ROMA CHIAMA PUGLIA
UNA GIORNATA STORICA
IL LEGAME
I due vicari di Cristo elevati ieri agli onori degli altari hanno particolarmente inciso nella storia della città
LE INIZIATIVE
Il papa che fermò la guerra nucleare e il papa che riscoprì la spiritualità e l’impegno riformatore di Innocenzo XII
SPINAZZOLA E I «SUOI» PAPI SANTI
Un rapporto speciale dai missili sulla Murgia all’anniversario di Innocenzo XII
di Cosimo Forina
I due Papi Santi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, e il legame con la città murgiana che diede i natali ad Antonio Pignatelli, salito al soglio pontificio con il nome di Innocenzo XII. I vicari di Cristo elevati ieri agli onori dell’altare hanno particolarmente inciso nella storia della città. Una storia, nel caso di Giovanni XXIII, forse per taluni aspetti dimenticata, sottovalutata, nascosta e sottaciuta sul pericolo distruttivo accorso verso popolazioni ignare. Ecco le ragioni di questo legame. Di Karol Wojtyla per Spinazzola resterà, come per tutta la diocesi Altamura- Acquaviva delle Fonti, il prezioso orientamento espresso nella sua lettera inviata al vescovo Mario Paciello il 29 giugno del 2000, anno del grande giubileo, in occasione del trecentesimo anniversario dalla morte di Innocenzo XII. Sollecitazione oggi ancora più attuale che mai, visto che la città si appresta il prossimo anno a celebrare il IV centenario dalla nascita di Antonio Pignatelli (Spinazzola 13 marzo 1615-2015). Questi alcuni stralci di quel messaggio. Scriveva Papa Wojtyla: «La significativa ricorrenza costituisce occasione quanto mai opportuna per porre in evidenza la forte personalità spirituale, umana ed ecclesiale di questo mio venerato Predecessore, la cui opera a servizio della Chiesa e della società del XVII secolo fu costantemente ispirata a saldezza di principi, coraggio nelle riforme, sensibilità verso le fasce sociali più deboli e prudenza pastorale».
Ed ancora: «La riscoperta e l’approfondimento della dottrina, della spiritualità e dell’impegno riformatore di Papa Innocenzo XII possono costituire un forte stimolo per l’opera della nuova evangelizzazione, alla quale è chiamata anche codesta Diocesi, che si onora di annoverarlo tra i suoi figli più illustri». «L'Anno Santo - proseguiva Giovanni Paolo II - non interessa soltanto la vita intra-ecclesiale, ma comporta significativi risvolti sul piano sociale e civile. Come ho ricordato nella menzionata Lettera Apostolica, l’Anno Giubilare annovera fra i suoi scopi quello del ripristino di condizioni sociali eque e giuste. Non si muovono forse su questa linea gli esempi e gli insegnamenti lasciati da Papa InnocenzoXII?». Passaggio straordinario di quel documento, guida per la città, anche queste riflessioni: «La riscoperta dell’eredità spirituale, culturale e sociale di Papa Pignatelli non mancherà di contribuire a rendere più forte la vostra comunione ecclesiale, più incisivo l’annuncio di Cristo unico Salvatore dell’uomo e più coraggiosa l’azione di solidarietà. A trecento anni dalla sua morte, la spiccata personalità e il generoso ministero ecclesiale di Papa Pignatelli vi spingono ad affrontare con coraggio e fiducia le grandi sfide del terzo millennio».
Uno sprone basato essenzialmente sull’attenzione all’uomo ed in particolare verso i più deboli, cuore tanto del pontificato di Innocenzo XII, attuale esempio di Papa Francesco. Ripercorrendo la storia, Spinazzola di certo non può dimenticare di essere stata terra di difesa e di offesa, quando nella sua base americana, all’inizio degli anni Sessanta, ospitò tre testate di missili nucleari Jupiter,
rischiando con la crisi di Cuba detta della «Baia dei Porci» intercorsa tra Usa guidata da John F. Kennedy e Urss con Anatoly Krasikov di essere annientata.
A salvare il mondo, quando si era ad un passo da una distruttiva terza guerra mondiale che avrebbe visto la Murgia bersaglio, anche l’intervento di Papa Angelo Giuseppe Roncalli, Giovanni XXIII, il pontefice che parlava al cuore della gente. Il 25 ottobre 1962 da Radio vaticana Roncalli si rivolse «a tutti gli uomini di buona volontà» in lingua francese, con un messaggio già consegnato agli ambasciatori degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica: «Alla Chiesa sta a cuore più d’ogni altra cosa la pace e la fraternità tra gli uomini; ed essa opera senza stancarsi mai, a consolidare questi beni. A questo proposito, abbiamo ricordato i gravi doveri di coloro che portano la responsabilità del potere. Oggi noi rinnoviamo questo appello accorato e supplichiamo i Capi di Stato di non restare insensibili a questo grido dell’umanità. Facciano tutto ciò che è in loro potere per salvare la pace: così eviteranno al mondo gli orrori di una guerra, di cui nessuno può prevedere le spaventevoli conseguenze. Continuino a trattare. Sì, questa disposizione leale e aperta ha grande valore di testimonianza per la coscienza di ciascuno e in faccia alla storia. Promuovere, favorire, accettare trattative, ad ogni livello e in ogni tempo, è norma di saggezza e prudenza, che attira le benedizioni del Cielo e della terra». Per queste parole, fu la pace. Con lo smantellamento di tutte le basi con testate nucleari a partire da quella di Spinazzola. A cui seguì la lettera apostolica «Pacem in Terris», vitale per la teologia cattolica sul versante della socialità e della vita civile. Piace ricordare anche da questo tratto di terra di Murgia i due pontefici che hanno commosso il mondo e che il mondo ha riconosciuto grandi in vita e voluti Santi.
lunedì 28 aprile 2014
mercoledì 23 aprile 2014
BENI CULTURALI
UN SITO SEMPRE PIÙ A RISCHIO
ALLA RICERCA DEL PASSATO
Il materiale fu rinvenuto durante le campagne di scavi del 2004-2005 condotti dalla prof.ssa Renata Grifoni Cremonesi
L’OMBRA DELLA MEGADISCARICA
Sul sito che presenta anche interessanti testimonianze storiche e naturalistiche la Regione intende autorizzare la megadiscarica
IL «GIALLO» DEI 1.901 REPERTI
Spinazzola, ritrovati a «Grottelline» durante campagna di scavi non si sa più dove siano
di Cosimo Forina
Dove sono i reperti ritrovati durante le campagne di scavi del 2004-2005 condotti dalla prof.ssa Renata Grifoni Cremonesi a Grottelline? Ancora a Pisa presso l’Università dove sono stati magistralmente studiati da Roberta Lorenzi e Marco Serradimigni, loro la pubblicazione del 2009: “Il sito Neolitico de le Grottelline (Spinazzola,Bari)”, oppure riconsegnati alla Sovrintendenza e quindi finiti in qualche deposito? Ad averli in città basterebbero per riempire decine di teche da inserire in una sala monotematica in cui testimoniare la presenza dell’uomo in forma stanziale risalente al VI millennio a.C. epoca corrispondente al Neolitico Antico.
PASSATO A RISCHIO
Ed invece della località di Spinazzola “Grottelline ” al confine con Poggiorsini si continua a parlare come di un potenziale immondezzaio. A tanto aspira la Regione Puglia guidata da Nichi Vendola nonostante la ferma opposizione delle comunità di Spinazzola e Poggiorsini, Provincia di Barletta Andria e Trani, Parco nazionale rurale dell’Alta Murgia, associazioni come Lipu (Lega italiana protezione uccelli) e Legambiente, a cui si sono aggiunte interrogazioni parlamentari al governo Italiano, che fin qui non hanno sortito risposta, e richiesta di apertura di una infrazione contro la Puglia depositata presso la Commissione Europea per le diverse valenze del sito: fauna protetta, archeologiche, ambientali, monumentali e paesaggistiche. Ma anche da Bruxelles al momento tutto tace.
UNA STORIA MILLENARIA
E mentre la diatriba continua, tra colpi di mano, atti di imperio, silenzi e qualche accondiscendenze
più o meno velata, poco, decisamente poco viene diffuso della storia millenaria racchiusa a Grottelline. Ancor meno quella testimoniata dai ritrovamenti. Riferendoci al solo aspetto archeologico più arcaico, la frequentazione dell’uomo a Grotteline parte dal Neolitico Antico, continua fino al Neolitico Medio e in alcuni casi al Neolitico Finale.
Tale affermazione trova conferma nei frammenti raccolti, catalogati e studiati proprio dalla Lorenzi e Serradimigni. Mica pochi, ben 1901 (millenovecentouno) reperti. A cui si aggiungono gli intonaci di una antica e rara abitazione e l’industria litica scheggiata.
UNO SCIRGNO DI STORIA
Cos’altro cela Grottelline? Di tanto studio nulla si legge nel Piano Paesaggistico dell’assessore regionale Angela Barbanente. Mentre da ultimo la Giunta Regione, scatenando un putiferio, ha concesso una variante progettuale relativa all’impianto complesso per rifiuti urbani a servizio del bacino di utenza BA/4 nel comune di Spinazzola (BT) con attestazione di compatibilità paesaggistica in deroga alle prescrizioni di base (art. 5.07 NTA del PUTT/P) con effetto di Autorizzazione Paesaggistica. Come dire che per la realizzazione del mondezzaio l’ordine sembra essere avanti tutta. Su di un sito che sarebbe ancora tutto da “indagare” sotto il profilo storico-archeologico come probabilmente anche la sua individuazione ad immondezzaio, “una follia” come è stata definita ultimamente. Ma questa è altra storia la “s” minuscola è voluta, brutta storia dei nostri giorni.
