domenica 26 febbraio 2012

LA GERMANIA L'ITALIA E IL CARCERE DI SPINAZZOLA
di RINO DALOISO
Il vero "spread" che affligge la nostra vita quotidiana non è quello finanziario. Il differenziale tra il tasso di rendimento di un'obbligazione di Stato italiana e una tedesca, infatti, può anche dimezzarsi nell'arco di alcuni mesi e di un cambio di governo, come sta effettivamente accadendo. Ma lo "spread" che sta nella testa delle persone e del modo di amministrare la cosa pubblica, beh, quello è più difficile da cambiare. Anzi, è impresa quasi impossibile. Si veda, ad esempio, la vicenda del carcere di Spinazzola. Una vicenda emblematica e vergognosa. E per la quale la politica, se ha ancora una qualche credibilità, tra congressi, cordate correntizie e pacchetti di tessere come azioni di società di capitali, dovrebbe provare a battere un colpo. Non a vuoto, se ne è ancora capace. Fin qui i nostri ineffabili rappresentanti, in perfetto stile bipartisan (quando non cavano un ragno dal buco, di solito viaggiano di conserva) hanno collezionato fieri propositi e beffarde ritirate, ad opera di una burocrazia che propone e dispone, infischiandosene di richieste, ordini del giorno anche parlamentari e, quel che più conta, della realtà delle cose. Riassumiamo sinteticamente i fatti. L'altro giorno viene convocata a Bari una riunione presso il Dipartimento regionale dell'amministrazione penitenziaria. Si discute, tra l'altro, del personale da destinare a Spinazzola per riaprire il carcere-modello per sex offender, detenuti che si sono macchiati di reati di carattere sessuale, chiuso incredibilmente a metà del 2011. Perché? Non si riuscì a trovare 12 guardie carcerarie in più per portare la struttura "a regime" (circa cento detenuti, la previsione). Per riaprirlo, stavolta, ne occorrono 54 di addetti: possibile - il dubbio alla vigilia dell'incontro dell'altro ieri - che quello che è stato impossibile alcuni mesi fa diventi praticabile adesso, con una richiesta di personale quattro volte maggiore di quella precedente La trattativa dei sindacati degli agenti di custodia con il capo dipartimento Giuseppe Martone per un po' ha affrontato la questione della "pianta organica". Poi il colpo di scena (ma non troppo): è superfluo parlare di "pianta organica" - fa presenta Martone ai sindacati - perché la direzione generale beni e servizi dell'Amministrazione penitenziaria ha fatto sapere che il carcere di Spinazzola può ospitare al massimo 68 persone (54 detenuti e 14 semiliberi), altro che i 100 che renderebbero non più antieconomica la gestione della struttura. Insomma, l'Amministrazione penitenziaria ora (solo ora) corregge se stessa: nel 2011 indicava la "quota dell'efficienza" a 100 detenuti, ma (c'è sempre un "ma") non aveva tenuto conto che gli interventi tecnici da realizzare (docce, sale per attività tratta mentali e passeggi) avrebbero ridotto a 68 il tetto massimo degli ospiti. E, quel che è ancora più assurdo, tutto questo è stato messo nero su bianco il 31 gennaio e il 2 febbraio 2012, prima ancora quindi che il successivo 14 febbraio il governo Monti accogliesse l'ordine del giorno presentato dall'on. Benedetto Fucci (Pdl), sulla riapertura del carcere di Spinazzola, anche sulla scorta del parere favorevole (25 ottobre 2011)
già espresso dal capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, che nel frattempo ha ceduto l'incarico a Giovanni Tamburrino. Insomma, siamo di fronte al classico esempio di amministrazione in cui la destra (la direzione generale del personale) non sa quello che ha già fatto la sinistra (la direzione generale beni e servizi). E tutto questo pone governo e parlamento nelle condizioni di "decidere" (si fa per dire) senza cognizione di causa. "Conoscere per deliberare" diceva Luigi Einaudi, grande economista e presidente della Repubblica dal 1948 al 1955. Ora siamo alle "deliberazioni" senza una adeguata conoscenza. E i risultati si vedono. E pensare che anche lo scorso anno il carcere di Spinazzola era stato al centro di una commedia dell'assurdo degna di Ionesco: a luglio a Palazzo di Città si teneva una riunione con tutti i rappresentanti istituzionali del nostro terriorio per "scongiurare" una chiusura (quella del carcere) che l'amministrazione penitenziaria aveva già messo nero su bianco e di cui non fu possibile che prendere atto ad agosto, "saccheggio" della struttura a metà settembre incluso. A proposito: per riparare quei danni e rendere nuovamente agibile la struttura, si legge nelle carte della direzione generale beni e servizi dell'Amministrazione penitenziaria, occorrerebbero dai 200 ai 250mila euro? Chi paga? Meglio: chi avrebbe dovuto pagare, visto che il problema è stato "risolto" (anche in questo caso, si fa per dire) alla radice, cancellando la strombazzata riapertura del carcere? "Non è che – come sottolinea Vincenzo Lamonaca, segretario regionale Ugl Polizia penitenziaria - le varie carenze strutturali denunciate correttamente dai tecnici del Dipartimento amministrazione penitenziaria ed ostative alla riapertura possano rappresentare il modo per mettere la sordina a tutta la vicenda e per evitare così che possano emergere eventuali responsabilità di tipo politico, contabile e amministrativo, magari scomode all'approssimarsi delle competizioni elettorali, amministrative e politiche?". E poi: "Cosa accadrebbe se gli stessi tecnici adottassero il medesimo metro valutativo impiegato per decretare di fatto la chiusura di Spinazzola, magari visitando qualche istituto con caratteristiche simili?". Nell'attesa che qualcuno sciolga il non tanto amletico dubbio, viene da pensare all'articolo 27 della nostra Costituzione, per il quale "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Chissà cosa ne pensa chi è stato detenuto nel carcere modello di Spinazzola e ora langue in qualche carcere sovraffollato del Belpaese. "Bello" e "dove crescono i limoni" diceva il tedesco Goethe alla fine del Settecento nel suo famoso "Viaggio in Italia". E poi aggiungeva: "Onestà tedesca ovunque cercherai invano, c'è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, è vano, dell'altro diffida, e i capi dello stato, pure loro, pensano solo per sé". Può oggi una vicenda simile a quella del carcere di Spinazzola verificarsi in Germania? Difficile che accada, quasi impossibile. Ma se accadesse, non finirebbe certo con un rassegnato "chi ha avuto ha avuto..." con quel che segue. A pensarci bene, il nostro "spread" quotidiano è tutto qui: nel Paese "dove crescono i limoni", essere carcerati è una colpa agguntiva al reato commesso e "il senso di umanità" e la "rieducazione del condannato" sono formule buone per i convegni o per commentare ritualmente e forse anche cinicamente la serie senza fine di atti di autolesionismo e di suicidi dietro le sbarre.
ruggiero.daloiso@gazzettamezzogiorno.it

