giovedì 24 marzo 2011

AMBIENTE ED ENERGIA
ECONOMY POCO «GREEN»
LO STRATAGEMMA
La potenza nominale di un megawatt per impianto nella realtà è riconducibile ad un solo impianto da cinque megawatt
«DIA» INVECE DI «VIA»
Spesso si sceglie la Dia (dichiarazione di inizio attività) invece della complessa Via (Valutazione di impatto ambientale) dei mega-impianti
di COSIMO FORINA
Specchi selvaggi e violazioni nella pseudo «Green Economy» smascherata dai magistrati.
L’INCHIESTA BRINDISINA
Il sequestro a Brindisi di cinque impianti fotovoltaici (30 milioni di euro il loro valore) della potenza nominale da un megawatt ognuno, nella realtà riconducibili alla formazione di un solo impianto da cinque megawatt, vede indagati imprenditori provenienti dalla Sicilia e dal Lazio: Roberta Famà di 37 anni di Mazzarà Sant’Andrea (Messina), Gaetano Buglisi, 36 anni, di Terme Vigliatore, Mariangela Zanazzo, 33 anni di Riano (Roma), Manlsio Tripodi, di 70 anni, Roma, Ettore Zanazzo, 71 anni, di Imperia, Antonio Puliafico, 37 anni, di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), Domenico Catalfamo, Messina, Sebastiano Buglisi, 62 anni, Terme Vigliatore, Roberto Saija, Francesco Coppolino, 28 anni, di Terme Vigliatore. Nell’ordine: i primi cinque sono i legali rappresentanti delle società titolari dei lotti di impianto frazionati, Puliafico direttore dei lavori, Catalfamo progettista, Pugliesi titolare dell’impresa che ha eseguito i lavori, Saija e Coppolino soci e rappresentanti della società titolare della disponibilità del terreno.
L’ALLARME DELLA GAZZETTA
La notizia giunge come conferma dell’allarme lanciato dalla “Gazzetta” sin dal 27 gennaio sulla possibile pratica di giungere attraverso una semplice «Dia» (dichiarazione di inizio attività) ad eludere la più complessa Via (Valutazione di impatto ambientale) prevista per i mega-impianti.
LA SITUAZIONE PUGLIESE
Dalla Provincia di Brindisi, dove si registra la più grande estensione di impianti fotovoltaici d'Europa,giunti nei giorni scorsi a ben 578, e che producono 718 megawatt, parte l’attenzione sul proliferare degli specchi anche nel territorio murgiano. Nell’articolo del 27 gennaio si sottolineava: «sebbene i Comuni poco hanno da ribattere di fronte alle richieste di impianti da un megawatt come ha sostenuto il sindaco di Spinazzola Carlo Scelzi, la circolare del 2008 in materia di fotovoltaico per evitare raggiri alla norma, ha posto dei paletti al rilascio delle Dia. Sufficienti per esercitare l’autotutela ed evitare furbate. Tra le indagini che gli uffici comunali, pur impegnati a far incassare l’Ici ai propri Enti dagli impianti industriali, dovrebbero attuare prima di rilasciare autorizzazioni, per smascherare eventuali concessioni di grossi impianti spezzettati in più frazioni da un megawatt o giù di lì, ve ne sono alcune molto ovvie.
UN UNICO PROPRIETARIO
Il campanello d’allarme dovrebbe suonare per gli addetti ai lavori ad esempio, quando si verifica che per più impianti vi è un’unica connessione, oppure i progetti sono riconducibili ad unico proprietario dei suoli o ad un'unica azienda proponente. Quindi quel che c’è da chiedersi e se, vista la proliferazione selvaggia, tali principi sono stati attuati nell’area murgiana». La distesa di pannelli fotovoltaici che ha invaso il territorio anche di Spinazzola, spesso attigui tra di loro, è quindi meritevole di controlli per dissipare ogni dubbio. In Puglia gli impianti realizzati sono stati 3.900 con un incremento del 50% nel 2010 rispetto all’anno precedente. L’Enel, stando ai dati diffusi, ha connesso alla rete elettrica una potenza di 475 megawatt. A Bari-Bat e provincia, con 1.382 nuovi impianti, la crescita è stata del 75%. Trend in crescita anche a Lecce (+25%). Bari-Bat e Lecce spiccano per la potenza installata, con circa 110 megawatt ciascuna. Il maggiore incremento lo fa registrare Foggia con un +93%. La Capitanata passa da 215 a 416 impianti. Brindisi da 251 a 447 (+75%). Taranto, con 355 nuove installazioni del 2010, arriva a quota 995 impianti connessi alla rete. A scoperchiare la pratica messa in atto a Brindisi il procuratore aggiunto Nicolangelo Ghizzardi il quale con i carabinieri del Noe guidati dal capitano Nicola Candido ha scoperto il “trucco” delle Dia.
I CONTROLLI
Ora non resta che estendere i controlli su tutto il territorio Pugliese, Murgia non esclusa, per capire sin dove il sistema per superando le procedure “Via ”, colpendo il paesaggio a macchia di leopardo, aggredendo l’ambiente in nome della Green Economy, sempre meno “green” “verd e ” e molto più
“economy ”, si sia esteso, ma solo per i furbacchioni.

TRANI VISIBELLI (FORZA TRANI) CHIEDE DI VISIONARE GLI ATTI SU UN PROGETTO
«Fotovoltaico, serve chiarezza sugli atti»

di Lucia de Mari
( 25- 3-2011) TRANI.
Quattro impianti fotovoltaici su un unico suolo, di proprietà dello stesso soggetto, concesso in diritto di superficie a quattro diverse società richiedenti. Tutto tranquillo, ma per il sen. Visibelli di Forza Trani è meglio vederci chiaro: per questo ha chiesto al Comune di poter avvedere ai relativi atti amministrativi. «Negli ultimi giorni si è saputo del sequestro – dice Visibelli – da parte dei Carabinieri del Noe, di impianti fotovoltaici nei Comuni di San Donaci e Spinazzola. A San Donaci sono stati realizzati cinque impianti, ciascuno di potenza inferiore ad un MWp (megawatt), e pertanto realizzabili con semplice Dia ed esentati dalla complessa ed importante Via (Valutazione di Impatto Ambientale), impianti formalmente di proprietà di cinque distinte società. Tuttavia tali impianti erano di fatto un unico maxi impianto,posizionato sul terreno di un unico proprietario, realizzati da società riconducibili ad un unico soggetto, con progetti “fotocopia ” predisposti dagli stessi tecnici. Analoga situazione è stata anche riscontrata a Spinazzola». Ora Forza Trani «ha avuto notizia che anche a Trani sono stati autorizzati quattro impianti fotovoltaici a realizzarsi su un unico suolo, di proprietà dello stesso soggetto, concesso in diritto di superficie, alle quattro società richiedenti. Tuttavia – spiega Visibelli - tali società sembrano essere state costituite contemporaneamente (portano numeri di partita Iva consecutivi), gli impianti sono stati progettati dagli stessi tecnici; gli atti di costituzione del diritto di superficie sono stati rogati nella stessa giornata da un solo notaio. Peraltro pare che risulti depositato un precedente progetto relativo ad un unico impianto da realizzarsi sul medesimo suolo. In altre parole c’è sospetto che si sia di fronte ad un frazionamento dell’impianto, come a San Donaci e a Spinazzola». In attesa di verificare «se i preposti Uffici Comunali abbiano effettuato i doverosi controlli, il Movimento Civico Forza Trani ha provveduto a depositare, in base alla normativa vigente, istanza di accesso ai relativi atti amministrativi».