SPINAZZOLA-COSTITUITI SOPRATTUTTO DA MATERIALE RISALENTE IN UN PERIODO COMPRESO TRA IL PALEOLITICO AL NEOLITICO
Quei frammenti di ceramica sono un salto indietro nel tempo
«Il sito di Grottelline - scrivono i due ricercatori, la Lorenzi ha presentato la sua tesi di laurea sui ritrovamenti di Spinazzola (anno accademico 2006-2007 relatrice, Prof.ssa Renata Grifoni Cremonesi), - va iscritto nell’ambito culturale della Ceramica Impressa Arcaica e delle sue fasi immediatamente successive, stabilendo confronti con siti già conosciuti del sud Italia». Quattro le classi del materiale ceramico rinvenuto: ceramica grossolana con 607 frammenti, semidepurata con 935 frammenti, depurata 145 frammenti e figulina con 214 frammenti. La ceramica semidepurata risulta la classe più rappresentata con 935 frammenti, 266 dei quali decorati; i frammenti provenienti dalla struttura ammontano a 237, dei quali 73 presentano una decorazione. I saggi della campagna archeologica tra il 2004 e 2005 sono stati dodici. Finiti i soldi della ricerca tutto si è fermato e ad avanzare è stato l’immondezzaio concesso da Vendola all’Ati Tradeco-Gogeam per 17 anni. Ma torniamo alla ricerca e al fascino della Storia, la “S” maiuscola è voluta: “per l’accentuata frammentarietà del materiale rinvenuto è stato possibile solo in rarissimi casi ricostruire le forme vascolari. In particolare si sono potute individuare solo tre tipi di forme, di cui due aperte e una chiusa, tutte provenienti dai materiali rinvenuti in superficie. Tra le forme aperte si hanno: quattro ciotole carenate, di cui tre in ceramica figulina e una in ceramica di impasto semidepurato, quest’ultima con una decorazione impressa a carattere strumentale. Un vaso a calotta ellissoidale in ceramica depurata. Una forma aperta non meglio determinabile, in ceramica figulina con decorazione dipinta a bande rosse sulla superficie interna”. Ed ancora: “tra le forme chiuse si individuano: due vasi con breve collo, uno in ceramica di impasto semidepurato con decorazione impressa strumentale e uno in ceramica depurata. Il vaso con breve collo in ceramica depurata, il vaso dalla forma aperta non determinabile e quello a calotta ellissoidale appartengono alle fasi più tarde del neolitico antico (ceramica a bande rosse e graffita larga); le ciotole carenate sono da ascriversi alle fasi finali del neolitico”. Altri dati su questo patrimonio di cui si sono perse le tracce: la decorazione sui frammenti è abbastanza estesa, infatti è presente su 540 mentre1361 non sono decorati. Queste si suddividono in decorazione impressa, incisa, graffita, excisa e dipinta. Più rari oltre ai frammenti vascolari sono risultati gli oggetti fittili particolari. Altri dati di studio corrispondono all’intonaco, l’impasto, le impronte strutturali. Importanti le considerazioni della ricerca: “è un piccolo insediamento, di cui per ora è venuta alla luce un’unica struttura probabilmente ad uso abitativo (data anche la zona adiacente adibita, sulla base dei rinvenimenti faunistici, ad area di macellazione) inquadrabile pienamente nella fase iniziale di questo periodo,ma con attestazioni di frequentazione che arrivano fino alla fase finale del Neolitico Antico”. “Sicuramente, scrivono la Lorenzi e Serradimigni, il luogo è stato utilizzato anche in epoche più recenti, come attestano i ritrovamenti attribuibili all’Età dei Metalli, ma anche ad epoca romana e medievale. Forse in questo periodo l’insediamento subisce uno spostamento verso est, dato che i frammenti riconducibili a queste epoche provengono dall’area più marginale dello scavo. Le tipologie decorative della ceramica e le caratteristiche morfologiche della struttura insediativi trovano confronti con molti siti del neolitico antico dell’area apulomaterana, inserendo questo sito nel quadro del popolamento neolitico di questa regione”. Un sito importante: “il suo rinvenimento, inoltre, risulta particolarmente interessante poiché viene a colmare una lacuna per quanto riguarda l’area occidentale della Puglia, ancora poco indagata. Le Grottelline assume quindi il ruolo di collegamento tra i ritrovamenti del materano e quelli del barese. In età storica il luogo era sicuramente una via di transito, dato che poco lontano corre l’antica via Appia, ma nelle vicinanze del sito passa anche un tratturo che permette di avanzare l’ipotesi di una probabile via di transito già in epoca preistorica ”. Quel “per ora” riferito alle scoperte del 2004-2005 da parte dei ricercatori lascia aperti molti interrogativi.
UN SITO SEMPRE PIÙ A RISCHIO
ALLA RICERCA DEL PASSATO
Il materiale fu rinvenuto durante le campagne di scavi del 2004-2005 condotti dalla prof.ssa Renata Grifoni Cremonesi
L’OMBRA DELLA MEGADISCARICA
Sul sito che presenta anche interessanti testimonianze storiche e naturalistiche la Regione intende autorizzare la megadiscarica
IL «GIALLO» DEI 1.901 REPERTI
Spinazzola, ritrovati a «Grottelline» durante campagna di scavi non si sa più dove siano
di Cosimo Forina
Dove sono i reperti ritrovati durante le campagne di scavi del 2004-2005 condotti dalla prof.ssa Renata Grifoni Cremonesi a Grottelline? Ancora a Pisa presso l’Università dove sono stati magistralmente studiati da Roberta Lorenzi e Marco Serradimigni, loro la pubblicazione del 2009: “Il sito Neolitico de le Grottelline (Spinazzola,Bari)”, oppure riconsegnati alla Sovrintendenza e quindi finiti in qualche deposito? Ad averli in città basterebbero per riempire decine di teche da inserire in una sala monotematica in cui testimoniare la presenza dell’uomo in forma stanziale risalente al VI millennio a.C. epoca corrispondente al Neolitico Antico.
PASSATO A RISCHIO
Ed invece della località di Spinazzola “Grottelline ” al confine con Poggiorsini si continua a parlare come di un potenziale immondezzaio. A tanto aspira la Regione Puglia guidata da Nichi Vendola nonostante la ferma opposizione delle comunità di Spinazzola e Poggiorsini, Provincia di Barletta Andria e Trani, Parco nazionale rurale dell’Alta Murgia, associazioni come Lipu (Lega italiana protezione uccelli) e Legambiente, a cui si sono aggiunte interrogazioni parlamentari al governo Italiano, che fin qui non hanno sortito risposta, e richiesta di apertura di una infrazione contro la Puglia depositata presso la Commissione Europea per le diverse valenze del sito: fauna protetta, archeologiche, ambientali, monumentali e paesaggistiche. Ma anche da Bruxelles al momento tutto tace.
UNA STORIA MILLENARIA
E mentre la diatriba continua, tra colpi di mano, atti di imperio, silenzi e qualche accondiscendenze
più o meno velata, poco, decisamente poco viene diffuso della storia millenaria racchiusa a Grottelline. Ancor meno quella testimoniata dai ritrovamenti. Riferendoci al solo aspetto archeologico più arcaico, la frequentazione dell’uomo a Grotteline parte dal Neolitico Antico, continua fino al Neolitico Medio e in alcuni casi al Neolitico Finale.
Tale affermazione trova conferma nei frammenti raccolti, catalogati e studiati proprio dalla Lorenzi e Serradimigni. Mica pochi, ben 1901 (millenovecentouno) reperti. A cui si aggiungono gli intonaci di una antica e rara abitazione e l’industria litica scheggiata.
UNO SCIRGNO DI STORIA
Cos’altro cela Grottelline? Di tanto studio nulla si legge nel Piano Paesaggistico dell’assessore regionale Angela Barbanente. Mentre da ultimo la Giunta Regione, scatenando un putiferio, ha concesso una variante progettuale relativa all’impianto complesso per rifiuti urbani a servizio del bacino di utenza BA/4 nel comune di Spinazzola (BT) con attestazione di compatibilità paesaggistica in deroga alle prescrizioni di base (art. 5.07 NTA del PUTT/P) con effetto di Autorizzazione Paesaggistica. Come dire che per la realizzazione del mondezzaio l’ordine sembra essere avanti tutta. Su di un sito che sarebbe ancora tutto da “indagare” sotto il profilo storico-archeologico come probabilmente anche la sua individuazione ad immondezzaio, “una follia” come è stata definita ultimamente. Ma questa è altra storia la “s” minuscola è voluta, brutta storia dei nostri giorni.
