martedì 24 agosto 2010
UNO SCEMPIO IN VIA CALDERALE
DISTRUTTI AFFRESCHI DEL XIV SECOLO NEI PRESSI DELLA CHIESA DI SAN PIETRO APOSTOLO
La cancellazione della storia, delle opere d’arte che la testimoniano è il maggior delitto che si possa fare contro le future generazioni. Se questo avviene per incuria e indifferenza la colpa non trova giustificazione, specie se altri hanno tentato di proteggere e far recuperare il bene.
Il borgo antico di Spinazzola, privo di un piano di recupero, sta subendo trasformazioni irreversibili da parte di chi anziché concepire gli interventi sugli immobili come conservativi agisce senza regole trasformandoli a proprio compiacimento e necessità.
L’OBIETTIVO
Il proposito che anima i proprie tari è quello di migliorare i beni secondo una visione moderna, con interventi drastici, con trasformazione sulla originale architettura. Quel che se ne ricava è un ibrido tra antico e moderno che nulla a che fare con la storia della città e del suo borgo antico medioevale. Questo obbrobrio sta avvenendo senza che da parte dei proprietari vi siano in fondo “colpe dirette”, e questo perché a dover dettare le regole negli interventi per una corretta conservazione del borgo antico dovevano essere le istituzioni. A partire dal Comune, per quel che concerne l’aspetto tecnico-amministrativo e politico, nonché la sovrintendenza, ove sui beni storici dove si interviene ricorra la necessità di tutela.
AFFRESCHI PERDUTI
In via “Calderale” piccola stradina caratterizzata da un arco che unisce due fabbricati contrapposti, ubicata nei pressi della chiesa San Pietro Apostolo (Chiesa Matrice) pochi anni fa, erano tornati alla luce in modo del tutto occasionale per la caduta dell’intonaco che li ricopriva, degli affreschi murari a tema religioso databili intorno al XIV secolo.
Divenuti ben presto meta di chi, anche con la guida della pro-loco, si inoltrava nel borgo antico per scoprirne il suo fascino. Su tale opere per garantirne la conservazione e il recupero era stato approntato un progetto d’intervento sottoposto ed approvato dalla sovrintendenza di cui la “Gazzetta” si è occupata in passato. Per la mancanza di qualche migliaio di euro, tutte le buone intenzioni sono rimaste nel cassetto, ma il peggio è che ora di quegli affreschi e di quelli che presumibilmente erano ancora celati sotto l’intonaco, specie su tutto l’arco, non è rimasto più nulla. Cancellati e rimossi inesorabilmente per sempre. Sull’arco si è permesso di agire rimovendo tutto l’intonaco, portando i tufi, come si suol dire, a faccia vista.
SCEMPIO
Dell’affresco sulla parete, dove è stata persino piazzata e ancorata una impalcatura, non restano che pochi segni. Solo pochi tratti da cui non si riesce più nemmeno a dedurre quel che era l’opera. Lo sbigottimento è tale che non si riesce ad andare oltre il biasimo, la riprovazione. Altrove quel che si ha come identità della propria storia viene valorizzato, a Spinazzola se ne concede la distruzione. Le tracce dell’antichità qui non destano emozione, solo ingombro ai propri fini. Agire così però non coincide con gli interessi del patrimonio e della collettività, della città, a cui resta ora il nulla per la perdita di una parte preziosa del suo passato.
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