domenica 26 febbraio 2012

LA GERMANIA L'ITALIA E IL CARCERE DI SPINAZZOLA
di RINO DALOISO
Il vero "spread" che affligge la nostra vita quotidiana non è quello finanziario. Il differenziale tra il tasso di rendimento di un'obbligazione di Stato italiana e una tedesca, infatti, può anche dimezzarsi nell'arco di alcuni mesi e di un cambio di governo, come sta effettivamente accadendo. Ma lo "spread" che sta nella testa delle persone e del modo di amministrare la cosa pubblica, beh, quello è più difficile da cambiare. Anzi, è impresa quasi impossibile. Si veda, ad esempio, la vicenda del carcere di Spinazzola. Una vicenda emblematica e vergognosa. E per la quale la politica, se ha ancora una qualche credibilità, tra congressi, cordate correntizie e pacchetti di tessere come azioni di società di capitali, dovrebbe provare a battere un colpo. Non a vuoto, se ne è ancora capace. Fin qui i nostri ineffabili rappresentanti, in perfetto stile bipartisan (quando non cavano un ragno dal buco, di solito viaggiano di conserva) hanno collezionato fieri propositi e beffarde ritirate, ad opera di una burocrazia che propone e dispone, infischiandosene di richieste, ordini del giorno anche parlamentari e, quel che più conta, della realtà delle cose. Riassumiamo sinteticamente i fatti. L'altro giorno viene convocata a Bari una riunione presso il Dipartimento regionale dell'amministrazione penitenziaria. Si discute, tra l'altro, del personale da destinare a Spinazzola per riaprire il carcere-modello per sex offender, detenuti che si sono macchiati di reati di carattere sessuale, chiuso incredibilmente a metà del 2011. Perché? Non si riuscì a trovare 12 guardie carcerarie in più per portare la struttura "a regime" (circa cento detenuti, la previsione). Per riaprirlo, stavolta, ne occorrono 54 di addetti: possibile - il dubbio alla vigilia dell'incontro dell'altro ieri - che quello che è stato impossibile alcuni mesi fa diventi praticabile adesso, con una richiesta di personale quattro volte maggiore di quella precedente La trattativa dei sindacati degli agenti di custodia con il capo dipartimento Giuseppe Martone per un po' ha affrontato la questione della "pianta organica". Poi il colpo di scena (ma non troppo): è superfluo parlare di "pianta organica" - fa presenta Martone ai sindacati - perché la direzione generale beni e servizi dell'Amministrazione penitenziaria ha fatto sapere che il carcere di Spinazzola può ospitare al massimo 68 persone (54 detenuti e 14 semiliberi), altro che i 100 che renderebbero non più antieconomica la gestione della struttura. Insomma, l'Amministrazione penitenziaria ora (solo ora) corregge se stessa: nel 2011 indicava la "quota dell'efficienza" a 100 detenuti, ma (c'è sempre un "ma") non aveva tenuto conto che gli interventi tecnici da realizzare (docce, sale per attività tratta mentali e passeggi) avrebbero ridotto a 68 il tetto massimo degli ospiti. E, quel che è ancora più assurdo, tutto questo è stato messo nero su bianco il 31 gennaio e il 2 febbraio 2012, prima ancora quindi che il successivo 14 febbraio il governo Monti accogliesse l'ordine del giorno presentato dall'on. Benedetto Fucci (Pdl), sulla riapertura del carcere di Spinazzola, anche sulla scorta del parere favorevole (25 ottobre 2011)
già espresso dal capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, che nel frattempo ha ceduto l'incarico a Giovanni Tamburrino. Insomma, siamo di fronte al classico esempio di amministrazione in cui la destra (la direzione generale del personale) non sa quello che ha già fatto la sinistra (la direzione generale beni e servizi). E tutto questo pone governo e parlamento nelle condizioni di "decidere" (si fa per dire) senza cognizione di causa. "Conoscere per deliberare" diceva Luigi Einaudi, grande economista e presidente della Repubblica dal 1948 al 1955. Ora siamo alle "deliberazioni" senza una adeguata conoscenza. E i risultati si vedono. E pensare che anche lo scorso anno il carcere di Spinazzola era stato al centro di una commedia dell'assurdo degna di Ionesco: a luglio a Palazzo di Città si teneva una riunione con tutti i rappresentanti istituzionali del nostro terriorio per "scongiurare" una chiusura (quella del carcere) che l'amministrazione penitenziaria aveva già messo nero su bianco e di cui non fu possibile che prendere atto ad agosto, "saccheggio" della struttura a metà settembre incluso. A proposito: per riparare quei danni e rendere nuovamente agibile la struttura, si legge nelle carte della direzione generale beni e servizi dell'Amministrazione penitenziaria, occorrerebbero dai 200 ai 250mila euro? Chi paga? Meglio: chi avrebbe dovuto pagare, visto che il problema è stato "risolto" (anche in questo caso, si fa per dire) alla radice, cancellando la strombazzata riapertura del carcere? "Non è che – come sottolinea Vincenzo Lamonaca, segretario regionale Ugl Polizia penitenziaria - le varie carenze strutturali denunciate correttamente dai tecnici del Dipartimento amministrazione penitenziaria ed ostative alla riapertura possano rappresentare il modo per mettere la sordina a tutta la vicenda e per evitare così che possano emergere eventuali responsabilità di tipo politico, contabile e amministrativo, magari scomode all'approssimarsi delle competizioni elettorali, amministrative e politiche?". E poi: "Cosa accadrebbe se gli stessi tecnici adottassero il medesimo metro valutativo impiegato per decretare di fatto la chiusura di Spinazzola, magari visitando qualche istituto con caratteristiche simili?". Nell'attesa che qualcuno sciolga il non tanto amletico dubbio, viene da pensare all'articolo 27 della nostra Costituzione, per il quale "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Chissà cosa ne pensa chi è stato detenuto nel carcere modello di Spinazzola e ora langue in qualche carcere sovraffollato del Belpaese. "Bello" e "dove crescono i limoni" diceva il tedesco Goethe alla fine del Settecento nel suo famoso "Viaggio in Italia". E poi aggiungeva: "Onestà tedesca ovunque cercherai invano, c'è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, è vano, dell'altro diffida, e i capi dello stato, pure loro, pensano solo per sé". Può oggi una vicenda simile a quella del carcere di Spinazzola verificarsi in Germania? Difficile che accada, quasi impossibile. Ma se accadesse, non finirebbe certo con un rassegnato "chi ha avuto ha avuto..." con quel che segue. A pensarci bene, il nostro "spread" quotidiano è tutto qui: nel Paese "dove crescono i limoni", essere carcerati è una colpa agguntiva al reato commesso e "il senso di umanità" e la "rieducazione del condannato" sono formule buone per i convegni o per commentare ritualmente e forse anche cinicamente la serie senza fine di atti di autolesionismo e di suicidi dietro le sbarre.
ruggiero.daloiso@gazzettamezzogiorno.it

