ecco dunque la notizia.
Anna Finocchiaro (capogruppo Pd al Senato, magistrato in aspettativa) ha querelato il gip di Cremona, Clementina Forleo (appena diventata mamma di una deliziosa bambina di nome Stella, auguri). La Forleo a sua volta ha denunciato la Finocchiaro per calunnia.
Forte, no? E mica soltanto per il fatto (nessun riferimento al giornale) in sé, ma anche e soprattutto per l’antefatto (ancora una volta, nessun riferimento).

La vicenda riguarda un “summit” che si è tenuto il 6 giugno 2007 nell’ufficio della Finocchiaro. L’incontro è stato raccontato da Ferdinando Imposimato – ex senatore Ds ed ex magistrato – in due verbali ai magistrati di Brescia.

Fu un incontro – dice Imposimato – in cui si decise di inviare un’ispezione ministeriale alla procura di Milano, il cui fine nemmeno tanto coperto era quello di mettere sotto procedimento disciplinare per “incompatibilità ambientale” l’allora gip di Milano, Forleo, che si stava occupando delle famose scalate bancarie dei “furbetti del quartierino”.
Più avanti, se volete conoscerlo nei dettagli, trovate una sintesi della ricostruzione di questo incontro tratta dal mio libro Roba Nostra (Il Saggiatore, con prefazione – ohibò – di Travaglio e postfazione di Antonio Ingroia).

Racconto questa vicenda per una ragione molto semplice: non mi piace che su questa storia tutti tacciano. Ma lo faccio anche perché, mentre tutti tacciono, la signora Finocchiaro spara querele, invece di spiegare cosa è accaduto quel giorno in quella stanza, mentre il PQ ogni santo giorno non solo si vanta di dire “ciò che gli altri non dicono”, ma fa pure la morale a tutti.
Ebbene, il PQ non ha dedicato un rigo a questo argomento. Non vuole raccontarlo. Non vuole proprio toccarlo. Non lo ha fatto nemmeno in occasione della festa per il suo primo compleanno, in Toscana, dove per l’occasione si è parlato di corruzione. Tra gli invitati alla festa c’era anche il pm milanese Francesco Greco. Ma anche lui, silenzio. Eppure Greco è uno di quelli che sulla vicenda Forleo qualcosa potrebbe dirla. Per esempio, potrebbe spiegare chi e perché ha “custodito” nei cassetti, senza mai dire da quale altro ufficio le avesse ricevute, le carte che invece dovevano finire sulla scrivania del gip naturale delle “scalate”, cioè Clementina Forleo.

Né ha sprecato, il pur solitamente informato PQ, un solo rigo per raccontarci, così, per amore della pura cronaca, come mai l’allora procuratore aggiunto di Milano, Edmondo Bruti Liberati, avesse sentito l’impellente bisogno di scrivere (online, nelle mailing list dei magistrati) un duro quanto inopportuno commento contro la pronuncia del Tar Lazio che dava ragione alla Forleo e sconfessava il Csm che l’aveva cacciata da Milano e trasferita a Cremona (immaginate se una cosa del genere l’avesse fatta un altro, o la stessa Forleo).
E sempre per la completezza della nostra beneamata cronaca, ci saremmo aspettati di leggere da qualche parte o di sentire da qualcuno che i protagonisti in toga dell’impropriamente denominato “caso Forleo” sono stati – dopo la “eliminazione” del gip milanese – tutti promossi: Piero Gamacchio è diventato presidente di sezione del Tribunale, Filippo Grisolia (quello che per pura coincidenza, il 30 luglio 2007 – cioè il giorno successivo a quello in cui Clementina Forleo si assenta per malattia -, deposita il parere sul “deficit di equilibrio” da cui sarebbe stata affetta la stessa Forleo) è diventato presidente di sezione della Corte d’Assise, Francesco Greco è diventato procuratore aggiunto ed Edmondo Bruti Liberati procuratore capo, quest’ultimo con la ostentata “benedizione” di destra e sinistra (rientra anche questo tra gli esempi di “inciucio buono”, come il PQ ama definire le cose che sponsorizza?).

Con un certo ritardo rispetto alla diffusione del racconto di Imposimato, ecco arrivare la querela di Anna Finocchiaro contro Clementina Forleo. Anche in questo caso, giornali e tv fanno i distratti. Un trafiletto può bastare. Ma c’è un giornale che si distingue per capacità di distrazione (non possiamo dire “di massa” perché non lo consente il numero di lettori). E’ l’Unità di Concita De Gregorio, che alla notizia dedica poche righe senza spiegare nulla, nemmeno “l’antefatto”: a leggerlo, chiunque penserebbe che Forleo abbia tirato un ceffone alla Finocchiaro, o qualcosa del genere. Eppure, Concita sulla vicenda poteva farsi illuminare. Per esempio, da Luigi (de Magistris). Che sull’Unità tiene pure una rubrica e sull’argomento sa di tutto e di più. Anche perché proprio lui ha scritto la postfazione a un libro in cui si parla abbondantemente di questo “summit”. Il libro è “Il caso Forleo”, di Antonio Massari (che è anche giornalista del FQ). Niente. Su questo, zitta Concita, zitto Luigi – che ignora persino i frequentatori del suo blog che chiedono lumi sulla vicenda Forleo – e zitto Antonio.

Zitto pure quell’altro campione della legalità, della libertà e della “democrazia dal basso” che risponde al nome di Beppe Grillo da Woodstock, provincia di Cesena.
Nel momento in cui Forleo “serviva” (come il sottoscritto, del resto) – a lui, a de Magistris, alla Alfano, a Santoro, a Travaglio – aveva anche aperto la finestra “Forza Clementina” sul suo blog. Dopo, silenzio assoluto e censura sistematica – ma in nome della libertà di espressione, ci mancherebbe – per tutti i commenti critici (puntualmente “bannati”) che piovevano sul suo blog.
Evidentemente, chi gli scrive i testi e gli ha programmato il rilancio politico-economico, per lui molto redditizio, ha spiegato a Grillo che è meglio, per il bene della democrazia e per “non fare il gioco di Berlusconi”, si capisce, non toccare l’argomento Forleo e così tacere su quella brutta pagina scritta nel Palazzo di Giustizia di Milano nell’estate del 2007, specialmente se è una pagina di cui oggettivamente non si può dare la colpa al Caimano.

Zitto, naturalmente, anche il vicequestore di Polizia in aspettativa Gioacchino Genchi. Lo capiamo, in qualche modo. Come potrebbe parlare di questa storia senza “farla propria”? Se lo facesse, mannaggia, sarebbe poi costretto ad aggiungere al suo voluminoso libro quel capitolo – su alcune figure (o figuri) del Palazzo di Giustizia milanese – che da quel libro è misteriosamente scomparso appena prima di andare in stampa.

Zitto anche Antonio Di Pietro, che pure alla Forleo aveva offerto due candidature, gentilmente non accettate dal giudice, ma pur sempre segno di stima e di considerazione nei suoi confronti.
Di Pietro non sa bene che pesci pigliare, in questo momento, e un po’ va capito. I sondaggi lo danno in pericolosa discesa e i “suoi”, ogni giorno che passa, si rivelano per quello che sono, né “capaci”, né “fedeli” e meno che mai “leali”. Ma è certo però che se continua su questa strada – un piede di qua, uno di là, un altro su, l’altro giù – torna al 2-3 per cento degli esordi.

E Salvatore Borsellino? Che cosa è successo a Salvatore Borsellino? Il suo silenzio – mi riferisco al silenzio pubblico, poiché le dichiarazioni private in questi casi lasciano il tempo che trovano – su Clementina Forleo, alla quale, non dimentichiamolo, è stato anche assegnato il premio in memoria del fratello Paolo, è assai strano, singolare, imbarazzante.
Salvatore Borsellino sa meglio di tutti cosa significa essere lasciati soli. Anche lui si è convertito alle ragioni della “ragion politica”? Anche lui soppesa la verità – la verità dei fatti – prima di enunciarla? Anche lui si chiede, prima di parlare, “cui prodest”?

Lo so, mi si obietterà che le battaglie di principio valgono fino a un certo punto. Poi occorre vincere. Anche “facendo un patto con il diavolo”, come hanno detto e ridetto, guarda un po’, Di Pietro e Vendola, e come in giro si sente ripetere sempre più spesso.
Ecco, io non la penso così. Penso che “il diavolo” sia il Male e che se dici di voler allearti persino con il Male per far trionfare il Bene, oltre a dire una enorme sciocchezza, stai anche barando. Non può venire nulla di buono da chi è disposto ad accompagnarsi anche con “il diavolo”. Ci provò già Faust con Mefistofele e sappiamo tutti com’è andata a finire.

Credo invece che se ti batti per un principio devi farlo per affermare quel principio e basta, non devi chiederti a chi giova e a chi no. E’ una strada difficile da percorrere, è vero, anche perché, purtroppo, la politica, tutta la politica, anche quella che oggi si spaccia come “alternativa”, ride di considerazioni del genere. Le reputa ingenue, folli, autolesionistiche. Punti di vista. Nessuno è obbligato a fare ciò che non ha scelto. E poiché ognuno, alla fine, sceglie, ognuno risponde di ciò che fa. O non fa.

Per me, l’obiettivo non è “abbattere” Berlusconi o chicchessia. Per me, l’obiettivo, ma a questo punto sarebbe meglio dire: la speranza, è cambiare in meglio le nostre vite, il nostro Paese, con le idee e soprattutto con i comportamenti che devono essere coerenti con le idee (diffidate di chi sostiene che la coerenza è la virtù degli imbecilli). Faccio un esempio terra terra: non puoi parlare dei precari a 500 euro al mese e “soffrire” per loro e intanto guadagnare 500mila o qualche milione di euro l’anno. Soprattutto se quei soldi sono denari pubblici. Altrimenti non sei credibile. In fondo, il nocciolo della questione è tutto qui: la credibilità. Do you understand?
Buona lettura

