sabato 18 settembre 2010


RIFIUTI, LA DIFFERENZIATA RESTA AL PALO SPINAZZOLA, CON UN IRRISORIO 2,5 PER CENTO: RESTA IN CODA NELLA CLASSIFICA PROVINCIALE
di Cosimo Forina
• Raccolta differenziata con un ridicolo 2,5 per cento, unico dato disponibile nel sito della Regione Puglia, quello di gennaio 2010, Spinazzola è ultima nel Bacino Ba/4 ed è ultima tra le città della Provincia Barletta-Andria-Trani. Fanalino di coda nonostante nell’amministrazione comunale, in giunta vi è come assessore il “Verd e ” Giuseppe Tarantini a cui dovrebbero particolarmente stare a cuore le politiche ambientali e nonostante il sindaco, Carlo Scelzi, riveste ruolo di presidente dell’Ambito territoriale ottimale Ba/4 che comprende le città di: Altamura, Cassano, Gravina, Grumo, Minervino, Poggiorsini, Santeramo, Spinazzola, Toritto. Ancor più risibile è il dato del 2,5 per cento che si registra a Spinazzola se si considera che la città è gemellata con Verbania che detiene il record nazionale, meritando l’Oscar come riciclona, con quasi l’80 per cento di differenziata.
LA SITUAZIONE
Una situazione che ha anche il suo costo che ricade sulla collettività. Vuoi perché contrattualmente la società che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a Spinazzola, la Tradeco di Altamura, ha contrattualmente l’obbligo di portare la città al 20 per cento di differenziata, vuoi perché non raggiungendo il minimo imposto dalla Regione Puglia di differenziata Spinazzola paga un supplemento sull’ecotassa per ogni tonnellata conferita in discarica, come da provvedimento del dirigente regionale del Servizio Ciclo dei Rifiuti e Bonifica, ing. Antonello Antonicelli.
GLI OBIETTIVI
Una situazione che avrebbe dovuto trovare la sua fine. Sei mesi fa, in marzo, erano stati annunciati dal sindaco Scelzi, durante un convegno promosso dal Consorzio Autorità di gestione dell’Ato Ba/4, dalla Provincia di Bari in collaborazione con Consea srl, gli obiettivi programmatici e le modalità di attuazione del servizio di raccolta della frazione umida dei rifiuti solidi urbani nei nove comuni del Bacino. «Il nuovo servizio di raccolta dell’umido - affermava Scelzi - nasce dalla specifica esigenza di affiancare ai sistemi di raccolta tradizionali consolidati, nuovi sistemi di raccolta differenziata, al fine di incrementare i valori percentuali di raccolta e recupero di alcuni rifiuti, primi tra tutti quelli organici. Lo sforzo tecnico è unito alla consapevolezza che la riuscita del progetto risiede soprattutto nel supporto e nella collaborazione delle famiglie oggetto della sperimentazione. Il cittadino è il primo e fondamentale anello dei riciclo: dai ai tuoi rifiuti una seconda occasione». Del progetto “Avanzi tutta” non si è saputo più nulla, ancor meno sulla adesione di Spinazzola ad unico Bacino corrispondente alla Provincia Barletta-Andria-Trani così come auspicato dal presidente Francesco Vendola. Tale scelta riaprirebbe la questione della discarica in località «Grottelline», nel territorio di Spinazzola, dove sono stati previsti oltre all’immonde zzaio, anche gli impianti di biostabilizzazione, frazione umida e deposito frazione secca dei rifiuti del Bacino Ba/4. Poiché con la nuova legge regionale a doversi occupare di rifiuti ora sono le Province. Il Bacino Ba/4 vede Spinazzola e Minervino della Provincia Barletta-Andria-Trani, mentre le città (Santeramo, Cassano, Altamura, Gravina, Grumo,Poggiorsini e Toritto) sono della Provincia di Bari.
LA RICHIESTA
E Spinazzola ha chiesto sin dal 2007 di voler uscire dal Bacino Ba/4, cosa tra l’altro oggi ancor più possibile in ragione dalla nuova legge regionale in materia di rifiuti e per far questo si ha tempo sino a novembre, termine ultimo stabilito dalla Regione Puglia per i comuni per aderire ai Bacini provinciali.Resta ancora un neo sul comportamento dell’ammini - strazione di Spinazzola in materia di rifiuti, ed è quello della non trasmissione dei propri dati sulla raccolta della differenziata alla Regione Puglia.Unica città a praticare sistematicamente questo tipo di scelta. Perché?
AMBIENTE E TERRITORIO ATTUALMENTE LE CITTÀ DELLA PROVINCIA SONO DIVISE IN TRE ATO DIVERSI NECESSARIA UNA REGIA UNICA PER FAR DECOLLARE LA RACCOLTA
• È una Provincia quella di Barletta-Andria-Trani che in materia di rifiuti urbani e differenziata viaggia nelle sue città a diverse velocità. Ve ne sono di virtuose e sono la gran parte ed altre decisamente fuori ogni logica. Le città della Provincia ricadono in Ato diversi, Spinazzola e Minervino Murge in quello Ba/4. Andria, Barletta,Trani, Bisceglie, Canosa Ato Ba/1 mentre Margherita di Savoia, San Ferdinando e Trinitapoli nell’Ato FG/4.