martedì 22 marzo 2011

BENI CULTURALI UNA «FERITA» DA SANARE PATRIMONIO IN CERCA DI TUTELA
Sull’ex ospedale e convento dei Cappuccini del XVI secolo, l’attenzione dell’associazione «Spinazzola Ospitale»
IL REBUS DELLA PROPRIETÀ
Il contenitore rientra tra quelli al centro di una disputa tra Comune, da una parte, e Asl e Regione, dall’altra
Chi salva Santa Maria La Civita?
Spinazzola, spunta un progetto di trasformazione in museo cittadino
di Cosimo Forina
Quelle ferite, per anni trascurate, ad una delle più belle e importanti architetture della città hanno ricevuto cura. Resta la corsa disperata contro il tempo per evitare il definitivo collasso strutturale dell’edificio. Sull’ex ospedale Santa Maria la Civita, già convento dei Cappuccini del XVI secolo, sono state applicate delle strutture in acciaio finalizzate ad evitare il crollo della facciata esterna, un primo passo per il suo recupero. Merito di tanto va iscritto alla perseveranza dell’avv. Rocco Guidone dell’associazione “Spinazzola Ospitale” convinto sostenitore della necessità del recupero di quel bene, della sua salvaguardia e ritorno alla fruizione per i cittadini di Spinazzola. Ecco perché il Santa Maria la Civita si trova in condizione di degrado. In seguito ad alcuni lavori di ristrutturazione mal eseguiti, circa una trentina di anni fa, si verificò il crollo della copertura dell’edificio con conseguente cedimento dei piani sottostanti. Da quel momento, un muro fatto erigere per incolumità pubblica dal Comune si è contrapposto tra il vecchio e il nuovo ospedale, relegando il primo ad un rudere che è andato man mano aggravandosi. Le lesioni sui muri esterni sono diventati squarci, le stanze crollate lasciate alla mercé delle intemperie. A complicare la faccenda, sull’eventuale recupero della struttura, la disputa sulla proprietà contesa tra Comune e l’Asl. Tant’è che l’edificio finisce, in un primo tempo, tra i beni da alienare da parte della Regione che con propria legge iscrive a suo patrimonio diverse lasciti di benefattori, tra gli altri anche oltre 400 ettari di terreni, oggetto di contenzioso tra il Comune e la Regione. A pagarne le conseguenze più vistose, proprio il Santa Maria la Civita, dove sussiste anche una cappella di pregio che custodiva opere di grande interesse pittorico. L’associazione “Spinazzola Ospitale” da qualche anno inizia la sua battaglia. Quell’edificio va recuperato partendo dalla sua messa in sicurezza. Così Guidone: «l’intervento rientra fra le finalità che l’Associazione si era posta di perseguire a breve termine, nel quadro di un più ampio e articolato impegno volto a mettere al centro della pubblica discussione i problemi della sanità di un piccolo centro coinvolto nei processi di riorganizzazione dei servizi. La soddisfazione per il successo dell’iniziativa, non può tuttavia far perdere di vista che la messa in sicurezza dell’edificio del Vecchio Ospedale non è ancora completata e che l’obiettivo principale per il quale Spinazzola Ospitale da anni si batte in ogni sede e con ogni mezzo è il recupero integrale del prestigioso immobile». Prosegue: «la nostra Associazione si propone di continuare a mobilitare le istituzioni e la comunità civica di Spinazzola per la elaborazione di un progetto che preveda non solo il restauro, ma anche una concreta e realistica utilizzazione dell’immobile: Spinazzola Ospitale ha, infatti, da sempre sostenuto l’opportunità di una destinazione socio-sanitaria, ma è pronta a partecipare ad un proficuo confronto dal quale possano emergere nuove e feconde prospettive di pubblica utilità del prestigioso edificio». Ed è proprio Guidone a rimarcare la disputa sulla proprietà: «non possono essere taciute a tal proposito questioni cruciali, quali la definizione della proprietà dell’immobile, attualmente ancora contesa tra la Regione e l’Amministrazione Comunale, così come i problemi relativi alla individuazione dei canali di finanziamento indispensabili per l’attuazione di tale progetto organico:Spinazzola Ospitale sollecita in tal senso intese e sinergie fra le istituzioni affinché si possa utilmente attingere a fondi europei dedicati magari anche con la compartecipazione di soggetti privati » . I ringraziamenti: «al sindaco Carlo Scelzi il quale, recepite le nostre allarmanti segnalazioni del rischio di crollo della struttura, ha emesso l’ordinanza di immediato avvio dei lavori, nonché il direttore generale della Asl, Rocco Canosa, che ne ha consentito l’esecuzione e il finanziamento. Tale intervento è stato possibile anche grazie ai soci, ing. Enzo Ferri e arch. Angelo Rotondella , e all’ing. Carlo Ieva, tecnico della Asl, che hanno messo a disposizione competenze professionale e tempestivo impegno sul campo».

LA PREZIOSA TELA RECUPERATA TRA LE ROVINE DEL CROLLO
ANTONIO CARRABBA SALVÒ LA «MADONNA DI COSTANTINOPOLI»

Fotografata dall’alto la ferita segna profondamente Santa Maria La Civita. La chiesetta in cui si sono crollate le mura ma con un altare ancora intatto, urla la necessità del recupero del luogo sacro, depredato, lasciato all’incuria. Ma c’è una storia, uno slancio d’amore verso l’arte e Spinazzola che qui si vuole ricordare, ora che finalmente si parla del riscatto di questo edificio. Affinché si possa distinguere e portare come esempio chi mettendo a rischio la propria vita ha voluto salvaguardare un bene della città. Subito dopo il crollo, quando ancora la nuvola di polvere non si era diradata, tra i primi a precipitarsi in quel disastro fu il compianto Antonio Carrabba, cultore e documentarista della storia locale. Il suo obiettivo quello di salvare un opera importante presente nella chiesa, una tavola del 1500 firmata dal pittore “ZT” i cui rari dipinti arricchiscono alcuni luoghi di culto della Provincia. A contrapporsi tra lo stupore e lo sgomento, dato l’o ggettivo pericolo, furono in molti. Ma Antonio Carrabba si precipitò tra le rovine e con l’aiuto di un concittadino, riuscì a portare in salvo l’opera che, fortunatamente, aveva riportato solo lievi danni. Quella tavola del 1500, che rappresenta la Madonna di Costantinopoli, è ora, dopo un lungo restauro, nella pinacoteca comunale. Un opera così importante che a volerla in una mostra dedicata ad Andrea Mantenga (1431-1506) principale artista rinascimentale attivo nel nord Italia è giunto a Spinazzola qualche anno fa Vittorio Sgarbi. Quell’opera tanto cara al Carrabba, apprezzata da Sgarbi è oggi uno dei più preziosi gioielli di Spinazzola. Viene quindi spontaneo auspicare il recupero totale del Santa Maria la Civita che fu scrigno del dipinto. Una maternità che nella sua dolcezza esprime e magnifica il bene. E sarebbe, dopo quello di Carrabba, altro atto d’amore che la città deve a se stessa in difesa della sua storia. Si è detto della disputa sulla proprietà dell’edificio tra Comune e Regione, dell’immobilismo creatosi, forse sarebbe un bene superare tale contrasto affidando proprio all’associazione “Spinazzola Ospitale” il proseguo, con piena titolarità, del recupero dell’immobile. Ma meraviglia anche il non coinvolgimento a tale scopo della Sovrintendenza ai beni culturali e architettonici, utile guida per cercare i fondi ministeriali necessari. Spinazzola manca di un museo dove custodire e mettere in mostra il sempre più ricco patrimonio archeologico da ultimo rinvenuto in diverse campagne di scavi condotte da diverse Università e della Sovrintendenza. Il Santa Maria la Civita potrebbe sopperire a questo vuoto, offrendosi come spazio in cui ritrovare l’identità della città, il suo racconto, la sua storia.

mercoledì 16 marzo 2011

AFFARE RIFIUTI L’OMBRA DEL MALAFFARE DA TUFARELLE A GROTTELLINE
Al centro della vicenda la contestata gestione dei rifiuti nella discarica canosina alla prospettata realizzazione di altri due siti
IN CORTE DI CASSAZIONE
Sulle otto condanne inflitte dalla Corte di Appello di Bari è atteso il giudizio della Corte di Cassazione Una discarica, due sentenze
PROCESSO ALLA «COBEMA» DI CANOSA, PRIMA LE ASSOLUZIONI POI LE CONDANNE
di Cosimo Forina
Chi ha seguito l’udienza preliminare per la discarica “Cobema” di Canosa, in cui vennero assolti
tutti gli imputati dal giudice Teresa Giancaspro ricorderà bene l’incredulità per la sentenza basata
principalmente sulla conoscenza della copiosa documentazione frutto del lungo lavoro degli inquirenti. Così come a venir meno per quella assoluzione, l’aspettativa, tanto dei movimenti che dei cittadini di Canosa, come della Asl che con l’allora direttore generale Maurizio Portaluri si era costituita parte civile. A Canosa si è cercato e si continua a cercare tutta la verità dell’eventuale influenza sull’ambiente e sulla salute per le discariche presenti sul territorio. Un bisogno di consapevolezza scevra di allarmismo criminalizzante frutto di ambientalismo estremo.
L’assoluzione, che in fondo aveva esorcizzato le paure della gente, rispettata in ragione di quelle che erano state le convinzioni del giudicante. Ma che non hanno potuto impedire, come di fatto è successo, altre convinzioni, quelle opposte, del pm Michele Ruggiero della Procura di Trani il quale
aveva seguito ogni fase dell’indagine fino a dirsi convinto della necessità di formulare appello.
Quella sentenza di assoluzione “Cobema”come è noto è stata ribaltata dalla Corte di Appello di Bari ed a essere condannati con pene variabili tra un anno e sei mesi e un anno e venti giorni sono stati in otto: Carlo Dante Columella, il figlio Michele, Lucia Castoro, Vincenzo Fiore, Carmine Carella, Raffaele Crivelli, Francesco Petronella e Giuseppe Calia. Altri magistrati sicuramente, quelli della Cassazione, dipaneranno tutti i dubbi sulla diversa interpretazioni dei fatti che ha portato ad un giudizio discordante ponendo forse la parola fine a questa pagina della storia di Canosa. Il riflesso di quell’intricata vicenda ebbe grande eco sino a Spinazzola dove parte degli stessi personaggi ora condannati, si apprestavano a gestire altre due discariche nella località “Grottelline”, una privata e una pubblica del Bacino Ba/4 200mila abitanti. E questo perché nell’ordinanza di arresto all’epoca emessa dal Giudice per le indagini Preliminari Roberto Oliveri del Castillo sul pericolo di reiterazione del reato veniva indicata proprio Spinazzola come luogo in cui questo sarebbe potuto accadere. Quello che qui però si vuole sottolineare non è la storia nota, ma quella emersa dalle indagini recenti della direzione distrettuale antimafia di Bari, pm Desirèe Digeronimo, Francesco Bretone e Marcello Quercia, i quali hanno portato il gip del tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis a richiedere per l’ex assessore alla sanità Alberto Tedesco, oggi senatore del Pd, l’arresto per lo scandalo santità e rifiuti in Puglia. Una indagine che ha come genesi l’aggressione subita il 4 luglio 2006 dal giornalista Alessio Dipalo direttore di Radio Regio di Altamura, intervenuto il 29 giugno 2006 ad un convegno contro la discarica di Spinazzola da ubicare a Grottelline. A raccontare tutto, con novizia di particolari, uno dei due aggressori del giornalista, Vincenzo Laterza diventat o collaboratore di giustizia, l’altro Biagio Genco detto Gino è scomparso per un caso di lupara bianca. Il legame tra Tedesco e i Columella e la Tradeco di Altamura è emerso in diverse circostanze tanto da creare diversi filoni di indagine, vuoi per gli appalti sui rifiuti ospedalieri affidati alla società Vi.RI, sempre dei Columella, voi per l’attenzione disponibilità dei Columella nel sostegno elettorale ed economico di Tedesco, così come copioso è il filone sanità. Tra i vari dialoghi recepiti dagli inquirenti, i quali hanno ricostruito l’intreccio d’interessi ed “amicizia” c’è ne uno legato all’assoluzione degli attori della Cobema che obbliga quanto meno alla riflessione. Chi era nel tribunale a Trani il giorno dell’udienza preliminare ricorderà il volto deluso e scuro del pm Michele Ruggiero che aveva visto crollare del tutto il suo impianto accusatorio frutto del lavoro, in particolare, dei carabinieri del Noe di Bari.
LA TELEFONATA FRANCESCO PETRONELLA COMMENTA LA SENTENZA DI PRIMO GRADO CON ALBERTO TEDESCO
«Una buona notizia sono stati tutti assolti»
Alle ore 14.03 del 4 marzo 2008 Francesco Petronella, cognato di Carlo Dante Columella, nonché legato alla Vi.Ri, chiama l’assessore regionale alla sanità Alberto Tedesco, al quale riferisce che gli imputati del processo “Cobema”, che vedeva coinvolto tutto il vertice della Tradeco, erano stati assolti.
Interlocutori:
Francesco Petronella – Alberto Tedesco.
Tedesco : che è successo?
Petronella : Alberto, ti volevo dare una notizia buona, tutti assolti.
Tedesco : ah benissimo, perfetto.
Petronella : Tutti assolti, quando ci sentiamo?
Tedesco : eh, io per il momento non ho buone notizie da altri
Petronella : ah puttana troia!
Tedesco : ci sentiamo più tardi, ci sentiamo pi|
Petronella : ciao Alberto.
Tedesco: ciao Franco, dai un bacio a Carlo (ndr. Carlo Columella) ciao.
Petronella : Ok ciao.
Da giorni il senatore Alberto Tedesco è impegnato con le sue memorie presso la giunta dell'immunità per contrastare invocando il «fumus persecutionis» l’autorizzazione all'arresto richiesta dal giudice per le indagini preliminari di Bari, Giuseppe De Benedictis, che incontrerà nell'ambito dell'inchiesta sulla sanità-rifiuti. «Indagine nei miei confronti, ha affermato il senatore, senza elementi di fondatezza e oggettivamente persecutoria».