SPINAZZOLA-COSTITUITI SOPRATTUTTO DA MATERIALE RISALENTE IN UN PERIODO COMPRESO TRA IL PALEOLITICO AL NEOLITICO
Quei frammenti di ceramica sono un salto indietro nel tempo
«Il sito di Grottelline - scrivono i due ricercatori, la Lorenzi ha presentato la sua tesi di laurea sui ritrovamenti di Spinazzola (anno accademico 2006-2007 relatrice, Prof.ssa Renata Grifoni Cremonesi), - va iscritto nell’ambito culturale della Ceramica Impressa Arcaica e delle sue fasi immediatamente successive, stabilendo confronti con siti già conosciuti del sud Italia». Quattro le classi del materiale ceramico rinvenuto: ceramica grossolana con 607 frammenti, semidepurata con 935 frammenti, depurata 145 frammenti e figulina con 214 frammenti. La ceramica semidepurata risulta la classe più rappresentata con 935 frammenti, 266 dei quali decorati; i frammenti provenienti dalla struttura ammontano a 237, dei quali 73 presentano una decorazione. I saggi della campagna archeologica tra il 2004 e 2005 sono stati dodici. Finiti i soldi della ricerca tutto si è fermato e ad avanzare è stato l’immondezzaio concesso da Vendola all’Ati Tradeco-Gogeam per 17 anni. Ma torniamo alla ricerca e al fascino della Storia, la “S” maiuscola è voluta: “per l’accentuata frammentarietà del materiale rinvenuto è stato possibile solo in rarissimi casi ricostruire le forme vascolari. In particolare si sono potute individuare solo tre tipi di forme, di cui due aperte e una chiusa, tutte provenienti dai materiali rinvenuti in superficie. Tra le forme aperte si hanno: quattro ciotole carenate, di cui tre in ceramica figulina e una in ceramica di impasto semidepurato, quest’ultima con una decorazione impressa a carattere strumentale. Un vaso a calotta ellissoidale in ceramica depurata. Una forma aperta non meglio determinabile, in ceramica figulina con decorazione dipinta a bande rosse sulla superficie interna”. Ed ancora: “tra le forme chiuse si individuano: due vasi con breve collo, uno in ceramica di impasto semidepurato con decorazione impressa strumentale e uno in ceramica depurata. Il vaso con breve collo in ceramica depurata, il vaso dalla forma aperta non determinabile e quello a calotta ellissoidale appartengono alle fasi più tarde del neolitico antico (ceramica a bande rosse e graffita larga); le ciotole carenate sono da ascriversi alle fasi finali del neolitico”. Altri dati su questo patrimonio di cui si sono perse le tracce: la decorazione sui frammenti è abbastanza estesa, infatti è presente su 540 mentre1361 non sono decorati. Queste si suddividono in decorazione impressa, incisa, graffita, excisa e dipinta. Più rari oltre ai frammenti vascolari sono risultati gli oggetti fittili particolari. Altri dati di studio corrispondono all’intonaco, l’impasto, le impronte strutturali. Importanti le considerazioni della ricerca: “è un piccolo insediamento, di cui per ora è venuta alla luce un’unica struttura probabilmente ad uso abitativo (data anche la zona adiacente adibita, sulla base dei rinvenimenti faunistici, ad area di macellazione) inquadrabile pienamente nella fase iniziale di questo periodo,ma con attestazioni di frequentazione che arrivano fino alla fase finale del Neolitico Antico”. “Sicuramente, scrivono la Lorenzi e Serradimigni, il luogo è stato utilizzato anche in epoche più recenti, come attestano i ritrovamenti attribuibili all’Età dei Metalli, ma anche ad epoca romana e medievale. Forse in questo periodo l’insediamento subisce uno spostamento verso est, dato che i frammenti riconducibili a queste epoche provengono dall’area più marginale dello scavo. Le tipologie decorative della ceramica e le caratteristiche morfologiche della struttura insediativi trovano confronti con molti siti del neolitico antico dell’area apulomaterana, inserendo questo sito nel quadro del popolamento neolitico di questa regione”. Un sito importante: “il suo rinvenimento, inoltre, risulta particolarmente interessante poiché viene a colmare una lacuna per quanto riguarda l’area occidentale della Puglia, ancora poco indagata. Le Grottelline assume quindi il ruolo di collegamento tra i ritrovamenti del materano e quelli del barese. In età storica il luogo era sicuramente una via di transito, dato che poco lontano corre l’antica via Appia, ma nelle vicinanze del sito passa anche un tratturo che permette di avanzare l’ipotesi di una probabile via di transito già in epoca preistorica ”. Quel “per ora” riferito alle scoperte del 2004-2005 da parte dei ricercatori lascia aperti molti interrogativi.
martedì 18 marzo 2014
Cinema-Il nuovo film di Francesco Bruni, prodotto da Beppe Caschetto, accolto bene dalla critica
«NOI 4» A GIORNI NELLE SALE
A SPINAZZOLA LE RADICI DELL’ATTRICE PROTAGONISTA
Lucrezia Guidone di scena anche allo Strelher di Milano
di Cosimo Forina
Il conto alla rovescia dei giorni che separano al 20 marzo è iniziato da tempo, ma la critica cinematografica ha già sancito che il film “Noi 4” del regista Francesco Bruni, al suo secondo film dopo “Scialla” è già un successo. Film prodotto da Beppe Caschetto, una produzione IBC Movie con Rai Cinema, e distribuito dalla 01. Tra i protagonisti di questo lavoro con Ksenja Rapaport, Fabrizio Gifuni ed il piccolo Francesco Bracci, Lucrezia Guidone astro nascente del teatro italiano.
Senza voler far torto agli altri interpreti parliamo di lei da queste colonne. Perché un filo di sentimenti lega Lucrezia a Spinazzola. In questa città, oltre ad aver dato i natali al suo papà Peppino, vi è nonno Rocco a cui lei è molto legata. Ma a voler bene a Lucrezia, ad apprezzarne la sua bravura, professionalità, frutto di capacità e studio, si è veramente in tanti.
Dal 30 gennaio sino ai primi di marzo al Teatro Strelher di Milano, Lucrezia Guidone ha interpretato Malibea in “Celestina - laggiù vicino alle concerie in riva al fiume” di Michel Garneau da Fernando de Rojas, traduzione Davide Verga, regia Luca Ronconi.
Ed ora è arrivato l’atteso debutto sul grande schermo. Dove, scrive di lei Marco Spagnoli: “scopre di essere molto amata dalla macchina da presa che ne registra sguardo e movenze”. Unanime il giudizio del nuovo lavoro di Bruni: “un film prezioso e lungimirante con molti motivi di interesse a partire da una storia semplice e forte, commovente ed esilarante”. Ed ancora del film si legge: “è, senza dubbio, una delle migliori pellicola dell’anno e il film italiano da andare a vedere questa primavera per la sua disarmante semplicità e la sua incontenibile intelligenza nel mostrare una famiglia diversa da quella del modello fiction televisivo dell’immediato passato”.
Affidiamo alla stessa Lucrezia la sintesi di quel che sarà apprezzato dagli spettatori: “tutto accade in una giornata di giugno, in una Roma afosa e assediata dal traffico metropolitano. Per il serio e timido Giacomo è il momento più atteso e temuto dell’anno: non solo deve affrontare gli esami orali di terza media, ma pure dichiararsi ad una sua compagna di scuola, segretamente amata. Intorno a questo importante appuntamento si muovono freneticamente anche gli altri membri della sua scombinata famiglia. La sorella Emma, (interpretata dalla Guidone ndr) ventenne idealista ed irrequieta che sogna di fare l’attrice di teatro, è tanto affezionata al padre quanto distante dalla madre. I genitori sono da tempo separati. Ma mentre Ettore, il padre, è il tipo di artista bohemien e squattrinato, simpatico ma chiaramente inaffidabile, specie agli occhi del figlio, la mamma Lara, ingegnere, si è dedicata anima e corpo ai figli e alla sua professione”.
Ed ancora: “Nel corso di questa giornata caotica e complicata, i nostri 4 “eroi” si cercano e si incrociano a coppie sempre diverse in vari punti del centro di Roma, per poi ritrovarsi tutti insieme a sostenere Giacomo durante l’esame. Ma una giornata speciale ha bisogno anche di un festeggiamento speciale. Una fuga dalla città tutti insieme, per un bagno al tramonto. Eccoli di nuovo riuniti e finalmente felici. Un breve, magico interludio che li riporta ad essere per un giorno quello che erano e malgrado tutto sono ancora: una famiglia”.
Dopo aver svelato in parte la trama, ecco arrivare l’impegno, annunciato con gioia: “in aprile vengo a Spinazzola con il regista Francesco Bruni. Sono davvero felice di condividere con voi questi momenti”. Il 20 marzo è davvero ormai vicino. Ultimi giorni per conoscere questa fotografia reale di una famiglia italiana che a suo modo sa ritrovarsi. In quella Roma che Bruni ha scelto, non solo come “una città magnetica, ma da leggere con lo sguardo dal punto di vista di chi ci vive”.
Lucrezia Guidone questa volta in Emma si riconosce in parte perché: “Lei, come me è un’idealista sognatrice e combattente con una grande passione per il teatro”. Cosa vi rende diverse: “il modo che lei ha di reagire alle cose, io sono più tranquilla e serena”. Vero, solare, come la conoscono tutti qui a Spinazzola dove ora attendono per applaudirla.
«NOI 4» A GIORNI NELLE SALE
A SPINAZZOLA LE RADICI DELL’ATTRICE PROTAGONISTA
Lucrezia Guidone di scena anche allo Strelher di Milano
di Cosimo Forina
Il conto alla rovescia dei giorni che separano al 20 marzo è iniziato da tempo, ma la critica cinematografica ha già sancito che il film “Noi 4” del regista Francesco Bruni, al suo secondo film dopo “Scialla” è già un successo. Film prodotto da Beppe Caschetto, una produzione IBC Movie con Rai Cinema, e distribuito dalla 01. Tra i protagonisti di questo lavoro con Ksenja Rapaport, Fabrizio Gifuni ed il piccolo Francesco Bracci, Lucrezia Guidone astro nascente del teatro italiano.
Senza voler far torto agli altri interpreti parliamo di lei da queste colonne. Perché un filo di sentimenti lega Lucrezia a Spinazzola. In questa città, oltre ad aver dato i natali al suo papà Peppino, vi è nonno Rocco a cui lei è molto legata. Ma a voler bene a Lucrezia, ad apprezzarne la sua bravura, professionalità, frutto di capacità e studio, si è veramente in tanti.
Dal 30 gennaio sino ai primi di marzo al Teatro Strelher di Milano, Lucrezia Guidone ha interpretato Malibea in “Celestina - laggiù vicino alle concerie in riva al fiume” di Michel Garneau da Fernando de Rojas, traduzione Davide Verga, regia Luca Ronconi.