da “Roba Nostra” (Il Saggiatore, seconda edizione, 2009):
“E’ il 6 giugno 2007. Clementina Forleo non è stata ancora trasferita e si appresta, per poterle valutare e selezionare, a sbobinare le telefonate dei tre «Orazi» (D’Alema, Fassino e Latorre, Ds) e dei tre «Curiazi» (Grillo, Comincioli, Cicu, di Forza Italia).
A Roma sono molto preoccupati. Tanto che decidono di tenere un «summit» al volo in una qualche stanza del Parlamento. Chi partecipa a questa riunione ristretta e di cosa si discute? Lo rivela ai giudici – durante alcuni faccia a faccia ad alta tensione, quasi costretto a farlo dalla sua (ex) grande amica Forleo – l’ex senatore Ds ed ex magistrato Ferdinando Imposimato.
Dice Imposimato: «Ci fu una riunione nella stanza del capogruppo Anna Finocchiaro, dell’Unione, nel corso della quale era sopraggiunto anche il ministro Mastella, sollecitato da altri convenuti (Calvi, Latorre e altri) a un’ispesione ministeriale presso il tribunale di Milano. Il ministro aveva inizialmente rifiutato di disporre l’ispezione, perché pensava di dover attendere le determinazioni dei presidenti delle Camere…». […]
Se nessuno può fermarla con le buone, allora come si fa? La si fermi con le cattive. In che modo? Ma con un’ispezione ministeriale, no? E dunque ecco la scena: la senatrice Finocchiaro (anche lei ex magistrato), il senatore Nicola Latorre (uno dei principali coinvolti nell’inchiesta sulle scalate bancarie), il senatore Guido Calvi (avvocato di Massimo D’Alema), Clemente Mastella […] più «altri» non meglio identificati: tutti quanti insieme appassionatamente che discutono e si scervellano su come meglio servire la mela avvelenata a Clementina Forleo attraverso un’ispezione ministeriale urgente al tribunale di Milano. Ma bisogna fare le cose per bene. Quindi, meglio avere anche «le determinazioni dei presidenti delle Camere», di cui si discute nella stanza della Finocchiaro […]
Le «determinazioni» non si fanno attendere un minuto più del dovuto. Lo stesso giorno, 6 giugno, a firma congiunta – Franco Marini per il Senato e Fausto Bertinotti per la Camera – arriva la «determinazione» tanto attesa, che esprime le «preoccupazioni» del Parlamento per quelle benedette telefonate.
Ci sono tutti. Anzi, no. Ne manca ancora uno. Il capo dello Stato. E il 23 luglio arriva anche lui. Giorgio Napolitano, dall’aula di Palazzo dei Marescialli, durante un plenum del Csm, rivolge un appello ai giudici, chiedendo che «non inseriscano nei loro atti valutazioni non pertinenti». […]
Dopo, parecchio tempo dopo, quando ormai chi doveva capire la lezione l’aveva abbondantemente capita, ecco che dal Quirinale giunge una smentita, o meglio, una rettifica, che spiega come il presidente Napolitano non intendesse riferirsi a nessuno in particolare, e quindi nemmeno al giudice Forleo.
Ma intanto la macchina si è messa in moto, ed è un tritacarne inarrestabile. D’altra parte, bisogna fare in fretta. Intercettando Antonio Fazio si è arrivati a Giovanni Consorte e intercettando quest’ultimo si è arrivati a Massimo D’Alema. La partita si fa sempre più pericolosa. Saltano le regole e i vecchi riferimenti che servivano da orientamento si rivelano inutili. Non c’è più nemmeno l’alibi del «nemico» della magistratura per definizione, il «nemico di destra». Ora il nemico, il Caimano, arriva anche dall’altra sponda della palude. E questo sembra fare ancora più paura. Scappano tutti. E quelli che non si dileguano si fanno caimani pure loro. La Forleo viene lasciata sola.
Il resto è gioco di accerchiamento. Dopo la riunione segreta ospitata dalla Finocchiaro e i pronunciamenti delle tre più alte cariche dello Stato, Clemente Mastella dichiara ai giornali che la Forleo non rispetta la Costituzione e D’Alema dichiara al duopolio tv Rai-Mediaset che si è oltrepassato il segno (cioè è stato chiamato in causa lui) e i giudici vanno puniti. E’ stato detto tutto. E’ tutto pronto. Immediata, scatta l’azione disciplinare promossa dal procuratore generale della Corte di Cassazione, Mario Delli Priscoli. […]
La decisione annunciata di trasferire Clementina Forleo con la fantasiosa motivazione della «incompatibilità ambientale» è assunta dal Csm il 22 luglio 2008. Ma Forleo andrà a Cremona in settembre. Fino a quella data, quindi, il gip di Milano competente sulla storiaccia delle scalate bancarie è ancora lei. […] Che cosa è accaduto dal 29 maggio al 29 luglio 2008?
In questi due mesi, la procura e l’ufficio gip di Milano hanno fatto di tutto per ritardare la decisione di iscrivere sul registro degli indagati il senatore Nicola Latorre. Invece di fare ciò che potevano (e forse dovevano) fare, i magistrati di Milano hanno solo dato a vedere di volerlo fare con urgenza. E così hanno scippato il caso delle scalate bancarie dalle mani del gip Forleo, nonostante fosse lei il giudice competente.
Una vicenda gravissima […] Ma quando anche nel palazzo di Giustizia di Milano si arriva a questo, è giusto chiedersi cosa ci si può aspettare da altre procure e altri tribunali. Forse è anche per questo che i giornali e le tv non ne devono parlare. E infatti non ne parla nessuno. Quando lo scrivo, devo farlo su un blog, il sito di gossip «Dagospia». Ma nemmeno questo è sufficiente a far sì che giornali, radio e tv riprendano la notizia.
Vediamo dunque come sono andate le cose.
Dopo l’ordinanza del gip Forleo (quella dei «complici e non semplici tifosi») sull’operazione Unipol-Bnl-Antonveneta-Rcs, la Camera dei deputati aveva dato il nulla osta all’iscrizione dei parlamentari sul registro degli indagati, affermando che non era necessaria l’autorizzazione del Parlamento.
Restava da decidere solo il caso di Latorre, per il quale si doveva esprimere la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato.
Nella sua ultima seduta del 22 gennaio 2008, la Giunta propone al Senato di restituire gli atti all’autorità giudiziaria, come vuole la legge.
In altri termini – questo è il senso della decisione della Giunta –, poiché in questo caso non si sta chiedendo di intercettare un parlamentare, ma di utilizzare le sue conversazioni con altri indagati, quel parlamentare può essere iscritto sul registro degli indagati. Quindi Latorre (proprio come aveva stabilito la Camera dei deputati anche per D’Alema, Comincioli e gli altri parlamentari indagati) era «iscrivibile» e la procura di Milano poteva farlo già all’indomani del 22 gennaio 2008. […]
Un mese dopo l’insediamento del nuovo Parlamento, il 29 maggio, la Giunta delle immunità parlamentari restituisce gli atti riguardanti Latorre al presidente del tribunale di Milano, Livia Pomodoro. La quale avrebbe dovuto trasmetterli, come aveva fatto in precedenza per gli atti della Camera, al gip competente, e cioè alla Forleo.
Invece quegli atti alla Forleo non sono mai arrivati. Ora, è vero che Livia Pomodoro e il capo «reggente» dei gip di Milano, Filippo Grisolia, nei giorni in cui si stavano cercando pretesti per massacrare la Forleo l’hanno accusata di protagonismo, mancanza di equilibrio e persino di «scarsa produttività». Ma nemmeno questa avversione nei confronti della Forleo poteva autorizzarli a non trasmettere gli atti al gip naturale.
E tuttavia, nel cristallino palazzo di Giustizia di Milano gli atti giunti dal Senato il 29 maggio vengono trasmessi direttamente alla procura, dove rimangono chiusi nel cassetto fino al 29 luglio. Saranno tirati fuori, «per l’urgenza a provvedere» due mesi dopo (l’urgenza? due mesi dopo?), quando è di turno il gip supplente Piero Gamacchio. E proprio quando la Forleo si assenta per malattia per alcuni giorni, a causa di un piccolo incidente domestico (rientrerà il 2 agosto). […]La richiesta di Gamacchio, sostenuta dalla procura di Milano (la firmano in cinque: il capo Minale, l’aggiunto Bruti Liberati, e i pm Orsi, Perrotti e Fusco) non si discosta granché da quella della Forleo, salvo in un paio di righe in cui si dice che le intercettazioni per cui si sta chiedendo l’autorizzazione «rimangono la sola fonte di innesco di una investigazione», ossia l’unico elemento per iscrivere Latorre tra gli indagati.
Ma allora, se è così, perché tutta questa perdita di tempo? Perché trattenere le carte per due mesi e poi sventolare l’urgenza a provvedere? Se Gamacchio non avesse fatto ciò che con ogni probabilità non avrebbe fatto la Forleo (qualora le avessero trasmesso gli atti che le spettava avere), a quest’ora le cose starebbero diversamente. Non ci sarebbero state tutte le danze inutili tra Roma e Strasburgo, tra parlamento italiano ed europeo, e Latorre, D’Alema e gli altri telefonisti, anche a loro garanzia si capisce, come per ogni altro cittadino, risulterebbero iscritti nel registro degli indagati.
Ma questo, in Italia, non si può dire. Non si può dire che il «caimano» Berlusconi, bene o male, nelle aule di giustizia ci è entrato (giustamente) affinché alcuni processi a suo carico fossero celebrati. Mentre per il «caimano» D’Alema (e compagni) non ci può essere nemmeno la semplice iscrizione in un registro degli indagati. […] Per la cronaca, resta l’esito finale: Forleo trasferita e Gamacchio promosso presidente di sezione.”