SPINAZZOLA
Strutture chiuse
LE MANCANZE
Ci sarebbero carenze strutturali del penitenziario mai evidenziate finché era funzionante, cioè sino al 16 giugno 2011
«L’istituto penitenziario non può essere riaperto»
La doccia fredda arriva dalla relazione dei tecnici del Ministero
di Cosimo Forina
La riapertura del carcere da quanto emerso nella riunione del 24 febbraio tra sindacati e il provveditore regionale Giuseppe Martone: «è stata una colossale presa in giro». Un pugno in faccia alla città che aveva votato in consiglio comunale su proposta ed impegno del sindaco Nicola Di Tullio la richiesta di ripresa delle struttura ed ora si appresta a convocare una conferenza di servizio, a un bel po’ di parlamentari: l’on. Benedetto Fucci, il sen. Luigi D’Ambrosio Lettieri (Pdl), Pierfelice Zazzera (IdV), il gruppo dei Radicali eletti del Pd, il consigliere regionale Ruggero Mennea, il presidente della Provincia Francesco Ventola, il garante dei detenuti della Puglia Pietro Rossi. Tutti si erano spesi per dimostrare che il carcere di Spinazzola, non solo era necessario alla disastrosa situazione pugliese, ma una eccellenza per la detenzione dei “sex offender” che andava salvaguardata e potenziata. C’è però ora un bel enigma: le motivazioni che porterebbero a non avviare più il carcere non sono da addebitare solo ai 54 uomini necessari alla gestione della struttura, stando alla nuova pianta organica Regionale arrivata da Roma o ai costi di ripristino di arredo e suppellettili portati altrove al momento dello smembramento del carcere in pieno agosto (200-250mila euro), ma a carenze strutturali del penitenziario mai evidenziate finché era funzionante, cioè sino al decreto del Guardasigilli Angiolino Alfano del 16 giugno 2011. Insufficienze emerse dopo un sopralluogo e riportate in una relazione del 13 gennaio 2012 a firma dell’ing. Venezia dell’ufficio tecnico del Ministero, portata all’attenzione del Capo Dipartimento Franco Ionta il 24 gennaio 2012 dal direttore generale Alfonso Sabella responsabile delle risorse materiali beni e dei servizi. Sulla base di questa informativa la struttura di Spinazzola è stata dichiarata non idonea ad ospitare 102 detenuti di cui 21 semiliberi come da progetto avanzato dalla direzione dell’Istituto, ma solo 68 di cui 14 semiliberi. «Ma le carenze evidenziate in modo tanto zelante, solo ora, sull’ex carcere di Spinazzola, se estese in una ricognizione su tutti gli altri istituti penitenziari potrebbe essere causa della chiusura di numerosi altre carceri pugliesi e italiane e sarebbe il disastro»: tanto intende chiedere con la creazione di una commissione parlamentare ispettiva, alla luce di quanto emerso, l’on. Benedetto Fucci. Vincenzo Lamonaca dell’Ugl Polizia Penitenziaria: «oggi non è una bella giornata, perché dopo mesi spesi per capire quali fossero i margini di possibile riapertura del dismesso carcere di Spinazzola, è stato messo il proverbiale sacco di mattoni al cadavere che non voleva affondare, nonostante il parere positivo sulla riapertura del carcere di Spinazzola, formulato dall’ex Capo del Dap, Franco Ionta, il 25 ottobre 2011 e l’impegno formale assunto dal Governo Monti sull’odg 9/4909/13 presentato dall’on.le Benedetto Fucci, il 14 febbraio 2012. Da subito abbiamo temuto che la convocazione fosse una “pezza a colori” da utilizzare per evitare la riapertura dell’Istituto di Spinazzola, addossandone la responsabilità ad altri». «Siamo sconcertati - prosegue - dalla palese confusione che regna nell’Amministrazione Penitenziaria, visto che una Direzione generale (quella del personale) chiede lumi sull’organico necessario per riaprire l’Istituto e un’altra (quella dei beni e dei servizi) dice che non sussistono le condizioni. Sarà l’Amministrazione Penitenziaria, non certo noi, a dover spiegare come sia stato possibile far funzionare il carcere di Spinazzola per sette anni. È lecito nutrire il sospetto che la ridda di carenze strutturali denunciate correttamente dai tecnici del Dap ed ostative alla riapertura possa rappresentare il modo per mettere la sordina a tutta la vicenda, ed evitare di far emergere eventuali responsabilità di tipo politico, contabile e amministrativo, magari scomode all’approssimarsi delle competizioni elettorali amministrative e politiche?»
L’elenco
Ecco cosa manca