SPINAZZOLA
Strutture chiuse
LE MANCANZE
Ci sarebbero carenze strutturali del penitenziario mai evidenziate finché era funzionante, cioè sino al 16 giugno 2011
«L’istituto penitenziario non può essere riaperto»
La doccia fredda arriva dalla relazione dei tecnici del Ministero
di Cosimo Forina
La riapertura del carcere da quanto emerso nella riunione del 24 febbraio tra sindacati e il provveditore regionale Giuseppe Martone: «è stata una colossale presa in giro». Un pugno in faccia alla città che aveva votato in consiglio comunale su proposta ed impegno del sindaco Nicola Di Tullio la richiesta di ripresa delle struttura ed ora si appresta a convocare una conferenza di servizio, a un bel po’ di parlamentari: l’on. Benedetto Fucci, il sen. Luigi D’Ambrosio Lettieri (Pdl), Pierfelice Zazzera (IdV), il gruppo dei Radicali eletti del Pd, il consigliere regionale Ruggero Mennea, il presidente della Provincia Francesco Ventola, il garante dei detenuti della Puglia Pietro Rossi. Tutti si erano spesi per dimostrare che il carcere di Spinazzola, non solo era necessario alla disastrosa situazione pugliese, ma una eccellenza per la detenzione dei “sex offender” che andava salvaguardata e potenziata. C’è però ora un bel enigma: le motivazioni che porterebbero a non avviare più il carcere non sono da addebitare solo ai 54 uomini necessari alla gestione della struttura, stando alla nuova pianta organica Regionale arrivata da Roma o ai costi di ripristino di arredo e suppellettili portati altrove al momento dello smembramento del carcere in pieno agosto (200-250mila euro), ma a carenze strutturali del penitenziario mai evidenziate finché era funzionante, cioè sino al decreto del Guardasigilli Angiolino Alfano del 16 giugno 2011. Insufficienze emerse dopo un sopralluogo e riportate in una relazione del 13 gennaio 2012 a firma dell’ing. Venezia dell’ufficio tecnico del Ministero, portata all’attenzione del Capo Dipartimento Franco Ionta il 24 gennaio 2012 dal direttore generale Alfonso Sabella responsabile delle risorse materiali beni e dei servizi. Sulla base di questa informativa la struttura di Spinazzola è stata dichiarata non idonea ad ospitare 102 detenuti di cui 21 semiliberi come da progetto avanzato dalla direzione dell’Istituto, ma solo 68 di cui 14 semiliberi. «Ma le carenze evidenziate in modo tanto zelante, solo ora, sull’ex carcere di Spinazzola, se estese in una ricognizione su tutti gli altri istituti penitenziari potrebbe essere causa della chiusura di numerosi altre carceri pugliesi e italiane e sarebbe il disastro»: tanto intende chiedere con la creazione di una commissione parlamentare ispettiva, alla luce di quanto emerso, l’on. Benedetto Fucci. Vincenzo Lamonaca dell’Ugl Polizia Penitenziaria: «oggi non è una bella giornata, perché dopo mesi spesi per capire quali fossero i margini di possibile riapertura del dismesso carcere di Spinazzola, è stato messo il proverbiale sacco di mattoni al cadavere che non voleva affondare, nonostante il parere positivo sulla riapertura del carcere di Spinazzola, formulato dall’ex Capo del Dap, Franco Ionta, il 25 ottobre 2011 e l’impegno formale assunto dal Governo Monti sull’odg 9/4909/13 presentato dall’on.le Benedetto Fucci, il 14 febbraio 2012. Da subito abbiamo temuto che la convocazione fosse una “pezza a colori” da utilizzare per evitare la riapertura dell’Istituto di Spinazzola, addossandone la responsabilità ad altri». «Siamo sconcertati - prosegue - dalla palese confusione che regna nell’Amministrazione Penitenziaria, visto che una Direzione generale (quella del personale) chiede lumi sull’organico necessario per riaprire l’Istituto e un’altra (quella dei beni e dei servizi) dice che non sussistono le condizioni. Sarà l’Amministrazione Penitenziaria, non certo noi, a dover spiegare come sia stato possibile far funzionare il carcere di Spinazzola per sette anni. È lecito nutrire il sospetto che la ridda di carenze strutturali denunciate correttamente dai tecnici del Dap ed ostative alla riapertura possa rappresentare il modo per mettere la sordina a tutta la vicenda, ed evitare di far emergere eventuali responsabilità di tipo politico, contabile e amministrativo, magari scomode all’approssimarsi delle competizioni elettorali amministrative e politiche?»
L’elenco
Ecco cosa manca

