mercoledì 14 settembre 2011

PRIGIONI E AULE POLLAIO
Editoriale di RINO DALOISO
Gli incroci della cronaca spesso sono incredibilmente significativi. Oggi, documentiamo le conseguenze dello smantellamento del carcere di Spinazzola, già struttura modello (gli ispettori ministeriali dissero) e dal volto umano per detenuti sex offender. Il trasloco in corso, ahinoi, cittadini-contribuenti, attoniti spettatori paganti di questo scempio, puzza di razzìa. Quella struttura è stata inutilizzata fino al 2004. Dopo 7 anni, viene chiusa, saccheggiandola. «È antieconomica», ha sentenziato a giugno il ministero di giustizia. E ha sfrattato detenuti e guardie carcerarie. Quello stesso ministero di giustizia ora dovrà risarcire un detenuto nel carcere di Lecce: il tribunale di sorveglianza ha riconosciuto «lesive della dignità umana» le condizioni in cui un cittadino tunisino è stato imprigionato. Un mese di ingiusta sofferenza suppletiva dietro le sbarre, hanno stabilito i giudici, «vale» 220 euro. Una inezia, da un lato. L’apertura di una falla dalle proporzioni inimmaginabili, dall’altro, vista la pioggia di ricorsi che s’annuncia. E pensare che alcuni detenuti dell’ex carcere di Spinazzola sono stati trasferiti proprio a Lecce. Quello che lo Stato «risparmierà» (ma sarà davvero così?) lo scucirà risarcendo i danni a detenuti ristretti in celle sempre più simili a disumani pollai? «Chi apre la porta di una scuola, chiude una prigione», ha scritto due secoli fa il francese Victor Hugo. Ora si chiudono le porte di prigioni «dal volto umano» e si riempiono simultaneamente celle ed aule scolastiche come pollai. Non era forse meglio la Francia dei miserabili dell’Ottocento?
BENI PUBBLICI
UNA STRUTTURA ABBANDONATA
LO SPRECO
L’istituto avrebbe potuto svolgere ben altro ruolo: con l’impiego di altre dodici unità
avrebbe potuto ospitare oltre cento detenuti
UN FUTURO INCERTO
In attesa di conoscere il futuro dell’immobile, resta una certezza: per recuperarlo ci vorranno decine, forse centinaia, di migliaia di euro
CARCERE, TRASLOCO? NO,UN SACCHEGGIO
Spinazzola, ecco come la rimozione delle linee elettriche lascia il segno sulle pareti
di COSIMO FORINA
Ecco in esclusiva le fotografie dello smembramento, più che lo smontaggio, del carcere di Spinazzola. Questo è quel che resta di un Istituto Penitenziario di eccellenza nazionale in cui si combatteva la recidiva dei detenuti sex offender, costato alla collettività miliardi di vecchie lire. Un quadro desolante al pari di altri registrati sul territorio. L’eloquenza delle fotografie non lascia dubbi di interpretazione: un saccheggio. Se mai si dovesse decidere, viste le interpellanze e le interrogazioni parlamentari in corso rivolte al Ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma di riattivare questa struttura ci vorranno decine se non centinaia di migliaia di euro. Chi pagherà? In questi mesi dopo il decreto di chiusura firmato dall’ex Guardasigilli Angiolino Alfano il 16 giugno, in molti hanno richiamato alla riflessione sul da farsi. Ed invece la macchina dell’azzeramento ordinata l’8 agosto a firma del Provveditore Regionale Giuseppe Martone sembra aver preso tutt’altra piega. In quell’ordine di servizio all’assistente capo Pietro Mastrototaro veniva dato mandato con l’ausilio di altri di provvedere solo, e va sottolineato il solo, alle operazioni di smontaggio delle attrezzature, all’elettricista Raffaele Titali solo allo smontaggio delle apparecchiature elettriche previ accordi con la direzione del Istituti Penitenziari di Trani, al ragioniere Emanuele De Giuseppe l’incarico di coordinamento delle operazioni di trasloco. Trasloco non significa razzia. Lasciare ferite nelle pareti per portar via una cassetta di sicurezza di poche centinaia di euro appartiene all’inverosimile. Uno sfregio di cui non si può non chiedere di dar conto ai cittadini in un momento in cui si impongono sacrifici per tutti. Un carcere, quello di Spinazzola, che con l’impiego di dodici unità in più rispetto all’organico che lo reggeva poteva ospitare oltre cento detenuti ora è un insieme di stanze vuote, lacerate nelle loro funzioni. No non è questo che ci aspettava con la dismissione, lo hanno gridato i sindacati come l’Ugl Polizia Penitenziaria, lo gridano tutti quei detenuti ammassati come sardine nelle carceri fatiscenti italiane dove sovente trovano la morte per suicidio. Le fotografie sono state inoltrate per ogni opportuna valutazione ai parlamentari Radicali che sull’Istituto di Spinazzola hanno presentato una interrogazione a cominciare dall’on. Rita Bernardini che nei giorni scorsi aveva inoltrato al Ministro Nitto Palma e al suo capo di gabinetto Settembrino Nebbioso richiesta di accesso alla documentazione che aveva portato a dichiarare il carcere di Spinazzola antieconomico. Si voleva capire l’illogicità, ed invece, sembra che si sia proceduto col l’intento di portar via tutto quanto era possibile, quasi a non voler far tornare indietro sulla scelta della dismissione. Perché? Cosa realmente nasconde la chiusura del carcere di Spinazzola? Qualcuno spieghi il senso di tutto questo al neo garante dei detenuti della Regione Puglia, Pietro Rossi che, dopo aver fatto visita al carcere di Spinazzola insieme con il consigliere regionale Ruggiero Mennea, si era detto certo sull’opportunità della riapertura dell’Istituto, anche con l’ausilio ed il supporto del presidente della Regione Nichi Vendola. Ora il Ministro ha una ragione in più per riflettere, tornare indietro rispetto al suo predecessore, come da quest’oggi in molti sono chiamati ad esprimersi su quanto avvenuto. A partire dal sindaco Nicola Di Tullio che non potrà non far sentire la sua voce. Così come ricorderanno quel che era questo Istituto Penitenziario i parlamentari che si sono avvicendati nello loro visite e nel manifestare il loro sostegno a detenuti ed operatori: dall’on. Pierfelice Zazzera (Idv), all’on. Benedetto Fucci e al sen. D’Ambrosio Lettieri, a loro il compito di spiegare e farsi spiegare anche dal dirigente del dipartimento del Ministero Franco Ionta, l’uomo che ha segnato la sorte del carcere di Spinazzola, se quanto successo rientra nel pieno rispetto dovuto alle strutture dello Stato.

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