giovedì 10 marzo 2011

L’INCHIESTA
I RETROSCENA DELLO SCANDALO

“Hai qualche amico che è medico specialista in Igiene? Deve fare il direttore sanitario…Se c’è qualche buon amico”
Dall’assessore al quarto piano “Ecco come gestivano la sanità”
Le intercettazioni tra Alberto Tedesco, i suoi uomini e gli imprenditori
di Cosimo Forina
E’ un intreccio mica male quello tra politica, imprenditori e responsabili della Asl. Così vicini,vicini, vicini, da non lasciare spazio per nessuno. Gli affari, senza temere concorrenti, sembrano farsi così, al primo squillo di telefono pronti a salite a quarto piano dall’assessore Alberto Tedesco o dal suo factotum Mario Malcangi. Oppure con lo squillo di telefono di questi tutti pronti a risolvere il problema dell’imprenditore (o prenditore) di turno. E poi come si fa a negare un favore tra “compagni” come si apprende dal tono della telefonata tra Malcangi e il direttore generale della Asl/Bat Rocco Canosa che sembrano capirsi a volo, telefonicamente, sull’azienda a cui è destinato il contratto. Altrettanto stupefacente è la ricerca in sole 12 ore di un medico “amico” in pensione da nominare come direttore sanitario a Potenza. La prima cosa in questo caso che viene in mente è la fila di giovani nelle sedi di concorsi o la loro aspettativa di vedersi valorizzati.
La ricostruzione dalle intercettazioni -che qui di seguito pubblichiamo- mettono in luce un quadro fosco. Parliamo in alcuni casi, degli stessi protagonisti della Asl/Bat che hanno deciso ad esempio il taglio degli ospedali di Minervino e Spinazzola, dando ai politici che si sono opposti, animati da altro spirito, come nel caso del consigliere regionale Ruggiero Mennea del Pd, dei “miserabili”. Fanno riflettere queste intercettazioni, fanno riflettere sul sistema, su chi lo governa, su come la sanità è stata governata. Gli atti dello scandalo, copiosi, pur non tutti disponibili, hanno fatto passare a molti notti insonni, costretti a leggere e rileggere increduli il fine che si era data la politica nel gestire il diritto alla cura della gente. La sanità allo sfascio spiega in queste intercettazioni anche il perché della sua condizione e c’è da giurarlo, questa e solo una delle puntate di un recital che non mancherà di svelare sorprese.
Ma ecco la ricostruzione, sia pur parziale, degli “intrecci”.
Alle ore 14:01 del 10 Aprile 2008: Diego Rana chiama Mario Malcangi chiedendo se si trovasse in compagnia dell’’assessore Tedesco
Rana: state insieme?
Malcangi: si,..si…siamo allo studio
Rana: (utilizzando un linguaggio cripto)sto arrivando io..sto solo, ma è come se fossi in compagnia..ora vedi la tua intelligenza, che arriva?
Alle ore 12:53 del 11 Aprile 2008: Rana chiama ancora Malcangi
Malcangi: come è andata bene?
Rana: è andata bene… pensavo se fossi raggiungibile ti raccontavo.
Malcangi: ci sentiamo tra 10 minuti e ti dico dove sto..
Alle ore 13:08 del 11 Aprile 2008: infatti Rana Malcangi che lo invita allo studio dell’assessore Tedesco
Malcangi: vedi che io sto allo studio dell’assessore, se vuoi venire…
Alle ore 09:53 del 14 Aprile 2008: Mario Malcangi chiama Rocco Canosa, direttore della Asl BAT1, per sollecitargli la firma del contratto relativo alle forniture della ditta Mediasan controllata da Vitantonio Roca
Malcangi: direttore sono il compagno Malcangi…senti Direttore ti disturbo…per quello, scassa i coglioni, di quella struttura..).
Canosa: …abbiamo fatto la delibera, dobbiamo fare il contratto ora..o questa, massimo la prossima
Alle ore 10:15 del 14 Aprile 2008 dello stesso giorno Malcangi chiama Roca
Malcangi: ho parlato con Rocco Canosa, in settimana, massimo la prossima si firma
Alle ore 10:36 del 28 Aprile 2008: Giovanni Cancellara, funzionario della Asl Bat1, chiama Malcangi, avvisandolo, tra l’altro, che avrebbe redatto il contratto nel pomeriggio.
Cangellara:..quest’altra questione oggi pomeriggio la devo fare…oggi pomeriggio ci dobbiamo vedere per la sottoscrizione..
Alle ore 11:15 del 28 Aprile 2008: Roca chiama Mario Malcangi.
Malcangi:..oggi firmi, mi raccomando, che io lo so dagli altri..ha chiamato prima me...
Roca: …ho sentito adesso Cancellara ..voglio notizie di Alberto.. (Tedesco)
Alle ore 11:35 del 6 Maggio 2008 Diego Rana chiama Vitantonio Roca
Rana: C’è qualche amico che è medico specialista in igiene che è in pensione…deve fare il Direttore sanitario a Potenza in una struttura ..se c’è qualche buon amico
Roca: dammi 12 ore di tempo
Alle ore 10:32 del 6 Maggio 2008: un certo Antonio chiama Diego Rana. I due, utilizzano un linguaggio volutamente cripto, fanno riferimento ad una gara d’appalto nella quale sono interessate diverse ditte, tra cui anche quelle di Bari.
Antonio:.hai parlato con Tedesco per quel discorso, tutto a posto?
Diego Rana:..si, si..ho capito qual è il problema che hanno partecipato quelli che vengono da fuori, quelli di Bari…non è un problema..
Alle ore 14:02 del 12 Maggio 2008: Diego Rana che si trova nell’ufficio di Mario Malcangi, chiama l’autista Rocco, in attesa nell’area parcheggio, invitandolo a portare al quarto piano dell’Assessorato alla Sanità.
Rana:nella macchina sta una cartellina rossa, me la porti sopra al 4° piano, nella stanza di Mario…
Alle ore 14:55 del 12 Maggio 2008: Diego Rana viene chiamato dalla moglie Mina, alla quale riferisce di trovarsi da Mario Malcangi
Rana: sono da Mario..stiamo mettendo a posto delle cose..
Alle 21:23 del 12 Maggio 2008: Alberto Tedesco chiama tale Franco avvisandolo dell’appuntamento fissato alle ore 10:00 del 14 maggio 2008 presso l’ufficio dell’Assessorato alla Sanità.
Alle 11:53 del 13 Maggio 2008: Malcangi chiama Rana avvisandolo di recarsi nell’ufficio dell’Assessorato.
Malcangi: ti devo dire una cosa che mi ha lasciato un po’ perplesso….io sono in ufficio ….devi venire da solo
Alle ore 13:19 del 13 Maggio 2008 Malcangi Rana invitandolo a raggiungerlo in ufficio.
Malcangi:..sali che sto solo...
Alle ore 11:12 del 14 Maggio 2008 Mario Malcangi chiama ancora Rana, avvisandolo che l’assessore era nel proprio ufficio impegnato a ricevere
Malcangi: .sta di la a ricevere.