martedì 21 settembre 2010


MURGIA, LA «RIFIUTI CONNECTION»
Quadro sempre più inquietante dietro il recente omicidio del boss Bartolo Dambrosio
di Cosimo Forina•Spinazzola.
Un boss ucciso, il suo braccio destro svanito nel nulla, un giornalista a cui prima rompono le costole e poi gli bruciano la macchina, il mondo degli affari, della politica e della mafia, quello dei rifiuti, dei collaboratori e testimoni di giustizia messi in sicurezza con le loro famiglie.
L’OMICIDIO
L’efferato omicidio di Bartolo Dambrosio, boss indiscusso ad Altamura (per ammazzarlo sono stati sparati trentatré colpi di fucile e di pistola, di cui sette hanno raggiunto l’uomo, una esecuzione in stile mafioso) ha riacceso i riflettori degli investigatori sul territorio murgiano. Il procuratore della Repubblica di Bari, Antonio Laudati, sull’uccisone di Bartolo Dambrosio ha ipotizzato che sia «un omicidio strategico per chi intende assicurarsi un ruolo principale nella gestione delle attività criminali. È in atto un cambiamento di rapporti di forza all’interno della malavita del distretto barese».
COSA LEGA SPINAZZOLA AD ALTAMURA
Cosa lega Spinazzola ad Altamura, a questo delitto? Sicuramente la vicenda del giornalista Alessio Dipalo, direttore di Radio Regio, premio Livatino nel 2009 (a proposito, proprio oggi ricorre il ventesimo anniversario dell’uccisione del giudice-ragazzino). Di Palo dai microfoni della sua emittente altamurana continua, a dispetto di chi avrebbe voluto farlo tacere, a denunciare ogni sorta di malaffare.
FIRME E DISCARICA
È il 29 giugno del 2006 quando Alessio Dipalo partecipa con altri giornalisti ad una conferenza a Spinazzola che conclude la raccolta firme per una petizione sul «No» alla discarica del Bacino Ba/4 a «Grottelline».Lembo di terra nel territorio di Spinazzola, un sito di interesse paesaggistico, naturalistico e archeologico. La registrazione di quella conferenza in cui si denunciava anche la strana sparizione di documenti, Dipalo la trasmette nel suo programma «La cronaca» per alcuni giorni. Altamura è la città dove ha gravato per venti anni il peso ingombrante di altro immondezzaio gestito dalla società Tradeco. Il cui proprietario, Carlo Dante Columella, viene considerato il patron dei rifiuti in Puglia. Proprio la Tradeco si appresta con un’altra impresa, la Cogeam del gruppo Marcegaglia, a gestire per venti anni la discarica di Spinazzola. Contratto firmato dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola .
LA «LEZIONE»
Il 3 luglio 2006 due persone attendono Alessio Dipalo sotto la sua abitazione, l’intento è quello di dargli una lezione: pugni, calci e qualche costola incrinata. Gli artefici della spedizione punitiva sono Biagio Genco e Vincenzo Laterza. Il primo, braccio destro di Dambrosio svanito nel nulla nel novembre 2006 (ritenuto un caso di «lupara bianca»), l’altro divenuto collaboratore di giustizia e trasferito in località protetta con la famiglia dalla Direzione Distrettuale Antimafia, che oggi indaga anche sulla morte di Bartolo Dambrosio.
LA DIREZIONE ANTIMAFIA DI BARI
Partendo da quell’aggressione, dalle rivelazione del pentito, dalle intercettazioni sul Dambrosio che pare avesse ordinato ai due di dare la lezione al giornalista, la Direzione distrettuale antimafia di Bari giunge a quel filone di indagini che vede coinvolto il mondo della politica e dei rifiuti, da sempre denunciato da Alessio Dipalo. A dimettersi da assessore regionale alla sanità, non appena trapela il suo nome dalle inchieste è Alberto Tedesco ora senatore del Partito democratico.
LE INDAGINI
Le indagini portano nel 2010 anche a degli arresti, tra cui quello del figlio di Columella, Michele Columella e di suo zio Francesco Petronella: il primo rappresentante, il secondo titolare della società «Viri» che vince un appalto milionario sui rifiuti ospedalieri. La nascente discarica di Spinazzola viene prima sequestrata dalla procura di Trani (pm Michele Ruggiero) e poi dissequestrata dallo stesso magistrato a distanza di circa due anni.
LE OMBRE
Ma le ombre sull’immondezzaio di Spinazzola non sono affatto svanite, resta da comprendere il perché ad esempio sia sparita la memoria del computer dagli uffici della Regione Puglia che conteneva proprio i dati di «Grottelline». Questa verità è emersa dalla risposta del governo ad una interrogazione dell’on. Pierfelice Zazzera (Italia dei valori), lo stesso parlamentare che ottiene la messa in sicurezza del fratello di Dipalo, Francesco, imprenditore preso di mira dalla mala locale, divenuto testimone di giustizia. Per la morte di Bartolo Dambrosio molte le piste aperte dagli inquirenti che indagano anche sul legame del boss con la politica, gli imprenditori, gli affari, la monnezza.
IL CASO
LA CITTADINA MURGIANA SCOSSA DAL RECENTE OMICIDIO DEL BOSS BARTOLO DAMBROSIO E AD ALTAMURA SI DIMETTE IL SINDACO

Pasquale Dibednedetto Giovanni Longo • Altamura
Il terremoto politico che in queste ore sta scuotendo il Comune ha, sullo sfondo, proprio la questione legata al ciclo dei rifiuti che ha nel centro murgiano uno dei centri strategici. Un vero e proprio braccio di ferro è in atto. Il presidente del Consiglio comunale, Nico Dambrosio, dopo la bufera suscitata dalle sue dichiarazioni sull’omicidio del boss e suo procugino, Bartolo Dambrosio, stigmatizzate dal sottosegretario Alfredo Mantovano, non si dimette. E allora le dimissioni arrivano dal sindaco che ora ha solo venti giorni per ritirarle.
Ieri Mario Stacca non aveva l’aria di essere particolarmente amareggiato, al termine di una riunione con i rappresentanti dei partiti della sua coalizione in cui ha comunicato la scelta. Anzi si notava una sorta di sollievo. Il sindaco intende «mettere le forze di maggioranza di fronte a un fatto compiuto e indurle a esprimersi e a fare chiarezza, così da evitare che si continui a speculare sulla mia persona e sulla maggioranza che mi sostiene». Ma il gesto ha anche l’obiettivo «di far prendere coscienza alla persona interessata. Tutti i gruppi della coalizione sono vicini a me», assicura Stacca. Poi precisa: «Qui non è imputato nessuno ma voglio sgomberare il campo, con una forte presa di posizione, da tutti quei minimi dubbi e illazioni diffusi sulla mia onestà, correttezza e moralità. A Dambrosio chiedo un atto di alta responsabilità per dar conto non a me ma alla città. Se non lo farà, sono pronto ad andare alle elezioni tra qualche mese con la stessa trasparenza di questi anni».
Intanto ieri si era autosospeso dall’incarico anche il segretario particolare del sindaco Pasquale Lomurno, citato in alcune intercettazioni allegate a una informativa dei carabinieri (è agli atti della Dda in una delle inchieste sullo smaltimento dei rifiuti, quella sulla Vi.Ri. che ha condotto in carcere Michele Colummella e Francesco Petronella).
Al termine di un periodo di ferie già maturato diventeranno dimissioni effettive. «Il segretario si è dimesso - spiega Stacca - perché voleva avere le mani libere per meglio difendersi da alcune denigrazioni dette durante una telefonata di due anni fa». Sono «basse insinuazioni, evidentemente costruite ad arte, di cui anch’esso è vittima», aggiunge. Lo stesso Lomurno assicura di aver assolto al suo compito «con diligenza, passione, spirito di servizio, onestà morale e intellettuale, nel rispetto delle regole». E definisce questa «vicenda incresciosa» come uno «sciacallaggio politico e amministrativo». Sottolinea, poi, che sono state «artificiosamente» accostate due intercettazioni, una del 2002 e l’altra del 2008. «Nel primo periodo l’attuale sindaco ricopriva la carica di consigliere comunale» mentre io «ero totalmente assente dalla vita amministrativa e politica». Ed evidenzia che «allo stato attuale, nonostante l’indagine sia in piedi da diversi anni, nulla mi è stato mai contestato né sono mai stato destinatario di alcun provvedimento dell’autorità giudiziaria. Tolgo il disturbo al fine di essere libero e non creare condizionamenti o riflessi negativi al sindaco prima, ai dirigenti ed alla intera struttura di questo Comune poi, e mi impegno a ricostruire con atti, date, fatti e circostanze la storia politica degli ultimi venti anni di questa città al fine di ripristinare la verità». La decisione del sindaco di Altamura, almeno per ora, non cambiano più di tanto la situazione politico-amministrativa della città murgiana, vista con gli occhi della Prefettura. All’orizzonte, almeno per ora, lo scioglimento del consiglio comunale non è ai primi punti dell’agenda del Palazzo del Governo. «Da un punto di vista politico - spiega il prefetto Carlo Schilardi - non posso dire granché: le dimissioni di un sindaco rientrano nella sua autonomia decisionale». Ma al prefetto non si chiede certo un commento di natura politica, specie dopo le polemiche di queste settimane amplificate da quanto è emerso durante la riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica tenutosi otto giorni fa. «Bisogna prima attendere i venti giorni previsti dalla legge entro i quali il sindaco può ritirare le dimissioni», osserva il prefetto. Solo dopo il consiglio comunale potrà essere sciolto, provvedimento che comporta la nomina di un commissario ad acta, la cessazione dalla carica dei consiglieri e la decadenza della giunta, lo svolgimento dell’attività ordinaria fino alle successive elezioni.
L’INTERCETTAZIONE
E LOMURNO CANTÒ A COLUMELLA « C’È UNA BUSTA PER TE, DIMMI SE CI SEI»

Un conversazione di Pasquale Lomurno, segretario del sindaco Mario Stacca che si è dimesso ieri insieme con il primo cittadino di Altamura, è finita agli atti dell’inchiesta della Dda di Bari che indaga nell’ambito di una delle inchieste sullo smaltimento dei rifiuti, quella che ruoto attorno alla «Vi.Ri.», nell’ambito della quale, lo scorso luglio, sono finiti ai domiciliari Michele Columella e Francesco Petronella. Sono le 21.56 del 25 gennaio 2008 quando i carabinieri intercettano una conversazione tra Pasquale Lomurno e Saverio Columella. Columella S.: «Allora “Resta in ascolto” che c’è una busta per te e dimmi se ci sei (canta)». Lomurno P.: «Beh ehi! Hai finito di rompere i c... dove ci vediamo? Al Pich Pit?» Columella S.: «Noi stiamo al Pich Pit Pasquale... con chi stai tu Pasquale?» Lomurno P.: «No, mo’ sto a casa io». Columella S.: Oh Pasquale senti quest’altra canzone questa versione “Resta in ascolto” che c’è una busta per te e dimmi se... per me?». Lomurno P.: «Scusa passami una persona più seria passami Vito Giorgio, lascia stare queste chiacchiere». Columella S.: «O la devo portare a Mariolino (riferito al sindaco di Altamura Stacca Mario, annotano i carabinieri) e dimmi se ci sei hai capito? Questa è nuova versione... ah ah beh ehi muoviti Pasquale». Il contesto in cui è inserita la conversazione è chiarito qualche passaggio prima dai carabinieri che parlano «dell’antica abitudine dei Columella al pagamento di tangenti ai pubblici amministratori».
LE REAZIONI
ALTAMURA MANTOVANO: SITUAZIONE GRAVE

Sul caso ecco la dichiarazione del sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano. «Col Procuratore della Repubblica e il Prefetto di Bari, con i vertici territoriali delle forze di polizia e con i vertici nazionali delle strutture investigative specializzate si è esaminata nel dettaglio una situazione che è grave e che non si può comprendere se non partendo da lontano, dal 2005 e cioè dall'omicidio Scalera, dal sequestro Denora, dalle reazioni di carattere criminale che sono state condotte all'epoca nei confronti di un giornalista di una radio locale (Alessio Dipalo ndr) e tutti gli episodi che son venuti dopo, nel 2006 e 2007, fino all'ultimo omicidio».