Una frammentazione che andrebbe arginata con la realizzazione di un unico Bacino provinciale come auspicato più volte dal presidente della Provincia Francesco Vendola. E questo per diverse ragioni. Prima tra tutte la competenza in materia di rifiuti affidata dalla Regione alle Province. Nella classifica negativa con percentuali risibili in materia di differenziata maglia nera spetta a Spinazzola con il 2,5%, poi a seguire Minervino Murge che non si discosta di molto e Margherita di Savoia che pur con un dato più che raddoppiato rispetto a queste due città comunque si ferma su di una media del 6%. Tutte le altre città della BT competono tra loro con dati di differenziata a due cifre. Pur mantenendosi ben al disotto di quello che era stato programmato, in modo velleitario per la mancanza di strutture, dalla Regione Puglia, con un 42% di differenziata. Solo tre delle dieci città della BT effettuano la raccolta della frazione organica umida. Si tratta di Barletta, Bisceglie e Trinitapoli, prima in classifica quest’ultima nella percentuale di raccolta differenziata in Provincia con una media che sfiora il 22%. Questa prima proiezione dei dati del territorio della BT riscontrabili dal sito della Regione Puglia sta ad indicare come in materia di rifiuti è necessaria un'unica regia capace di stimolare e portare allo stesso livello di sensibilità le popolazioni al fine di agire all’uni - sono in difesa dell’ambiente almeno in materia di rifiuti. È un campo delicato quello dei rifiuti, spesso caduto nella cronaca giudiziaria, proprio perché la speculazione, il guadagno con sistemi non sempre ortodossi sono dietro l’angolo e può portare a diverse distorsioni. L’eloquenza dei dati però indica che è possibile migliorare la qualità dei servizi e il controllo di chi li gestisce, assicurando da parte delle amministrazioni comunali progetti miranti ad elevare la qualità del sistema. A partire dalla trasparenza ovvero nel rendere pubblici i dati della propria città. Scoprire che Spinazzola e Minervino Murge da mesi non comunicano in Regione i propri dati in materia dei rifiuti urbani, di certo non eleva l’azione di controllo che ogni cittadino ha il diritto di esercitare, ancor più quando il servizio è a copertura di pagamento della collettività.

L’OSPEDALE CHIUDERÀ NONOSTANTE LE PROMESSE SPINAZZOLA, IL NUOVO PIANO PREVEDE LA DISMISSIONE DELLA STRUTTURA
di Cosimo Forina
Confermate le voci sulla dismissione degli ospedali di Spinazzola e Minervino Murge, unici nosocomi della Asl/Bt a chiudere i battenti. La ratifica nel piano dei tagli previsti dalla Regione approderà in consiglio la prossima settimana. Oltre a Spinazzola e Minervino chiudono altri sedici ospedali nella Regione, mentre i posti letto da tagliare entro il 2012 saranno 2200, portandoli da 4 a 3 ogni 1000 abitanti. Inoltre ticket di 1 euro per ogni ricetta medica per disincentivare l’acquisto di farmaci non indispensabili e altre procedure di risparmio. Staccata quindi definitivamente la spina all’agonizzante storico nosocomio di Spinazzola. Nel corso di questi anni è stato un continuo impoverimento della struttura partendo dalle professionalità, dal suo ruolo e funzione in un territorio definito svantaggiato. Ma che allo stesso tempo per decenni è stata l’unica risposta sanitaria più prossima anche per molte città della vicina Basilicata. La politica e i cittadini di Spinazzola non hanno mai in realtà difeso il loro bene, cullandosi di promesse di rilancio del nosocomio cittadino, ora naufragate nel nulla, provenienti prima dal centrodestra e poi dal centrosinistra. Ed è pur vero che così ridotto, un semplice contenitore svuotato e messo a nuovo spendendo pure qualche milione di euro, l’ospedale di Spinazzola non poteva definirsi nemmeno più tale. Quindi la scelta facile e obbligata dai vertici regionali di giungere alla sua dismissione: senza se e senza ma. Si è persa l’occasione, e di questo dovrà dar conto alla città anche l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Carlo Scelzi, di proporsi alla Asl per una riconversione mentre si sono seguite chimere. Basta rileggere oggi con distacco, quanto era emerso durante l’incontro avuto nel consiglio comunale monotematico con il direttore generale della Asl/Bt Rocco Canosa e tutto il suo staff e giungere alle conclusioni. Quel piano è rimasto sogno sulla carte. Un miraggio che al risveglio è diventato l’incubo della città. In cui si ventilava, e ci si è vantato da parte del sindaco anche in volantini, la realizzazione persino di un reparto di riabilitazione mai avviato nell’ospedale di Spinazzola. Oltre alla chiusura dell’ospedale non si può non ricordare anche la beffa a danno della città. La Regione per far fronte alla voragine della sanità, bacchettata dal Governo, frutto di sperpero e appalti “allegri” come raccontano le cronache giudiziarie, ha anche messo in vendita, cartelizzato, proprietà del Comune di Spinazzola. Si tratta di terreni pari a 405 ettari a cui si aggiungono alcuni edifici. Situazione ricordata ancora una volta lo scorso 2 agosto dalla pagine della “Gazz etta”con la lettera di Nicola Amenduni consigliere del Parco Nazionale dell’Alta Murgia inviata a Nichi Vendola. Ma la Regione deve far cassa e ridurre le spese, Spinazzola con il suo ospedale e i suoi beni rientrano in questo desiderio. Resta da porsi una sola domanda, quella sulla struttura ormai ex ospedale sarà abbandonata o sarà riconvertita ad altre funzioni? La Asl Bt, il suo commissario, il futuro direttore generale sapranno di certo rispondere all’occorrenza mentre la politica locale tace.