IL PENTITO
Lo scandalo nasce dalle dichiarazioni di Vincenzo Laterza
NELL’ORDINANZA IL GIP DE BENEDICTIS “BACCHETTA” MALAMENTE I DUE IMPRENDITORI DI BISCEGLIE
“L’abitudine censurabile di ricorrere alla politica”
“Sanità in Puglia: un teatrino con pupari, pupe e pupi, anche nella Asl/Bt?”. Inchieste e intercettazioni sembrano protendere per il “si”. E quando parliamo di “sanità” sia chiaro non intendiamo fare di tutta l’erbe un fascio, non vogliamo mancare di rispetto a chi giornalmente con professionalità e passione, amorevolmente è nelle corsie degli ospedali o nelle visite domiciliari al servizio degli infermi. Quella che si racconta e che sta emergendo dalle inchieste giudiziarie, è altra “sanità”: malata e ingiusta, che risponde alle logiche di spartizione della politica e degli affari. In ogni Asl pugliese è successo di tutto. Spetterà ai magistrati valutare i comportamenti a chi coinvolto spiegare la propria condotta. Fermo il diritto dell’essere considerati innocenti sino all’ultimo grado di giudizio. Al cittadino comune come anche alla stessa politica - mentre è in corso il taglio degli ospedali, il pagamento del ticket di un euro su ogni ricetta medica, per sanare la voragine della sanità pugliese- non resta al momento che la sola riflessione. Quel che si sa in questa inchiesta parte dagli atti dei magistrati e da quel che hanno scritto i carabinieri. Ovvero che anche nella Asl/Bt oggi commissario, il già direttore generale, Rocco Canosa: “vi era un raccordo tra la politica e il mondo imprenditoriale”. Tutto è nel tritacarne delle intercettazioni. “Puparo” onnipresente, Mario Malcangi, arrestato nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla direzione distrettuale antimafia, assistente dell’assessore Alberto Tedesco. Indagine partita dopo le rivelazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Laterza aggressore del giornalista Alessio Dipalo che ha traghettato i pm Desirèe Digeronimo, Francesco Bretone e Marcello Quercia dal mondo dei rifiuti a quello della sanità. Per i carabinieri già nel 2008 Malcangi:“ è colui, al quale spetta tessere i contatti e portare a compimento gli interessi degli imprenditori operanti nel settore sanitario, espressione del vertice regionale”. A finire sotto la lente degli inquirenti proprio nel 2008, tanto il direttore generale Rocco Canosa che Diego Rana, a cui il gip del tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis ha revocato la misura degli arresti domiciliari, e Vitantonio Roca: “ai quali, viene garantita assistenza e soprattutto un canale privilegiato nell’accaparrarsi contratti di forniture della Asl”. Una chiosa interessante. Annotano i carabinieri: “Le indagini condotte, annotano i carabinieri, hanno fatto emergere che sia l’assessore Tedesco che il collaboratore Malcangi utilizzano gli uffici in loro disponibilità siti all’interno dell’Assessorato alla Sanità della Regione Puglia per concordare illecitamente appalti e candidature del mondo sanitario, in particolare, come documentato dagli accertamenti, l’assessore Tedesco non utilizza più lo studio sito in Largo Ciaia, a suo tempo ufficio del candidato del Partito Democratico, ma è solito fissare appuntamenti presso l’ufficio dell’Assessorato”. Ma possibile che nessuno si sia mai accorto di niente? Il gip del tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis nel revocare la misura degli arresti domiciliari a due imprenditori di Bisceglie, Diego Rana e Giovanni Garofoli, notificata tra le altre il 23 febbraio nell’ambito dell’inchiesta sulla sanità scrive: “Il quadro indiziario resta comunque immutato, pur tuttavia si deve ammettere che, sotto il profilo delle esigenze cautelari attuali, non appare più necessario mantenere una misura cautelare detentiva». Per Garofoli, il giudice parla di «abitudine censurabile di ricorrere a vie politiche per ottenere la soddisfazione di sue pur legittime pretese». Di Rana, invece, il giudice scrive che con l’obbligo di dimora a Bisceglie «non potrà nutrire ulteriori velleità politiche nè adoperarsi per la sua struttura (che ha sede a Bernalda)”.
SANITA’ PUBBLICA
I CASI MINERVINO E SPINAZZOLA
VERSO IL REFERENDUM

Il Gruppo di azione: “il sindaco Scelzi convochi il consiglio per indire il referendum di addio alla Puglia”
Porte sbarrate nei due ospedali
Personale medico e paramedico sempre più arrabbiato
di Cosimo Forina
Come preannunciato dalla “Gazzetta” nei giorni scorsi è arrivato puntuale l’ultimo schiaffo alle città di Minervino Murge e Spinazzola. Con delibera Asl n° 269 del 7 marzo è stato rideterminato il ruolo e le sedi per il personale medico, infermieristico, nonché ausiliario e amministrativo in forza nei due ospedali scippati al territorio dal Piano regionale di Rientro Sanitario, ancor prima di assicurare servizi sostitutivi. La delibera di cui lo stesso sindaco Carlo Scelzi ha dichiarato di non essere a conoscenza, ma che riceverà presto perché anche a lui indirizzata, porta la firma del dirigente proponente dott,ssa Elena Tarantini, del dirigente d’Area dott. Vincenzo Piazzola, del direttore sanitario Francesco Polemio e del diretto amministrativo Felice De Pietro, quest’ ultimo con il commissario della Asl/Bt Rocco Canosa nell’elenco del provvedimento del Gip De Benedictis per lo scandalo sulla Sanità Pugliese che vede coinvolto l’ex assessore Alberto Tedesco, senatore del Pd di cui è stato chiesto l’arresto.
LE UNITA’ SOPPRESSE
A Minervino vengono soppresse le seguenti unità operative ospedaliere: Direzione Sanitaria, Direzione Amministrativa, Lungodegenza, Patologia Chimica e Radiodiagnostica. In quello di Spinazzola: Direzione Sanitaria, Direziona Amministrativa, Medicina e Lungodegenza, (riattivata con dieci posti letto temporaneamente solo qualche giorno fa ndr), Chirurgia Generale, Ortopedia e Traumatologia, Patologia Clinica, Radiodiagnostica.
IL DESTINO DEL PERSONALE
La fine dei due ospedali è definitivamente segnata, il personale è stato disposto resterà in parte localmente, da utilizzare quando sarà come nel caso di Minervino attivata la RSA o a disposizione del distretto Canosa-Minervino-Spinazzola. Alcuni medici vengono trasferiti in altri ospedali, come anche il personale ausiliario e amministrativo. Città più povere, o meglio impoverite, senza futuro, come sostiene qualche dipendente dell’ospedale di Spinazzola prossimo alla pensione: “nessun ricambio di nuove leve, giovani, che ci sostituiranno. Una grave perdita anche sotto l’aspetto socio economico, oltre per il diritto alla cura e alla salute della città”. Ieri i dipendenti dell’ospedale di Spinazzola si sono interrogati sul loro futuro, un risveglio tardivo se si pensa ai tanti segnali giunti in questi anni sul destino segnato dell’ospedale di Spinazzola, nel silenzio anche i sindacati. Del resto erano in buona compagnia, la politica quella degli amministratori tanto del centrodestra, tanto del centrosinistra, ha sempre assicurato che: “l’ospedale di Spinazzola sarà rilanciato, potenziano, non chiuderà”.
VERSO IL REFERENDUM
Il “Gruppo di Azione pro ospedale di Spinazzola”, movimento civico alla luce di tutto questo, non va tanto per il sottile:“ora il sindaco Carlo Scelzi convochi immediatamente il consiglio comunale per indire il referendum per lasciare la Puglia. E’ trascorso un mese da quando abbiamo depositato le firme che accompagnano la proposta di delibera. Chi non vuole macchiarsi d’ignominia faccia il suo dovere, altrimenti provvederemo a chiedere l’intervento del Prefetto”.
SCHEDA
Spinazzola, una lenta agonia
Ospedale di Spinazzola una lenta agonia i dati: 1994 posti letto 74; 2002 salgono a 84; 2003 con il Piano Fitto scendono a 47; 2010 la scure del Piano di riordino sanitario di Nichi Vendola gli azzera.
Ecco le tappe:
23 dicembre2010
il Direttore Medico del P.O. Canosa- Minervino-Spinazzola Dott. Vito Campanile Comunica la Sospensione temporanea prestazioni di Radiologia e di Ecografia
Il Testo: A causa dei lavori di adeguamento alle norme antincendio presso lo S.O. Spinazzola, si comunica che, a far data dal 27.12..2010. E’ sospesa temporaneamente l’attività di Radiologia ed Ecografia. I lavori dureranno fino al 15 febbraio circa. Pertanto, l’attività radiologica e ecografica ordinaria e in un urgenza sarà garantita nello S.O. Minervino o nel P.O. Canosa. A partire dalla stessa data, sono sospesi temporaneamente i ricoveri.
Dopo alcune ore contrordine:
Si mantengono i ricoveri di lungodegenza e vengono bloccati solo quelli urgenti e acuti.
30 dicembre 2010
Il Direttore Sanitario Dr. Francesco Polemico sospende tutti i ricoveri
Per P.O. di Spinazzola, la soppressione dei reparti di medicina e di Lungodegenza avverrà con interruzione dei ricoveri al 31 dicembre, procrastinabile al 10 gennaio 2011, e dimissioni dei degenti possibile sino al 15 febbraio 2011.
Gennaio 2011
Vengono presentati emendamenti in III Commissione Sanità della Regione per salvare l’ospedale di Spinazzola e Minervino Murge dal Consigliere Ruggiero Mennea del Pd, recepiti: dal Consiglio Comunale di Spinazzola, conferenza dei Sindaci della Provincia Barletta-Andria-Trani, Commissione Sanità della Provincia, Consiglio Provinciale Barletta-Andria-Trani
4 febbraio 2011
La III Commissione approva il Piano di Rientro
7 febbraio 2011
Il Consiglio Regionale approva il Piano di Rientro. L’assessore Tommaso Fiore minaccia le dimissioni per gli appunti ricevuti sul piano giunti dalla sua maggioranza Nichi Vendola sdrammatizza: “Tommaso rimarrà al suo posto”
Gli emendamenti presenti dal Consigliere Ruggiero Mennea?
Di quelli si parlerà, forse entro il 15 giugno 2011 quando sarà approvato il Piano di Riordino Sanitario della Regione Puglia.
17 Febbraio 2011
I lavori a radiologia non sono mai iniziati, l’ospedale è di fatto chiuso, il Comune di Spinazzola ha presentato un ricorso al Tar ed un esposto alla Procura della Repubblica.
24 Febbraio 2011
Temporaneamente riattivati 10 posti letto di lungodegenza presso l'ospedale di Spinazzola”.
7 Marzo 2011
Con delibera n° 269 l’Asl/Bt ha disposto la modifica alla dotazione organica per gli ospedali di Minervino Murge e Spinazzola in seguito alla loro chiusura prevista dal Piano di Rientro sanitario approvato dalla Regione Puglia.