Ed ora è arrivato l’atteso debutto sul grande schermo. Dove, scrive di lei Marco Spagnoli: “scopre di essere molto amata dalla macchina da presa che ne registra sguardo e movenze”. Unanime il giudizio del nuovo lavoro di Bruni: “un film prezioso e lungimirante con molti motivi di interesse a partire da una storia semplice e forte, commovente ed esilarante”. Ed ancora del film si legge: “è, senza dubbio, una delle migliori pellicola dell’anno e il film italiano da andare a vedere questa primavera per la sua disarmante semplicità e la sua incontenibile intelligenza nel mostrare una famiglia diversa da quella del modello fiction televisivo dell’immediato passato”.
Affidiamo alla stessa Lucrezia la sintesi di quel che sarà apprezzato dagli spettatori: “tutto accade in una giornata di giugno, in una Roma afosa e assediata dal traffico metropolitano. Per il serio e timido Giacomo è il momento più atteso e temuto dell’anno: non solo deve affrontare gli esami orali di terza media, ma pure dichiararsi ad una sua compagna di scuola, segretamente amata. Intorno a questo importante appuntamento si muovono freneticamente anche gli altri membri della sua scombinata famiglia. La sorella Emma, (interpretata dalla Guidone ndr) ventenne idealista ed irrequieta che sogna di fare l’attrice di teatro, è tanto affezionata al padre quanto distante dalla madre. I genitori sono da tempo separati. Ma mentre Ettore, il padre, è il tipo di artista bohemien e squattrinato, simpatico ma chiaramente inaffidabile, specie agli occhi del figlio, la mamma Lara, ingegnere, si è dedicata anima e corpo ai figli e alla sua professione”.
Ed ancora: “Nel corso di questa giornata caotica e complicata, i nostri 4 “eroi” si cercano e si incrociano a coppie sempre diverse in vari punti del centro di Roma, per poi ritrovarsi tutti insieme a sostenere Giacomo durante l’esame. Ma una giornata speciale ha bisogno anche di un festeggiamento speciale. Una fuga dalla città tutti insieme, per un bagno al tramonto. Eccoli di nuovo riuniti e finalmente felici. Un breve, magico interludio che li riporta ad essere per un giorno quello che erano e malgrado tutto sono ancora: una famiglia”.
Dopo aver svelato in parte la trama, ecco arrivare l’impegno, annunciato con gioia: “in aprile vengo a Spinazzola con il regista Francesco Bruni. Sono davvero felice di condividere con voi questi momenti”. Il 20 marzo è davvero ormai vicino. Ultimi giorni per conoscere questa fotografia reale di una famiglia italiana che a suo modo sa ritrovarsi. In quella Roma che Bruni ha scelto, non solo come “una città magnetica, ma da leggere con lo sguardo dal punto di vista di chi ci vive”.
Lucrezia Guidone questa volta in Emma si riconosce in parte perché: “Lei, come me è un’idealista sognatrice e combattente con una grande passione per il teatro”. Cosa vi rende diverse: “il modo che lei ha di reagire alle cose, io sono più tranquilla e serena”. Vero, solare, come la conoscono tutti qui a Spinazzola dove ora attendono per applaudirla.
mercoledì 5 marzo 2014
SPRECHI DI STATO
PROPOSTE E PROTESTE
INCONCEPIBILE
È stato adoperato una sola volta, nell’emergenza umanitaria in relazione all’afflusso di cittadini provenienti dal Nord Africa
L’ANALISI
«I Cie sono quanto di peggio la società possa aver concepito, perché privano della libertà. Non si sprechino altri 2,7 milioni di euro»
QUANDO L’ACCOGLIENZA MANGIA I SOLDI
Il Centro di identificazione, inutilizzato da due anni, in avanzato stato di degrado
di Cosimo Forina
Per i più il primo marzo è trascorso come un giorno qualunque sebbene questa data sia diventata in Italia la giornata senza immigrati. Nord e sud uniti nelle tante manifestazioni per «Un giorno senza di noi» per ribadire il diritto alla libertà di ogni uomo. Ed in nome di questi valori si è svolto anche il presidio davanti al Centro di Identificazione ed Espulsione (Cie) di Palazzo San Gervasio a pochi passi da Spinazzola, una scatola vuota mangia soldi, per chiedere la chiusura di tutti i Cie in Europa. Come anche i 2,7 milioni di euro destinati dal Governo alla struttura della città lucana siano invece utilizzati in favore di braccianti e contadini. Manifestazione organizzata dall’Osservatorio Migranti Basilicata e dall’associazione “No razzismo Day” a cui hanno aderito diverse associazioni come la “Futura” di Venosa, altre provenienti da Altamura e San Ferdinando. Giornata climaticamente fredda tanto che i pochi che si sono raccolti vicino al Cie hanno dovuto accendere un falò per riscaldarsi. Ad alzare la temperatura ci ha pensato il racconto sul «gulag» di Palazzo San Gervasio.
Storia assai curiosa finita ripetutamente in diverse interrogazioni parlamentari e all’attenzione della magistratura. Dal 1998 al 2009 l’area, oggi Cie, un bene confiscato alla criminalità, è stata utilizzata dall’amministrazione comunale di Palazzo San Gervasio come il luogo dove ospitare i tantissimi migranti che giungono sul territorio per la raccolta del pomodoro. A suggellare la bontà dell’iniziativa anche un protocollo di intesa con il Comune di Spinazzola. Quando maturano i campi dell’oro rosso qui tra Basilicata e Puglia sono almeno in duemila i lavoratori stagionali che puntualmente arrivano a spaccarsi la schiena per un salario che arricchisce principalmente il caporalato. E’ il popolo dei braccianti agricoli, per lo più composti da giovani, che provengono dal Burkina Faso, Mali, Costa D’Avorio, Ghana e Sudan. A loro era stato offerto il luogo dove accamparsi e avere almeno un minimo di servizi: acqua corrente, luce. Questo sino al 2009, poi tutto è cambiato. I lavoratori sono stati cacciati via trovando riparo nelle case coloniche e masserie abbandonate e lo spazio è diventato con ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, prima centro di accoglienza per i richiedenti asilo, poi individuato definitivamente come Centro di Identificazione ed Espulsione. Utilizzato una sola volta, nell’emergenza umanitaria in relazione all’afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa. Poi sono rimaste le polemiche e lo scandalo per il fiume di denaro speso come si legge nelle diverse interrogazioni parlamentari. Dove sono state sottolineate le condizioni in cui erano costretti a vivere i reclusi. Una struttura considerata carente, che all’e poca non era dotata di servizi igienici adeguati all’accoglienza di centinaia di persone, ne delle minime condizioni necessarie alla vivibilità del centro. Un lager per dirla in breve e in modo diverso. Dentro quelle alte mura di cinta c’è la “voliera ”, la chiama così chi protesta fuori dal Cie intorno al fuoco. E’ la grande gabbia sorvegliata con telecamere dove i “reclusi” dovrebbero trovare il loro spazio per muoversi. Per poter fotografare “voliera ” e interno del CIE, spiegano, bisogna abbassarsi sin sotto il cancello d’ingresso e sfruttare lo spazio esistente per poter effettuare lo scatto. E’ l’unico spiraglio che collega il lager con il resto del mondo quando il cancello viene chiuso alle spalle di chi vi entra. Il mondo già, quello per cui si è scappati dalla propria terra: per disperazione, come perseguitati o per altra guerra infame. Sfidando la morte nelle
attraversate e pagando lautamente per la propria fuga mercanti di carne umana senza scrupoli. E quando si è presi al momento dello sbarco o perché non in regola con i documenti di soggiorno ad aprirsi solo i cancelli dei CIE, in cui si può restare sospesi con la propria vita anche per un anno. «I Cie - riferisce Gervasio Ungolo dell’Osservatorio Migranti - sono quanto di peggio la società possa aver concepito, perché priva della libertà persone che non hanno commesso nessun reato. Nelle altre realtà italiane si sta provvedendo a chiudere queste prigioni. E’ già successo a Mantova, Milano non riapre, anche per quello di Roma si sta cambiando rotta. Vogliamo che ritorni ad essere centro di accoglienza sottraendo dallo sfruttamento e precarietà i lavoratori. I 2,7 milioni potrebbero dare grande speranza». Sul cancello del CIE di Palazzo San Gervasio ora campeggia uno striscione che recita: “Bienvenue, Benvenuti, Welcome senza filo spinato». Speranza di chi è convinto che non ci sono frontiere capaci di fermare la dignità dovuta per ogni uomo.
GLI «STRUMENTI» DELL’UNIONE EUROPEA PER DAR SOLLIEVO A CHI DEVE EMIGRARE
Il Patto sull'immigrazione e l'asilo e l’attività della Agenzia Frontex
BARLETTA . «Il patto costituisce la base per le politiche comuni in materia di immigrazione e di asilo per l'Unione europea (Ue) e i suoi paesi. In uno spirito di reciproca responsabilità e solidarietà tra i paesi dell'Ue e di partenariato con altri paesi del mondo, il patto dà un nuovo impulso al costante sviluppo di una politica comune sull'immigrazione e l'asilo, che tenga conto sia degli interessi collettivi dell'Ue che delle esigenze specifiche dei suoi paesi». Vale la pena rileggersi il «Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo» siglato lo a settembre 2008 a Bruxelles. In una nota presente sul portale della Commissione europea si legge che: «La migrazione internazionale può contribuire alla crescita economica dell'Unione europea (Ue) nel suo complesso, oltre a fornire le risorse per i migranti e i loro paesi d'origine e contribuire così al loro sviluppo. Può essere un'opportunità, in quanto fattore di scambio umano ed economico che permette alle persone di raggiungere le loro aspirazioni. Tuttavia, vi è la necessità di gestire la migrazione in maniera tale da tenere conto delle capacità d'accoglienza dell'Europa sul piano del mercato del lavoro, degli alloggi, dei servizi sanitari, scolastici e sociali, proteggendo i migranti dal rischio di sfruttamento da parte di reti criminali». E poi: «Da oltre venti anni, i paesi dell'Ue stanno lavorando per armonizzare le loro politiche di immigrazione e di asilo. Notevoli progressi sono già stati fatti in vari ambiti, in particolare nell'ambito dei programmi di Tampere e dell'Aia. Tuttavia, sono necessari ulteriori sforzi per creare una politica veramente comune in materia di immigrazione e di asilo, che tenga conto nel contempo dell'interesse collettivo dell'Unione europea e delle specifiche esigenze di ciascun paese dell'Ue. Di conseguenza, il Consiglio europeo ha tradotto i seguenti impegni nel programma di Stoccolma». Altro «strumento» da conoscere un ambito europeo è la «Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea». L’Agenzia è un'istituzione dell'Unione europea il cui centro direzionale è a Varsavia, in Polonia. Il suo scopo è il coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati della Ue e l'implementazione di accordi con i Paesi confinanti con l'Unione europea per la riammissione dei migranti extracomunitari respinti lungo le frontiere. Frontex è stata fondata dal decreto del Consiglio Europeo 2007/2004. L'agenzia ha iniziato ad operare il 3 ottobre 2005 ed è la prima ospitata in uno dei paesi di recente adesione dell'Unione. Ad agosto 2013, oltre ai fondi in denaro, l'agenzia dispone di 26 elicotteri, 22 aerei, 113 navi ed attrezzatura radar da impiegarsi per eventuali respingimenti.