SANITÀ IL PIANO LOCALE DI AZIONE PREVEDE LA CHIUSURA ANCHE DEL NOSOCOMIO DELLA CITTADINAE A MINERVINO SPARISCE ANCHE LA LUNGODEGENZA
di Rosalba Matarrese
Rischia davvero di chiudere i battenti l’ospedale del centro murgiano. Almeno stando a quanto prevede l’ultima proposta del Pal (piano sanitario regionale) che la prossima settimana approderà in Consiglio regionale. La scure della riorganizzazione ospedaliera messa a punto dalla giunta guidata da Vendola sembra proprio abbattersi sulle due cittadine murgiane: a rischio chiusura nella Asl Bat sarebbero proprio gli ospedali di Minervino e Spinazzola. I due nosocomi rientrerebbero dunque nei 18 ospedali pugliesi da dismettere, in particolare quelli con meno di cinquanta posti letto e ritenuti uno spreco di risorse. Insomma un fulmine a ciel sereno che sicuramente l’amministrazione Roccotelli non si aspettava. Da quel che è stato possibile sapere non ci sarebbero stati incontri sulla questione “ospedale” e solo pochi mesi fa l’ammi nistrazione aveva ribadito la stessa proposta di riordino dell’ospedale di Minervino. E cioè una struttura specializzata in lungodegenza ed hospice per malati terminati, salvaguardando il punto di primo intervento e dodici posti letto di medicina generale. Una proposta che sembrerebbe non trovare affatto spazio nell’attuale riorganizzazione ospedaliera presentata dall’amministrazione Vendola. E solo pochi giorni fa il consigliere regionale Franco Pastore, componente della terza commissione consiliare (Sanità e servizi sociali) interveniva sulla questione “riordino ospedaliero”, sottolineando che nella nuova proposta del Pal, «l'ospedale di Mi nervino dovrebbe essere destinato alla lungodegenza, diventando, insomma, un ospedale di comunità, una di quelle strutture rivolte a pazienti con patologie cronico degenerative che possono avere anche implicazioni di carattere sociale». Un’altra proposta che però sembra cozzare con quanto prevede il Pal, dove non c’è traccia di questa riconversione, né si capisce se saranno salvaguardati servizi e reparti. Una domanda però è d’obbligo: mantenere in piedi strutture che hanno solo costi in termini di personale e non offrono tutti i servizi minimi è davvero necessario? Chi vive nel centro murgiano sa che per numerosi servizi sanitari l’utenza ormai si rivolge altrove: pronto soccorso pediatrico a Canosa, analisi del sangue in cliniche convenzionate, esami e visite specialistiche a Andria e Barletta. Meglio realizzare un buon punto di primo intervento, il servizio 118 e la guardia medica, chiudendo reparti e servizi già sotto-utilizzati.

martedì 14 settembre 2010


ALTA MURGIA, L’ELDORADO DELL’EOLICO L’ALLARME DELLA LIPU: «TROPPE RICHIESTE DI IMPIANTI. A RISCHIO MOLTI UCCELLI PROTETTI »MINERVINO MURGE; SEGUONO SPINAZZOLA, CANOSA E ANDRIA
Cosimo Forina • Spinazzola
Negli ultimi anni, in solo cinque città della Provincia Barletta-Andria-Trani sono state 627 le torri eoliche richieste pari a 1.433 MW. Ma altre potrebbero aggiungersi vista la quantità di progetti ancora in fase di screening ambientale. È quanto emerge dal report della Lipu, elaborato da questa associazione che punta alla difesa dell’ambiente. Ed è proprio la Provincia, il nuovo Ente, ad essere chiamato ad un ruolo importante di valutazione sul futuro assetto del territorio. Poiché molte aziende hanno dirottato nei suoi uffici l’iter per l’approvazione dei loro progetti.Nella Provincia Barletta-Andria-Trani il record in quantità di torri avanzate spetta a Minervino Murge, poi a seguire Spinazzola, Canosa, Andria e con sole 3 torri San Ferdinando di Puglia. Città che si vedranno circondate a loro volta, molto probabilmente, da altre torri innalzate nei territori dei comuni limitrofi. La corsa ad accaparrarsi terreni in Puglia, «Eldorado» delle “Green energy” da parte degli industriali del vento e del sole, non ha lasciato nulla di intentato. Ogni metro quadro dove è possibile e non solo, viene optato e utilizzato per cogliere il “business” del momento, specie per i finanziamenti pubblici europei. E poco importa se l’im - patto dei grattacieli di acciaio alti anche oltre centotrenta metri, modificano il paesaggio che l’art.9 della Costituzione vorrebbe protetto. Oppure andranno a ridurre la visione libera dell’orizzonte, come ad Andria, dove su di un colle vi è Castel del Monte patrimonio dell’Unesco. Chi vorrà continuare a vedere come avviene oggi anche da decine di chilometri il Castello di Federico nella sua interezza, potrà sempre farlo portandosi in tasca una monetina da un centesimo di euro. Così come poco rilievo è dato al pericolo e alle influenze delle istallazioni industriali eoliche sulle zone Zps-Sic, Parco Nazionale dell’Alta Murgia, Parco Regione dell’Ofanto con la loro flora e fauna di estremo pregio e avifauna protetta da norme europee anche a rischio di estinzione. Questa è la terra che il governatore della Regione, Nichi Vendola, ha sognato di far diventare “l’Arabia Saudita delle energie pulite” e gli industriali, interpretando il miraggio, puntano ad esaudire l’aspettativa, traendo però come solo in altre regioni avviene (Sicilia, Calabria, Campania) il massimo del loro profitto. Chi ha piedi per terra, pur non contrario alle energie alternative, continua a richiama re all’attenzione sulla necessità di porre limiti e regole di salvaguardia del territorio. Nei giorni scorsi missive finalizzate a questo obiettivo sono state inviate da parte della Lega Italiana protezioni uccelli, Associazione per la conservazione della Natura (Lipu), all’Ente Parco dell’Alta Murgia, ma an che al presidente della Regione Nichi Vendola, all’assessore all’ecologia Lorenzo Nicastro, all’assessore al Territorio Barbanente.Le istanze mettono in luce la proliferazione degli impianti energetici rinnovabili sul territorio pugliese e il loro disastro ambientale. Nonché la necessità di intervenire in modo drastico in difesa delle aree protette. Specie per giungere nella valutazione all’insieme dell’influenza di tutti i parchi eolici che si vogliono istallare su di un territorio e non solo all’impatto di ogni singolo progetto. In discussione sono gli stessi parametri di consumo del territorio con cui vengono concesse le installazioni dei pali eolici e non solo. Altro tema, che merita attenzione sono i Prie (Piani Regolatori Impianti Eolici) avviati dalle città. Questi appaiono come abiti sartoriali cuciti per il mero fabbisogno degli industriali del vento. Un mercato che vale milioni di euro.