lunedì 7 marzo 2011

POLITICA- MALA- AFFARI
A raccontare le dinamiche che uniscono vari episodi l’aggressore del giornalista Alessio Dipalo
«QUALCOSA VENUTO DALL’ALTO »
Nella vicenda anche una serie di voltafaccia da parte di amministratori di maggioranza prima contrari e poi favorevoli alla megadiscarica
L’affare «Grottelline» Sito da trasformare in discarica, coinvolto il sen. Tedesco
di Cosimo Forina
Che ci fosse un’inchiesta della Procura distrettuale antimafia di Bari, pm Desirèe Digeronimo su “Grottelline ” oltre a quella della Procura di Trani pm Michele Ruggiero che portava dritto al patron dei rifiuti in Puglia Carlo Dante Columella era cosa nota. La genesi, l’aggressione subita il 4 luglio 2006 dal giornalista Alessio Dipalo direttore di Radio Regio di Altamura. A raccontare tutto, con novizia di particolari, uno dei due aggressori del giornalista, Vincenzo Laterza diventato collaboratore di giustizia, l’altro Biagio Genco è scomparso per un caso di lupara bianca. Ma che “Grottelline ” finisse per far venire in luce anche il coinvolgimento dell’ex assessore alla Sanità, Alberto Tedesco, oggi senatore del Pd, di cui si è chiesto l’arresto per l’inchiesta sulla Sanità, ha colto in qualche modo di sorpresa. Una conferma di quell’intreccio tra politica-mala-affari e mondo dei rifiuti da sempre denunciato da Dipalo e che per questo, contro di lui fu dato ordine di sparare da Domenico Cicirielli, affiliato del boss di Altamura Bartolo Dambrosio ucciso lo scorso 6 settembre. Ma i due sgherri decisero di pestare quel grillo parlante con calci e pugni. Cicirelli ha raccontato Laterza disse: «Voi fatemi questo favore, perché Alessio Dipalo alla radio minaccia Columella e io vi faccio entrare nella Tradeco». «Sicuramente - continua Laterza - qualcuno della Tradeco, il padre o il figlio, avrà detto a Cicirelli, questa cosa qua, anzi, lo dovevamo sparare ad Alessio Dipalo». Ad arrivare invece all’assessore, il lavoro dei carabinieri di Bari nel 2008, i quali con le intercettazioni compongono i tasselli del legame indissolubile che emergeva tra il mondo della politica ed il vertice della Tradeco. Società, affermano i carabinieri del Noe, che avrebbe sostenuto economicamente la campagna elettorale al senato di Alberto Tedesco. Dalle indagini emergono le “pressioni ” esercitate sul mondo politico regionale al fine di ottenere il necessario completamento dell’iter burocratico per l’apertura della discarica di “Grottelline ”. E tutto questo ancor prima dello scandalo sulla Sanità. A firmare la concessione della discarica di “Grottelline ” all’Ati Tradeco-Gogeam, su di un lembo di terra di interesse archeologico, paesaggistico e naturalistico tra Spinazzola e Poggiorsini il governatore Nichi Vendola. La prima azienda è di Carlo Dante Columella, la seconda della famiglia della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Ora potrebbero trovare un senso quelle frasi ascoltate in questi anni, che puzzavano di resa, più volta ripetute su “Grottelline ” da trasformare in immondezzaio del Bacino Ba/4 da asservire a 200mila abitanti: «è una cosa più grande di noi, qualcosa deciso dall’alto, non possiamo farci nulla». A propinarle come “verbo” dopo il voltafaccia del passaggio dal “No” alla discarica al “sì” incondizionato, diversi amministratori di maggioranza e personaggi dell’entourage, a fargli compagnia anche il silenzio delle opposizioni. Tranne qualche eccezione a cui hanno fatto pagare caro, con l’isolamento politico, il non allineamento. Quelle frasi sono state il tarlo di questi anni di chi ha raccontato attraverso la cronaca le varie vicenda di “Grottelline”. Quei pensieri potevano corrispondere ai desideri di qualcuno? E di chi e perché? Oggi c’è un nome che si aggiunge a quelli già noti su Grottelline, inaspettato, quello di Alberto Tedesco. La conferma inconfutabile del coinvolgimento di Tedesco fa emergere che il senatore, oltre agli affari di famiglia, alla individuazione dei dirigenti e direttori delle Asl, era molto dedito agli interessi dei Columella. Stando alle intercettazioni telefoniche e ambientali, tanto per i voti da questi gestiti, 50mila, che anche per la liquidità da questi disponibile, per l’acquisto di una appartamento di 560mila euro Tedesco chiede “ossigeno” ai Columella. In cambio? Il personale impegno nel seguire le gare d’interesse dei Columella come quella dei rifiuti ospedalieri vinta dalla “Vi.Ri ”che ha portato all’arresto di Michele Columela figlio di Carlo Dante e del cognato Francesco Petronella, oggi tutte e tre indagati a piede libero con l’assessore e “Grottelline ”. Storia che non finisce mai di stupire.

IL LEGAME
È uno storico legame quello tra Alberto Tedesco e Carlo Dante Columella e la sua famiglia, in particolare con il cognato di quest’ultimo, Francesco Petronella
LE INTERCETTAZIONI
Alberto Tedesco in stretto contatto con Petronella segue la vicenda in prima persona, rapportandosi con l’assessore all’ecologia Michele Losappio
L’ira di Petronella (cognato di Columella):«Che stiamo a chiedere l’elemosina?»
«Ricorda all’assessore che qui non hanno fatto un cavolo»

E’ uno storico legame quello tra Alberto Tedesco e Carlo Dante Columella e la sua famiglia, in particolare con il cognato di quest’ultimo Francesco Petronella. Il quale mantiene con Saverio Columella figlio di Carlo, dicono i carabinieri, i rapporti con il mondo politico locale e regionale. Nel 2008 la discarica di Spinazzola ha superato i primi ricorsi al Tar e senza più ostacoli nemmeno del Comune di Spinazzola che decide di non ricorrere al Consiglio di Stato come invece fa il Comune di Poggiorsini, si accinge ad essere sottoposta allo studio d’impatto ambientale.
Alberto Tedesco in stretto contatto con Petronella segue la vicenda in prima persona, rapportandosi con l’assessore all’ecologia Michele Losappio e non mancando di intervenire su ingegneri del Genio Civile responsabili del rilascio delle autorizzazioni relative allo studio dell’impatto ambientale. Tutto questo prima del furto della memoria del computer nella Regione Puglia che conteneva i dati di Grottelline e il sequestro probatorio dell’area disposto dal Tribunale di Trani pm Michele Ruggiero.
Ecco una delle telefonate intercettate dai carabinieri del Noe.
Alle 9:47 del 5 marzo 2008 tale Antonio chiama l’ing. Carmine Carella. Quest’ultimo lo avverte che stava per recarsi agli Uffici del Genio Civile per concordare il deposito della documentazione relativa all’impianto di Grottelline di Spinazzola. Il problema relativo al rilascio delle autorizzazioni da parte degli Uffici del Genio Civile comporta l’intervento dell’assessore regionale alla sanità Alberto Tedesco, il quale viene investito dallo stesso Francesco Petronella. Dal contenuto delle intercettazioni si evince che l’assessore sia pienamente a conoscenza delle dinamiche che coinvolgono la Tradeco in generale, nel caso di specie, quella relativa al rilascio della documentazione per l’impianto di Spinazzola.
Alle 11:20 del 7 marzo 2008 Alberto Tedesco chiama Francesco Petronella, quest’ultimo riferisce di trovarsi in Modugno via della Magnolie, sede degli Uffici del Genio Civile, per ritirare un certificato altresì che eventualmente lo avrebbe raggiunto in assessorato.
Alle 11:49 del 7 marzo 2008. Francesco Petronella chiama l’assessore Alberto Tedesco. Al telefono risponde la segretaria di quest’ultimo, tale Dolores, la quale viene invitata da Petronella a riferire all’assessore di aver trovato ancora intoppi nel rilascio di un certificato da parte degli Uffici del Genio Civile. Petronella avvisa la donna che l’assessore era in ufficio con l’ingegnere del Genio Civile, interessato alla pratica, e che l’assessore era a conoscenza dell’intera problematica.
LA TELEFONATA TRA FRANCESCO PETRONELLA E TALE DOLORES.
Dolores: che cosa è successo dimmi?
Petronella: dove sta lui?
Dolores: adesso è occupato, non te lo posso proprio passare
Petronella: senti Dolores, mi fai una cortesia
Dolores: dimmi
Petronella: digli. Franco lui lo sa che io sono stato a via della Magnolie
Dolores:
Petronella : …per un certificato..digli “vuoi ricordare all’assessore che sta adesso…sta parlando proprio con l’ingegnere adesso…che non hanno fatto un cavolo di niente ancora, mi hanno rimandato di nuovo ancora
Dolores: e tu stai ancora li?
Petronella: no, me ne sono andato perché mi hanno detto “vieni lunedì”. Che dobbiamo stare a chiedere le elemosine a questi … adesso mi sono rotto proprio le palle.
Dolores: lui conosce quale è questo tipo di..
Petronella : sa tutta la situazione…devi dire, visto che sta l’assessore e gli ricordi adesso… digli visto che sta con l’ingegnere vuoi fare a quel posto per piacere?
Dolores: ma chi è con l’ecologia?
Petronella: sì, sì, sì, Losappio comunque, lui sa tutta la storia
Dolores: va bene, ora glielo dico
Petronella: ciao Dolores.

