domenica 26 gennaio 2014


LA PROTESTA A PALAZZO SAN GERVASIO
IL CORTEO
Un fiume in piena composto da donne, uomini, ragazzi ha percorso le strade di Palazzo San Gervasio capeggiato dai sindaci
L’I M P I A N TO
Al confine tra la Basilicata e la Puglia si vuole realizzare un impianto caratterizzato da più ombre che luci, su 226 ettari di terreno
«NO AL SOLARE TERMODINAMICO»
Sindaco e cittadini di Spinazzola in marcia al fianco degli abitanti della Lucania
di Cosimo Forina
La temperatura a poco meno di quattro gradi con la pioggia battente frammista a neve non ha scoraggiato il Popolo del “No al solare termodinamico”. Un fiume in piena composto da donne, uomini, ragazzi e anche piccoli che ha percorso le strade di Palazzo San Gervasio capeggiato da cinque fasce tricolore. Quelle indossate in nome delle Città dai primi cittadini o loro rappresentanti, di Palazzo San Gervasio, Genzano di Lucania, Maschito, Montemilone ed anche Spinazzola. La sfida di “Davide ” contro “Golia” ha un cuore pulsante. E’ quello dei Comitati Cittadini sorti in difesa della salute e dell’ambiente, degli studenti, dei sindacati e dei rappresentanti di categoria. Dei partiti locali, di destra e di sinistra, che se ne “fregano” delle decisione dei loro vertici. Spesso ipocritamente accondiscendenti, se non promotori, che hanno condannato non senza interesse, all’asservimento il territorio per favorire gli industriali, lobby, del sole e del vento nella loro speculazione in nome della “green economy”. La scelta di un territorio non arriva mai per caso. Quella che ha sfilato ieri mattina a Palazzo San Gervasio è una Basilicata e Puglia a suo confine che si ribella all’ennesimo scempio. Per un impianto solare termodinamico caratterizzato da più ombre che luci, tanto da aver suscitato, come vedremo, la reazione di associazioni ambientaliste nazionali, che andrebbe ad occupare “tombandoli” 226 ettari di terreno. Da collocare sul territorio di Banzi, assente questa città nella manifestazione, a ridosso del Comune di Palazzo San Gervasio ed a confine con quello di Spinazzola. Un impianto che qualora realizzato cancellerebbe per sempre, con i suoi specchi parabolici del valore di 300milioni di euro e 1300 milioni di euro di utili in 25 anni, con alto rischio ambientale: storia, cultura, paesaggio, coltura agricola, identità rurale che distingue da millenni questo tratto di Paese. Dietro la Teknosolar2 srl di Matera presentatrice del discusso impianto non solo l’Associazione Nazionale Energia Solare Termodinamica (Anest). Dentro i fabbricanti delle componenti della tecnologia messa a punto dal fisico Rubbia. Ma anche il fior fiore di aziende italiane che dalle energie rinnovabili e dal solare termodinamico ora, dopo aver fatto pressione sul Governo, vogliono trarre il massimo del profitto. Un dedalo di imprese che intende piazzare, partendo dalla Sardegna dove è anche ribellione, passando dalla Sicilia e Basilicata il rischioso solare termodinamico dopo averlo sperimentato, nel mondo. E’ l’affare degli affari. Mentre è nei fatti: vento, sole, biomasse, non hanno prodotto fin ora la riduzione di un solo grammo di combustibile fossile con cui si continua a produrre energia, ma solo parole di inganno in nome del protocollo di Kyoto. Si veda come esempio concreto quello che avviene nella Puglia del governatore Nichi Vendola, ormai sfregiata ovunque da pali eolici e pannelli solari, dove è costante, se non aumentata, la produzione della centrale alimentata a carbone di Cerano a Brindisi. Ma la Basilicata non è da meno nella trappola dove ovunque stanno sorgendo selve di pali eoliche, specchi smembra paesaggio, ed ora anche il solare termodinamico, mentre si vuole raddoppiare l’estrazione, la mungitura, del petrolio dal suo sottosuolo. Nonostante sia stata constatato l’avvelenamento di intere aree. Il popolo dell’Alto Bradano – come hanno dichiarato i sindaci insieme con le associazioni, vuole il rispetto e la salvaguardia del territorio, non fidandosi nemmeno più della politica: «Noi ce ne “fottiamo” del business della “green economy ”, per noi quello che conta è la Vita», ha gridato.

