mercoledì 5 marzo 2014

SPRECHI DI STATO
PROPOSTE E PROTESTE
INCONCEPIBILE
È stato adoperato una sola volta, nell’emergenza umanitaria in relazione all’afflusso di cittadini provenienti dal Nord Africa
L’ANALISI
«I Cie sono quanto di peggio la società possa aver concepito, perché privano della libertà. Non si sprechino altri 2,7 milioni di euro»
QUANDO L’ACCOGLIENZA MANGIA I SOLDI
Il Centro di identificazione, inutilizzato da due anni, in avanzato stato di degrado
di Cosimo Forina
Per i più il primo marzo è trascorso come un giorno qualunque sebbene questa data sia diventata in Italia la giornata senza immigrati. Nord e sud uniti nelle tante manifestazioni per «Un giorno senza di noi» per ribadire il diritto alla libertà di ogni uomo. Ed in nome di questi valori si è svolto anche il presidio davanti al Centro di Identificazione ed Espulsione (Cie) di Palazzo San Gervasio a pochi passi da Spinazzola, una scatola vuota mangia soldi, per chiedere la chiusura di tutti i Cie in Europa. Come anche i 2,7 milioni di euro destinati dal Governo alla struttura della città lucana siano invece utilizzati in favore di braccianti e contadini. Manifestazione organizzata dall’Osservatorio Migranti Basilicata e dall’associazione “No razzismo Day” a cui hanno aderito diverse associazioni come la “Futura” di Venosa, altre provenienti da Altamura e San Ferdinando. Giornata climaticamente fredda tanto che i pochi che si sono raccolti vicino al Cie hanno dovuto accendere un falò per riscaldarsi. Ad alzare la temperatura ci ha pensato il racconto sul «gulag» di Palazzo San Gervasio.
Storia assai curiosa finita ripetutamente in diverse interrogazioni parlamentari e all’attenzione della magistratura. Dal 1998 al 2009 l’area, oggi Cie, un bene confiscato alla criminalità, è stata utilizzata dall’amministrazione comunale di Palazzo San Gervasio come il luogo dove ospitare i tantissimi migranti che giungono sul territorio per la raccolta del pomodoro. A suggellare la bontà dell’iniziativa anche un protocollo di intesa con il Comune di Spinazzola. Quando maturano i campi dell’oro rosso qui tra Basilicata e Puglia sono almeno in duemila i lavoratori stagionali che puntualmente arrivano a spaccarsi la schiena per un salario che arricchisce principalmente il caporalato. E’ il popolo dei braccianti agricoli, per lo più composti da giovani, che provengono dal Burkina Faso, Mali, Costa D’Avorio, Ghana e Sudan. A loro era stato offerto il luogo dove accamparsi e avere almeno un minimo di servizi: acqua corrente, luce. Questo sino al 2009, poi tutto è cambiato. I lavoratori sono stati cacciati via trovando riparo nelle case coloniche e masserie abbandonate e lo spazio è diventato con ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, prima centro di accoglienza per i richiedenti asilo, poi individuato definitivamente come Centro di Identificazione ed Espulsione. Utilizzato una sola volta, nell’emergenza umanitaria in relazione all’afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa. Poi sono rimaste le polemiche e lo scandalo per il fiume di denaro speso come si legge nelle diverse interrogazioni parlamentari. Dove sono state sottolineate le condizioni in cui erano costretti a vivere i reclusi. Una struttura considerata carente, che all’e poca non era dotata di servizi igienici adeguati all’accoglienza di centinaia di persone, ne delle minime condizioni necessarie alla vivibilità del centro. Un lager per dirla in breve e in modo diverso. Dentro quelle alte mura di cinta c’è la “voliera ”, la chiama così chi protesta fuori dal Cie intorno al fuoco. E’ la grande gabbia sorvegliata con telecamere dove i “reclusi” dovrebbero trovare il loro spazio per muoversi. Per poter fotografare “voliera ” e interno del CIE, spiegano, bisogna abbassarsi sin sotto il cancello d’ingresso e sfruttare lo spazio esistente per poter effettuare lo scatto. E’ l’unico spiraglio che collega il lager con il resto del mondo quando il cancello viene chiuso alle spalle di chi vi entra. Il mondo già, quello per cui si è scappati dalla propria terra: per disperazione, come perseguitati o per altra guerra infame. Sfidando la morte nelle
attraversate e pagando lautamente per la propria fuga mercanti di carne umana senza scrupoli. E quando si è presi al momento dello sbarco o perché non in regola con i documenti di soggiorno ad aprirsi solo i cancelli dei CIE, in cui si può restare sospesi con la propria vita anche per un anno. «I Cie - riferisce Gervasio Ungolo dell’Osservatorio Migranti - sono quanto di peggio la società possa aver concepito, perché priva della libertà persone che non hanno commesso nessun reato. Nelle altre realtà italiane si sta provvedendo a chiudere queste prigioni. E’ già successo a Mantova, Milano non riapre, anche per quello di Roma si sta cambiando rotta. Vogliamo che ritorni ad essere centro di accoglienza sottraendo dallo sfruttamento e precarietà i lavoratori. I 2,7 milioni potrebbero dare grande speranza». Sul cancello del CIE di Palazzo San Gervasio ora campeggia uno striscione che recita: “Bienvenue, Benvenuti, Welcome senza filo spinato». Speranza di chi è convinto che non ci sono frontiere capaci di fermare la dignità dovuta per ogni uomo.