LINEA CALDA «DUE VOLTE AL GIORNO CI DOBBIANO SENTIRE»
Alle 18:29 del 7 marzo 2008 Carlo Dante Columella chiama il cognato Francesco Petronella, sollecitandogli un incontro con l’assessore Alberto Tedesco.
INTERLOCUTORI: FRANCESCO PETRONELLA –CARLO DANTE COLUMELLA.
Columella: senti. Alberto (ndr AlbertoTedesco) quando gli possiamo parlare?
Petronella: adesso se ne andato incomprensibile.. domani, dopo domani, quando vogliamo noi, lunedì
Columella: sì, domani, dopo domani, lunedì, u’ mazz che tieni …domani mica lo possiamo trovare, domani
Petronella: domani, lo devo chiamare domani mattina alle nove
Columella: eh
Petronella: perché ho parlato questa mattina
Columella: ah?…No, e va bene, adesso è un altro fatto
Petronella: no, ho parlato questa mattina e mi ha detto a me che ci dobbiamo sentire almeno due volte al giorno ..ride…
Columella: due volte al giorno ti vuole sentire
Petronella: almeno due volte al giorno
Columella: va bene, ciao.
Alle ore17:04 del 11 marzo 2008 Francesco Petronella chiama Alberto Tedesco. La conversazione verte con ragionevole certezza sulla problematica incontrata dalla Tradeco nel reperire le autorizzazioni necessarie per l’impianto di “Grottelline” di Spinazzola, atteso il tenore volutamente criptico utilizzato dai due interlocutori. Petronella chiede all’assessore di ricordarsi di risolvere quella situazione (Alberto…ricordati quel fatto), quest’ultimo lo tranquillizza sul buon esito della vicenda (ho già parlato… devi avere un po’ di pazienza..).

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SPINAZZOLA AL CENTRO DELLE INDAGINI UNA SERIE DI GRAVI INADEMPIENZE NELLA GESTIONE DEI SERVIZI DI IGIENE URBANA
Rifiuti, al via il processo. Imputati anche l’ex assessore all’Ambiente e l’ex comandante dei vigili urbani. Così i rifiuti della differenziata finivano nel compattatore
di Antonello Norscia
TRANI. Inizia stamattina davanti al gup del Tribunale di Trani, Maria Grazia Caserta, l’udienza preliminare in cui è culminata l’inchiesta sull’esecuzione del contratto d’appalto “del servizio pubblico e di pubblica necessità di gestione dei rifiuti urbani” di Spinazzola. 17 le persone per cui, a vario titolo, il sostituto procuratore della Repubblica Michele Ruggiero chiede il rinvio a giudizio. Tra loro l’ex assessore all’ambiente del comune murgiano Sebastiano De Sario e l’ex comandante della Polizia municipale Cataldo Cusanno. L’indagine accese i riflettori sui servizi di «spezzamento, disinfestazione, derattizzazione, raccolta nonché trasporto e conferimento in discarica dei rifiuti urbani e raccolta differenziata». Al centro dell’inchiesta l’attività della “Cooperativa Avvenire ” di Gioia del Colle, aggiudicataria dell’appalto da 2000 al 28 febbraio 2005 per oltre 1 milione e mezzo di euro. Per l’accusa non sarebbero stati adempiuti gli obblighi contrattuali, facendo così «mancare in tutto o in parte opere e cose necessarie a far fronte al servizio pubblico». Ci sarebbero state inadempienze nella pulitura e nel lavaggio delle strade nella raccolta dei rifiuti urbani, nel lavaggio dei cassonetti e delle campane per la raccolta differenziata, nonché nella stessa raccolta differenziata, nel taglio dell’erba, nella disinfestazione, nella derattizzazione, nella pulizia delle caditoie. Inoltre, dal 2002 al 2005, diverse tipologie di rifiuti differenziati non sarebbero state raccolte ma anzi smaltite come rifiuti solidi urbani. Fatti che avrebbero determinato «un grave turbamento del servizio pubblico», con «frode nell’esecuzione del contratto attraverso false attestazioni nelle cosiddette bolle ecologiche relative al conferimento in discarica dei rifiuti urbani». Contestate anche violazioni in tema di smaltimento di rifiuti. Spesso quelli solidi urbani e speciali sarebbero stati abbandonati e depositati in modo incontrollato e poi sarebbero stati smaltiti irregolarmente, dandoli, in più occasioni, alle fiamme nell’area di stoccaggio. Fatti per cui sono indagati anche alcuni operai di Spinazzola della Cooperativa Avvenire, accusati pure di favoreggiamento personale: interrogati dai Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico avrebbero reso dichiarazioni false o sarebbero stati reticenti in merito ai disservizi. Il comandante dei vigili urbani e l’ex assessore avrebbero omesso i controlli «concorrendo di fatto a cagionare il ripetuto abbandono e deposito incontrollato di rifiuti urbani e speciali». La variegata inchiesta racchiude anche l’aggressione subita il 9 giugno 2004 dal corrispondente da Spinazzola de “La Gazzetta del Mezzogiorno” Cosimo Forina. Fatto per cui è chiamato a rispondere il 73enne Vigilante Silvestri. Secondo quanto ricostruito, con la sua autovettura tagliò la strada a Forina e prima l’apostrofò pesantemente e poi lo prese a schiaffi e pugni e gli strinse le mani alla gola. Nell’udienza di oggi spazio alle questioni preliminari ed all’eventuali richieste di giudizio abbreviato. Spazio anche alle possibili costituzioni di parte civile: tra le parti lese figura anche il Comune di Spinazzola.
OGGI COMPARIRANNO DAVANTI AL GIUDICE PER L’UDIENZA PRELIMINARE, MARIA GRAZIA CASERTA
Ecco nomi e ruoli dei diciassette imputati
Questi nomi e ruoli dei 17 imputati che stamattina sono chiamati a comparire davanti al gup Maria Grazia Caserta: l’ex assessore all’ambiente di Spinazzola Sebastiano De Sario, l’ex comandante della Polizia municipale Cataldo Cusanno, il legale rappresentante della Cooperativa “Avvenire ” di
Gioia del Colle, Francesco Paolo Pugliese, i responsabili dei lavori della società gioiese a Spinazzola, Luigi Santeramo e Francesco Perna, 11 operai della cooperativa, Michele Carbotta, Francesco D’Aloia, Michele Di Bari, Teodoro Di Noia, Nicola Romano, Fedele Cosimo, Pasquale Di Gennaro, Rocco Galantucci, Savino Romano, Pasquale Saponara, Antonio Cardillo, nonché Vigilante Silvestri, di Spinazzola, accusato dell’aggressione al giornalista de “La Gazzetta” Cosimo Forina. A vario titolo e a seconda delle presunte responsabilità il pm Michele Ruggiero ha contestato i reati di interruzione di servizio pubblico, inadempimento di contratti e frode nelle pubbliche forniture, truffa, favoreggiamento, ingiuria, minaccia, lesioni personali, nonché la violazione delle norme sulla gestione di rifiuti. [a. nor.]

venerdì 4 marzo 2011


Spinazzola: LE RIVELAZIONI DEL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA,VINCENZO LATERZA, APRONO SCENARI RACCAPRICCIANTI LEGATI ALLA REALIZZAZIONE DELL’IMPIANTO

GROTTELLINE POTEVA COSTARE UNA VITA

“Il boss chiese a due sgherri di sparare a Dipalo dopo il convegno antidistarica”

LA DENUNCIA
Dipalo denunciò gli intrighi e la strana sparizione dei documenti
IL PENTITO
“Cicirelli disse: “Vi faccio entrare nella Tradeco,però mi dovete fare questo favore”

