martedì 24 settembre 2013

BENI CULTURALI
LA MURGIA CHE NON TI ASPETTI
ATTACCHI DI OGNI GENERE
Le rupi interessate dalle primitive forme d’arte sono state anche pesantemente incise dai chiodi di improvvisati rocciatori
DIFFUSA INDIFFERENZA
L’intervento atteso della Sovrintendenza fino ad oggi non c’è stato. E così i reperti ritrovati sono dispersi in vari luoghi
CAVONE, INCISIONI RUPESTRI A RISCHIO
Spinazzola, studiate dall’Università di Pisa ma poi dimenticate dal Comune
di Cosimo Forina
Cosa c’è di più prezioso se non le testimonianze del passato? Eppure del patrimonio storico e archeologico della città e del suo territorio sembra che si possa fare impunemente scempio. Sulla Murgia, in località “Cavone ”, zona Parco, in un rifugio scavato nella roccia nel 2006 sono state scoperte delle incisioni databili all’Età dei Metalli. A leggerne lo studio condotto dall’Università di Pisa pubblicate sul Bullettino di Paleontologia del 2008 la loro unicità avrebbe dovuto quanto meno imporre la loro tutela e conservazione. Ed invece sulla parete in cui sono contenute sono spuntati una infinità di perni da alpinisti, ben piantati sui massi, utilizzati probabilmente da scalatori della domenica che proprio li hanno deciso, ignari almeno si spera, di esercitarsi nelle loro specialità. Proprio così. C’è da chiedersi chi può aver autorizzato l’impresa e come mai la zona non sia stata segnalata ed interdetta da simili attività.
Sul riparo delle incisioni come sul sito limitrofo dell’Età del Bronzo portato in luce contemporaneamente qualche anno fa, l’Ente Parco dell’Alta Murgia ha previsto un progetto per rendere il tutto fruibile. Il Comune di Spinazzola invece dopo aver finanziato in parte la ricerca dell’Università di Pisa non ha poi fatto nulla successivamente per la tutela e la valorizzazione. Vero, questo non rappresenta una novità. Basti pensare alla infinità di reperti archeologici che scoperti sul suo territorio, finanche nel cuore della città, dal Neolitico di Grottelline, Età del Bronzo del Garagnone e Castello, Santissima epoca Romana, per incuria e sentenza del magistrato sono finiti regolarmente per mancanza di un museo, ma questo non rappresenta giustificazione solo amara colpa, negli scantinati, pardon, depositi della Sovrintendenza tra Gravina ed Altamura. Che brutta condanna per la città depredata delle sue testimonianze. La Murgia non è nuova a raccontare la presenza dell’uomo organizzato in forma stanziale nei millenni, tanto con villaggi arcaici che con particolari sepolcri e architetture rupestri che giungono sino ai nostri tempi. Le incisioni di Spinazzola rappresentano forse la prima forma di scrittura o esposizione grafica se si preferisce, in cui viene narrata la sua organizzazione e convivenza con esseri simili, con il mondo animale e vegetale che lo circondava. Ma queste cose per il loro valore storico e culturale, valle a spiegare a chi ha mostrato finqui inadeguatezza. Ed in vero per queste antichità non è che bella figura ci ha fatto nemmeno la Sovrintendenza. Tra un balzello e l’altro, oltre a portarsi via ogni reperto rinvenuto, non ha mai inteso riconoscere, fin qui, come per legge, nulla a chi ha segnalato la scoperta. L’Università di Pisa sulle incisioni era arrivata a queste conclusioni: «nel caso del Cavone