E IL PDL SI DIVIDE SULLA DECISIONE NICOLA LOIZZO: «È UN COMPLOTTO»
[pas. dib.] • Altamura

Nico Dambrosio, sotto assedio, non parla. E cerca in ogni modo di evitare i giornalisti persino per telefono. In sua difesa interviene il co-coordinatore e consigliere comunale del Pdl di Altamura, Nicola Loizzo, secondo il quale ci si trova «di fronte a una situazione kafkiana». Innanzitutto spiega che «le sue dichiarazioni sono state travisate». Inoltre, ipotizza l’esistenza «di un complotto politico articolato e di una cabina di regia che ha l’obiettivo di abbattere con la diffamazione, la calunnia e il sospetto una amministrazione che alle ultime elezioni ha raggiunto risultati eclatanti. Sto raccogliendo informazioni - annuncia - per approfondire i motivi di questo accanimento mediatico su Nico Dambrosio e sullo stesso sindaco Stacca». Loizzo infine invita tutti i soggetti coinvolti a “sospendersi dall’incarico, così come ha già fatto il segretario del sindaco, per consentire agli organi investigativi di fare piena luce sulla vicenda”. Posizione diversa quella dell’altro coordinatore del Pdl e assessore all’Urbanistica, Vito Zaccaria che sposa la decisione del primo cittadino, anzi se ne dichiara «ispiratore». Il sindaco «ha valutato che non ci sono strumenti tecnici per la rimozione del presidente, né si può costringere nessuno alle dimissioni dal consiglio comunale. Non tocca a noi dare sentenze o fare processi ma è stata fatta una valutazione delle opportunità politiche su come proseguire questo percorso amministrativo. Stacca ha ritenuto di richiamare a sé la maggioranza per un atto di responsabilità. Da parte del presidente non c’è stata la sensibilità di ritenere necessarie le proprie dimissioni». Stacca incassa «la solidarietà e l’apprezzamento» del senatore del Pdl Luigi D’Ambrosio Lettieri che parla «di gesto, trasparente e coraggioso», che «contribuirà a porre fine allo stillicidio di insinuazioni e alle basse speculazioni che si sono susseguiti nelle ultime settimane e ad evitare che l'amministrazione sia avvolta da un cono d'ombra che certo non avrebbe giovato alla città». Infine per il deputato di Italia dei Valori Pierfelice Zazzera «senza il coinvolgimento
degli altamurani tutto questo rischia di rimanere una semplice manfrina politica».
«È PRESTO PER SCIOGLIERE IL CONSIGLIO IL SINDACO DECIDE IN PIENA AUTONOMIA» IL PREFETTO SCHILARDI: GRAVI SE CONFERMATE LE RELAZIONI TRA MALA E POLITICA
di Giovanni Longo
• Le dimissioni del sindaco di Altamura Mario Stacca, almeno per ora, non cambiano più di tanto la situazione politico-amministrativa della città murgiana, vista con gli occhi della Prefettura. All’orizzonte, almeno per ora, lo scioglimento del consiglio comunale non è ai primi punti dell’agenda del Palazzo del Governo. «Da un punto di vista politico - spiega il prefetto Carlo Schilardi - non posso dire granché: le dimissioni di un sindaco rientrano nella sua autonomia decisionale». Ma al prefetto non si chiede certo un commento di natura politica, specie dopo le polemiche di queste settimane amplificate da quanto è emerso durante la riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto otto giorni fa dal sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano che aveva stigmatizzato alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa da esponenti politici locali il giorno dopo il delitto del boss Bartolo Dambrosio. «Bisogna prima attendere i venti giorni previsti dalla legge entro i quali il sindaco può ritirare le dimissioni», osserva il prefetto. Solo dopo il consiglio comunale, se ci saranno le condizioni, potrà essere sciolto, provvedimento che comporta la nomina di un commissario ad acta, la cessazione dalla carica dei consiglieri e la decadenza della giunta, lo svolgimento dell’attività ordinaria fino alle successive elezioni. In un caso o nell’altro, l’evolversi della situazione ad Altamura viene monitorata dal rappresentante del Governo nella provincia. «Occorre distinguere il piano per così dire “informativo ” dall’aspetto “investigativo” vero e proprio. Su quest’ultimo non abbiamo alcun potere. Il segreto istruttorio vale anche nei nostri confronti. Spetta alla polizia giudiziaria e alla magistratura far luce su eventuali responsabilità, infiltrazioni, connivenze».Quanto riportato dagli organi di informazione e dichiarato da alcuni esponenti politici sul boss Bartolo Dambrosio viene seguito con attenzione, ma facendo i dovuti «distinguo». «In mancanza di informazioni su quanto sarebbe stato accertato dalla magistratura - spiega Schilardi - non possiamo certo rifarci solo a quanto è stato pubblicato sino ad oggi o alle polemiche che insistono sul territorio di Altamura». Certo, «se fossero accertate relazioni e connivenze tra esponenti della criminalità organizzate e rappresentanti delle istituzioni locali sarà nostro dovere intervenire. Si tratta, se confermate, di circostanze non certo edificanti». Da Schilardi, in sostanza, giunge quasi un invito alla prudenza. «Non vorrei che si pensasse che ci fossero giudizi sommari nei confronti delle persone», avverte il prefetto.

UN GRUPPO SU FACEBOOK PER SCONGIURARE LA CHIUSURA DELL’OSPEDALE
Mentre la giunta regionale, durante la «Fiera del Levante», in un vertice di maggioranza, ribadiva che i tagli in sanità, 18 ospedali e 2200 posti letto entro il 2012, più altre forme di risparmio, erano indispensabili, su Facebook, nel gruppo «Spinazzolesi nel mondo» fondato da Antonio Lovaglio (1000 iscritti, moltissimi gli emigranti) nasceva una discussione per gridare il “no” alla chiusura dell’ospedale della città incluso nella dismissione regionale. Una rottamazione che la Regione scarica al Governo che ha richiesto un dimagrimento della spesa sanitaria pugliese di 350 milioni di euro. Senza contare però che la voragine in Puglia nella sanità ha raggiunto un deficit di 211 milioni di euro e potrebbe arrivare al miliardo. E i dati di cronaca parlano di gestione allegra della spesa come di interventi della magistratura per far emergere irregolarità. E’ proprio Antonio Lovaglio ad aver aperto il confronto su Facebook, mentre in città da parte dei partiti politici, maggioranza come opposizione vige la consegna del silenzio. «Giunge notizia, scrive Lovaglio, della definitiva chiusura dell'ospedale cittadino, per chi come me viaggia intorno ai 50 anni, sa che valore aggiunto ha avuto l'ospedale per Spinazzola anni addietro. Prima che sia troppo tardi... o magari lo è già, non lo so, proviamo a far sentire la nostra voce. Questa è una battaglia che va combattuta da tutti, altrimenti non serve a niente. Non è facile ottenerne la riapertura o la "non chiusura", ma credo proprio che valga la pena provarci, almeno a far sentire che gli spinazzolesi non ci stanno a perdere veramente tutto. Riprendiamoci ciò che è sempre stato nostro e facciamo rivalutare il paese. Con le chiacchiere non si va lontano...... chiediamo i fatti. Noi purtroppo possiamo proporre e non disporre, ma se nessuno propone di certo nessuno disporrà nulla per Spinazzola. Spinazzolesi siamo ancora vivi?» Al grido di collera e di dolore hanno risposto in tanti immediatamente. Con il solito sarcasmo anche il cittadino Giovanni Michele Deflorio, (tale ama farsi definire su Facebook), assessore nella giunta del sindaco Carlo Scelzi, il quale tentando di smentire quanto riportato da tutte le agenzie di stampa, commentando gli articoli della “Gazzetta” postati in rete, scrive da oracolo illuminato: «Non vi preoccupate che l'ospedale non chiuderà, e poi ormai avreste già dovuto capire che certa stampa, da novella tremila e eva espress, scrive tanto per riempire pagine, pagine, pagine pagine”. Un altro dei commenti apparsi nel gruppo “Spinazzolesi nel Mondo”, arriva da un dirigente medico che opera nell’ospedale di Spinazzola nella Asl dal 1992 con abnegazione esemplare, Giuseppe Nicola Maino, il quale in sintesi elenca lo scippo perpetrato ai danni della città da anni: «rivogliamo l'ospedale, rivogliamo l'Enel, rivogliamo l'Acquedotto, rivogliamo l'Anas....... Rivogliamo la capacità di farci rispettare! La capacità di svegliarci, di aggregarci, di credere in alcuni progetti, di evitare i personalismi, di evitare le invidiucce da paesani, il sentirsi superiori a ogni problematica. Vogliamo che venga spazzata via la rassegnazione che aleggia nell'aria, una cappa di percezione di impotenza al cambiamento, la coscienza che siamo ormai parecchio indietro e che è difficile riacchiappare le occasioni. Ma lo spinazzolese è così, e vi assicuro che c'è anche chi giustifica, se non gioisce, della chiusura dell'ospedale!».