di Cosimo Forina
Ai due sgherri del boss Bartolo Dambrosio ucciso crivellato di colpi lo scorso 6 settembre 2010, Biagio Genco detto Gino (caso di lupara bianca) e Vincenzo Laterza (divenuto collaboratore di giustizia), fu chiesto di sparare il 4 luglio 2006 il giornalista Alessio Dipalo direttore di Radio Regio Stereo di Altamura. Dipalo aveva denunciato al convegno svoltosi a Spinazzola contro l’insediamento della discarica a “Grottelline” il 29 giugno 2006 gli intrighi, la strana sparizione di documenti sulla discarica e il potere esercitato sulla politica ad Altamura e non solo dalla Tradeco del patron dei rifiuti in Puglia Carlo Dante Columella. A rivelarlo Laterza, le sue dichiarazioni sono alla base dell’inchiesta sulla Sanità pugliese e su numerosi altri filoni d’indagini condotte dai pm Desirèe Digeronimo, Francesco Bretone e Marcello Quercia della direzione distrettuale antimafia di Bari, tra i faldoni anche l’inchiesta sulla discarica di Spinazzola. La scioccante notizia è apparsa ieri sull’Unità . I due, come è noto, presero a pugni e a calci il giornalista sotto la sua abitazione incrinandogli le costole. Il collaboratore di giustizia ha raccontato che ad organizzare l’aggressione fu tale Cicirelli, autista di camion dell’imprenditore della Tradeco indagato con figlio Michele e con il cognato Francesco Petronella, nonché con altri, nel filone d’indagine della Sanità e rifiuti ospedalieri che vede coinvolto l’ex assessore al ramo dei Socialisti Autonomisti, oggi senatore del Pd Alberto Tedesco di cui è stato chiesto l’arresto. Cosi la ricostruzione: “voi fatemi questo favore, perché Alessio Dipalo alla radio minaccia Columella”. Poi ha aggiunto Laterza: “Cicirelli ci aveva detto: “Io vi faccio entrare nella Tradeco, però mi dovete fare questo favore”. Sicuramente –continua Laterza – qualcuno della Tradeco, il padre o il figlio, avrà detto a Cicirelli, questa cosa qua, anzi, lo dovevamo sparare ad Alessio Dipalo”. Se questa raggelante rivelazione fa il punto dell’azione criminale mafiosa murgiana, ecco che non può mancare di fare notizia quel che è successo in questi anni ad Alessio Dipalo. Le sue denuncie partite dalla rubrica “La Cronaca” irradiata da “ Radio Regio, la Radio contro tutte le mafie” anziché trovare pronto approfondimento degli inquirenti, come oggi sta succedendo, si sono trasformate in querele. A denunciare Dipalo fino a farlo condannare per diffamazione tutti quei personaggi a partire da Carlo Dante Columella, come i vertici dell’epoca di Rifondazione Comunista legati a Columella, partito del governatore Nichi Vendola, dei Ds, Margherita, Udc e Forza Italia, finiti sotto la lente degli inquirenti dell’antimafia. Strana giustizia quella degli ultimi anni, della prima decade del nuovo millennio, Radio Regio addirittura venne chiusa per alcuni mesi. Un caso unico in Italia da quando esistono le radio libere, da suscitare una interrogazione al Parlamento Europeo, interventi sulle tv pubbliche di Svezia e Turchia come esempio di «silenziamento» di giornalisti. In Italia la denuncia di quei giorni, l’uscita dal cono d’ombra di Alessio Dipalo porta la firma dell’inviato del Corriere della Sera, Carlo Vulpio a cui seguì l’intervento di tutta la stampa nazionale. L’inviato del Corsera racconta nel suo pezzo del 17 febbraio 2007 tra l’altro, altra denuncia che investe la città di Altamura, di Dipalo: “Un' altra stranezza riguarda il comandante dei Vigili di Altamura Michele Maiullari: Dipalo lo censura per una serie di vicende e per aver consentito il trasferimento dal Nord di un vigile urbano, che è, dice in trasmissione, il nipote del pm Marco Di Napoli. Il comandante dei Vigili querela ed è il pm Di Napoli a indagare e a chiedere la chiusura della radio”. Per questo passaggio Di Napoli ha citato Vulpio chiedendogli ben 150mila euro di risarcimento. E’ storia intricata quella di Altamura dove fioccano querele e parlano le armi che sputano proiettili, tre i morti ammazzati lo scorso anno. Oggi però la giustizia riconosce in Alessio Dipalo (premio Rosario Livatino 2009) altro, non il diffamatore, il gip di Bari Giuseppe De Benedictis apre la sua genesi del sistema illecito dell’uso presso l’assessorato alla sanità pugliese proprio con quel giornalista scomodo a cui avrebbero dovuto sparare, il quale a Carlo Vulpio dichiarava: «Chiedo solo una cosa: le commissioni parlamentari antimafia e sul ciclo dei rifiuti vengano qui e accertino la verità. Ma non venga nessuno, magari dopo che mi avranno "sistemato" giudiziariamente o fisicamente, a dar medaglie alla memoria recitando omelie antimafia».

mercoledì 2 marzo 2011


Nella foto Nichi Vendola in un comizio ad Altamura nel 2009 sul balcone ad ascoltarlo Carlo Dante Columella

Quando si dice il caso!!!!
Quel filo rosso che unisce Canosa-Spinazzola-Altamura.
La notizia della querela citazione per danni di Carlo Vulpio a Nichi Vendola nello stesso giorno delle condanne alla Cobema riconducibile al patron dei rifiuti in Puglia Carlo Dante Columella. Gli articoli della Gazzetta e il post di Vulpio sul suo Blog
Gazzetta del Mezzogiorno Edizione del Nord Barese 2 Marzo 2011
SPINAZZOLA I CONTRACCOLPI DELL’INCHIESTA PROMOSSA DAL PM DESIRÈE DIGERONIMO
Discarica a Grottelline tra verbali e querele
Il Governatore e il giornalista contro sulla ricostruzione dell’intreccio rifiuti-sanità

di Cosimo Forina
Spinazzola
Grottelline e le indagini sulla Sanità: Carlo Vulpio inviato della Corriere della Sera, cita per danni e querela Nichi Vendola. Chi si è occupato della vicenda di “Grottelline”, del mondo dei rifiuti sulla Murgia, non ha avuto vita facile, bersaglio tanto di azioni criminali che di dileggio, diffamazione o querele di sbarramento per “silenziare”. Ad Alessio Di Palo direttore di Radio Regio di Altamura, il quale dalla sua emittente denuncia giornalmente il connubio tra mafia- politica – affari, specie nel mondo dei rifiuti, prima gli hanno rotto le costole e poi gli hanno bruciato l’auto. Di Palo fu aggredito da due sgherri legati al boss altamurano Bartolo Dambrosio, ucciso qualche mese fa, dopo la partecipazione insieme con Carlo Vulpio del Corriere della Sera al convegno del 29 giugno 2006, organizzato contro la discarica da insediare a Spinazzola concessa dal Nichi Vendola all’Ati Tradeco-Gogeam per circa vent’anni. E’ questa la vicenda che ha fatto aprire il filone dell’indagine sulla Sanità pugliese. Coinvolto l’ex assessore regionale al ramo, Alberto Tedesco, oggi senatore del Pd, di cui è stato chiesto l’arresto. La Tradeco di Altamura fa capo a Carlo Dante Columella, patron dei rifiuti in Puglia, il quale, con il figlio Michele e con il cognato Francesco Petronella, risulta denunciato a piede libero nell’inchiesta Tedesco. La seconda azienda è del gruppo della famiglia di Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria e grande sostenitrice del governatore pugliese. Da giorni sono diventati noti, oltre all’ordinanza dell’inchiesta sulla Sanità emessa dal Gip Giuseppe De Benedicts, alcuni atti di indagine dell’inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari (pm Desirè Digeronimo, Francesco Bretone e Marcello Quercia). Un’inchiesta partita dalle rivelazioni di uno dei due aggressori di Di Palo, ora collaboratore di giustizia, tale Vincenzo Laterza. Il cui sodale nell’aggressione al giornalista, Biagio Genco detto Gino, scomparve da Altamura, probabile oggetto di lupara bianca.
Sono stati resi noti anche alcuni verbali di interrogatorio su cui si basa l’accusa. Orbene, chi come Carlo Vulpio si è occupato della vicenda “Grottelline” e dello sfascio della Sanità, nonché degli “affari” milionari nell’ambiente destinati ai “noti intimi”, ha scoperto di essere finito suo malgrado in quei verbali, con lo scopo di screditarlo. La rivelazione, per Vulpio, nel documento pubblicato sul sito dalla “Gazzetta” dell’interrogatorio fiume reso da Vendola al pm Desireè Digironimo coadiuvata dal capitano Cataneo, nell’agosto 2009. A Vendola che ha firmato il contratto di gestione della discarica di Spinazzola nel 2006 all’Ati Tradeco-Cogeam, viene chiesto quale rapporto ha avuto con Columella. Vendola prima si lamenta di un suo precedente interrogatorio con altro pm poi attiva, come aveva già fatto in passato, la macchina del fango contro il giornalista: “…un interrogatorio, creandomi la convinzione che potessi essere arrestato. Alla luce di questa discrasia di conoscenza e nell'ambito di quell'interrogatorio mi fu chiesto quali fossero i miei rapporti con i Columella di Altamura, ed io ho risposto così, la verità, che per alcuni mesi ho svolto funzione di assessore all'ordine pubblico nel Comune di Terlizzi e che la ditta che aveva in precedenza vinto l'appalto per la gestione della nettezza urbana era la Tradeco di Altamura, e che l'unico mio rapporto con il Signor Columella è stato quando l'ho convocato d'urgenza una mattina e ha fatto con me il giro delle strade principali del paese, e gli ho fatto notare che le buche degli alberi era pieno di cicche di sigarette, questo è stato l'inizio e la fine dei miei rapporti con il Dottor Columella. Il fatto che il giorno dopo forse il figlio, il fatto che il giorno dopo il padre, numero uno, fosse tratto in arresto mi ha ulteriormente spaventato, relativamente alla parola Tradeco”. Poi senza nessuna apparente logica, tranne che Carlo Vulpio all’indomani dell’aggressione ad Alessio di Palo (7 giugno 2006) fa esplodere il caso “Grottelline “ a livello nazionale con il suo articolo sul Corriere della Sera, Vendola alla Digeronimo dichiara: “Aggiungo che ero anche spaventato perché il noto diffamatore professionale Carlo Vulpio, all'epoca cronista sul Corriere della Sera, aveva dedicato molteplici articoli alla mia persona, mettendoli in relazione a vicende legate all’organizzazione illecita del ciclo dei rifiuti, e al centro di questa cosa c'era, uno degli oggetti di questo argomento era la Tradeco. Quindi la parola Tradeco e la parola Columella alle mie orecchie suona come un campanello di allarme, perché diciamo che per lo meno mi spavento”. Perché Vendola dinanzi alla pm si spaventa della Tradeco dei Columella, che risultano essere molto amici all’ex assessore da lui preposto alla sanità Tedesco, per ammissione di quest’ultimo, e mira a gettare discredito su Vulpio, come aveva già fatto per quell’articolo su “Grottelline”? Vulpio ha preannunciato la citazione civile e la querela: “Ancora una volta, il ciarlatano Vendola, con le sue inqualificabili accuse nei miei confronti, per le quali l’ho già in passato querelato, mira a sfuggire alle sue evidenti responsabilità. Ma ciò che è avvenuto nella gestione dei rifiuti e nella sanità pugliese è talmente sotto gli occhi di tutti che Vendola non può pensare di cavarsela mettendo in moto la sua schifosa macchina del fango con accuse che sono false come lui. Io sono incensurato e, purtroppo per lui, non sono un giornalista che nasconde i fatti, come quelli che lui è abituato incontrare su una serie di giornali amici e in quasi tutti i programmi tv”.