tuttavia l’associazione tra stelle, clessidre, losanghe e antropomorfi sembra essere del tutto contemporanea e voluta nella realizzazione di una scena il cui significato resta ignoto: potrebbe essere una cerimonia, o una scena di caccia, ma si potrebbe ipotizzare addirittura l’evocazione di una battaglia tra gruppi diversi». C’è dell’altro? Con la Murgia che cela ancora integra la sua storia c’è sempre dell’altro. Non molto lontano dalle incisioni e dai ritrovamenti dell’Età del Bronzo sono state rilevate, da ultimo, mostriamo qui alcune fotografie, alcune pietre allineate come a costituire dei recinti. Da escludere una qualsiasi similitudine con i muretti a secco tipici della Murgia. Potrebbe trattasi di altre interessanti aree archeologiche che andrebbero persino a coincidere con alcune delle ipotesi avanzate dall’Università di Pisa. Il dilemma per lo scopritore questa volta è se vale la pena segnalare da subito il tutto alla Sovrintendenza o meno. Il rischio che se verrà rinvenuto
qualcosa, ancora una volta i reperti verrebbero portati via da Spinazzola. Altra possibilità è attendere che il Comune si doti di un museo dove conservare i reperti. Ed un progetto in tal senso è stato presentato dall’attuale amministrazione e pare essere giunto persino ad un buon punto nel suo iter di approvazione. Certo la curiosità di sapere cosa cela la terra anche in queste ultime e casuali osservazioni è tanta. Però l’idea di veder passare tutto sotto il naso e veder arricchita ulteriormente altra città a discapito di Spinazzola non rallegra affatto. Ai primitivi della Murgia, che da qualche millennio riposano tranquilli probabilmente toccherà ancora attendere prima di essere testimoni del loro tempo. In questa epoca, tempi amari per il disamore fin qui mostrato per la storia, meglio non rischiare. Per gli arrampicatori domenicali si auspica che siano fermati prima che con i loro trapani e chiodi, producano altri irreparabili danni al patrimonio della città come quelli causati dall’incapacità e dall’indifferenza.

SPINAZZOLA LE PARTI SALIENTI DELLO STUDIO EFFETTUATO DALL’UNIVERSITÀ DI PISA
«SIMBOLI ATTRIBUIBILI ALL’ETÀ DEI METALLI»
Ecco le parti salienti dello studio sulle incisioni di Spinazzola condotto dell’Università di Pisa: «il lavoro presenta le recenti ricerche svolte in località Il Cavone, a Spinazzola, dove è stato individuato un piccolo riparo sotto roccia nel quale un masso con superficie lisciata reca numerose sottili incisioni. Sul pianoro soprastante sono stati condotti saggi archeologici che hanno rivelato la presenza di un insediamento dell’età del Bronzo. Sulla base delle associazioni dei simboli e dei confronti, la maggior parte delle incisioni è attribuibile all’età dei Metalli». La similitudine tra Spinazzola e gli altri siti: «Tutti questi simboli trovano agevolmente confronti nell’arte rupestre del Levante spagnolo, della Francia meridionale e in alcune località della Liguria e dell’arco alpino: sono comuni a parecchi siti gli antropomorfi schematizzati, anche quelli con mani e piedi evidenti, i reticoli, gli zig-zag contrapposti, le file di losanghe, le frecce, i pentacoli e le clessidre, i pettiniformi o alberiformi. In alcuni casi, soprattutto nella Penisola Iberica, sono ben riconoscibili scene di caccia al cervo o scene di battaglia, ma quasi sempre le sovrapposizioni sono complesse e l’identificazione dei rapporti non è sempre agevole, tanto più che spesso si trovano incisioni di epoche diverse fino ad età recenti. In via preliminare si può osservare che molti dei soggetti individuati nel masso inciso del Cavone trovano confronti puntuali in vari siti dei Pirenei orientali (Peyra Escrita, Formiguères, Font-Roja, Caixas), dell’Hérault (Grotte aux Oiseaux), e in diverse grotte dell’Ariège (Sainte-Eulalie, Grand-Père, ecc.) dove sono presenti tutti questi simboli, molto spesso organizzati in scene complesse. Particolari risultano le associazioni di antropomorfi con uomini a vicino al capo: per essi si può citare a titolo esemplificativo il confronto con una figura della Grotta di Sainte-Eulalie, per la quale è stata avanzata l’ipotesi di un guerriero che tiene in mano una testa tagliata. Anche al Monte Bego sono numerosi gli antropomorfi raffigurati: si hanno