[twitter@peppedimiccoli
PROPOSTE E PROTESTE
INCONCEPIBILE
È stato adoperato una sola volta, nell’emergenza umanitaria in relazione all’afflusso di cittadini provenienti dal Nord Africa
L’ANALISI
«I Cie sono quanto di peggio la società possa aver concepito, perché privano della libertà. Non si sprechino altri 2,7 milioni di euro»
QUANDO L’ACCOGLIENZA MANGIA I SOLDI
Il Centro di identificazione, inutilizzato da due anni, in avanzato stato di degrado
di Cosimo Forina
Per i più il primo marzo è trascorso come un giorno qualunque sebbene questa data sia diventata in Italia la giornata senza immigrati. Nord e sud uniti nelle tante manifestazioni per «Un giorno senza di noi» per ribadire il diritto alla libertà di ogni uomo. Ed in nome di questi valori si è svolto anche il presidio davanti al Centro di Identificazione ed Espulsione (Cie) di Palazzo San Gervasio a pochi passi da Spinazzola, una scatola vuota mangia soldi, per chiedere la chiusura di tutti i Cie in Europa. Come anche i 2,7 milioni di euro destinati dal Governo alla struttura della città lucana siano invece utilizzati in favore di braccianti e contadini. Manifestazione organizzata dall’Osservatorio Migranti Basilicata e dall’associazione “No razzismo Day” a cui hanno aderito diverse associazioni come la “Futura” di Venosa, altre provenienti da Altamura e San Ferdinando. Giornata climaticamente fredda tanto che i pochi che si sono raccolti vicino al Cie hanno dovuto accendere un falò per riscaldarsi. Ad alzare la temperatura ci ha pensato il racconto sul «gulag» di Palazzo San Gervasio.
Storia assai curiosa finita ripetutamente in diverse interrogazioni parlamentari e all’attenzione della magistratura. Dal 1998 al 2009 l’area, oggi Cie, un bene confiscato alla criminalità, è stata utilizzata dall’amministrazione comunale di Palazzo San Gervasio come il luogo dove ospitare i tantissimi migranti che giungono sul territorio per la raccolta del pomodoro. A suggellare la bontà dell’iniziativa anche un protocollo di intesa con il Comune di Spinazzola. Quando maturano i campi dell’oro rosso qui tra Basilicata e Puglia sono almeno in duemila i lavoratori stagionali che puntualmente arrivano a spaccarsi la schiena per un salario che arricchisce principalmente il caporalato. E’ il popolo dei braccianti agricoli, per lo più composti da giovani, che provengono dal Burkina Faso, Mali, Costa D’Avorio, Ghana e Sudan. A loro era stato offerto il luogo dove accamparsi e avere almeno un minimo di servizi: acqua corrente, luce. Questo sino al 2009, poi tutto è cambiato. I lavoratori sono stati cacciati via trovando riparo nelle case coloniche e masserie abbandonate e lo spazio è diventato con ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, prima centro di accoglienza per i richiedenti asilo, poi individuato definitivamente come Centro di Identificazione ed Espulsione. Utilizzato una sola volta, nell’emergenza umanitaria in relazione all’afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa. Poi sono rimaste le polemiche e lo scandalo per il fiume di denaro speso come si legge nelle diverse interrogazioni parlamentari. Dove sono state sottolineate le condizioni in cui erano costretti a vivere i reclusi. Una struttura considerata carente, che all’e poca non era dotata di servizi igienici adeguati all’accoglienza di centinaia di persone, ne delle minime condizioni necessarie alla vivibilità del centro. Un lager per dirla in breve e in modo diverso. Dentro quelle alte mura di cinta c’è la “voliera ”, la chiama così chi protesta fuori dal Cie intorno al fuoco. E’ la grande gabbia sorvegliata con telecamere dove i “reclusi” dovrebbero trovare il loro spazio per muoversi. Per poter fotografare “voliera ” e interno del CIE, spiegano, bisogna abbassarsi sin sotto il cancello d’ingresso e sfruttare lo spazio esistente per poter effettuare lo scatto. E’ l’unico spiraglio che collega il lager con il resto del mondo quando il cancello viene chiuso alle spalle di chi vi entra. Il mondo già, quello per cui si è scappati dalla propria terra: per disperazione, come perseguitati o per altra guerra infame. Sfidando la morte nelle
attraversate e pagando lautamente per la propria fuga mercanti di carne umana senza scrupoli. E quando si è presi al momento dello sbarco o perché non in regola con i documenti di soggiorno ad aprirsi solo i cancelli dei CIE, in cui si può restare sospesi con la propria vita anche per un anno. «I Cie - riferisce Gervasio Ungolo dell’Osservatorio Migranti - sono quanto di peggio la società possa aver concepito, perché priva della libertà persone che non hanno commesso nessun reato. Nelle altre realtà italiane si sta provvedendo a chiudere queste prigioni. E’ già successo a Mantova, Milano non riapre, anche per quello di Roma si sta cambiando rotta. Vogliamo che ritorni ad essere centro di accoglienza sottraendo dallo sfruttamento e precarietà i lavoratori. I 2,7 milioni potrebbero dare grande speranza». Sul cancello del CIE di Palazzo San Gervasio ora campeggia uno striscione che recita: “Bienvenue, Benvenuti, Welcome senza filo spinato». Speranza di chi è convinto che non ci sono frontiere capaci di fermare la dignità dovuta per ogni uomo.
GLI «STRUMENTI» DELL’UNIONE EUROPEA PER DAR SOLLIEVO A CHI DEVE EMIGRARE
Il Patto sull'immigrazione e l'asilo e l’attività della Agenzia Frontex
BARLETTA . «Il patto costituisce la base per le politiche comuni in materia di immigrazione e di asilo per l'Unione europea (Ue) e i suoi paesi. In uno spirito di reciproca responsabilità e solidarietà tra i paesi dell'Ue e di partenariato con altri paesi del mondo, il patto dà un nuovo impulso al costante sviluppo di una politica comune sull'immigrazione e l'asilo, che tenga conto sia degli interessi collettivi dell'Ue che delle esigenze specifiche dei suoi paesi». Vale la pena rileggersi il «Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo» siglato lo a settembre 2008 a Bruxelles. In una nota presente sul portale della Commissione europea si legge che: «La migrazione internazionale può contribuire alla crescita economica dell'Unione europea (Ue) nel suo complesso, oltre a fornire le risorse per i migranti e i loro paesi d'origine e contribuire così al loro sviluppo. Può essere un'opportunità, in quanto fattore di scambio umano ed economico che permette alle persone di raggiungere le loro aspirazioni. Tuttavia, vi è la necessità di gestire la migrazione in maniera tale da tenere conto delle capacità d'accoglienza dell'Europa sul piano del mercato del lavoro, degli alloggi, dei servizi sanitari, scolastici e sociali, proteggendo i migranti dal rischio di sfruttamento da parte di reti criminali». E poi: «Da oltre venti anni, i paesi dell'Ue stanno lavorando per armonizzare le loro politiche di immigrazione e di asilo. Notevoli progressi sono già stati fatti in vari ambiti, in particolare nell'ambito dei programmi di Tampere e dell'Aia. Tuttavia, sono necessari ulteriori sforzi per creare una politica veramente comune in materia di immigrazione e di asilo, che tenga conto nel contempo dell'interesse collettivo dell'Unione europea e delle specifiche esigenze di ciascun paese dell'Ue. Di conseguenza, il Consiglio europeo ha tradotto i seguenti impegni nel programma di Stoccolma». Altro «strumento» da conoscere un ambito europeo è la «Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea». L’Agenzia è un'istituzione dell'Unione europea il cui centro direzionale è a Varsavia, in Polonia. Il suo scopo è il coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati della Ue e l'implementazione di accordi con i Paesi confinanti con l'Unione europea per la riammissione dei migranti extracomunitari respinti lungo le frontiere. Frontex è stata fondata dal decreto del Consiglio Europeo 2007/2004. L'agenzia ha iniziato ad operare il 3 ottobre 2005 ed è la prima ospitata in uno dei paesi di recente adesione dell'Unione. Ad agosto 2013, oltre ai fondi in denaro, l'agenzia dispone di 26 elicotteri, 22 aerei, 113 navi ed attrezzatura radar da impiegarsi per eventuali respingimenti.