Queste le carenze strutturali riassunte nella relazione i cui costi non sono stati quantificati:
Mancanza assoluta di qualsivoglia sistema di videosorveglianza. Mancanza dell’acqua calda e della doccia nei servizi igienici di tutte le camere detentive (Dpr 230/00). Mancanza di cortile di passeggio e, visto il punto precedente, di almeno un locale docce nella sezione semiliberi. Evidente insufficienza degli spazi da dedicare alle attività trattamentali, costituiti soltanto da n°2 salette per la socialità ubicate all’interno del corpo detentivo principale: necessità di adeguamento alle norme tecniche di prevenzione incendi del locale cucina e detenuti; mancanza di una caserma agenti e dl relativo locale mensa; presenza, soprattutto nella zona servizi, di serramenti di tipo non penitenziario e non idonei alla funzione assegnata (porte in legno con serrature semplici,ecc); mancanza assoluta di una recinzione dell’area di pertinenze dell’Istituto in modo da costituire una fascia di rispetto nei confronti del muro di cinta esistente; mancanza di un box protetto di controllo per i due cortili di passaggio esistenti;carenza di magazzini (risulta presente soltanto quello destinato al mantenimento detenuti in prossimità della cucina; impossibilità di creare ambulatori specialistici oltre all’infermeria esistente. Inoltre è stata rilevata l’assenza, nella struttura di: tutti gli arredi/apparecchiature necessarie sia nei vari ambienti che nelle camere detentive; almeno una macchina radiogena controllo pacchi, riutilizzata altrove dopo la chiusura.