LA LUNGA BATTAGLIA CONTRO QUEGLI SPECCHI
Sempre più ombre sull’affare milionario dell’impianto solare termodinamico. Alle osservazioni già pubblicate dalla “Gazzetta” fatte giungere alla Regione Basilicata, dall’ing. Donato Cancellara per conto di suo padre, Antonio, proprietario di alcuni terreni interessati dal progetto, si sono aggiunte quelle di diverse associazioni nazionali, inviate anche alla Procura di Potenza e alla Commissione Europea. Lo scorso 10 gennaio a dirsi contraria è stata l’associazione VAS di Roma che con il suo presidente On.Guido Pollice, il quale ha denunciato vizi di legittimità: “un grave pregiudizio dalla eventuale realizzazione di un simile impianto”. Spingendosi a chiedere: «all’Unione Comuni Alto Bradano di confermare il rigetto del rilascio della “autorizzazione paesaggistica” ed agli Uffici della Regione Basilicata di non rilasciare l’Autorizzazione Unica al progetto o di dichiarare nulla quella eventualmente già rilasciata » .Un filo diretto unisce la Sardegna e la Basilicata con il solare termodinamico dove Anest ha individuato le aree in cui far sorgere gli impianti termodinamici sperimentali. Il dott. Stefano Deliperi per la onlus di Cagliari, Gruppo d’Intervento Giuridico, analizzata la documentazione della Teknosolar ha chiesto a sua volta «l’annullamento degli eventuali atti di approvazione intervenuti a qualsiasi titolo (urbanistico-edilizio, paesaggistico) in quanto adottati in assenza di preventiva e vincolante autorizzazione paesaggistica». Ed è stata proprio questa associazione ad aver interessato del caso Banzi-Teknosolar Procura e Commissione Europea. Tra le altre contestazioni: «l’impianto termodinamico prevedrebbe 4 condotti di scarico per ingenti emissioni inquinanti in atmosfera ad un’altezza di 18m dal suolo. In particolare, sono previste emissioni di benzene e fenolo in atmosfera, quali prodotti di degradazione, alla temperatura aeriforme di 35 °C, per 365 giorni all’anno». Inoltre, in seguito ai riscaldatori ausiliari HTF derivanti dalla combustione di gas fornito dalla Rete SNAM, l’impianto della Teknosolar2 funzionerebbe a sole e gas, viene specificato: “sono previste emissioni in atmosfera di monossido e biossido di azoto (più in generale di ossidi di azoto - NOx), alla temperatura di 200 °C, per 365 giorni all’anno, per 4.1 ore al giorno, con velocità dell’effluente di circa 15 m/s, portata media di 6351 mc/h per ciascuno dei 3 riscaldatori ausiliari, per un totale di 19053 mc/h». Non da meno si pone accento che: «il Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per la Basilicata, con provvedimento n. 14433 del 9 dicembre 2013 ha fornito il proprio motivato parere vincolante negativo al rilascio della necessaria autorizzazione paesaggistica». Viene pertanto rammentato che: «il prescritto parere è obbligatorio e vincolante, anche in sede di conferenza di servizi». Se questa è l’opera meritoria di privati e associazioni in contrasto al «termodinamico» c’è da chiedersi il perché i Comuni non abbiamo fin qui, oltre alla manifestata buona volontà di contrastare la Teknosolar 2, prodotto propri atti da far giungere alla Regione Basilicata dove è in itinere l’autorizzazione del mega-impianto

venerdì 10 gennaio 2014

AMBIENTE
Il progetto nella vicina Banzi
SPERIMENTALE
L’impianto solare termodinamico sperimentale da 50Mw sul territorio di Banzi, su terreno irriguo da “tombare” a confine con Spinazzola
IL DISASTRO
Agricoltori hanno spiegato: “L’area sarà sbancata e quando la Teknosolar andrà via lascerà novemila pali di cemento nel terreno”
SOLARE TERMODINAMICO IMPIANTO CHE FA PAURA
Spinazzola, cresce il fronte per evitare lo scempio sulla Murgia
di Cosimo Forina