sabato 18 settembre 2010


RIFIUTI, LA DIFFERENZIATA RESTA AL PALO SPINAZZOLA, CON UN IRRISORIO 2,5 PER CENTO: RESTA IN CODA NELLA CLASSIFICA PROVINCIALE
di Cosimo Forina
• Raccolta differenziata con un ridicolo 2,5 per cento, unico dato disponibile nel sito della Regione Puglia, quello di gennaio 2010, Spinazzola è ultima nel Bacino Ba/4 ed è ultima tra le città della Provincia Barletta-Andria-Trani. Fanalino di coda nonostante nell’amministrazione comunale, in giunta vi è come assessore il “Verd e ” Giuseppe Tarantini a cui dovrebbero particolarmente stare a cuore le politiche ambientali e nonostante il sindaco, Carlo Scelzi, riveste ruolo di presidente dell’Ambito territoriale ottimale Ba/4 che comprende le città di: Altamura, Cassano, Gravina, Grumo, Minervino, Poggiorsini, Santeramo, Spinazzola, Toritto. Ancor più risibile è il dato del 2,5 per cento che si registra a Spinazzola se si considera che la città è gemellata con Verbania che detiene il record nazionale, meritando l’Oscar come riciclona, con quasi l’80 per cento di differenziata.
LA SITUAZIONE
Una situazione che ha anche il suo costo che ricade sulla collettività. Vuoi perché contrattualmente la società che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a Spinazzola, la Tradeco di Altamura, ha contrattualmente l’obbligo di portare la città al 20 per cento di differenziata, vuoi perché non raggiungendo il minimo imposto dalla Regione Puglia di differenziata Spinazzola paga un supplemento sull’ecotassa per ogni tonnellata conferita in discarica, come da provvedimento del dirigente regionale del Servizio Ciclo dei Rifiuti e Bonifica, ing. Antonello Antonicelli.
GLI OBIETTIVI
Una situazione che avrebbe dovuto trovare la sua fine. Sei mesi fa, in marzo, erano stati annunciati dal sindaco Scelzi, durante un convegno promosso dal Consorzio Autorità di gestione dell’Ato Ba/4, dalla Provincia di Bari in collaborazione con Consea srl, gli obiettivi programmatici e le modalità di attuazione del servizio di raccolta della frazione umida dei rifiuti solidi urbani nei nove comuni del Bacino. «Il nuovo servizio di raccolta dell’umido - affermava Scelzi - nasce dalla specifica esigenza di affiancare ai sistemi di raccolta tradizionali consolidati, nuovi sistemi di raccolta differenziata, al fine di incrementare i valori percentuali di raccolta e recupero di alcuni rifiuti, primi tra tutti quelli organici. Lo sforzo tecnico è unito alla consapevolezza che la riuscita del progetto risiede soprattutto nel supporto e nella collaborazione delle famiglie oggetto della sperimentazione. Il cittadino è il primo e fondamentale anello dei riciclo: dai ai tuoi rifiuti una seconda occasione». Del progetto “Avanzi tutta” non si è saputo più nulla, ancor meno sulla adesione di Spinazzola ad unico Bacino corrispondente alla Provincia Barletta-Andria-Trani così come auspicato dal presidente Francesco Vendola. Tale scelta riaprirebbe la questione della discarica in località «Grottelline», nel territorio di Spinazzola, dove sono stati previsti oltre all’immonde zzaio, anche gli impianti di biostabilizzazione, frazione umida e deposito frazione secca dei rifiuti del Bacino Ba/4. Poiché con la nuova legge regionale a doversi occupare di rifiuti ora sono le Province. Il Bacino Ba/4 vede Spinazzola e Minervino della Provincia Barletta-Andria-Trani, mentre le città (Santeramo, Cassano, Altamura, Gravina, Grumo,Poggiorsini e Toritto) sono della Provincia di Bari.
LA RICHIESTA
E Spinazzola ha chiesto sin dal 2007 di voler uscire dal Bacino Ba/4, cosa tra l’altro oggi ancor più possibile in ragione dalla nuova legge regionale in materia di rifiuti e per far questo si ha tempo sino a novembre, termine ultimo stabilito dalla Regione Puglia per i comuni per aderire ai Bacini provinciali.Resta ancora un neo sul comportamento dell’ammini - strazione di Spinazzola in materia di rifiuti, ed è quello della non trasmissione dei propri dati sulla raccolta della differenziata alla Regione Puglia.Unica città a praticare sistematicamente questo tipo di scelta. Perché?
AMBIENTE E TERRITORIO ATTUALMENTE LE CITTÀ DELLA PROVINCIA SONO DIVISE IN TRE ATO DIVERSI NECESSARIA UNA REGIA UNICA PER FAR DECOLLARE LA RACCOLTA
• È una Provincia quella di Barletta-Andria-Trani che in materia di rifiuti urbani e differenziata viaggia nelle sue città a diverse velocità. Ve ne sono di virtuose e sono la gran parte ed altre decisamente fuori ogni logica. Le città della Provincia ricadono in Ato diversi, Spinazzola e Minervino Murge in quello Ba/4. Andria, Barletta,Trani, Bisceglie, Canosa Ato Ba/1 mentre Margherita di Savoia, San Ferdinando e Trinitapoli nell’Ato FG/4.
Una frammentazione che andrebbe arginata con la realizzazione di un unico Bacino provinciale come auspicato più volte dal presidente della Provincia Francesco Vendola. E questo per diverse ragioni. Prima tra tutte la competenza in materia di rifiuti affidata dalla Regione alle Province. Nella classifica negativa con percentuali risibili in materia di differenziata maglia nera spetta a Spinazzola con il 2,5%, poi a seguire Minervino Murge che non si discosta di molto e Margherita di Savoia che pur con un dato più che raddoppiato rispetto a queste due città comunque si ferma su di una media del 6%. Tutte le altre città della BT competono tra loro con dati di differenziata a due cifre. Pur mantenendosi ben al disotto di quello che era stato programmato, in modo velleitario per la mancanza di strutture, dalla Regione Puglia, con un 42% di differenziata. Solo tre delle dieci città della BT effettuano la raccolta della frazione organica umida. Si tratta di Barletta, Bisceglie e Trinitapoli, prima in classifica quest’ultima nella percentuale di raccolta differenziata in Provincia con una media che sfiora il 22%. Questa prima proiezione dei dati del territorio della BT riscontrabili dal sito della Regione Puglia sta ad indicare come in materia di rifiuti è necessaria un'unica regia capace di stimolare e portare allo stesso livello di sensibilità le popolazioni al fine di agire all’uni - sono in difesa dell’ambiente almeno in materia di rifiuti. È un campo delicato quello dei rifiuti, spesso caduto nella cronaca giudiziaria, proprio perché la speculazione, il guadagno con sistemi non sempre ortodossi sono dietro l’angolo e può portare a diverse distorsioni. L’eloquenza dei dati però indica che è possibile migliorare la qualità dei servizi e il controllo di chi li gestisce, assicurando da parte delle amministrazioni comunali progetti miranti ad elevare la qualità del sistema. A partire dalla trasparenza ovvero nel rendere pubblici i dati della propria città. Scoprire che Spinazzola e Minervino Murge da mesi non comunicano in Regione i propri dati in materia dei rifiuti urbani, di certo non eleva l’azione di controllo che ogni cittadino ha il diritto di esercitare, ancor più quando il servizio è a copertura di pagamento della collettività.

L’OSPEDALE CHIUDERÀ NONOSTANTE LE PROMESSE SPINAZZOLA, IL NUOVO PIANO PREVEDE LA DISMISSIONE DELLA STRUTTURA
di Cosimo Forina
Confermate le voci sulla dismissione degli ospedali di Spinazzola e Minervino Murge, unici nosocomi della Asl/Bt a chiudere i battenti. La ratifica nel piano dei tagli previsti dalla Regione approderà in consiglio la prossima settimana. Oltre a Spinazzola e Minervino chiudono altri sedici ospedali nella Regione, mentre i posti letto da tagliare entro il 2012 saranno 2200, portandoli da 4 a 3 ogni 1000 abitanti. Inoltre ticket di 1 euro per ogni ricetta medica per disincentivare l’acquisto di farmaci non indispensabili e altre procedure di risparmio. Staccata quindi definitivamente la spina all’agonizzante storico nosocomio di Spinazzola. Nel corso di questi anni è stato un continuo impoverimento della struttura partendo dalle professionalità, dal suo ruolo e funzione in un territorio definito svantaggiato. Ma che allo stesso tempo per decenni è stata l’unica risposta sanitaria più prossima anche per molte città della vicina Basilicata. La politica e i cittadini di Spinazzola non hanno mai in realtà difeso il loro bene, cullandosi di promesse di rilancio del nosocomio cittadino, ora naufragate nel nulla, provenienti prima dal centrodestra e poi dal centrosinistra. Ed è pur vero che così ridotto, un semplice contenitore svuotato e messo a nuovo spendendo pure qualche milione di euro, l’ospedale di Spinazzola non poteva definirsi nemmeno più tale. Quindi la scelta facile e obbligata dai vertici regionali di giungere alla sua dismissione: senza se e senza ma. Si è persa l’occasione, e di questo dovrà dar conto alla città anche l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Carlo Scelzi, di proporsi alla Asl per una riconversione mentre si sono seguite chimere. Basta rileggere oggi con distacco, quanto era emerso durante l’incontro avuto nel consiglio comunale monotematico con il direttore generale della Asl/Bt Rocco Canosa e tutto il suo staff e giungere alle conclusioni. Quel piano è rimasto sogno sulla carte. Un miraggio che al risveglio è diventato l’incubo della città. In cui si ventilava, e ci si è vantato da parte del sindaco anche in volantini, la realizzazione persino di un reparto di riabilitazione mai avviato nell’ospedale di Spinazzola. Oltre alla chiusura dell’ospedale non si può non ricordare anche la beffa a danno della città. La Regione per far fronte alla voragine della sanità, bacchettata dal Governo, frutto di sperpero e appalti “allegri” come raccontano le cronache giudiziarie, ha anche messo in vendita, cartelizzato, proprietà del Comune di Spinazzola. Si tratta di terreni pari a 405 ettari a cui si aggiungono alcuni edifici. Situazione ricordata ancora una volta lo scorso 2 agosto dalla pagine della “Gazz etta”con la lettera di Nicola Amenduni consigliere del Parco Nazionale dell’Alta Murgia inviata a Nichi Vendola. Ma la Regione deve far cassa e ridurre le spese, Spinazzola con il suo ospedale e i suoi beni rientrano in questo desiderio. Resta da porsi una sola domanda, quella sulla struttura ormai ex ospedale sarà abbandonata o sarà riconvertita ad altre funzioni? La Asl Bt, il suo commissario, il futuro direttore generale sapranno di certo rispondere all’occorrenza mentre la politica locale tace.
SANITÀ IL PIANO LOCALE DI AZIONE PREVEDE LA CHIUSURA ANCHE DEL NOSOCOMIO DELLA CITTADINAE A MINERVINO SPARISCE ANCHE LA LUNGODEGENZA
di Rosalba Matarrese
Rischia davvero di chiudere i battenti l’ospedale del centro murgiano. Almeno stando a quanto prevede l’ultima proposta del Pal (piano sanitario regionale) che la prossima settimana approderà in Consiglio regionale. La scure della riorganizzazione ospedaliera messa a punto dalla giunta guidata da Vendola sembra proprio abbattersi sulle due cittadine murgiane: a rischio chiusura nella Asl Bat sarebbero proprio gli ospedali di Minervino e Spinazzola. I due nosocomi rientrerebbero dunque nei 18 ospedali pugliesi da dismettere, in particolare quelli con meno di cinquanta posti letto e ritenuti uno spreco di risorse. Insomma un fulmine a ciel sereno che sicuramente l’amministrazione Roccotelli non si aspettava. Da quel che è stato possibile sapere non ci sarebbero stati incontri sulla questione “ospedale” e solo pochi mesi fa l’ammi nistrazione aveva ribadito la stessa proposta di riordino dell’ospedale di Minervino. E cioè una struttura specializzata in lungodegenza ed hospice per malati terminati, salvaguardando il punto di primo intervento e dodici posti letto di medicina generale. Una proposta che sembrerebbe non trovare affatto spazio nell’attuale riorganizzazione ospedaliera presentata dall’amministrazione Vendola. E solo pochi giorni fa il consigliere regionale Franco Pastore, componente della terza commissione consiliare (Sanità e servizi sociali) interveniva sulla questione “riordino ospedaliero”, sottolineando che nella nuova proposta del Pal, «l'ospedale di Mi nervino dovrebbe essere destinato alla lungodegenza, diventando, insomma, un ospedale di comunità, una di quelle strutture rivolte a pazienti con patologie cronico degenerative che possono avere anche implicazioni di carattere sociale». Un’altra proposta che però sembra cozzare con quanto prevede il Pal, dove non c’è traccia di questa riconversione, né si capisce se saranno salvaguardati servizi e reparti. Una domanda però è d’obbligo: mantenere in piedi strutture che hanno solo costi in termini di personale e non offrono tutti i servizi minimi è davvero necessario? Chi vive nel centro murgiano sa che per numerosi servizi sanitari l’utenza ormai si rivolge altrove: pronto soccorso pediatrico a Canosa, analisi del sangue in cliniche convenzionate, esami e visite specialistiche a Andria e Barletta. Meglio realizzare un buon punto di primo intervento, il servizio 118 e la guardia medica, chiudendo reparti e servizi già sotto-utilizzati.