Questo invece l’elenco nella relazione di quello che dovrebbe essere riacquistato con un costo presunto tra i 200-250mila euro di cui il carcere di Spinazzola era dotato prima dello smembramento: arredamenti per tutti gli uffici (direzione, portineria,matricola, posti agenti ecc); apparecchiature informatiche (Pc, stampanti, ecc); arredamenti di tutte le camere detentive (brande,armadietti, sgabelli, tavolini, ecc) e delle salette socialità (tavoli, sgabelli, ecc); televisori in tutte le camere detentive, arredamenti delle sale colloqui, arredamento dell’infermeria; apparecchiature e arredamento della cucina detenuti; apparecchiature della lavanderia; una macchina RX per controllo pacchi.

mercoledì 15 febbraio 2012

Perché sciogliere per presunte “infiltrazioni mafiose” il consiglio comunale di Salemi in Sicilia e non, per esempio, quello di Altamura in Puglia?
by Carlo Vulpio

Ecco il testo integrale della lettera aperta di Carlo Vulpio, indirizzata anche al ministro dell'Interno, pubblicata da "il Giornale" il 15 febbraio 2012 in versione rimaneggiata (ma senza tradirne il senso, poiché i tagli sono stati eseguiti per sole ragioni di spazio).

Caro direttore, egregio signor ministro dell’Interno,
conosco bene Sgarbi, conosco Salemi – tanto che Sgarbi nel 2010 mi chiese di andare lì a fare l’assessore nella sua giunta – e conosco benissimo Altamura, 70 mila abitanti, in Puglia, sia perché ci sono nato sia perché – per il mio giornale, il Corriere della Sera – ho avuto modo di occuparmene diverse volte.
Cosa lega Salemi e Altamura? Quello che da oggi potremmo chiamare “il paradosso di Sgarbi”: se il consiglio comunale è quello di Salemi, è da sciogliere per presunte infiltrazioni mafiose, come recita il rapporto di polizia degli ispettori del Viminale; se invece il consiglio comunale è quello di Altamura, un bubbone in metastasi – come vedremo più avanti – esso può continuare a rappresentare il popolo, nonostante le inchieste delle procure antimafia, gli assassinii, gli attentati, le connivenze manifeste.
Non intendo svolgere analisi, ma solo mettere in fila dei fatti, affinché ciascuno possa formarsi una opinione da solo. Prima però devo dire una cosa essenziale. Sgarbi non solo non è mafioso – nemmeno per mentalità -e non ha favorito né la mafia né i mafiosi. Ma ha fatto un tale “pressing” con denunce alla magistratura, alle forze dell’ordine e all’opinione pubblica sul tema del più grande business di stampo mafioso del secolo, l’eolico e il fotovoltaico industriali, da essere diventato, come sindaco di Salemi, il candidato naturale delle ritorsioni mafiose, paramafiose e finto-antimafiose, queste ultime tipiche dei professionisti dell’antimafia.
Veniamo però ad Altamura ed elenchiamo, in 22 schematici punti, i fatti.
1) Questa ricca e operosa città è stata l’epicentro della inchiesta Sanità-Rifiuti, tutt’ora in corso, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari. Inchiesta che ha messo nei guai, tra gli altri, il senatore pd Alberto Tedesco (che, diciamolo subito, rischia di essere l’unico a pagare, affinché tutti gli altri si salvino). Un’inchiesta devastante che tuttavia è stata metodicamente “oscurata” dalle imprese della escort D’Addario. 2) Altamura è la città in cui opera l’azienda di raccolta e smaltimento rifiuti – azienda leader in Puglia - che ha il più grosso appalto della città (e in diverse altre città), coinvolta nell’inchiesta della Dda. 3) Questa azienda ha apertamente sostenuto la campagne elettorali di Tedesco e di Vendola. 4) Questa azienda, con la giunta Vendola, ha realizzato discariche da un capo all’altro della Puglia, in consorzio con il gruppo Marcegaglia, impresa capofila. 5) Un collaboratore di giustizia affiliato al clan del boss ammazzato il 6 settembre 2010 - che si e' autoaccusato dell'attentato ad Alessio Dipalo, un giornalista indipendente che denunciava il malaffare attraverso l'ascoltatissima Radio Regio -, ha rivelato di averlo fatto nell'interesse dell'azienda in questione allo scopo di “dissuadere” il giornalista. 