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martedì 4 marzo 2014
AMBIENTE
Le discariche abusive
A POCA DISTANZE DALLE CASE
In un sito a pochi chilometri dal centro abitato scoperte latte ancora sigillate contenenti un potente insetticida liquido
ABBANDONATI
Dalle varie ammaccature che presentano i contenitori è desumibile che questi siano stati lanciati nel fossato dove ora sono collocati
LA TERRA DEI FUOCHI? A SPINAZZOLA
Nelle cave dismesse si trovano lastre e rifiuti pericolosi, nocivi e tossici
di Cosimo Forina
Spinazzola-Cumuli di lastre di eternit ovunque, rifiuti di vario genere ed altri classificabili come pericolosi, nocivi e tossici. Anche Spinazzola ha una sua “terra dei fuochi”. Un sito a pochi chilometri dal centro abitato. La segnalazione arrivata alla “Gazzetta” questa volta ha dell’incredibile. Perché ad allarmare in modo particolare nella discarica abusiva a cielo aperto sono latte ancora sigillate contenenti ognuna cinque litri di un potente nematocida insetticida liquido, molto tossico: si tratta dell’Eprosip®E prodotto dalla Bayer CropSceinze Spa. Utilizzato in diverse colture. Nell’area di questo terreno costretto allo scempio si avverte uno strano odore che subito produce sensazione di vertigini che potrebbe provenire dai contenitori o anche da altro. Tutt’intorno case costruite dalla riforma fondiaria degli anni cinquanta in abbandono. Anche su queste si è abbattuta la mano distruttrice che ha dissacrato ogni cosa. Un luogo isolato, non privo però di frequentazioni. I campi tutti intorno sono regolarmente coltivati. Come ad affermare che il getto del materiale pericoloso non può essere passato inosservato. Alcune costruzioni, ripari e capannoni nell’area, anche questi con il tetto in eternit sono crollati. Collassati nel tempo frantumandosi rovinosamente. Chi a più riprese ha destinato a discarica il luogo, buttandoci di tutto, lo ha fatto contando di restare impunito perché a prevalere sarebbe stata, come lo è stata, l’omertà. Il colpevole silenzio di chi voltandosi dall’altra parte è entrato a pieno titolo a far parte della metafora delle tre scimmiette: “non vedo, non sento, non parlo”. Ma torniamo alle latte di veleno che più di altro colpiscono nella loro presenza. Su ognuna di queste è riportato l’avvertimento della loro elevata tossicità. L’impiego è consentito esclusivamente a personale qualificato munito di patentino. Ed ancora: “Rischio di intossicazione mortale per inalazione, per ingestione o per contatto con la pelle”. Con le fotografie della confezione abbiamo cercato di capirne di più. Nella scheda del prodotto presente su internet la Bayer consiglia: prudenza nel suo uso ed invita a conservare il prodotto sotto chiave fuori dalla portata dei bambini, lontano da alimenti e da bevande. Altro che sotto chiave! Durante l’impiego nei campi del prodotto appropriatamente diluito non si può mangiare, bere, né fumare. “Per il contatto con la pelle, si avverte, è necessario togliersi di dosso gli indumenti contaminati e lavarsi abbondantemente con acqua e sapone. Anche il suo utilizzo va effettuato con indumenti idonei e mani protette da guanti”. Tra le attenzioni essenziali: “non contaminare l’acqua con il prodotto e suo contenitore”. Ed invece a scorrere a pochi metri dai fusti vi è proprio un corso d’acqua ed un piccolo invaso che lo alimenta. Il perché ci si è liberati di quella quantità di insetticida, almeno una quindicina di latte, ponendo a rischio di contaminazione una intera area difficile dirlo. Cosa invece certa sono i danni ed i pericoli all’ambiente e all’uomo che può determinare. Dalle varie ammaccature che presentano i contenitori è desumibile che questi siano stati lanciati nel fossato dove ora sono collocati. Con il rischio che qualche confezione si sia di già potuta rompere o che con il passare del tempo non tenga facendo fuoriuscire quanto racchiuso. Come a tal proposito influenti potrebbero essere i fattori atmosferici come sole, pioggia, gelo. Quali le possibile conseguenze sull’uomo? A descriverle è sempre la Bayer nelle informazioni riservate ai medici che vengono cosi elencate: “colpisce il SNC (Sistema Nervoso Centrale ndr) e le terminazioni parasimpatiche, le sinapsi pregangliari, le placche muscolari. Sintomi muscarinici (di prima comparsa): nausea, vomito, crampi addominali, diarrea. Broncospasmo, ipersegrezione brochiale, edema polmonare. Visone offuscata, miosi. Salivazione sudorazione. Bradicardia (incostante). Sintomi nicotici (di seconda comparsa): astenia e paralisi muscolari. Tachicardia, ipertensione arteriosa, fibrillazione”. Per i sintomi centrali: “confusione, atassia, convulsione, coma”. A causare la morte generalmente è l’insufficienza respiratoria. Ed ancora: “alcuni esteri fosforici, a distanza di 7-15 giorni dall’episodio acuto, possono provocare un effetto neurotossico ritardato (paralisi flaccida, in seguito spastica, delle estremità)”. La terapia è indicata con atropina ad alte dosi fino a comparsa dei primi segni di antropizzazione e deve essere subito somministrata la pralidossina. Cosi come va consultato un Centro Antiveleni. In buona sostanza in prossimità del centro abitato, pochi chilometri non rappresentano una distanza insormontabile per delle particelle sospinte dal vento, qualcuno ci ha messo una bomba ecologica ed ora ad altri toccherà disinnescarla.
Le discariche abusive
A POCA DISTANZE DALLE CASE
In un sito a pochi chilometri dal centro abitato scoperte latte ancora sigillate contenenti un potente insetticida liquido
ABBANDONATI
Dalle varie ammaccature che presentano i contenitori è desumibile che questi siano stati lanciati nel fossato dove ora sono collocati
LA TERRA DEI FUOCHI? A SPINAZZOLA
Nelle cave dismesse si trovano lastre e rifiuti pericolosi, nocivi e tossici
di Cosimo Forina
Spinazzola-Cumuli di lastre di eternit ovunque, rifiuti di vario genere ed altri classificabili come pericolosi, nocivi e tossici. Anche Spinazzola ha una sua “terra dei fuochi”. Un sito a pochi chilometri dal centro abitato. La segnalazione arrivata alla “Gazzetta” questa volta ha dell’incredibile. Perché ad allarmare in modo particolare nella discarica abusiva a cielo aperto sono latte ancora sigillate contenenti ognuna cinque litri di un potente nematocida insetticida liquido, molto tossico: si tratta dell’Eprosip®E prodotto dalla Bayer CropSceinze Spa. Utilizzato in diverse colture. Nell’area di questo terreno costretto allo scempio si avverte uno strano odore che subito produce sensazione di vertigini che potrebbe provenire dai contenitori o anche da altro. Tutt’intorno case costruite dalla riforma fondiaria degli anni cinquanta in abbandono. Anche su queste si è abbattuta la mano distruttrice che ha dissacrato ogni cosa. Un luogo isolato, non privo però di frequentazioni. I campi tutti intorno sono regolarmente coltivati. Come ad affermare che il getto del materiale pericoloso non può essere passato inosservato. Alcune costruzioni, ripari e capannoni nell’area, anche questi con il tetto in eternit sono crollati. Collassati nel tempo frantumandosi rovinosamente. Chi a più riprese ha destinato a discarica il luogo, buttandoci di tutto, lo ha fatto contando di restare impunito perché a prevalere sarebbe stata, come lo è stata, l’omertà. Il colpevole silenzio di chi voltandosi dall’altra parte è entrato a pieno titolo a far parte della metafora delle tre scimmiette: “non vedo, non sento, non parlo”. Ma torniamo alle latte di veleno che più di altro colpiscono nella loro presenza. Su ognuna di queste è riportato l’avvertimento della loro elevata tossicità. L’impiego è consentito esclusivamente a personale qualificato munito di patentino. Ed ancora: “Rischio di intossicazione mortale per inalazione, per ingestione o per contatto con la pelle”. Con le fotografie della confezione abbiamo cercato di capirne di più. Nella scheda del prodotto presente su internet la Bayer consiglia: prudenza nel suo uso ed invita a conservare il prodotto sotto chiave fuori dalla portata dei bambini, lontano da alimenti e da bevande. Altro che sotto chiave! Durante l’impiego nei campi del prodotto appropriatamente diluito non si può mangiare, bere, né fumare. “Per il contatto con la pelle, si avverte, è necessario togliersi di dosso gli indumenti contaminati e lavarsi abbondantemente con acqua e sapone. Anche il suo utilizzo va effettuato con indumenti idonei e mani protette da guanti”. Tra le attenzioni essenziali: “non contaminare l’acqua con il prodotto e suo contenitore”. Ed invece a scorrere a pochi metri dai fusti vi è proprio un corso d’acqua ed un piccolo invaso che lo alimenta. Il perché ci si è liberati di quella quantità di insetticida, almeno una quindicina di latte, ponendo a rischio di contaminazione una intera area difficile dirlo. Cosa invece certa sono i danni ed i pericoli all’ambiente e all’uomo che può determinare. Dalle varie ammaccature che presentano i contenitori è desumibile che questi siano stati lanciati nel fossato dove ora sono collocati. Con il rischio che qualche confezione si sia di già potuta rompere o che con il passare del tempo non tenga facendo fuoriuscire quanto racchiuso. Come a tal proposito influenti potrebbero essere i fattori atmosferici come sole, pioggia, gelo. Quali le possibile conseguenze sull’uomo? A descriverle è sempre la Bayer nelle informazioni riservate ai medici che vengono cosi elencate: “colpisce il SNC (Sistema Nervoso Centrale ndr) e le terminazioni parasimpatiche, le sinapsi pregangliari, le placche muscolari. Sintomi muscarinici (di prima comparsa): nausea, vomito, crampi addominali, diarrea. Broncospasmo, ipersegrezione brochiale, edema polmonare. Visone offuscata, miosi. Salivazione sudorazione. Bradicardia (incostante). Sintomi nicotici (di seconda comparsa): astenia e paralisi muscolari. Tachicardia, ipertensione arteriosa, fibrillazione”. Per i sintomi centrali: “confusione, atassia, convulsione, coma”. A causare la morte generalmente è l’insufficienza respiratoria. Ed ancora: “alcuni esteri fosforici, a distanza di 7-15 giorni dall’episodio acuto, possono provocare un effetto neurotossico ritardato (paralisi flaccida, in seguito spastica, delle estremità)”. La terapia è indicata con atropina ad alte dosi fino a comparsa dei primi segni di antropizzazione e deve essere subito somministrata la pralidossina. Cosi come va consultato un Centro Antiveleni. In buona sostanza in prossimità del centro abitato, pochi chilometri non rappresentano una distanza insormontabile per delle particelle sospinte dal vento, qualcuno ci ha messo una bomba ecologica ed ora ad altri toccherà disinnescarla.
