giovedì 26 novembre 2009



Le tante ragioni per riflettere ancora una volta sulle parole di Salvatore Borsellino.
Roma: piazza Farnese, la ricostruzione struggente della strage di via D’Amelio di Salvatore e il suo grido ed invito: Resistenza, Resistenza, Resistenza con cui non smette per se e per gli altri di cercare la Verità.

Da La Repubblica 26/11/2009

"La morte di Borsellino decisa prima di Capaci"
I verbali del processo Dell´Utri. Il pentito Spatuzza: anche Schifani incontrava Graviano

PALERMO - C´è il nome del presidente del senato, Renato Schifani ma anche un inedito retroscena che rivela come la decisione di uccidere Paolo Borsellino fosse stata presa prima della strage di Capaci, nelle 2000 pagine di verbali giunti dalla Procura di Firenze e depositati al processo d´appello al senatore Marcello Dell´Utri per concorso esterno di associazione mafiosa. Pagine che riscaldano la vigilia dell’attesa deposizione del pentito Gaspare Spatuzza. E´ sempre Spatuzza, dopo avere indicato Berlusconi e Dell´Utri come i «referenti» di Cosa nostra e possibili mandanti delle stragi del 93, a ricordare adesso anche di quell’avvocato che nei primi anni 90 avrebbe visto più volte incontrare il boss di Brancaccio Filippo Graviano nei capannoni di una azienda di cucine componibili, la Valtrans. Quell’avvocato, allora difensore dell’imprenditore, Pippo Cosenza, è l´attuale presidente del Senato, Renato Schifani. «Preciso che questa persona - dice Spatuzza - contattava sia Cosenza che Filippo Graviano in incontri congiunti. La cosa mi fu confermata da Filippo Graviano. Preciso che anch’io avendo in seguito visto Schifani sui giornali ed in televisione l´ho riconosciuto per la persona che all’epoca vedevo agli incontri di cui ho parlato». Indignata la reazione di Schifani che nega decisamente: «Non ho mai avuto rapporti con Filippo Graviano e non l´ho mai assistito professionalmente. Questa è la verità. Sia chiaro: denuncerò in sede giudiziaria, con determinazione e fermezza, chiunque, come il signor Spatuzza, intende infangarmi. Sono indignato e addolorato». Dura la posizione di Antonio Di Pietro, presidente dell’Italia dei Valori: «Schifani non può semplicemente affermare che Spatuzza è un calunniatore ma deve spiegare nel merito se conosce o ha avuto incontri con Graviano. Senza spiegazioni convincenti - aggiunge - si creerebbe un gravissimo corto circuito istituzionale che imporrebbe le dimissioni di Schifani».
Ai pm di Firenze Spatuzza racconta anche un episodio che potrebbe fare rivisitare la genesi delle stragi dell’estate del 92. Il pentito spiega infatti che la cosca mafiosa di Brancaccio, di cui lui faceva parte, fu incaricata di procurare l´esplosivo per la strage di via D´Amelio già prima che fosse ucciso Giovanni Falcone. «Noi di Brancaccio - racconta il pentito - siamo attivi prima di Capaci, quando siamo andati a prelevare l´esplosivo a Porticello e stavamo rientrando a Palermo c´è stato un problema di posto di blocco dei carabinieri. Questo evento avviene prima di Capaci. Ora se noi di Brancaccio già siamo attivi per via D´Amelio, significa che era già tutto in programma». Spatuzza offre anche un movente specifico per l´eliminazione di Falcone e Borsellino. «I due magistrati sono stati sotterrati per una questione di carceri» dichiara Spatuzza riferendosi ad un colloquio con il suo capo, Filippo Graviano che avrebbe aggiunto: «Se rimanevano vivi quei due magistrati, altro che 41bis». E un altro pentito, sempre della cosca di Brancaccio, conferma le accuse rivolte da Spatuzza a Berlusconi e Marcello Dell´Utri. E´ Giovanni Ciaramitaro: «Come politico dietro agli attentati del 93 mi indicavano sempre Berlusconi. Il politico era colui che aveva indicato anche i monumenti da colpire perché i fratelli Graviano, essendo palermitani, non li potevano conoscere».

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