6) Di Palo è stato minacciato, picchiato, ha subìto un attentato con una bomba, gli hanno incendiato l’auto e – come risulta dagli atti processuali –doveva essere ucciso. 7) I vertici dell’azienda in questione sono stati arrestati e risultano indagati per questi e altri fatti connessi. 8) Per gli stessi fatti e' stato anche arrestato un comandante dei carabinieri e sono indagati un sottufficiale dei carabinieri, alcuni politici e professionisti, tutti accusati di aver protetto il boss poi ucciso. 9) Negli ultimi quindici anni, in questa città che non è Salemi, sono state uccise 15 persone, e nessuno di questi casi è stato ancora risolto. 10) Dal 2005, in questa città che non è Salemi, sono sparite tre persone, tre casi di “lupara bianca”. 11) Mentre accadeva tutto questo, i politici di destra e di sinistra hanno fatto a gara a querelare Dipalo per diffamazione. 12) I pm di Bari hanno fatto a gara nel chiedere e ottenere il rinvio a giudizio di Dipalo per diffamazione. 13) Il procuratore aggiunto di Bari, Marco Di Napoli, oggi capo della procura di Brindisi, ha addirittura chiuso preventivamente Radio Regio, cosa mai accaduta a una radio libera dal 1976 a oggi (salvo casi legati a fatti di terrorismo). 14) Dipalo intanto, per l’altro pm che conduce l’inchiesta, Desirèe Digeronimo - contro cui si è scagliato Vendola con una lettera pubblica minacciosa e violentissima -, diventa supertestimone dell’inchiesta in corso. Oggi, dice il Rapporto Ossigeno della Federazione nazionale della stampa e dell’Ordine dei giornalisti, Dipalo è primo in classifica tra i giornalisti italiani in grave pericolo. Mentre il fratello di Dipalo, imprenditore taglieggiato, è diventato testimone di giustizia e con la famiglia si trova in una località protetta. 15) Il presidente del consiglio comunale di questa città che non è Salemi, è cugino e fan del boss ucciso. 16) Il sindaco, di centrodestra (ma la situazione non era diversa con il predecessore di centrosinistra), e un assessore di questa città che non è Salemi, erano anche loro fan su Facebook del boss ucciso e lo frequentavano. 17) Gli odierni consiglieri comunali di Sel e Pd, con la sponda di colleghi del PdL, sono gli stessi che hanno chiesto alla questura e al prefetto, con un provvedimento di consiglio comunale (!) di tenere “sotto osservazione” Radio Regio e i giornalisti troppo curiosi (per intimorirli, ovviamente), e oggi fanno “ammuina” e cadono dalle nuvole. 18) Per queste vicende, l’ex sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano, ha più volte pubblicamente paragonato Altamura a Corleone (senza offesa per Corleone) e ha chiesto dimissioni ai soggetti interessati, i quali, sostiene Mantovano, “non possono stare nelle istituzioni e nemmeno far politica”. 19) Alcuni giorni fa, il gruppo dei Radicali, su questi avvenimenti, ha depositato una durissima interrogazione parlamentare, anche al ministro dell’Interno, chiedendo al ministro della Giustizia di inviare una ispezione alla procura di Bari e di appuntare l’attenzione sulle discariche e sul business dell’eolico e del fotovoltaico industriali, in cui la Puglia è regione “leader” in Italia. 20) La magistratura barese indaga. E va bene. Ma sembra procedere a 10 km all’ora. Evidentemente a Salemi sono così veloci da rischiare di essere sommari. 21) Anche al sottoscritto, e sia detto non per fatto personale, hanno rubato e incendiato l’auto. 22) Chiedo: ce n’è a sufficienza per sciogliere il consiglio comunale di Altamura? O “il paradosso di Sgarbi” da Salemi diventerà più noto di quello di Zenone da Elea?

domenica 5 febbraio 2012

Altra interrogazione su Grottelline presentata dal gruppo dei parlamentari Radicali eletti nel Pd
Storia di querele archiviate contro Nichi Vendola presentate dal giornalista Carlo Vulpio