domenica 26 gennaio 2014
LA PROTESTA A PALAZZO SAN GERVASIO
IL CORTEO
Un fiume in piena composto da donne, uomini, ragazzi ha percorso le strade di Palazzo San Gervasio capeggiato dai sindaci
L’I M P I A N TO
Al confine tra la Basilicata e la Puglia si vuole realizzare un impianto caratterizzato da più ombre che luci, su 226 ettari di terreno
«NO AL SOLARE TERMODINAMICO»
Sindaco e cittadini di Spinazzola in marcia al fianco degli abitanti della Lucania
di Cosimo Forina
La temperatura a poco meno di quattro gradi con la pioggia battente frammista a neve non ha scoraggiato il Popolo del “No al solare termodinamico”. Un fiume in piena composto da donne, uomini, ragazzi e anche piccoli che ha percorso le strade di Palazzo San Gervasio capeggiato da cinque fasce tricolore. Quelle indossate in nome delle Città dai primi cittadini o loro rappresentanti, di Palazzo San Gervasio, Genzano di Lucania, Maschito, Montemilone ed anche Spinazzola. La sfida di “Davide ” contro “Golia” ha un cuore pulsante. E’ quello dei Comitati Cittadini sorti in difesa della salute e dell’ambiente, degli studenti, dei sindacati e dei rappresentanti di categoria. Dei partiti locali, di destra e di sinistra, che se ne “fregano” delle decisione dei loro vertici. Spesso ipocritamente accondiscendenti, se non promotori, che hanno condannato non senza interesse, all’asservimento il territorio per favorire gli industriali, lobby, del sole e del vento nella loro speculazione in nome della “green economy”. La scelta di un territorio non arriva mai per caso. Quella che ha sfilato ieri mattina a Palazzo San Gervasio è una Basilicata e Puglia a suo confine che si ribella all’ennesimo scempio. Per un impianto solare termodinamico caratterizzato da più ombre che luci, tanto da aver suscitato, come vedremo, la reazione di associazioni ambientaliste nazionali, che andrebbe ad occupare “tombandoli” 226 ettari di terreno. Da collocare sul territorio di Banzi, assente questa città nella manifestazione, a ridosso del Comune di Palazzo San Gervasio ed a confine con quello di Spinazzola. Un impianto che qualora realizzato cancellerebbe per sempre, con i suoi specchi parabolici del valore di 300milioni di euro e 1300 milioni di euro di utili in 25 anni, con alto rischio ambientale: storia, cultura, paesaggio, coltura agricola, identità rurale che distingue da millenni questo tratto di Paese. Dietro la Teknosolar2 srl di Matera presentatrice del discusso impianto non solo l’Associazione Nazionale Energia Solare Termodinamica (Anest). Dentro i fabbricanti delle componenti della tecnologia messa a punto dal fisico Rubbia. Ma anche il fior fiore di aziende italiane che dalle energie rinnovabili e dal solare termodinamico ora, dopo aver fatto pressione sul Governo, vogliono trarre il massimo del profitto. Un dedalo di imprese che intende piazzare, partendo dalla Sardegna dove è anche ribellione, passando dalla Sicilia e Basilicata il rischioso solare termodinamico dopo averlo sperimentato, nel mondo. E’ l’affare degli affari. Mentre è nei fatti: vento, sole, biomasse, non hanno prodotto fin ora la riduzione di un solo grammo di combustibile fossile con cui si continua a produrre energia, ma solo parole di inganno in nome del protocollo di Kyoto. Si veda come esempio concreto quello che avviene nella Puglia del governatore Nichi Vendola, ormai sfregiata ovunque da pali eolici e pannelli solari, dove è costante, se non aumentata, la produzione della centrale alimentata a carbone di Cerano a Brindisi. Ma la Basilicata non è da meno nella trappola dove ovunque stanno sorgendo selve di pali eoliche, specchi smembra paesaggio, ed ora anche il solare termodinamico, mentre si vuole raddoppiare l’estrazione, la mungitura, del petrolio dal suo sottosuolo. Nonostante sia stata constatato l’avvelenamento di intere aree. Il popolo dell’Alto Bradano – come hanno dichiarato i sindaci insieme con le associazioni, vuole il rispetto e la salvaguardia del territorio, non fidandosi nemmeno più della politica: «Noi ce ne “fottiamo” del business della “green economy ”, per noi quello che conta è la Vita», ha gridato.
LA LUNGA BATTAGLIA CONTRO QUEGLI SPECCHI
Sempre più ombre sull’affare milionario dell’impianto solare termodinamico. Alle osservazioni già pubblicate dalla “Gazzetta” fatte giungere alla Regione Basilicata, dall’ing. Donato Cancellara per conto di suo padre, Antonio, proprietario di alcuni terreni interessati dal progetto, si sono aggiunte quelle di diverse associazioni nazionali, inviate anche alla Procura di Potenza e alla Commissione Europea. Lo scorso 10 gennaio a dirsi contraria è stata l’associazione VAS di Roma che con il suo presidente On.Guido Pollice, il quale ha denunciato vizi di legittimità: “un grave pregiudizio dalla eventuale realizzazione di un simile impianto”. Spingendosi a chiedere: «all’Unione Comuni Alto Bradano di confermare il rigetto del rilascio della “autorizzazione paesaggistica” ed agli Uffici della Regione Basilicata di non rilasciare l’Autorizzazione Unica al progetto o di dichiarare nulla quella eventualmente già rilasciata » .Un filo diretto unisce la Sardegna e la Basilicata con il solare termodinamico dove Anest ha individuato le aree in cui far sorgere gli impianti termodinamici sperimentali. Il dott. Stefano Deliperi per la onlus di Cagliari, Gruppo d’Intervento Giuridico, analizzata la documentazione della Teknosolar ha chiesto a sua volta «l’annullamento degli eventuali atti di approvazione intervenuti a qualsiasi titolo (urbanistico-edilizio, paesaggistico) in quanto adottati in assenza di preventiva e vincolante autorizzazione paesaggistica». Ed è stata proprio questa associazione ad aver interessato del caso Banzi-Teknosolar Procura e Commissione Europea. Tra le altre contestazioni: «l’impianto termodinamico prevedrebbe 4 condotti di scarico per ingenti emissioni inquinanti in atmosfera ad un’altezza di 18m dal suolo. In particolare, sono previste emissioni di benzene e fenolo in atmosfera, quali prodotti di degradazione, alla temperatura aeriforme di 35 °C, per 365 giorni all’anno». Inoltre, in seguito ai riscaldatori ausiliari HTF derivanti dalla combustione di gas fornito dalla Rete SNAM, l’impianto della Teknosolar2 funzionerebbe a sole e gas, viene specificato: “sono previste emissioni in atmosfera di monossido e biossido di azoto (più in generale di ossidi di azoto - NOx), alla temperatura di 200 °C, per 365 giorni all’anno, per 4.1 ore al giorno, con velocità dell’effluente di circa 15 m/s, portata media di 6351 mc/h per ciascuno dei 3 riscaldatori ausiliari, per un totale di 19053 mc/h». Non da meno si pone accento che: «il Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per la Basilicata, con provvedimento n. 14433 del 9 dicembre 2013 ha fornito il proprio motivato parere vincolante negativo al rilascio della necessaria autorizzazione paesaggistica». Viene pertanto rammentato che: «il prescritto parere è obbligatorio e vincolante, anche in sede di conferenza di servizi». Se questa è l’opera meritoria di privati e associazioni in contrasto al «termodinamico» c’è da chiedersi il perché i Comuni non abbiamo fin qui, oltre alla manifestata buona volontà di contrastare la Teknosolar 2, prodotto propri atti da far giungere alla Regione Basilicata dove è in itinere l’autorizzazione del mega-impianto
venerdì 10 gennaio 2014
AMBIENTE
Il progetto nella vicina Banzi
SPERIMENTALE
L’impianto solare termodinamico sperimentale da 50Mw sul territorio di Banzi, su terreno irriguo da “tombare” a confine con Spinazzola
IL DISASTRO
Agricoltori hanno spiegato: “L’area sarà sbancata e quando la Teknosolar andrà via lascerà novemila pali di cemento nel terreno”
SOLARE TERMODINAMICO IMPIANTO CHE FA PAURA
Spinazzola, cresce il fronte per evitare lo scempio sulla Murgia
di Cosimo Forina