Queste le carenze strutturali riassunte nella relazione i cui costi non sono stati quantificati:
Mancanza assoluta di qualsivoglia sistema di videosorveglianza. Mancanza dell’acqua calda e della doccia nei servizi igienici di tutte le camere detentive (Dpr 230/00). Mancanza di cortile di passeggio e, visto il punto precedente, di almeno un locale docce nella sezione semiliberi. Evidente insufficienza degli spazi da dedicare alle attività trattamentali, costituiti soltanto da n°2 salette per la socialità ubicate all’interno del corpo detentivo principale: necessità di adeguamento alle norme tecniche di prevenzione incendi del locale cucina e detenuti; mancanza di una caserma agenti e dl relativo locale mensa; presenza, soprattutto nella zona servizi, di serramenti di tipo non penitenziario e non idonei alla funzione assegnata (porte in legno con serrature semplici,ecc); mancanza assoluta di una recinzione dell’area di pertinenze dell’Istituto in modo da costituire una fascia di rispetto nei confronti del muro di cinta esistente; mancanza di un box protetto di controllo per i due cortili di passaggio esistenti;carenza di magazzini (risulta presente soltanto quello destinato al mantenimento detenuti in prossimità della cucina; impossibilità di creare ambulatori specialistici oltre all’infermeria esistente. Inoltre è stata rilevata l’assenza, nella struttura di: tutti gli arredi/apparecchiature necessarie sia nei vari ambienti che nelle camere detentive; almeno una macchina radiogena controllo pacchi, riutilizzata altrove dopo la chiusura.

Questo invece l’elenco nella relazione di quello che dovrebbe essere riacquistato con un costo presunto tra i 200-250mila euro di cui il carcere di Spinazzola era dotato prima dello smembramento: arredamenti per tutti gli uffici (direzione, portineria,matricola, posti agenti ecc); apparecchiature informatiche (Pc, stampanti, ecc); arredamenti di tutte le camere detentive (brande,armadietti, sgabelli, tavolini, ecc) e delle salette socialità (tavoli, sgabelli, ecc); televisori in tutte le camere detentive, arredamenti delle sale colloqui, arredamento dell’infermeria; apparecchiature e arredamento della cucina detenuti; apparecchiature della lavanderia; una macchina RX per controllo pacchi.

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