LA SITUAZIONE OLTRE TREMILA PROGETTI SONO STATI GIÀ APPROVATI IN PUGLIA. IN TOTALE SARANNO INNALZATE 127 TORRI
Una selva di eliche in arrivo per produrre megaWatt verdi
A tener il conto in questi anni, man mano che venivano presentati i progetti di impianti eolici in Puglia e questi pubblicati sul Burp ci ha pensato la Lipu che vede come responsabile regionale Vincenzo Cripezzi. Il “report” elaborato da questa associazione che punta alla difesa dell’ambiente, sugli impianti eolici industriali in Puglia aggiornato al 10 agosto 2010 permette una immediata e preziosa situazione d’insieme.
Non si tratta di opera di “integralismo” ambientale, al controllo sui progetti, sovente si aggiungono proposte di richiamo ad un equilibrio tra la necessità di produrre energia da fonti rinnovabili e il rispetto della Natura. Dal “report” Lipu, si apprende che «in Puglia le torri passate a giudizio sono 2.064 per 3.886,77 MW. Totali realizzati e/o con parere di Verifica Ambientale (screening) o di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) emesso favorevolmente. Di cui ben 1.872 torri per 3.438,37 MW non assoggettati alle procedure VIA». .
I PARERI
Cosa è successo in Puglia circa l’analisi dei progetti lo spiega la Lipu: «a fine 2007 sui primi 90 impianti industriali licenziati dagli organi regionali solo 1 aveva avuto parere ambientale negativo, ma poi incredibilmente revisionato positivamente su istanza della società. Fino al 2007 nessun progetto ha quindi avuto parere ambientale negativo dall’ufficio regionale competente. Ad oggi sono 189 i progetti licenziati di cui 9 (per 127 torri e 341,5 Mw) con pareri ambientali negativi e solo dopo essere stati assoggettati a VIA, (tranne uno respinto direttamente allo screening) in gran parte espressi nell’ultimo periodo. E poi ci sono gli impianti da 1 MW esclusi dalla Verifica Ambientale e da Autorizzazione Unica e assoggettati alla sola Dichiarazione di Inizio Attività (DIA) determinando il pullulare occulto di innumerevoli progetti “sin - goli” su ogni comune con effetti devastanti».
Come è stato possibile che i progetti non abbiano avuto adeguato controllo ?
«Fino al 14 febbraio 2009 per lo “scree - ning” la normativa prevede una evidenza pubblica del deposito del progetto scandalosamente limitata al solo albo pretorio comunale per 30 giorni. Questo spiega il percorso occulto di tutti i procedimenti presentati allo screening anteriormente a quella data (e con procedimenti ancora in atto) in spregio a qualsivoglia aspettativa di trasparenza».
LE PROVINCE
Ed ora il ruolo delle Province: «da luglio 2007 le procedura di Verifica, di VIA e Valutazione di Incidenza (VI) su tali impianti sono state delegate alle Province, implementando un ulteriore e deleterio fattore di frammentazione procedurale e abbassando ulteriormente e gravemente la qualità dei procedimenti. I progetti presentati e ancora in fase di screening ambientale sono in numero enorme e non quantizzabile ma stimabile in nome di ulteriori 28mila MW».
Quale la maggior colpa in Puglia?
«Tutti gli impianti sono stati realizzati/autorizzati senza alcuna programmazione e in assenza di un Piano Energetico Ambientale “adottato” ma “non approvato».

domenica 12 settembre 2010


I PETROLIERI TEXANI LASCIANO LA PUGLIA NELLA RIDUZIONE DELL’AREA INTERESSATA ALLE PERFORAZIONI NON C’È PIÙ LA MURGIA
di Cosimo Forina
La società texana di ricerca idrocarburi liquidi e gassosi Aleanna Resorurces LLC, lascia la Puglia. A renderlo noto l’«Organizzazione Lucana Ambientalista» (Ola) che riporta quanto pubblicato sul Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi e delle Georisorse del 31 agosto 2010.
LA RIDUZIONE -La Aleanna Resources LLC ha presentato istanza di riduzione del permesso di ricerca denominato “Palazzo San Gervasio” al Ministero dello Sviluppo Economico lo scorso 20 luglio 2010. «La rinuncia, si afferma dalla Ola, è alle attività di ricerca di idrocarburi nei territori del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, ricadente nella regione Puglia».
Rispetto alla precedente istanza, che interessava 15 comuni (Acerenza, Banzi, Barile, Forenza, Genzano di Lucania, Ginestra, Maschito, Montemilone, Oppido Lucano, Palazzo San Gervasio, Ripacandida, Rapolla e Venosa in Basilicata; Minervino Murge e Spinazzola in Puglia), l’attuale estensione dell’area perimetrata del piano topografico passa dai 561 chilometri quadrati agli attuali 469,90 chilometri quadrati, con i territori pugliesi di Spinazzola e Minervino Murge che restano fuori dal progetto “Bra - dano Foredeep”.
LONTANI DAL PARCO -Sempre dalla Ola: «appare evidente come l’Aleanna Resources abbia rinunciato volontariamente all’area ubicata in territorio pugliese eliminando interferenze con aree sensibili, ed in particolar modo con le zone protette dell’Alta Murgia, nonché il Parco Nazionale. Nulla cambia, invece, in Basilicata, dove la Regione Basilicata autorizza lavori al pozzo Cerro Falcone in Zona 1 del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, nonché SIC Serra di Calvello e ZPS Appennino Lucano Monte Volturino, nonostante i “richiami” del Ministero dell’Ambiente”».