martedì 14 settembre 2010


ALTA MURGIA, L’ELDORADO DELL’EOLICO L’ALLARME DELLA LIPU: «TROPPE RICHIESTE DI IMPIANTI. A RISCHIO MOLTI UCCELLI PROTETTI »MINERVINO MURGE; SEGUONO SPINAZZOLA, CANOSA E ANDRIA
Cosimo Forina • Spinazzola
Negli ultimi anni, in solo cinque città della Provincia Barletta-Andria-Trani sono state 627 le torri eoliche richieste pari a 1.433 MW. Ma altre potrebbero aggiungersi vista la quantità di progetti ancora in fase di screening ambientale. È quanto emerge dal report della Lipu, elaborato da questa associazione che punta alla difesa dell’ambiente. Ed è proprio la Provincia, il nuovo Ente, ad essere chiamato ad un ruolo importante di valutazione sul futuro assetto del territorio. Poiché molte aziende hanno dirottato nei suoi uffici l’iter per l’approvazione dei loro progetti.Nella Provincia Barletta-Andria-Trani il record in quantità di torri avanzate spetta a Minervino Murge, poi a seguire Spinazzola, Canosa, Andria e con sole 3 torri San Ferdinando di Puglia. Città che si vedranno circondate a loro volta, molto probabilmente, da altre torri innalzate nei territori dei comuni limitrofi. La corsa ad accaparrarsi terreni in Puglia, «Eldorado» delle “Green energy” da parte degli industriali del vento e del sole, non ha lasciato nulla di intentato. Ogni metro quadro dove è possibile e non solo, viene optato e utilizzato per cogliere il “business” del momento, specie per i finanziamenti pubblici europei. E poco importa se l’im - patto dei grattacieli di acciaio alti anche oltre centotrenta metri, modificano il paesaggio che l’art.9 della Costituzione vorrebbe protetto. Oppure andranno a ridurre la visione libera dell’orizzonte, come ad Andria, dove su di un colle vi è Castel del Monte patrimonio dell’Unesco. Chi vorrà continuare a vedere come avviene oggi anche da decine di chilometri il Castello di Federico nella sua interezza, potrà sempre farlo portandosi in tasca una monetina da un centesimo di euro. Così come poco rilievo è dato al pericolo e alle influenze delle istallazioni industriali eoliche sulle zone Zps-Sic, Parco Nazionale dell’Alta Murgia, Parco Regione dell’Ofanto con la loro flora e fauna di estremo pregio e avifauna protetta da norme europee anche a rischio di estinzione. Questa è la terra che il governatore della Regione, Nichi Vendola, ha sognato di far diventare “l’Arabia Saudita delle energie pulite” e gli industriali, interpretando il miraggio, puntano ad esaudire l’aspettativa, traendo però come solo in altre regioni avviene (Sicilia, Calabria, Campania) il massimo del loro profitto. Chi ha piedi per terra, pur non contrario alle energie alternative, continua a richiama re all’attenzione sulla necessità di porre limiti e regole di salvaguardia del territorio. Nei giorni scorsi missive finalizzate a questo obiettivo sono state inviate da parte della Lega Italiana protezioni uccelli, Associazione per la conservazione della Natura (Lipu), all’Ente Parco dell’Alta Murgia, ma an che al presidente della Regione Nichi Vendola, all’assessore all’ecologia Lorenzo Nicastro, all’assessore al Territorio Barbanente.Le istanze mettono in luce la proliferazione degli impianti energetici rinnovabili sul territorio pugliese e il loro disastro ambientale. Nonché la necessità di intervenire in modo drastico in difesa delle aree protette. Specie per giungere nella valutazione all’insieme dell’influenza di tutti i parchi eolici che si vogliono istallare su di un territorio e non solo all’impatto di ogni singolo progetto. In discussione sono gli stessi parametri di consumo del territorio con cui vengono concesse le installazioni dei pali eolici e non solo. Altro tema, che merita attenzione sono i Prie (Piani Regolatori Impianti Eolici) avviati dalle città. Questi appaiono come abiti sartoriali cuciti per il mero fabbisogno degli industriali del vento. Un mercato che vale milioni di euro.

LA SITUAZIONE OLTRE TREMILA PROGETTI SONO STATI GIÀ APPROVATI IN PUGLIA. IN TOTALE SARANNO INNALZATE 127 TORRI
Una selva di eliche in arrivo per produrre megaWatt verdi
A tener il conto in questi anni, man mano che venivano presentati i progetti di impianti eolici in Puglia e questi pubblicati sul Burp ci ha pensato la Lipu che vede come responsabile regionale Vincenzo Cripezzi. Il “report” elaborato da questa associazione che punta alla difesa dell’ambiente, sugli impianti eolici industriali in Puglia aggiornato al 10 agosto 2010 permette una immediata e preziosa situazione d’insieme.
Non si tratta di opera di “integralismo” ambientale, al controllo sui progetti, sovente si aggiungono proposte di richiamo ad un equilibrio tra la necessità di produrre energia da fonti rinnovabili e il rispetto della Natura. Dal “report” Lipu, si apprende che «in Puglia le torri passate a giudizio sono 2.064 per 3.886,77 MW. Totali realizzati e/o con parere di Verifica Ambientale (screening) o di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) emesso favorevolmente. Di cui ben 1.872 torri per 3.438,37 MW non assoggettati alle procedure VIA». .
I PARERI
Cosa è successo in Puglia circa l’analisi dei progetti lo spiega la Lipu: «a fine 2007 sui primi 90 impianti industriali licenziati dagli organi regionali solo 1 aveva avuto parere ambientale negativo, ma poi incredibilmente revisionato positivamente su istanza della società. Fino al 2007 nessun progetto ha quindi avuto parere ambientale negativo dall’ufficio regionale competente. Ad oggi sono 189 i progetti licenziati di cui 9 (per 127 torri e 341,5 Mw) con pareri ambientali negativi e solo dopo essere stati assoggettati a VIA, (tranne uno respinto direttamente allo screening) in gran parte espressi nell’ultimo periodo. E poi ci sono gli impianti da 1 MW esclusi dalla Verifica Ambientale e da Autorizzazione Unica e assoggettati alla sola Dichiarazione di Inizio Attività (DIA) determinando il pullulare occulto di innumerevoli progetti “sin - goli” su ogni comune con effetti devastanti».
Come è stato possibile che i progetti non abbiano avuto adeguato controllo ?
«Fino al 14 febbraio 2009 per lo “scree - ning” la normativa prevede una evidenza pubblica del deposito del progetto scandalosamente limitata al solo albo pretorio comunale per 30 giorni. Questo spiega il percorso occulto di tutti i procedimenti presentati allo screening anteriormente a quella data (e con procedimenti ancora in atto) in spregio a qualsivoglia aspettativa di trasparenza».
LE PROVINCE
Ed ora il ruolo delle Province: «da luglio 2007 le procedura di Verifica, di VIA e Valutazione di Incidenza (VI) su tali impianti sono state delegate alle Province, implementando un ulteriore e deleterio fattore di frammentazione procedurale e abbassando ulteriormente e gravemente la qualità dei procedimenti. I progetti presentati e ancora in fase di screening ambientale sono in numero enorme e non quantizzabile ma stimabile in nome di ulteriori 28mila MW».
Quale la maggior colpa in Puglia?
«Tutti gli impianti sono stati realizzati/autorizzati senza alcuna programmazione e in assenza di un Piano Energetico Ambientale “adottato” ma “non approvato».

domenica 12 settembre 2010


I PETROLIERI TEXANI LASCIANO LA PUGLIA NELLA RIDUZIONE DELL’AREA INTERESSATA ALLE PERFORAZIONI NON C’È PIÙ LA MURGIA
di Cosimo Forina
La società texana di ricerca idrocarburi liquidi e gassosi Aleanna Resorurces LLC, lascia la Puglia. A renderlo noto l’«Organizzazione Lucana Ambientalista» (Ola) che riporta quanto pubblicato sul Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi e delle Georisorse del 31 agosto 2010.
LA RIDUZIONE -La Aleanna Resources LLC ha presentato istanza di riduzione del permesso di ricerca denominato “Palazzo San Gervasio” al Ministero dello Sviluppo Economico lo scorso 20 luglio 2010. «La rinuncia, si afferma dalla Ola, è alle attività di ricerca di idrocarburi nei territori del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, ricadente nella regione Puglia».
Rispetto alla precedente istanza, che interessava 15 comuni (Acerenza, Banzi, Barile, Forenza, Genzano di Lucania, Ginestra, Maschito, Montemilone, Oppido Lucano, Palazzo San Gervasio, Ripacandida, Rapolla e Venosa in Basilicata; Minervino Murge e Spinazzola in Puglia), l’attuale estensione dell’area perimetrata del piano topografico passa dai 561 chilometri quadrati agli attuali 469,90 chilometri quadrati, con i territori pugliesi di Spinazzola e Minervino Murge che restano fuori dal progetto “Bra - dano Foredeep”.
LONTANI DAL PARCO -Sempre dalla Ola: «appare evidente come l’Aleanna Resources abbia rinunciato volontariamente all’area ubicata in territorio pugliese eliminando interferenze con aree sensibili, ed in particolar modo con le zone protette dell’Alta Murgia, nonché il Parco Nazionale. Nulla cambia, invece, in Basilicata, dove la Regione Basilicata autorizza lavori al pozzo Cerro Falcone in Zona 1 del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, nonché SIC Serra di Calvello e ZPS Appennino Lucano Monte Volturino, nonostante i “richiami” del Ministero dell’Ambiente”».
IL COMITATO SPONTANEO SPINAZZOLESE - A Spinazzola contro la ricerca petrolifera, che non escludeva perforazioni, è nato un comitato spontaneo di cittadini denominato «No all’Italia petrolizzata». Lo scorso 24 luglio ha organizzato un convegno contro il progetto “Palazzo San Gervasio” in cui sono intervenuti giungendo dagli Usa, Maria Rita d’Orsogna, fisico docente universitario in California, riferimento in Italia contro la petrolizzazione, Carlo Vulpio inviato del Corriere della Sera e l’avv. Michele Di Lorenzo vice presidente dell’Ente Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Il sindaco di Spinazzola, Carlo Scelzi, rispetto agli altri primi cittadini coinvolti nel progetto “Palazzo San Gervasio” è stato l’unico a dirsi favore della ricerca petrolifera sul territorio. Aprendo con il comitato cittadino una sorta di braccio di ferro, negando il patrocinio e persino le sedie per allestire la piazza dove si sarebbe svolto il convegno, fatte giungere poi in prestito dal Comune di Poggiorsini.
LA POLEMICA -Dopo una lettera inviata dalla D’Orsogna che rimproverava Scelzi della mancata ospitalità questi le ha pubblicamente risposto cercando di mettere in cattiva luce il convegno stesso. Ma a porre veti alla ricerca petrolifera anche l’«Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia», poiché l’area geografica sulla quale insiste il programma di ricerca idrocarburi, risulta essere il larga parte coincidente e sovrapposta con quella interessata dall’attrezzamento irriguo previsto nel progetto definitivo “Schema Idrico Basento-Bradano - Tronco Acerenzadistribuzione III lotto”, per l’irrigazione di circa 5000 ettari. Progetto già approvato e finanziato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica per l’importo di 104,5 milioni di euro, nell’ambito della legge obiettivo, inserito nel Programma delle Infrastrutture Strategiche del Mezzogiorno. Si tratta dopo i lavori della Salerno-Reggio Calabria della seconda opera più importante prevista dal Governo nell’Italia Meridionale che vede impegnati per il loro imminente inizio il Ministro Raffaele Fitto e il presidente della Regione Basilicata Vito De Filippo.
RESTA LA BASILICATA -La Ola ora auspica che la Regione Basilicata faccia proprie le preoccupazioni delle popolazioni del Vulture-Alto Bradano attraverso atti concreti, negando l’autorizzazione alla richiesta di screening della VIA regionale. Nonché l’appello ai sindaci a cui si chiede di prediligere le vere vocazioni che auto-sostengono l’economia dell’area.
«La nostra Organizzazione, conclude la Ola, seguirà da vicino ogni fase delle istruttorie in corso e future a garanzia dei principi dettati dalla Convenzione di Aarhus e in via precauzionale della recente Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 9 marzo 2010, relativa al
danno ambientale».