Spinazzola-Ora l’impianto solare termodinamico “sperimentale” da 50 Mw che si vuole costruire sul territorio di Banzi, terreno irriguo da “tombare” 226 ettari, a confine con le città di Palazzo San Gervasio e Spinazzola è “caso” nazionale. Ad accendere il cerino e passarlo tra le dite di altri si è scomodato il TG di Rai1 nella edizione delle 20, la più seguita, del 7 gennaio. Qualche milione di telespettatori ai quali tramite il servizio equilibrato della collega Roberta Badaloni, è stata spiegata la contesa tra una società di Matera, la Teknosolar 2 srl amministratore Giovanni Fracasso, (capitale sociale di 10mila euro-investimenti previsti 300milioni di euro) ed i comitati cittadini sorti spontanei contrari al mega impianto. Servizio condiviso nella rete su migliaia di profili sparsi nello stivale. Priorità: difesa del suolo, salute e paesaggio. Nel servizio, agricoltori, come Domenico Cancellara hanno spiegato agli italiani che “l’area sarà sbancata e quando la Tecnosolar andrà via lascerà novemila pali di cemento piantati nel terreno”. Un disastro. Mentre, Nicola Savia del comitato “NO Termodinamico”, presidente Maurizio Tritto, sorto a Palazzo San Gervasio, si è soffermato sulla irrisorietà della ricaduta occupazionale: “35 posti di lavoro che non meritano l’annientamento dell’area”. Di tutt’altro avviso l’amministratore della Teknosolar2, Giovanni Fracasso per il quale: “l’impianto rappresenta una occasione unica e rilevantissima di sviluppo socio economico per il territorio. Consente la riduzione del consumo di gas nella misura di circa 40milioni di metri cubi ogni anno.” E per far questo, sempre Fracasso, ha assicurato: “gli agricoltori saranno risarciti, l’impianto non inquinerà e saranno utilizzati alberi per non violare il panorama”. Da sottolineare una delle tante contraddizione dell’affare, oltre ad utilizzare il sole è proprio del metano di cui avrà bisogno l’impianto quando gli specchi parabolici non irradiati, non permetteranno l’accumulo del calore. Ma poi, si può davvero concepire che è sufficiente “pagare”, piantumare qualche albero, per dirsi liberi di effettuare lo stravolgendo di una intera area di estremo pregio contro il parere dei cittadini ed Enti, come la Soprintendenza ai Beni Paesaggistici, che ha espresso il suo parere negativo? E poi perché? Il solare termodinamico in Basilicata, fatto passare come panacea, si aggiunge ad eolico, fotovoltaico, biomasse, non per caso. Un grande affare e lo potrebbe essere ancora di più, se proprio gli impianti sperimentali, a partire da quello di Banzi, riusciranno a dare risposte tecnologiche che consentirebbero ad un gruppo di imprenditori italiani di esportare nel mondo questa tipologia che ricalca gli studi del fisico Rubbia. Ed a chi fanno gola i miliardi di euro che da tutto questo scaturirebbero? In Italia si è costituita l’Associazione Nazionale Energia Solare Termodinamica (ANEST) il cui scopo è quello di favorire lo sviluppo della tecnologia. A farne parte imprenditori legati alla costruzione delle componenti degli impianti e non solo. Il 19 aprile 2011 ANEST ha presentato alla Camera dei Deputati, VIII Commissione: Ambiente, territorio e lavori pubblici, una indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Richiedendo alla “politica” leggi, oltre agli incentivi, il termodinamico è rientrato tra quelli finanziati, per la disponibilità alla colonizzazione dei suoli per mettere a punto la sperimentazione. Obbiettivo la creazione di una filiera tutta italiana in cui si sono tuffate dentro grandi aziende come: Marcegaglia, Techint, Archimede Solar Energy, Biosolar Flenco, Enel Green Power, Toto. Medie aziende come: Almeco, FERA, Reflex, Turboden, Xeliox. Nur Energie e piccole aziende: Trivelli Energia, Solo Rinnovabili, Solar Brain, Struttura Informatica, Costruzioni Solari, Sitalcea, Innova, Dedalo Esco. Tutte insieme appassionatamente, di cui anche la Teknosolar2 di Matera è parte integrante. Nel documento di audizione alla Camera oltre alla conquista del mondo, il progetto Desertec: “piano di investimento da 400 miliardi che prevede di avviare la produzione di energia elettrica nel deserto del Sahara e di trasferirla poi in Europa (Terna ha già in progetto il cavo sottomarino da 1.000MW Tunisia – Italia)”. “Una parte considerevole di energia, dice l’ANEST, sarà prodotta dal termodinamico e su questa partita è importante che le imprese italiane siano adeguatamente supportate per non perdere anche questa opportunità”. L’appello deve aver trovato sponda ma non si è tenuto conto che in Basilicata, altri progetti sono stati previsti dall’ANEST in Sardegna, Sicilia,Marche, Calabria, Puglia, in quel di Palazzo San Gervasio e dintorni nessuno è disponibile a fare da “cavia” agli industriali del sole.
Il progetto nella vicina Banzi
SPERIMENTALE
L’impianto solare termodinamico sperimentale da 50Mw sul territorio di Banzi, su terreno irriguo da “tombare” a confine con Spinazzola
IL DISASTRO
Agricoltori hanno spiegato: “L’area sarà sbancata e quando la Teknosolar andrà via lascerà novemila pali di cemento nel terreno”
SOLARE TERMODINAMICO IMPIANTO CHE FA PAURA
Spinazzola, cresce il fronte per evitare lo scempio sulla Murgia
di Cosimo Forina
Spinazzola-Ora l’impianto solare termodinamico “sperimentale” da 50 Mw che si vuole costruire sul territorio di Banzi, terreno irriguo da “tombare” 226 ettari, a confine con le città di Palazzo San Gervasio e Spinazzola è “caso” nazionale. Ad accendere il cerino e passarlo tra le dite di altri si è scomodato il TG di Rai1 nella edizione delle 20, la più seguita, del 7 gennaio. Qualche milione di telespettatori ai quali tramite il servizio equilibrato della collega Roberta Badaloni, è stata spiegata la contesa tra una società di Matera, la Teknosolar 2 srl amministratore Giovanni Fracasso, (capitale sociale di 10mila euro-investimenti previsti 300milioni di euro) ed i comitati cittadini sorti spontanei contrari al mega impianto. Servizio condiviso nella rete su migliaia di profili sparsi nello stivale. Priorità: difesa del suolo, salute e paesaggio. Nel servizio, agricoltori, come Domenico Cancellara hanno spiegato agli italiani che “l’area sarà sbancata e quando la Tecnosolar andrà via lascerà novemila pali di cemento piantati nel terreno”. Un disastro. Mentre, Nicola Savia del comitato “NO Termodinamico”, presidente Maurizio Tritto, sorto a Palazzo San Gervasio, si è soffermato sulla irrisorietà della ricaduta occupazionale: “35 posti di lavoro che non meritano l’annientamento dell’area”. Di tutt’altro avviso l’amministratore della Teknosolar2, Giovanni Fracasso per il quale: “l’impianto rappresenta una occasione unica e rilevantissima di sviluppo socio economico per il territorio. Consente la riduzione del consumo di gas nella misura di circa 40milioni di metri cubi ogni anno.” E per far questo, sempre Fracasso, ha assicurato: “gli agricoltori saranno risarciti, l’impianto non inquinerà e saranno utilizzati alberi per non violare il panorama”. Da sottolineare una delle tante contraddizione dell’affare, oltre ad utilizzare il sole è proprio del metano di cui avrà bisogno l’impianto quando gli specchi parabolici non irradiati, non permetteranno l’accumulo del calore. Ma poi, si può davvero concepire che è sufficiente “pagare”, piantumare qualche albero, per dirsi liberi di effettuare lo stravolgendo di una intera area di estremo pregio contro il parere dei cittadini ed Enti, come la Soprintendenza ai Beni Paesaggistici, che ha espresso il suo parere negativo? E poi perché? Il solare termodinamico in Basilicata, fatto passare come panacea, si aggiunge ad eolico, fotovoltaico, biomasse, non per caso. Un grande affare e lo potrebbe essere ancora di più, se proprio gli impianti sperimentali, a partire da quello di Banzi, riusciranno a dare risposte tecnologiche che consentirebbero ad un gruppo di imprenditori italiani di esportare nel mondo questa tipologia che ricalca gli studi del fisico Rubbia. Ed a chi fanno gola i miliardi di euro che da tutto questo scaturirebbero? In Italia si è costituita l’Associazione Nazionale Energia Solare Termodinamica (ANEST) il cui scopo è quello di favorire lo sviluppo della tecnologia. A farne parte imprenditori legati alla costruzione delle componenti degli impianti e non solo. Il 19 aprile 2011 ANEST ha presentato alla Camera dei Deputati, VIII Commissione: Ambiente, territorio e lavori pubblici, una indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Richiedendo alla “politica” leggi, oltre agli incentivi, il termodinamico è rientrato tra quelli finanziati, per la disponibilità alla colonizzazione dei suoli per mettere a punto la sperimentazione. Obbiettivo la creazione di una filiera tutta italiana in cui si sono tuffate dentro grandi aziende come: Marcegaglia, Techint, Archimede Solar Energy, Biosolar Flenco, Enel Green Power, Toto. Medie aziende come: Almeco, FERA, Reflex, Turboden, Xeliox. Nur Energie e piccole aziende: Trivelli Energia, Solo Rinnovabili, Solar Brain, Struttura Informatica, Costruzioni Solari, Sitalcea, Innova, Dedalo Esco. Tutte insieme appassionatamente, di cui anche la Teknosolar2 di Matera è parte integrante. Nel documento di audizione alla Camera oltre alla conquista del mondo, il progetto Desertec: “piano di investimento da 400 miliardi che prevede di avviare la produzione di energia elettrica nel deserto del Sahara e di trasferirla poi in Europa (Terna ha già in progetto il cavo sottomarino da 1.000MW Tunisia – Italia)”. “Una parte considerevole di energia, dice l’ANEST, sarà prodotta dal termodinamico e su questa partita è importante che le imprese italiane siano adeguatamente supportate per non perdere anche questa opportunità”. L’appello deve aver trovato sponda ma non si è tenuto conto che in Basilicata, altri progetti sono stati previsti dall’ANEST in Sardegna, Sicilia,Marche, Calabria, Puglia, in quel di Palazzo San Gervasio e dintorni nessuno è disponibile a fare da “cavia” agli industriali del sole.
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