GLI «STRUMENTI» DELL’UNIONE EUROPEA PER DAR SOLLIEVO A CHI DEVE EMIGRARE
Il Patto sull'immigrazione e l'asilo e l’attività della Agenzia Frontex
BARLETTA . «Il patto costituisce la base per le politiche comuni in materia di immigrazione e di asilo per l'Unione europea (Ue) e i suoi paesi. In uno spirito di reciproca responsabilità e solidarietà tra i paesi dell'Ue e di partenariato con altri paesi del mondo, il patto dà un nuovo impulso al costante sviluppo di una politica comune sull'immigrazione e l'asilo, che tenga conto sia degli interessi collettivi dell'Ue che delle esigenze specifiche dei suoi paesi». Vale la pena rileggersi il «Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo» siglato lo a settembre 2008 a Bruxelles. In una nota presente sul portale della Commissione europea si legge che: «La migrazione internazionale può contribuire alla crescita economica dell'Unione europea (Ue) nel suo complesso, oltre a fornire le risorse per i migranti e i loro paesi d'origine e contribuire così al loro sviluppo. Può essere un'opportunità, in quanto fattore di scambio umano ed economico che permette alle persone di raggiungere le loro aspirazioni. Tuttavia, vi è la necessità di gestire la migrazione in maniera tale da tenere conto delle capacità d'accoglienza dell'Europa sul piano del mercato del lavoro, degli alloggi, dei servizi sanitari, scolastici e sociali, proteggendo i migranti dal rischio di sfruttamento da parte di reti criminali». E poi: «Da oltre venti anni, i paesi dell'Ue stanno lavorando per armonizzare le loro politiche di immigrazione e di asilo. Notevoli progressi sono già stati fatti in vari ambiti, in particolare nell'ambito dei programmi di Tampere e dell'Aia. Tuttavia, sono necessari ulteriori sforzi per creare una politica veramente comune in materia di immigrazione e di asilo, che tenga conto nel contempo dell'interesse collettivo dell'Unione europea e delle specifiche esigenze di ciascun paese dell'Ue. Di conseguenza, il Consiglio europeo ha tradotto i seguenti impegni nel programma di Stoccolma». Altro «strumento» da conoscere un ambito europeo è la «Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea». L’Agenzia è un'istituzione dell'Unione europea il cui centro direzionale è a Varsavia, in Polonia. Il suo scopo è il coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati della Ue e l'implementazione di accordi con i Paesi confinanti con l'Unione europea per la riammissione dei migranti extracomunitari respinti lungo le frontiere. Frontex è stata fondata dal decreto del Consiglio Europeo 2007/2004. L'agenzia ha iniziato ad operare il 3 ottobre 2005 ed è la prima ospitata in uno dei paesi di recente adesione dell'Unione. Ad agosto 2013, oltre ai fondi in denaro, l'agenzia dispone di 26 elicotteri, 22 aerei, 113 navi ed attrezzatura radar da impiegarsi per eventuali respingimenti.
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