IL COMITATO SPONTANEO SPINAZZOLESE - A Spinazzola contro la ricerca petrolifera, che non escludeva perforazioni, è nato un comitato spontaneo di cittadini denominato «No all’Italia petrolizzata». Lo scorso 24 luglio ha organizzato un convegno contro il progetto “Palazzo San Gervasio” in cui sono intervenuti giungendo dagli Usa, Maria Rita d’Orsogna, fisico docente universitario in California, riferimento in Italia contro la petrolizzazione, Carlo Vulpio inviato del Corriere della Sera e l’avv. Michele Di Lorenzo vice presidente dell’Ente Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Il sindaco di Spinazzola, Carlo Scelzi, rispetto agli altri primi cittadini coinvolti nel progetto “Palazzo San Gervasio” è stato l’unico a dirsi favore della ricerca petrolifera sul territorio. Aprendo con il comitato cittadino una sorta di braccio di ferro, negando il patrocinio e persino le sedie per allestire la piazza dove si sarebbe svolto il convegno, fatte giungere poi in prestito dal Comune di Poggiorsini.
LA POLEMICA -Dopo una lettera inviata dalla D’Orsogna che rimproverava Scelzi della mancata ospitalità questi le ha pubblicamente risposto cercando di mettere in cattiva luce il convegno stesso. Ma a porre veti alla ricerca petrolifera anche l’«Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia», poiché l’area geografica sulla quale insiste il programma di ricerca idrocarburi, risulta essere il larga parte coincidente e sovrapposta con quella interessata dall’attrezzamento irriguo previsto nel progetto definitivo “Schema Idrico Basento-Bradano - Tronco Acerenzadistribuzione III lotto”, per l’irrigazione di circa 5000 ettari. Progetto già approvato e finanziato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica per l’importo di 104,5 milioni di euro, nell’ambito della legge obiettivo, inserito nel Programma delle Infrastrutture Strategiche del Mezzogiorno. Si tratta dopo i lavori della Salerno-Reggio Calabria della seconda opera più importante prevista dal Governo nell’Italia Meridionale che vede impegnati per il loro imminente inizio il Ministro Raffaele Fitto e il presidente della Regione Basilicata Vito De Filippo.
RESTA LA BASILICATA -La Ola ora auspica che la Regione Basilicata faccia proprie le preoccupazioni delle popolazioni del Vulture-Alto Bradano attraverso atti concreti, negando l’autorizzazione alla richiesta di screening della VIA regionale. Nonché l’appello ai sindaci a cui si chiede di prediligere le vere vocazioni che auto-sostengono l’economia dell’area.
«La nostra Organizzazione, conclude la Ola, seguirà da vicino ogni fase delle istruttorie in corso e future a garanzia dei principi dettati dalla Convenzione di Aarhus e in via precauzionale della recente Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 9 marzo 2010, relativa al
danno ambientale».

martedì 7 settembre 2010



CORRIERE DELLA SERA
Domenica 5 Settembre 2010
I LUOGHI. PUGLIA NEL CANALE DI OTRANTO A VENTI CHILOMETRI DALLA COSTA SORGERÀ IL PIÙ GRANDE IMPIANTO ITALIANO OFFSHORE, IN NOME DELLA NUOVA (MALINTESA) ECONOMIA VERDE
SULLE ROTTE DEI GRIFONI MINACCIATI DAL PARCO EOLICO

di Carlo Vulpio
Le pale al largo di Tricase stermineranno i migratori e condanneranno i delfini
GIRA SU' CEPPI ACCESI/ LO SPIEDO SCOPPIETTANDO (...)/ TRA LE ROSSASTRE NUBI/ STORMI D' UCCELLI NERI,/ COM' ESULI PENSIERI,/ NEL VESPERO MIGRAR. (GIOSUÈ CARDUCCI)
Il filmato: Una foresta di pali ed eliche che ai volatili sembreranno alberi.
In Rete c' è un filmato girato a Creta: mostra che cosa accade agli uccelli
L'AFFARE L'ENERGIA DEL VENTO È «L' AFFARE DEGLI AFFARI», HA DETTO TREMONTI. RENDE MOLTO DI PIÙ DEL NARCOTRAFFICO, SPECIE DA NOI, PRIMI IN EUROPA NEI FINANZIAMENTI PUBBLICI
C'è un punto preciso, nel canale di Otranto, che la comunità nazionale e internazionale farebbe bene a non perdere mai di vista. Individuarlo è facile. Basta tracciare una linea retta sulla carta geografica fra il porto pugliese di Tricase e l' incantevole insenatura della greca Paleokastritsa, nell' isola di Corfù. Sono poco più di sessanta miglia marine, all' incirca settantadue chilometri. Il «punto» di cui parliamo si trova a una ventina di chilometri da Tricase e, come vedremo, sembra partorito dalla lucida follia di un genio del Male. Perché sarà proprio in quel punto che il grifone morirà. Decapitato. E con lui, sempre lì, in quel maledetto punto preciso, verranno abbattute intere «divisioni» dell' esercito di uccelli migratori che attraversano il mare Mediterraneo. Aironi rossi, bianchi, cenerini. Cicogne bianche e nere, che magari avrebbero sperato di raggiungere le torri di Avila, in Spagna, o i comignoli di Copenaghen, sui quali poter appollaiarsi felici. E poi gru e fenicotteri. Gabbiani e pellicani. Gufi reali e falchi. Il falco della regina e il falco pellegrino. E poi ancora tordi, rondini, upupe, anatre, colombi, oche, beccacce e tutti i passeriformi... Ma torniamo alla nostra retta immaginaria fra Tricase e Paleokastritsa. In realtà è una rotta, come sanno bene pescatori e navigatori. Una rotta che ha visto di tutto. Navi turistiche, pescherecci grandi e piccoli, barche a vela, yacht miliardari, unità militari, piroscafi arrugginiti e stracolmi di disperati, come i diecimila albanesi a bordo del Vlora sbarcati a Brindisi nel 1991. E poi, per tutti gli anni Novanta e fino a ieri, scafi e gommoni di trafficanti di esseri umani, a cui decine di migliaia di «clandestini» - profughi di guerra, perseguitati politici, poveri - affidavano la propria vita. Spesso sacrificandola per sempre, assieme a tutti i loro risparmi. Su questa rotta bellissima, magica, dove ancora si vedono i delfini saltare fuori dall' acqua all' inseguimento dei traghetti e si può scorgere la mole di un capodoglio che, infastidito dal moto ondoso delle imbarcazioni, si allontana, negli ultimi venti anni hanno perso la vita decine di migliaia di esseri umani. Uomini, donne, bambini - curdi, albanesi, rom, cingalesi, iracheni, afghani, pachistani, il conto delle «etnie» ormai non lo tiene più nessuno -, che sono finiti in pasto ai pesci o nel ventre di qualche nave greca naufragata duemilacinquecento anni fa e ancora custodita dagli abissi. Questa rotta magica, se guardi il mare un po' meglio e un po' più in profondità, ti