martedì 7 settembre 2010



CORRIERE DELLA SERA
Domenica 5 Settembre 2010
I LUOGHI. PUGLIA NEL CANALE DI OTRANTO A VENTI CHILOMETRI DALLA COSTA SORGERÀ IL PIÙ GRANDE IMPIANTO ITALIANO OFFSHORE, IN NOME DELLA NUOVA (MALINTESA) ECONOMIA VERDE
SULLE ROTTE DEI GRIFONI MINACCIATI DAL PARCO EOLICO

di Carlo Vulpio
Le pale al largo di Tricase stermineranno i migratori e condanneranno i delfini
GIRA SU' CEPPI ACCESI/ LO SPIEDO SCOPPIETTANDO (...)/ TRA LE ROSSASTRE NUBI/ STORMI D' UCCELLI NERI,/ COM' ESULI PENSIERI,/ NEL VESPERO MIGRAR. (GIOSUÈ CARDUCCI)
Il filmato: Una foresta di pali ed eliche che ai volatili sembreranno alberi.
In Rete c' è un filmato girato a Creta: mostra che cosa accade agli uccelli
L'AFFARE L'ENERGIA DEL VENTO È «L' AFFARE DEGLI AFFARI», HA DETTO TREMONTI. RENDE MOLTO DI PIÙ DEL NARCOTRAFFICO, SPECIE DA NOI, PRIMI IN EUROPA NEI FINANZIAMENTI PUBBLICI
C'è un punto preciso, nel canale di Otranto, che la comunità nazionale e internazionale farebbe bene a non perdere mai di vista. Individuarlo è facile. Basta tracciare una linea retta sulla carta geografica fra il porto pugliese di Tricase e l' incantevole insenatura della greca Paleokastritsa, nell' isola di Corfù. Sono poco più di sessanta miglia marine, all' incirca settantadue chilometri. Il «punto» di cui parliamo si trova a una ventina di chilometri da Tricase e, come vedremo, sembra partorito dalla lucida follia di un genio del Male. Perché sarà proprio in quel punto che il grifone morirà. Decapitato. E con lui, sempre lì, in quel maledetto punto preciso, verranno abbattute intere «divisioni» dell' esercito di uccelli migratori che attraversano il mare Mediterraneo. Aironi rossi, bianchi, cenerini. Cicogne bianche e nere, che magari avrebbero sperato di raggiungere le torri di Avila, in Spagna, o i comignoli di Copenaghen, sui quali poter appollaiarsi felici. E poi gru e fenicotteri. Gabbiani e pellicani. Gufi reali e falchi. Il falco della regina e il falco pellegrino. E poi ancora tordi, rondini, upupe, anatre, colombi, oche, beccacce e tutti i passeriformi... Ma torniamo alla nostra retta immaginaria fra Tricase e Paleokastritsa. In realtà è una rotta, come sanno bene pescatori e navigatori. Una rotta che ha visto di tutto. Navi turistiche, pescherecci grandi e piccoli, barche a vela, yacht miliardari, unità militari, piroscafi arrugginiti e stracolmi di disperati, come i diecimila albanesi a bordo del Vlora sbarcati a Brindisi nel 1991. E poi, per tutti gli anni Novanta e fino a ieri, scafi e gommoni di trafficanti di esseri umani, a cui decine di migliaia di «clandestini» - profughi di guerra, perseguitati politici, poveri - affidavano la propria vita. Spesso sacrificandola per sempre, assieme a tutti i loro risparmi. Su questa rotta bellissima, magica, dove ancora si vedono i delfini saltare fuori dall' acqua all' inseguimento dei traghetti e si può scorgere la mole di un capodoglio che, infastidito dal moto ondoso delle imbarcazioni, si allontana, negli ultimi venti anni hanno perso la vita decine di migliaia di esseri umani. Uomini, donne, bambini - curdi, albanesi, rom, cingalesi, iracheni, afghani, pachistani, il conto delle «etnie» ormai non lo tiene più nessuno -, che sono finiti in pasto ai pesci o nel ventre di qualche nave greca naufragata duemilacinquecento anni fa e ancora custodita dagli abissi. Questa rotta magica, se guardi il mare un po' meglio e un po' più in profondità, ti ricorda che il canale di Otranto è un cimitero. Un cimitero di cui l' umanità dovrebbe vergognarsi. Questa rotta, da millenni, è anche la strada migratoria obbligata del grifone e di tutte le altre specie di uccelli che ora rischiano di essere falciati in mare aperto, in quel punto preciso al largo di Tricase, dove la giunta (di centrosinistra) della Regione Puglia ha approvato, con una velocità degna di miglior causa, e nonostante una prevedibile sentenza contraria della Corte Costituzionale che puntualmente e per fortuna è arrivata, la realizzazione del più grande parco eolico italiano offshore. Ventiquattro torri, ciascuna alta centotrenta metri. Una foresta di pali ed eliche che agli uccelli sembreranno alberi e fronde mosse dal vento e che ingannerà non soltanto il grifone e i suoi fratelli, ma anche i delfini e i capodogli. I quali, a causa del rumore degli aerogeneratori perderanno il senso dell' orientamento e finiranno «spiaggiati», com' è già accaduto sui litorali del Gargano per colpa dei boati delle esplorazioni petrolifere sottomarine. Non è un allarme per evitare un rischio. È una certezza. Il grifone, questa sorte, l' ha già subìta. In Rete c' è un filmato girato a Lendas, nel Sud dell' isola di Creta, il 27 ottobre 2009, che meriterebbe d' essere proiettato nelle scuole e divulgato come le foto delle foche uccise a bastonate in Norvegia e in Canada o come la foto-simbolo (benché finta, perché «costruita» per ragioni di propaganda militare) del cormorano ricoperto di petrolio durante la guerra del Golfo del 1991. Nel filmato si vede il grifone colpito da un' elica e si sente persino il colpo secco, come di una mannaia, che lo abbatte. Il grifone precipita al suolo. Vorrebbe rialzarsi, ma non ce la fa. Ricorda l' albatro di Baudelaire che cade, apre le ali, zoppica, ma non riesce a riprendere il volo. Dopo un po' quel grifone, uccello caro agli dèi, si accascia e muore lì, nella terra del padre degli dèi, dove Rea nascose Zeus per sottrarlo a Crono, che divorava i suoi figli. In nome dell' energia pulita, che tutti vorremmo, anche questo corridoio migratorio di uomini e uccelli rischia di essere divorato dalla green economy, ormai sempre meno green e sempre più economy. Il consumo dei combustibili fossili - petrolio, carbone - non diminuisce, il territorio viene «tombato» dalle mastodontiche opere necessarie a piantare torri (e a installare pannelli fotovoltaici, invece che sugli edifici, nei terreni agricoli) e i contributi pubblici fioccano come manna dal cielo. «Da noi - ha scritto Giovanni Sartori su questo giornale - è fiorita soltanto l' industria dell' eolico, dei mulini a vento, ed è fiorita quasi soltanto perché fonte di tangenti e di intrallazzi». Dev' esserci qualcosa di vero, se anche il ministro dell' Economia, Giulio Tremonti, ha detto che «l' eolico è l' affare degli affari». Per esser chiari, rende molto di più del narcotraffico. Soprattutto in Italia, al primo posto in Europa per erogazione di finanziamenti pubblici, e in Puglia, che è al primo posto in Italia. Il «parco» eolico individuato con il compasso sulla rotta del grifone, per esempio, sarà di 94 megawatt, costerà tutt' al più 50-60 milioni di euro e beneficerà, secondo alcuni calcoli approssimati per difetto, di contributi pubblici per 90 milioni di euro l' anno, per vent' anni. Cioè un miliardo e ottocento milioni. Oppure, se si vorranno riscuotere i contributi in «certificati verdi» (vendibili a chi inquina, affinché, pagando, possa continuare a farlo), di 280 milioni l' anno per quindici anni, ovvero quattro miliardi e duecento milioni di euro. Naturalmente, nessun beneficio per la bolletta. Al contrario, è bene sapere che in questo modo per ogni chilowattora acquistato se ne pagano tre. Sarebbe bello se su questa rotta si incontrasse qualcuno pronto ad aiutare gli uccelli migratori, come molte volte è avvenuto per i popoli migranti. Qualche magistrato, per esempio. Che cercasse di capire, per dirne una, cosa c' è dentro la società dal nome celestiale «Sky Saver», che ha sede in un piccolo paese pugliese e il cui socio unico è una società olandese. O che individui la logica che in Puglia consente di allestire dovunque si voglia un impianto di energia alternativa da un megawatt con una semplice autocertificazione (con un assessore all' Ambiente che è un magistrato e un presidente che si professa «ambientalista»), mentre per una concessione edilizia - nel centro abitato - dei comuni rientranti in zona protetta si deve dimostrare che «non saranno utilizzati sistemi che provochino l' allontanamento di volatili», che impediscano cioè ai falchetti di nidificare. Il nostro grifone non sa nulla di tutto questo. Sa bene però che quelle pale sono il suo nemico e che se anche superasse indenne le eliche al largo di Tricase, deve vedersela con quelle che lo aspettano in Puglia, Irpinia, Basilicata. Una selva. Che ogni giorno diventa più fitta. E dove una volta il grifone era il re. Tanto che con il suo nome, vultur gryphus, venne chiamato il Vulture, il vulcano spento che oggi è un lago di acqua minerale. Ma non tutto è perduto. Quattro parole hanno già fatto il giro del mondo: «vulture must not die» (il grifone non deve morire). È lo slogan internazionale di tutti quelli che gli vogliono bene. RIPRODUZIONE RISERVATA L' impianto A volere il parco eolico offshore di Tricase fu, nel 2006, Grazia Francescato, ex presidentessa del Wwf, all' epoca portavoce nazionale dei Verdi, nominata assessore all' Ambiente dal sindaco Antonio Coppola (centrosinistra). Nelle «osservazioni» presentate dal Wwf alla Regione per la «Via» (Valutazione di impatto ambientale) - denunciano le associazioni contrarie al progetto - «non si fa cenno alla questione dell' impatto sull' avifauna migratoria, nonostante il Wwf, più di ogni altro, dovrebbe conoscere l' importanza del canale di Otranto per le rotte migratorie, visto che gestisce parte della riserva Oasi delle Cesine, vicino a Otranto». Ma ci sono anche le pale eoliche sulla terraferma a creare allarme, come le 14 torri autorizzate dalla Regione Puglia sulla collina dei Fanciulli delle Ninfe, che rischiano di pregiudicare il riconoscimento da parte dell' Unesco della città di Otranto come patrimonio dell' umanità.