moduli a semplici, moduli filiformi con mani e piedi, segni a pettine antropomorfo. In Liguria, all’Arma della Moretta e a Orco Feglino, si trovano figure a freccia e antropomorfi filiformi che in alcuni casi sembrano impugnare armi. Sovrapposizioni di incisioni sono note anche in Lunigiana (Toscana): nella Grotta di Diana presso Canossa si distinguono figure a balestra, reticoli e coppelle. Per l’Italia centro-meridionale si conoscono soprattutto figure in genere isolate o non raggruppate, sovente dipinte in rosso, piuttosto frequenti verso la Maiella e in Umbria1». La datazione: «gli elementi incisi individuati, per lo stile e l’iconografia, con molta probabilità possono essere ricondotti ad un momento dell’età dei Metalli, tra Eneolitico ed inizi dell’età del Bronzo, ma la datazione di questi complessi è ancora problematica per la maggior parte dei casi, dato che alcuni di questi simboli come i pentacoli e i cruciformi continuano fino in epoca storica». Ma cosa rappresentano: «l’ipotesi che si tratti di una cerimonia potrebbe essere avvalorata dalla presenza dei
personaggi isolati alle estremità sinistra e destra della composizione, nonché dal fatto che delle quattro figure centrali, che sembrano distese, due abbiano la testa ben evidenziata a disco raggiato o a triangolo e stelle a cinque punte evidentemente connesse al corpo. Gli altri personaggi disposti intorno sono in movimento e potrebbero simulare una danza. Inoltre la fitta presenza di clessidre, stelle a cinque punte e file di losanghe nell’area dove sembra svolgersi la parte centrale della scena riveste verosimilmente un significato simbolico. Un raffronto relativo a una probabile scena cerimoniale potrebbe essere istituito con lepitture in rosso del Riparo di Pacentro (Aquila) dove un gruppo di personaggi ammantati sembra trovarsi in atto di preghiera: una figura con braccio teso si trova isolata poco distante dal gruppo». La seconda ipotesi: «un riferimento invece ad una scena di caccia o a un sacrificio potrebbe essere visto nel recinto che racchiude lo zoomorfo e verso il quale sembrano correre quattro figure in movimento. Un altro zoomorfo si trova all’estremità destrae sembra “cavalcato ” da un piccolo antropomorfo e sparsi su tutta l’area vi sono numerosi segni pettiniformi che potrebbero al limite essere considerati stilizzazioni di cervi». Terza supposizione: «una scena di guerra potrebbe altresì essere tenuta in considerazione per il fatto che personaggi provvisti di ornamenti sembrano essere armati e circondare i quattro distesi. Scene di caccia, di guerra e di vita quotidiana sono ben note soprattutto nell’arte levantina, ma con stili differenti da questa in esame; molti simboli tuttavia sono comuni ad un vasto areale e indicano l’insorgere di nuove concezioni che riguardano nuovi aspetti sociali e ideologici. Si può notare che spesso, nelle scene di gruppo, si distingue un personaggio centrale, più ricco nei dettagli degli altri e che potrebbe simboleggiare una gerarchia o un guerriero eccezionale. Nel caso del Cavone si distinguono bene i personaggi con ornamenti e armi, quelli in posa di orante e quelli con particolari speciali (testa a maschera, doppio simbolo antropomorfo, stella o clessidra associata).Ovviamente l’interpretazione è molto difficile, ma sembra probabile che tutto il complesso si riferisca piuttosto a una sorta di cerimoniale in cui sono evidenti le differenze tra i vari personaggi, cerimoniale che appare controllato dalle figure isolate ai margini e reso evidente dall’abbondanza di simboli. Resta complicato inoltre spiegare il significato dell’associazione degli zoomorfi con gli uomini e la fitta concentrazione di simboli nello spazio centrale delimitato dagli antropomorfi».


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