ricorda che il canale di Otranto è un cimitero. Un cimitero di cui l' umanità dovrebbe vergognarsi. Questa rotta, da millenni, è anche la strada migratoria obbligata del grifone e di tutte le altre specie di uccelli che ora rischiano di essere falciati in mare aperto, in quel punto preciso al largo di Tricase, dove la giunta (di centrosinistra) della Regione Puglia ha approvato, con una velocità degna di miglior causa, e nonostante una prevedibile sentenza contraria della Corte Costituzionale che puntualmente e per fortuna è arrivata, la realizzazione del più grande parco eolico italiano offshore. Ventiquattro torri, ciascuna alta centotrenta metri. Una foresta di pali ed eliche che agli uccelli sembreranno alberi e fronde mosse dal vento e che ingannerà non soltanto il grifone e i suoi fratelli, ma anche i delfini e i capodogli. I quali, a causa del rumore degli aerogeneratori perderanno il senso dell' orientamento e finiranno «spiaggiati», com' è già accaduto sui litorali del Gargano per colpa dei boati delle esplorazioni petrolifere sottomarine. Non è un allarme per evitare un rischio. È una certezza. Il grifone, questa sorte, l' ha già subìta. In Rete c' è un filmato girato a Lendas, nel Sud dell' isola di Creta, il 27 ottobre 2009, che meriterebbe d' essere proiettato nelle scuole e divulgato come le foto delle foche uccise a bastonate in Norvegia e in Canada o come la foto-simbolo (benché finta, perché «costruita» per ragioni di propaganda militare) del cormorano ricoperto di petrolio durante la guerra del Golfo del 1991. Nel filmato si vede il grifone colpito da un' elica e si sente persino il colpo secco, come di una mannaia, che lo abbatte. Il grifone precipita al suolo. Vorrebbe rialzarsi, ma non ce la fa. Ricorda l' albatro di Baudelaire che cade, apre le ali, zoppica, ma non riesce a riprendere il volo. Dopo un po' quel grifone, uccello caro agli dèi, si accascia e muore lì, nella terra del padre degli dèi, dove Rea nascose Zeus per sottrarlo a Crono, che divorava i suoi figli. In nome dell' energia pulita, che tutti vorremmo, anche questo corridoio migratorio di uomini e uccelli rischia di essere divorato dalla green economy, ormai sempre meno green e sempre più economy. Il consumo dei combustibili fossili - petrolio, carbone - non diminuisce, il territorio viene «tombato» dalle mastodontiche opere necessarie a piantare torri (e a installare pannelli fotovoltaici, invece che sugli edifici, nei terreni agricoli) e i contributi pubblici fioccano come manna dal cielo. «Da noi - ha scritto Giovanni Sartori su questo giornale - è fiorita soltanto l' industria dell' eolico, dei mulini a vento, ed è fiorita quasi soltanto perché fonte di tangenti e di intrallazzi». Dev' esserci qualcosa di vero, se anche il ministro dell' Economia, Giulio Tremonti, ha detto che «l' eolico è l' affare degli affari». Per esser chiari, rende molto di più del narcotraffico. Soprattutto in Italia, al primo posto in Europa per erogazione di finanziamenti pubblici, e in Puglia, che è al primo posto in Italia. Il «parco» eolico individuato con il compasso sulla rotta del grifone, per esempio, sarà di 94 megawatt, costerà tutt' al più 50-60 milioni di euro e beneficerà, secondo alcuni calcoli approssimati per difetto, di contributi pubblici per 90 milioni di euro l' anno, per vent' anni. Cioè un miliardo e ottocento milioni. Oppure, se si vorranno riscuotere i contributi in «certificati verdi» (vendibili a chi inquina, affinché, pagando, possa continuare a farlo), di 280 milioni l' anno per quindici anni, ovvero quattro miliardi e duecento milioni di euro. Naturalmente, nessun beneficio per la bolletta. Al contrario, è bene sapere che in questo modo per ogni chilowattora acquistato se ne pagano tre. Sarebbe bello se su questa rotta si incontrasse qualcuno pronto ad aiutare gli uccelli migratori, come molte volte è avvenuto per i popoli migranti. Qualche magistrato, per esempio. Che cercasse di capire, per dirne una, cosa c' è dentro la società dal nome celestiale «Sky Saver», che ha sede in un piccolo paese pugliese e il cui socio unico è una società olandese. O che individui la logica che in Puglia consente di allestire dovunque si voglia un impianto di energia alternativa da un megawatt con una semplice autocertificazione (con un assessore all' Ambiente che è un magistrato e un presidente che si professa «ambientalista»), mentre per una concessione edilizia - nel centro abitato - dei comuni rientranti in zona protetta si deve dimostrare che «non saranno utilizzati sistemi che provochino l' allontanamento di volatili», che impediscano cioè ai falchetti di nidificare. Il nostro grifone non sa nulla di tutto questo. Sa bene però che quelle pale sono il suo nemico e che se anche superasse indenne le eliche al largo di Tricase, deve vedersela con quelle che lo aspettano in Puglia, Irpinia, Basilicata. Una selva. Che ogni giorno diventa più fitta. E dove una volta il grifone era il re. Tanto che con il suo nome, vultur gryphus, venne chiamato il Vulture, il vulcano spento che oggi è un lago di acqua minerale. Ma non tutto è perduto. Quattro parole hanno già fatto il giro del mondo: «vulture must not die» (il grifone non deve morire). È lo slogan internazionale di tutti quelli che gli vogliono bene. RIPRODUZIONE RISERVATA L' impianto A volere il parco eolico offshore di Tricase fu, nel 2006, Grazia Francescato, ex presidentessa del Wwf, all' epoca portavoce nazionale dei Verdi, nominata assessore all' Ambiente dal sindaco Antonio Coppola (centrosinistra). Nelle «osservazioni» presentate dal Wwf alla Regione per la «Via» (Valutazione di impatto ambientale) - denunciano le associazioni contrarie al progetto - «non si fa cenno alla questione dell' impatto sull' avifauna migratoria, nonostante il Wwf, più di ogni altro, dovrebbe conoscere l' importanza del canale di Otranto per le rotte migratorie, visto che gestisce parte della riserva Oasi delle Cesine, vicino a Otranto». Ma ci sono anche le pale eoliche sulla terraferma a creare allarme, come le 14 torri autorizzate dalla Regione Puglia sulla collina dei Fanciulli delle Ninfe, che rischiano di pregiudicare il riconoscimento da parte dell' Unesco della città di Otranto come patrimonio dell' umanità.