QUALE FUTURO PER GROTTELLINE SITO DA VALORIZZARE OPPURE IMMONDEZZAIO?
ATTO CAMERA-INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/14699
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 579 del 31/01/2012
Firmatari
Primo firmatario: ZAMPARUTTI ELISABETTA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 31/01/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO
PARTITO DEMOCRATICO 31/01/2012
BERNARDINI RITA
PARTITO DEMOCRATICO 31/01/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA
PARTITO DEMOCRATICO 31/01/2012
MECACCI MATTEO
PARTITO DEMOCRATICO 31/01/2012
TURCO MAURIZIO
PARTITO DEMOCRATICO 31/01/2012
Destinatari
Ministero destinatario:
• MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
• MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI
• MINISTERO DELL'INTERNO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 31/01/2012
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-14699
presentata da
ELISABETTA ZAMPARUTTI
martedì 31 gennaio 2012, seduta n.579

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. -
Al Ministro della giustizia, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno.
- Per sapere - premesso che:

il commissario straordinario per l'emergenza ambientale in Puglia e presidente della giunta regionale pugliese, Nichi Vendola aveva firmato nel 2006 un contratto, della durata di 17 anni, con le imprese Tradeco-Cogem per la realizzazione di due discariche a Spinazzola, tra un villaggio neolitico risalente a 7.000 anni fa, una sorgente di acqua minerale nella vicina Poggiorsini e una masseria fortificata che fu dei Templari;

un mese prima, per lo scandalo dell'inquinamento provocato dalla discarica di Canosa di Puglia, tredici persone della stessa Tradeco erano state arrestate con le accuse di associazione a delinquere e traffico illecito di rifiuti;

il sito archeologico di Spinazzola, il cui nome è «Grottelline», venne segnalato per la prima volta alla Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia, e quindi al Ministero per i beni e le attività culturali, nel 1998. Ma soltanto nell'estate del 2005, dopo gli scavi condotti da Renata Grifoni Cremonesi, del dipartimento di scienze archeologiche dell'università di Pisa, è arrivata la consacrazione ufficiale che si tratta di un villaggio del Neolitico antico risalente a 7.000 anni fa, «con frequentazioni lungo tutto l'arco del Neolitico fino all'età del Rame (III millennio a.C.) e all'età del Bronzo (II millennio a.C.)». È insomma la testimonianza del più antico popolamento neolitico di Puglia, nelle cui grotte, oltre a «raffigurazioni e decorazioni architettoniche riconducibili ad ambienti di culto di età medioevale, sono incisi graffiti di età precristiana». E sorge a breve distanza dal Casale di Grottelline, «possedimento dei Templari documentato sin dal 1197»;

si tratta di un'area che non è stata ancora vincolata, nonostante il soprintendente, Giuseppe Andreassi, con una lettera del novembre 2005 avesse annunciato «l'avvio dell'iter» ed il commissario prefettizio Mariannina Milano aveva chiesto alla Regione la revoca del contratto di autorizzazione delle discariche sulla base di documenti del comune di Spinazzola che definivano come «estremamente rilevante» l'importanza del sito archeologico;

la vicenda viene trattata dal giornalista Carlo Vulpio in un suo articolo pubblicato dal Corriere della Sera dal titolo «Nel villaggio neolitico spuntano due discariche» del 7 luglio 2006 e quando, il giorno successivo, l'8 luglio 2006, sul litorale di Brindisi viene trovata una finta bomba con un messaggio di protesta per un depuratore non realizzato, il presidente della regione Vendola attribuisce la responsabilità morale dell'accaduto al giornalista Carlo Vulpio, il quale presenta un esposto alla procura generale di Bari archiviato dal procuratore capo, Emilio Marzano;

l'alto magistrato chiede, e ottiene, l'archiviazione della querela presentata da Vulpio con la seguente motivazione: è pur vero che Vendola ha gravemente diffamato Vulpio, ma Vulpio lo ha provocato. Quasi che il legittimo diritto di critica e di cronaca garantito dalla Costituzione - in riferimento peraltro ad articoli di stampa mai oggetto di querela, smentita o rettifica - possa essere degradato a mera «provocazione»;

allo stesso modo, successivamente, sarà archiviata un'altra querela di Vulpio a Vendola, il quale aveva definito il giornalista - nel corso di un interrogatorio reso dallo stesso Vendola al pubblico ministero di Bari, Digeronimo, che ha avuto ampia diffusione mediatica - «noto diffamatore professionale». Secondo il procuratore aggiunto di Bari, Annamaria Tosto, Vendola poteva legittimamente esprimersi in tal modo poiché il giornalista aveva comunque subito molti procedimenti per diffamazione (pur non essendo mai stato condannato);