Spinazzola-Ora l’impianto solare termodinamico “sperimentale” da 50 Mw che si vuole costruire sul territorio di Banzi, terreno irriguo da “tombare” 226 ettari, a confine con le città di Palazzo San Gervasio e Spinazzola è “caso” nazionale. Ad accendere il cerino e passarlo tra le dite di altri si è scomodato il TG di Rai1 nella edizione delle 20, la più seguita, del 7 gennaio. Qualche milione di telespettatori ai quali tramite il servizio equilibrato della collega Roberta Badaloni, è stata spiegata la contesa tra una società di Matera, la Teknosolar 2 srl amministratore Giovanni Fracasso, (capitale sociale di 10mila euro-investimenti previsti 300milioni di euro) ed i comitati cittadini sorti spontanei contrari al mega impianto. Servizio condiviso nella rete su migliaia di profili sparsi nello stivale. Priorità: difesa del suolo, salute e paesaggio. Nel servizio, agricoltori, come Domenico Cancellara hanno spiegato agli italiani che “l’area sarà sbancata e quando la Tecnosolar andrà via lascerà novemila pali di cemento piantati nel terreno”. Un disastro. Mentre, Nicola Savia del comitato “NO Termodinamico”, presidente Maurizio Tritto, sorto a Palazzo San Gervasio, si è soffermato sulla irrisorietà della ricaduta occupazionale: “35 posti di lavoro che non meritano l’annientamento dell’area”. Di tutt’altro avviso l’amministratore della Teknosolar2, Giovanni Fracasso per il quale: “l’impianto rappresenta una occasione unica e rilevantissima di sviluppo socio economico per il territorio. Consente la riduzione del consumo di gas nella misura di circa 40milioni di metri cubi ogni anno.” E per far questo, sempre Fracasso, ha assicurato: “gli agricoltori saranno risarciti, l’impianto non inquinerà e saranno utilizzati alberi per non violare il panorama”. Da sottolineare una delle tante contraddizione dell’affare, oltre ad utilizzare il sole è proprio del metano di cui avrà bisogno l’impianto quando gli specchi parabolici non irradiati, non permetteranno l’accumulo del calore. Ma poi, si può davvero concepire che è sufficiente “pagare”, piantumare qualche albero, per dirsi liberi di effettuare lo stravolgendo di una intera area di estremo pregio contro il parere dei cittadini ed Enti, come la Soprintendenza ai Beni Paesaggistici, che ha espresso il suo parere negativo? E poi perché? Il solare termodinamico in Basilicata, fatto passare come panacea, si aggiunge ad eolico, fotovoltaico, biomasse, non per caso. Un grande affare e lo potrebbe essere ancora di più, se proprio gli impianti sperimentali, a partire da quello di Banzi, riusciranno a dare risposte tecnologiche che consentirebbero ad un gruppo di imprenditori italiani di esportare nel mondo questa tipologia che ricalca gli studi del fisico Rubbia. Ed a chi fanno gola i miliardi di euro che da tutto questo scaturirebbero? In Italia si è costituita l’Associazione Nazionale Energia Solare Termodinamica (ANEST) il cui scopo è quello di favorire lo sviluppo della tecnologia. A farne parte imprenditori legati alla costruzione delle componenti degli impianti e non solo. Il 19 aprile 2011 ANEST ha presentato alla Camera dei Deputati, VIII Commissione: Ambiente, territorio e lavori pubblici, una indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Richiedendo alla “politica” leggi, oltre agli incentivi, il termodinamico è rientrato tra quelli finanziati, per la disponibilità alla colonizzazione dei suoli per mettere a punto la sperimentazione. Obbiettivo la creazione di una filiera tutta italiana in cui si sono tuffate dentro grandi aziende come: Marcegaglia, Techint, Archimede Solar Energy, Biosolar Flenco, Enel Green Power, Toto. Medie aziende come: Almeco, FERA, Reflex, Turboden, Xeliox. Nur Energie e piccole aziende: Trivelli Energia, Solo Rinnovabili, Solar Brain, Struttura Informatica, Costruzioni Solari, Sitalcea, Innova, Dedalo Esco. Tutte insieme appassionatamente, di cui anche la Teknosolar2 di Matera è parte integrante. Nel documento di audizione alla Camera oltre alla conquista del mondo, il progetto Desertec: “piano di investimento da 400 miliardi che prevede di avviare la produzione di energia elettrica nel deserto del Sahara e di trasferirla poi in Europa (Terna ha già in progetto il cavo sottomarino da 1.000MW Tunisia – Italia)”. “Una parte considerevole di energia, dice l’ANEST, sarà prodotta dal termodinamico e su questa partita è importante che le imprese italiane siano adeguatamente supportate per non perdere anche questa opportunità”. L’appello deve aver trovato sponda ma non si è tenuto conto che in Basilicata, altri progetti sono stati previsti dall’ANEST in Sardegna, Sicilia,Marche, Calabria, Puglia, in quel di Palazzo San Gervasio e dintorni nessuno è disponibile a fare da “cavia” agli industriali del sole.