domenica 5 settembre 2010


MURGIA, LE PALE EOLICHE GHIGLIOTTINE PER UCCELLI OLTRE CENTO METRI
Il Prie, se approvato, prevede di piazzare dalle 101 alle 121 torri eoliche di altezza che andrà anche oltre cento metri
LA CORSA
È già partita la corsa dei proprietari terrieri per degradare il proprio terreno e accappararsi le installazioni di torri Nel piano comunale è stata prevista una selva di installazioni
Cosimo Forina • Spinazzola.
Con il piano regolatore per impianti eolici (Prie) a Spinazzola sarà possibile, se approvato, piazzare dalle 101 alle 121 torri eoliche di altezza che raggiungerà gli oltre cento metri. Una selva di torri, a cui potrebbero sommarsene altre su una superficie di 182,62 Kmq. La Puglia è diventata l’Eldorado delle “Green energy” in tutte le sue salse, dall’eolico, al fotovoltaico, non disprezzando nemmeno gli impianti a biomasse. Facendo gridare da più parti al disastro ambientale. Ma il disastro non è solo quello visivo.
GLI UCCELLI
I pali eolici saranno la morte certa per impatto degli uccelli presenti sul territorio: falco grillaio, gufo reale, la civetta, barbaggianni, allocco, nibbio reale, falco pellegrino, gheppio, merlo, cornacchia, gazza, tortora, tordo, bottacio, beccaccia, quaglia, colombaccio, pettirosso, cinciarella, fringuello, rigogolo, passero, ghiandaia, allodola.
Ancor più di quanto possa fare un cacciatore sparando ogni giorno con le sua doppietta. E’ singolare leggere negli atti del Comune il divieto di effettuare le opere di cantierizzazione dei progetti durante i periodi migratori (autunnale e primaverile) e durante il periodo riproduttivo (15 marzo – 15 luglio) per le possibili interferenze prodotte dai singoli parchi eolici sulle rotte locali dell'avifauna negli spostamenti tra i siti puntuali esterni al Parco Nazionale dell'Alta Murgia (bacino Locone, lago di Serra del Corvo). Mentre il rischio una volta alzate le torri e le pale sull’avifauna sarà costante.
LO STUDIO
A titolo di esempio lo studio di “Via dal Vento”fatto su 10 rotori di un diametro di 89,6 metri, è posizionato su una torre di 67 metri, la sua rotazione copre verticalmente un’area di oltre 6.300 mq. A crearsi è una barriera di oltre 6,3 ettari ad un’alte zza compresa tra i 22 ed i 112 metri. Gli uccelli che si trovano a passare in quella zona hanno una elevata probabilità di essere colpiti dalle pale, che si comportano come affilate mannaie».
L’IMPATTO
«La collisione avviene in genere con la parte più esterna delle pale, che non possono essere rilevate dagli uccelli in transito a causa dell’elevata velocità di rotazione. Infatti, anche se sembrano girare lentamente a causa delle enormi dimensioni, le pale hanno una velocità di rotazione compresa tra 9 e 19 giri al minuto. La punta della pala, per fare un giro completo, percorre una circonferenza di 282 metri in 3-6 secondi, pari ad una velocità compresa tra i 152 ed i 320 km/h. Se un uccello sfugge ad una delle tre pale in rotazione dispone solo di 1-2 secondi per non essere colpito dalla successiva, un tempo che non gli dà praticamente scampo».Queste solo parte delle controindicazioni di quelle energie che chiamano “pulite”.
LO STRANO AFFARE
Per l’installazione di un palo eolico, le società del vento, sono disposte a pagare annualmente sino a 15mila euro, mentre nel caso del fotovoltaico si arriva ad affitti della durata di 20 anni, con compenso annui per ettaro sino a 5mila euro (per 1MW di fotovoltaico necessitano dai 3 ai 4 ettari di appezzamento). Un’enormità visto il valore reale dei terreni a Spinazzola il cui prezzo oscilla da un minimo di 10mila euro ad un massimo di 20mila euro ad ettaro. In buona sostanza nel caso dell’eolico per ogni palo l’agricoltore incasserà in 15 anni 225mila euro, mentre per ogni ettaro affittato utilizzato a fotovoltaico non meno di 100mila euro. Viene da chiedersi il perché le società preferiscano affittare i terreni piuttosto che acquistarli.