della vicenda delle discariche di Spinazzola si sono occupati anche altri cronisti, come Cosimo Forina della Gazzetta del Mezzogiorno e Alessio Dipalo, direttore di Radio Regio Stereo, i quali per aver trattato questo e temi simili sono stati minacciati e picchiati selvaggiamente;

lo stesso Carlo Vulpio, che ha trattato questa vicenda anche dai microfoni di Radio Regio Stereo di Alessio Dipalo, ha subito il 4 ottobre 2011 un furto alla sua auto che è stata ritrovata quindici giorni dopo completamente carbonizzata, senza che allo stato agli interroganti risultino avviate indagini per appurare se l'atto sia da considerarsi intimidatorio, in quanto legato - come denunciato da Vulpio ai magistrati di Bari - alla sua attività giornalistica, sia in relazione alla già narrata vicenda delle discariche sia in relazione alle sue denunce sugli scempi ambientali causati dall'installazione di migliaia di pale eoliche e «parchi» fotovoltaici in Puglia;

la vicenda della discarica è per gli aspetti relativi all'ubicazione ancora oggetto di indagine da parte della procura della Repubblica di Trani, mentre per quanto riguarda i soggetti (amministrazione comunale di Altamura, Columella, e altre) che a vario titolo ne sono stati protagonisti è di competenza della direzione distrettuale antimafia di Bari, che indaga sulla «mala gestione» nella sanità regionale e sullo smaltimento di rifiuti sanitari ad Altamura - dove ricompaiono gli stessi soggetti di Grottelline e rispetto alla quale notizie di stampa del dicembre 2011 riferivano di un orientamento della procura verso l'archiviazione perché non sarebbero stati compiuti gli illeciti segnalati nelle informative dai carabinieri del Noe, il nucleo operativo ecologico;

come si legge in un articolo de «il Giornale» del 25 gennaio 2012, a firma di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica, secondo un'annotazione della Guardia di finanza di gennaio 2011, l'ex pubblico ministero barese Pino Scelsi (già titolare dell'indagine sulle escort a palazzo Grazioli) sarebbe entrato in rotta di collisione con la pubblico ministero Desirée Digeronimo quando questa, nell'ambito delle indagini sulla sanità pugliese, si era imbattuta in 14 conversazioni tra l'allora assessore alla sanità e il suo entourage, con Michele Scelsi, medico e fratello del pubblico ministero barese. Fatto che, nonostante la Digeronimo abbia considerato quelle intercettazioni prive di rilievo penale, avrebbe portato Pino Scelsi a intercettare la collega nel 2009, dopo la lettera aperta che Vendola scrisse contro la stessa pubblico ministero per captarne «verosimilmente i commenti»;

nell'articolo si legge inoltre che il pubblico ministero barese Scelsi, interrogando l'assessore della regione Puglia alla sanità Tommaso Fiore, «gli consentiva di ascoltare un'intercettazione ambientale che riguardava la Sanità, un aiuto replicato poco dopo, il 26 giugno, quando il pm «fuori dalla verbalizzazione», riassume all'assessore l'esito di un'altra intercettazione ambientale tra Tarantini, Lea Cosentino (all'epoca a capo della Asl Bari) ed Enrico Intini, «riferendogli che era in corso una perquisizione» a casa della Cosentino. Il 24 luglio, giorno del terzo interrogatorio di Fiore, questi «inviava a Scelsi (a seguito di suggerimento di quest'ultimo) una nota nella quale l'assessorato (...) richiedeva al pm di «poter conoscere circostanze ed elementi» utili a verifiche amministrative interne cosa che gli fu dal pm concessa -:

se non ritenga il Ministro di promuovere iniziative ispettive presso la procura di Bari per l'esercizio dei poteri di competenza;

per quale motivo non sia stata ancora vincolata l'area per la quale il soprintendente, Giuseppe Andreassi, nel novembre 2005 aveva avviato l'iter e se non si ritenga di provvedere urgentemente in tal senso;

se e quali azioni si intendano promuovere a tutela dell'incolumità dei giornalisti che trattano la questione dei rifiuti sanitari, delle discariche (di Spinazzola e non solo) e della installazione di «parchi» eolici e fotovoltaici industriali.(4-14699)