RIFIUTI E PROCESSI
IL SITO NEI PRESSI DEL LOCONE
VERDETTO RIBALTATO

Decisione capovolta: le assoluzioni di
primo grado sono diventate condanne
in appello
IL RICORSO
Otto gli imputati condannati nei cui
confronti il pm di Trani, Michele Ruggiero
aveva promosso appello
«Discarica Cobema, ci furono illeciti»
La corte d’appello di Bari accoglie il ricorso presentato dalla procura di Trani

di ANTONELLO NORSCIA
Verdetto capovolto: ci furono illeciti nella gestione della discarica Cobema di Canosa di Puglia. La Corte d’Appello di Bari dà ragione in buona parte all’impianto accusatorio del sostituto procuratore di Trani Michele Ruggiero, che aveva impugnato la sentenza assolutoria del gup Maria Teresa Giancaspro. Il 3 marzo 2008 il gup scagionò da ogni accusa le 13 persone per cui, a vario titolo, il pm aveva chiesto il rinvio a giudizio; cui seguì l’istanza di giudizio abbreviato da parte di tutti gli imputati. Crollarono così le pesanti accuse mosse da Ruggiero, la cui inchiesta il 15 marzo 2006 culminò in arresti e nel sequestro dell’impianto di contrada Tufarelle. Tutti gli imputati furono tutti scagionati, a seconda dei casi, «per non aver commesso il fatto» o «perché il fatto non sussiste»; solo per un’imputata e per un solo capo d’accusa ci fu assoluzione con la vecchia formula dell’insufficienza di prove. Per gli altri 13 imputati fu assoluzione piena. Archiviate altre posizioni,
tra cui quella dell’ex prefetto di Bari Tommaso Blonda. In giudizio si costituirono parte civile l’Asl Bat, il Comune di Canosa e la sezione pugliese del Wwf. In primo grado furono contestati illeciti nella conduzione della discarica prossima al fiume Locone. Secondo l’accusa, dal ’97 in poi, sarebbero stati commessi reati di varia natura. Nella discarica sarebbero stati destinati più rifiuti e differenti rispetto a quelli consentiti, con conseguente profitto economico. Il primo grado si concluse con l’assoluzione del patron altamurano Carlo Dante Columella, socio di maggioranza della Cobema e della sua società controllante Tra.de.co srl, gli amministratori Michele Columella, Lucia Paola Castoro, Vincenzo Moramarco e Vincenzo Fiore, gli ingegneri Carmine Carella, direttore tecnico della Cobema, ed il collaboratore Sebastiano Mezzapesa. Furono assolti anche l’amministratore Francesco Petronella, Giuseppe Calia e Raffaele Crivelli, entrambi dipendenti della Cobema, quest’ultimo ex esponente di Rifondazione comunista, al momento dell’eco dell’inchiesta candidato alla Camera, Luca Limongelli, dirigente dell’assessorato all’Ambiente della Regione, nonché responsabile dell’ufficio del presidente della Regione- Commissario Delegato per l’emergenza ambientale, Francesco Luisi e Vincenzo Guerra, dirigenti del Servizio Rifiuti della Provincia di Bari. Il pm impugnò la sentenza davanti alla Corte d’Appello di Bari per 8 dei 13 imputati. Furono risparmiati dal giudizio Luisi, Guerra, Limongelli, Moramarco e Mezzapesa. Ieri il dispositivo che ha condannato tutti gli 8 imputati nei cui confronti Ruggiero aveva promosso appello. Sono stati ritenuti colpevoli ma non nella forma del reato associativo. Le condanne vanno da 1 anno e 20 giorni ad un 1 anno e 6 mesi di reclusione con sanzioni accessorie per alcuni imputati ma tutti beneficiano della pena sospesa. Si ricorrerà alla procedura di correzione della sentenza di secondo grado per Moramarco e Mezzapesa. A quanto sembra per un refuso, il dispositivo letto ieri ha contemplato anche la loro condanna ma il pm non aveva impugnato la sentenza nei loro confronti.

Da Carlo Vulpio Blog http://carlovulpio.wordpress.com/

Ecco come Vendola aziona la macchina del fango in tutta la sua lordura: lo fa persino durante un interrogatorio di polizia sullo scandalo sanità-rifiuti che ammorba la sua “Puglia migliore”
1 marzo 2011
Confesso che non me l’aspettavo. Non potevo immaginare che la macchina del fango – azionata con spregiudicatezza staliniana proprio da chi, mentre la mette in moto, se ne lamenta e ne fa un copione per programmi tv “democratici” – potesse colpire persino durante un interrogatorio davanti a un magistrato, mentre si cerca di far luce su fatti delicati e incresciosi come quelli che da tempo caratterizzano il business della sanità e dei rifiuti in Puglia.
E invece è accaduto proprio l’impensabile.
In questo documento Interrogatorio reso da Vendola al pm Digeronimo_6_luglio_2009, chiunque può rendersi conto, finalmente, di cosa parliamo, quando parliamo di macchina del fango, di chi la aziona e perché.
Mentre sfugge come un’anguilla alle domande del pm, ecco che a un certo punto, senza alcun apparente motivo, Nicola Vendola mette in moto la nota macchina, di cui dimostra d’essere esperto conduttore.
Rispondendo alle domande del pm sulle porcherie della “Puglia migliore” in tema di rifiuti e sanità, Nicola Vendola dice: “…ero anche spaventato perché il noto diffamatore professionale Carlo Vulpio, all’epoca cronista sul Corriere della Sera, aveva dedicato molteplici articoli alla mia persona, mettendoli in relazione a vicende legate all’organizzazione illecita del ciclo dei rifiuti, e al centro di questa cosa c’era… uno degli oggetti di questo argomento era la Tradeco. Quindi…”.
Ora, io non so cosa cos’abbia spinto questo signore, meglio: questo ciarlatano, a diffamarmi più volte, in maniera tanto evidente e tanto arrogante. Di certo so che non devono essergli andati a genio alcuni miei articoli di giornalista libero.
Per esempio, questi articoli: Tedesco e Vendola, Cbh, la superclinica Discariche sito neolitico, Tradeco e Rifondazione.
Sono servizi giornalistici che mai hanno ricevuto dagli interessati una rettifica o una smentita. E men che mai sono stati fatti oggetto di querela. Al contrario, si tratta di articoli, diciamo così, “premonitori” di ciò che – ancora timidamente – si sta dipanando oggi sotto i nostri occhi.
Ci sono le discariche, ci sono le cliniche, ci sono i soldi – per esempio i 100 miliardi di lire annui fatturati dalle Ccr (Case di Cura riunite) in convenzione con la Regione Puglia e i circa 100 milioni di euro fatturati allo stesso titolo, ma in nome del “cambiamento” si capisce, dalla subentrante Cbh (Città di Bari hospital) -, e poi c’è il “passaggio” mai sufficientemente chiarito dalla Ccr alla Cbh, e ci sono tutti i protagonisti di allora e di oggi nelle loro diverse vesti, tra i quali Onofrio Introna (allora membro del collegio sindacale di Cbh spa e oggi presidente del Consiglio regionale), Alberto Maritati (allora pm nel processo alle Ccr e oggi senatore Pd), fino a Francesco Boccia (allora commissario nominato dal ministero dell’Industria per evitare il fallimento delle Ccr e oggi deputato Pd) e, appunto, Nicola Vendola. Il quale, ieri come oggi, di queste vicende ha sempre saputo tutto. Così come sapeva tutto di Alberto Tedesco, del suo ruolo nel “sistema criminale” della sanità pugliese che ruotava attorno a Francesco Cavallari (alla fine, l’unico condannato), dei suoi conflitti di interesse e del suo rapporto privilegiato con l’azienda di raccolta e smaltimento di rifiuti oggi al centro di diversi filoni d’inchiesta (leggeteli con attenzione, gli articoli che vi ho proposto).
Eppure, Vendola non trova di meglio da fare che definirmi “noto diffamatore professionale”. Si vergogni. Quest’uomo è davvero un ciarlatano, cattivo e pericoloso. Da parte mia, non ho potuto fare altro che dare incarico ai miei avvocati di querelarlo e citarlo ai danni. Ma poiché il ciarlatano non è nuovo a massicci spargimenti di fango, e poiché i magistrati riescono a proporlo per l’archiviazione anche quando contestualmente ne affermano la condotta gravemente diffamatoria [come ha fatto l’ex procuratore di Bari, Emilio Marzano, quando ho querelato Vendola per avermi egli indicato, in tv e sui giornali, come il responsabile morale (!) di una finta bomba trovata sul litorale di Brindisi e a lui indirizzata con un biglietto di protesta], poiché – dicevo – non è difficile prevedere contorsionismi giudiziari che anche questa volta tutelino il “nuovo”, il “buono”, il “mite” Vendola, ecco, spero davvero che ci sia un giudice a Berlino, cioè a Bari. Che è il foro competente per queste vicende, ma è anche, voglio ricordarlo, assieme a Roma, uno dei luoghi dal quale partirono le telefonate di Vendola alla direzione del Corriere della Sera, che è tutt’ora il mio giornale, affinché non mi occupassi più di lui.
Vendola, oggi lo capisco meglio, leggendo questo interrogatorio e l’ordinanza del gip di Bari (Ordinanza gip Bari sanità 1-120, Ordinanza gip Bari sanità 121-244, Ordinanza gip Bari sanità 245-315, Ordinanza gip Bari sanità 316-fine), ha capito subito che il mio lavoro pulito metteva in gioco fortissimi interessi e così ha inteso farmi fuori professionalmente, senza curarsi della possibilità concreta che potessi essere fatto fuori anche fisicamente. Lo ripeto: si vergogni. Ma con lui debbono vergognarsi anche tutti coloro che in tutto questo tempo, pur sapendo bene ogni cosa, lo hanno tuttavia sostenuto e ospitato in tv e ne hanno scritto sui giornali omaggiandolo, vezzeggiandolo, osannandolo, o semplicemente lasciandogli dire qualunque cosa senza fargli una sola domanda vera. E che oggi, con un bel doppio salto mortale tipico dei “furbi più furbi” lo criticano un po’. Ma senza esagerare. Moderatamente e democraticamente. E ricordando che c’è sempre Berlusconi da “abbattere”, caso mai ce lo fossimo dimenticato… Mezzeseghe.