domenica 5 settembre 2010


MURGIA, LE PALE EOLICHE GHIGLIOTTINE PER UCCELLI OLTRE CENTO METRI
Il Prie, se approvato, prevede di piazzare dalle 101 alle 121 torri eoliche di altezza che andrà anche oltre cento metri
LA CORSA
È già partita la corsa dei proprietari terrieri per degradare il proprio terreno e accappararsi le installazioni di torri Nel piano comunale è stata prevista una selva di installazioni
Cosimo Forina • Spinazzola.
Con il piano regolatore per impianti eolici (Prie) a Spinazzola sarà possibile, se approvato, piazzare dalle 101 alle 121 torri eoliche di altezza che raggiungerà gli oltre cento metri. Una selva di torri, a cui potrebbero sommarsene altre su una superficie di 182,62 Kmq. La Puglia è diventata l’Eldorado delle “Green energy” in tutte le sue salse, dall’eolico, al fotovoltaico, non disprezzando nemmeno gli impianti a biomasse. Facendo gridare da più parti al disastro ambientale. Ma il disastro non è solo quello visivo.
GLI UCCELLI
I pali eolici saranno la morte certa per impatto degli uccelli presenti sul territorio: falco grillaio, gufo reale, la civetta, barbaggianni, allocco, nibbio reale, falco pellegrino, gheppio, merlo, cornacchia, gazza, tortora, tordo, bottacio, beccaccia, quaglia, colombaccio, pettirosso, cinciarella, fringuello, rigogolo, passero, ghiandaia, allodola.
Ancor più di quanto possa fare un cacciatore sparando ogni giorno con le sua doppietta. E’ singolare leggere negli atti del Comune il divieto di effettuare le opere di cantierizzazione dei progetti durante i periodi migratori (autunnale e primaverile) e durante il periodo riproduttivo (15 marzo – 15 luglio) per le possibili interferenze prodotte dai singoli parchi eolici sulle rotte locali dell'avifauna negli spostamenti tra i siti puntuali esterni al Parco Nazionale dell'Alta Murgia (bacino Locone, lago di Serra del Corvo). Mentre il rischio una volta alzate le torri e le pale sull’avifauna sarà costante.
LO STUDIO
A titolo di esempio lo studio di “Via dal Vento”fatto su 10 rotori di un diametro di 89,6 metri, è posizionato su una torre di 67 metri, la sua rotazione copre verticalmente un’area di oltre 6.300 mq. A crearsi è una barriera di oltre 6,3 ettari ad un’alte zza compresa tra i 22 ed i 112 metri. Gli uccelli che si trovano a passare in quella zona hanno una elevata probabilità di essere colpiti dalle pale, che si comportano come affilate mannaie».
L’IMPATTO
«La collisione avviene in genere con la parte più esterna delle pale, che non possono essere rilevate dagli uccelli in transito a causa dell’elevata velocità di rotazione. Infatti, anche se sembrano girare lentamente a causa delle enormi dimensioni, le pale hanno una velocità di rotazione compresa tra 9 e 19 giri al minuto. La punta della pala, per fare un giro completo, percorre una circonferenza di 282 metri in 3-6 secondi, pari ad una velocità compresa tra i 152 ed i 320 km/h. Se un uccello sfugge ad una delle tre pale in rotazione dispone solo di 1-2 secondi per non essere colpito dalla successiva, un tempo che non gli dà praticamente scampo».Queste solo parte delle controindicazioni di quelle energie che chiamano “pulite”.
LO STRANO AFFARE
Per l’installazione di un palo eolico, le società del vento, sono disposte a pagare annualmente sino a 15mila euro, mentre nel caso del fotovoltaico si arriva ad affitti della durata di 20 anni, con compenso annui per ettaro sino a 5mila euro (per 1MW di fotovoltaico necessitano dai 3 ai 4 ettari di appezzamento). Un’enormità visto il valore reale dei terreni a Spinazzola il cui prezzo oscilla da un minimo di 10mila euro ad un massimo di 20mila euro ad ettaro. In buona sostanza nel caso dell’eolico per ogni palo l’agricoltore incasserà in 15 anni 225mila euro, mentre per ogni ettaro affittato utilizzato a fotovoltaico non meno di 100mila euro. Viene da chiedersi il perché le società preferiscano affittare i terreni piuttosto che acquistarli.
Ma quanto può fruttare il territorio nel caso dell’eolico? Moltissimo per gli industriali del vento. Secondo l’indice di ventosità la producibilità a 50m, con rotori da 2,0 MW è di 4.000 MWh lordi; con rotori da 2,5 MW, è 5.000 MWh lordi. Con i certificati verdi si trasforma in decine di milioni di euro annui di incasso per le società da cui detrarre gli affitti, le royalties da pagare al Comune, e spese di manutenzione e tassazione. In buona sostanza il vero affare è per chi installa anche se a dettare la disponibilità ad accogliere pale non è solo la politica, è soprattutto la bassa redditività dei terreni, specie con la crisi del comparto cerealicolo che ha visto crollare il prezzo del grano. Quindi a Spinazzola è partita la corsa dei possidenti per vedere i propri terreni trasformati da agricoli a categoria di degradati, ma ben remunerati. All’occupazione dei terreni si aggiungono gli effetti accessori, come i cavidotti, o le sottostazioni per immettere l’energia nella rete nazionale. Uno sconquasso che cambierà il paesaggio

Assalto alla Murgia da Minervino a Spinazzola
In Veneto:
La stessa società petrolifera si è proposta, in Veneto, con le stesse modalità, ma fornendo spiegazioni un po’ diverse.
La Differenza:
Scelzi (Pd) dichiara che se la ricerca sarà positiva, si farà un referendum; in Veneto il Pd dice “non abbiamo bisogno di trivellazione”
COSÌ I TEXANI CERCANO IL PETROLIO LA PAURA DELLE TRIVELLE LEGA IL TERRITORIO PUGLIESE E LUCANO CON LA PADOVANA
Cosimo Forina • Spinazzola.
Cosa unisce due città della Puglia: Spinazzola e Minervino, tredici città della Basilicata, con sessantatre del Veneto tra Padova e Rovigo? Il filo rosso è la ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi. Protagonista la società texana Aleanna Resources, posseduta da tre aziende di esplorazione e sfruttamento, la texano-canadese Saxon Oil, che ha dichiarato nel bilancio 2008 ricavi per 5,6 milioni di dollari, e le texane Kerns Petroleum, attiva nelle esplorazioni, ed Aleanna Energy. Anche nel Veneto come in Puglia e Basilicata ad accorgersi “stranamente” dei progetti di ricerca c’è voluta la pubblicazione sul Bollettino Regionale con comunicazione dell’inizio della procedura Via. Se tra la Murgia e l’Alto Bradano il progetto porta il nome di “Palazzo San Gervasio” 561 chilometri quadrati, nel Veneto le concessioni richieste dalla Aleanna Resources sono due: “Le Saline” tra Padova e Rovigo per 579 chilometri quadrati e “Tre Ponti “ che alle due province aggiunge anche aree nel Veneziano, per 640: un totale di oltre 1.220 chilometri quadrati. Quel che stupisce sono le similitudini che caratterizzato il rapporto con i territori e le rassicurazioni che da Sud a Nord giungono dalla società che ha sede a Matera, rilasciate da Roma dall’avv. Emanuele Turco legale della Aleanna Resources. Specie dopo e non prima che i cittadini apprendano della possibile ricerca di idrocarburi. Pronti in fotocopia i conforti di Turco: «la prima attività di ricerca sismica consisterà nel far passare pesanti Tir che emetteranno onde sonore con masse battenti. Registrate da geofoni che sveleranno se vi siano idrocarburi nel terreno. Trivellazioni? Siamo solo ai rilievi superficiali che, nel Ferrarese, due anni fa, abbiamo completato in 3-4 mesi su un’area di 130 chilometri quadrati, con un protocollo che prevedeva anche gli indennizzi». In Veneto evidentemente rispetto a Spinazzola il progetto dell’Aleanna se lo sono letti, infatti Turco ammette: «se vi sono idrocarburi nel terreno partirà la richiesta di aprire un pozzo esplorativo profondo 3.500 metri. A quel punto tutto l’iter burocratico dovrebbe ripartire da capo Ma posso dire che i pro grammi di lavoro legati a ricerche sismiche e apertura di un pozzo esplorativo, che produce gas per 24-56 ore, comportano investimenti di 10-15 milioni di euro. Sono comprensibili le preoccupazioni delle realtà locali: ora si aprirà il dialogo». Dal Veneto giunge la conferma, sempre negata dal sindaco Scelzi, unico su quindici sindaci a dirsi favorevole alla ricerca petrolifera, che oltre ai rilievi sismici non sono affatto esclusi pozzi esplorativi a 3500metri di profondità. Come del resto è scritto chiaramente anche nel progetto “Palazzo San Gervasio” fortemente contrastato oltre che da tutti i sindaci della Basilicata anche dall’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia. E mentre il sindaco Scelzi (Pd) dichiara che se la ricerca risulterà positiva, solo allora verrà coinvolta la popolazione con un referendum: “sono contrario alle trivellazioni: non sono previste nella fase di ricerca poiché si tratta solo di studio geologico effettuato con strumenti non invasivi”, in Veneto il consigliere Pd di Monselice, Francesco Miazzi afferma: «L’Ita - lia è divenuta una specie di Eldorado, le royalties sono tra le più basse al mondo. La Bassa Padovana ha già dato troppo in termini di salute e ambiente, non ha bisogno di queste trivellazioni».
LA SCHEDA
L’oro nero
La società texana Aleanna Resources LLC di Houston (USA) ha presentato il progetto denominato “Palazzo San Gervasio” L’area interessata al progetto comprende un territorio di 561 Kmq in gran parte in Lucania Le città interessate al progetto con Acerenza, Banzi, Barile, Forenza, Genzano di Lucania, Ginestra, Maschito, Montemilone, Oppido Lucano, Palazzo San Gervasio, Ripacandida, in Lucania, mentre in Puglia sono interessati i comuni di Minervino Murge e Spinazzola.
L’oro bianco
Più che l’oro nero in questa area la risorsa più preziosa è l’acqua: il governo con il contributo della Regione Basilicata, ha già approvando il progetto «Marascione», per l’irrigazione di circa 5.000 ettari tra Puglia e Basilicata.
Centinaia di milioni di euro di investimenti potrebbero essere vanificati dalla ricerca petrolifera.