Ma quanto può fruttare il territorio nel caso dell’eolico? Moltissimo per gli industriali del vento. Secondo l’indice di ventosità la producibilità a 50m, con rotori da 2,0 MW è di 4.000 MWh lordi; con rotori da 2,5 MW, è 5.000 MWh lordi. Con i certificati verdi si trasforma in decine di milioni di euro annui di incasso per le società da cui detrarre gli affitti, le royalties da pagare al Comune, e spese di manutenzione e tassazione. In buona sostanza il vero affare è per chi installa anche se a dettare la disponibilità ad accogliere pale non è solo la politica, è soprattutto la bassa redditività dei terreni, specie con la crisi del comparto cerealicolo che ha visto crollare il prezzo del grano. Quindi a Spinazzola è partita la corsa dei possidenti per vedere i propri terreni trasformati da agricoli a categoria di degradati, ma ben remunerati. All’occupazione dei terreni si aggiungono gli effetti accessori, come i cavidotti, o le sottostazioni per immettere l’energia nella rete nazionale. Uno sconquasso che cambierà il paesaggio

Assalto alla Murgia da Minervino a Spinazzola
In Veneto:
La stessa società petrolifera si è proposta, in Veneto, con le stesse modalità, ma fornendo spiegazioni un po’ diverse.
La Differenza:
Scelzi (Pd) dichiara che se la ricerca sarà positiva, si farà un referendum; in Veneto il Pd dice “non abbiamo bisogno di trivellazione”
COSÌ I TEXANI CERCANO IL PETROLIO LA PAURA DELLE TRIVELLE LEGA IL TERRITORIO PUGLIESE E LUCANO CON LA PADOVANA
Cosimo Forina • Spinazzola.
Cosa unisce due città della Puglia: Spinazzola e Minervino, tredici città della Basilicata, con sessantatre del Veneto tra Padova e Rovigo? Il filo rosso è la ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi. Protagonista la società texana Aleanna Resources, posseduta da tre aziende di esplorazione e sfruttamento, la texano-canadese Saxon Oil, che ha dichiarato nel bilancio 2008 ricavi per 5,6 milioni di dollari, e le texane Kerns Petroleum, attiva nelle esplorazioni, ed Aleanna Energy. Anche nel Veneto come in Puglia e Basilicata ad accorgersi “stranamente” dei progetti di ricerca c’è voluta la pubblicazione sul Bollettino Regionale con comunicazione dell’inizio della procedura Via. Se tra la Murgia e l’Alto Bradano il progetto porta il nome di “Palazzo San Gervasio” 561 chilometri quadrati, nel Veneto le concessioni richieste dalla Aleanna Resources sono due: “Le Saline” tra Padova e Rovigo per 579 chilometri quadrati e “Tre Ponti “ che alle due province aggiunge anche aree nel Veneziano, per 640: un totale di oltre 1.220 chilometri quadrati. Quel che stupisce sono le similitudini che caratterizzato il rapporto con i territori e le rassicurazioni che da Sud a Nord giungono dalla società che ha sede a Matera, rilasciate da Roma dall’avv. Emanuele Turco legale della Aleanna Resources. Specie dopo e non prima che i cittadini apprendano della possibile ricerca di idrocarburi. Pronti in fotocopia i conforti di Turco: «la prima attività di ricerca sismica consisterà nel far passare pesanti Tir che emetteranno onde sonore con masse battenti. Registrate da geofoni che sveleranno se vi siano idrocarburi nel terreno. Trivellazioni? Siamo solo ai rilievi superficiali che, nel Ferrarese, due anni fa, abbiamo completato in 3-4 mesi su un’area di 130 chilometri quadrati, con un protocollo che prevedeva anche gli indennizzi». In Veneto evidentemente rispetto a Spinazzola il progetto dell’Aleanna se lo sono letti, infatti Turco ammette: «se vi sono idrocarburi nel terreno partirà la richiesta di aprire un pozzo esplorativo profondo 3.500 metri. A quel punto tutto l’iter burocratico dovrebbe ripartire da capo Ma posso dire che i pro grammi di lavoro legati a ricerche sismiche e apertura di un pozzo esplorativo, che produce gas per 24-56 ore, comportano investimenti di 10-15 milioni di euro. Sono comprensibili le preoccupazioni delle realtà locali: ora si aprirà il dialogo». Dal Veneto giunge la conferma, sempre negata dal sindaco Scelzi, unico su quindici sindaci a dirsi favorevole alla ricerca petrolifera, che oltre ai rilievi sismici non sono affatto esclusi pozzi esplorativi a 3500metri di profondità. Come del resto è scritto chiaramente anche nel progetto “Palazzo San Gervasio” fortemente contrastato oltre che da tutti i sindaci della Basilicata anche dall’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia. E mentre il sindaco Scelzi (Pd) dichiara che se la ricerca risulterà positiva, solo allora verrà coinvolta la popolazione con un referendum: “sono contrario alle trivellazioni: non sono previste nella fase di ricerca poiché si tratta solo di studio geologico effettuato con strumenti non invasivi”, in Veneto il consigliere Pd di Monselice, Francesco Miazzi afferma: «L’Ita - lia è divenuta una specie di Eldorado, le royalties sono tra le più basse al mondo. La Bassa Padovana ha già dato troppo in termini di salute e ambiente, non ha bisogno di queste trivellazioni».
LA SCHEDA
L’oro nero
La società texana Aleanna Resources LLC di Houston (USA) ha presentato il progetto denominato “Palazzo San Gervasio” L’area interessata al progetto comprende un territorio di 561 Kmq in gran parte in Lucania Le città interessate al progetto con Acerenza, Banzi, Barile, Forenza, Genzano di Lucania, Ginestra, Maschito, Montemilone, Oppido Lucano, Palazzo San Gervasio, Ripacandida, in Lucania, mentre in Puglia sono interessati i comuni di Minervino Murge e Spinazzola.
L’oro bianco
Più che l’oro nero in questa area la risorsa più preziosa è l’acqua: il governo con il contributo della Regione Basilicata, ha già approvando il progetto «Marascione», per l’irrigazione di circa 5.000 ettari tra Puglia e Basilicata.
Centinaia di milioni di euro di investimenti potrebbero essere vanificati dalla ricerca petrolifera.