venerdì 8 ottobre 2010


LETTERA A DAGOSPIA DI CARLO VULPIO
A me questa perquisizione disposta dai pm napoletani Piscitelli e Woodcock a casa e negli uffici dei giornalisti Sallusti e Porro non piace per niente. Per due motivi. Il primo. Cosa vuol dire applicare il reato di "violenza privata in concorso" per un presunto "dossier" o "campagna di stampa" che "il Giornale" si sarebbe apprestato a pubblicare (condizionale futuro)? Mi sembra tanto uno di quei "pre-reati" di cui si occupano gli investigatori della "pre-crimine" nel film Minority Report, con Tom Cruise. Insomma, un reato che semplicemente non esiste. Senza considerare che, come ricorda il collega Franco Abruzzo, "la Corte di Strasburgo ha imposto l'alt alle perquisizioni nelle redazioni a tutela delle fonti dei giornalisti e i giudici hanno l'obbligo di rispettare le sentenze del Tribunale dei diritti dell'uomo". Ma - dicono i pm e la " presunta vittima" del reato, Emma Marcegaglia, presidentessa di Confindustria -, la conversazione telefonica intercettata tra Porro e Arpisella (portavoce della Marcegaglia) dimostrerebbe l'intento di "coartare la volontà" della Marcegaglia, per indurla a più miti considerazioni sull'operato del governo guidato da Silvio, fratello di Paolo Berlusconi, editore de "il Giornale". Anche in questo caso, può esserci d'aiuto un film. "Guardie e ladri", con Totò (il ladro) e Aldo Fabrizi (la guardia). "Vieni qui o ti sparo", dice Fabrizi a Totò. "Non puoi sparare se non per legittima difesa - replica Totò -, e poiché io non offendo..." . E Fabrizi: "Allora io sparo in aria, a scopo intimidatorio". Totò: "E bravo. Io però non mi
intimido...".Ecco, anche a voler tutto concedere, Marcegaglia poteva rispondere come Totò: "Non mi intimido", "la mia volontà non si coarta". Che poi è la predica che vien fatta tutti i giorni agli imprenditori affinché non si pieghino a pagare il pizzo, al punto da minacciare di espellere dagli organismi associativi di categoria quelli che cedono. Marcegaglia invece era così "coartata" da far chiamare l'altro fratello di Silvio, Fedele Confalonieri, affinché intervenisse sul direttore editoriale Feltri per sistemare un po' le cose: cioè evitare la pubblicazione di articoli che per lei potessero rivelarsi scomodi (chiamateli pure dossier o come vi pare, la sostanza non cambia). Ma questo, signori miei, si chiama bavaglio alla libertà di stampa. Non ha alcuna importanza chi pubblica una certa notizia, quando la pubblica e per quale altro fine (anche biasimevole) la pubblichi. Ciò che conta è che la notizia (la cui pubblicazione rispetti le norme vigenti, ovvio) sia vera. Di quali notizie vere potesse aver timore la Marcegaglia, per la propria immagine e per quella del suo gruppo imprenditoriale, ci fornisce un assaggio il bravo Vittorio Malagutti sul "Fatto Quotidiano", ricordando gravi storie di smaltimento di rifiuti e di condanne subìte dagli stretti congiunti della signora Emma. Ma, appunto, si tratta di un assaggio. Un'inchiesta giornalistica (dossier?) un po' più approfondita farebbe capire meglio perché Marcegaglia e gli altri potenti, tutti i potenti, temono la libertà di stampa. Che non esiste allo stato puro e in via assoluta, intendiamoci, ma è tutt'al più una libertà relativa, e purtuttavia, anche se presente in "modiche quantità", è una libertà che spaventa. Facciamo un esempio che è di stretta attualità, ma che un po' tutti fingono di non vedere e che potrebbe far drizzare le antenne tanto ai "segugi" de "il Giornale" quanto a quelli del FQ (e sempre che Woodcock e Piscitelli non ravvisino anche in questo mio esempio un intento di "coartare"). Marcegaglia sostiene che Nicola Vendola è tra i migliori governatori d'Italia. Domanda del bravo giornalista: perché lo dice? Risposta del bravo direttore: andiamo a vedere, sguinzagliamo un cronista sveglio in giro per la Puglia e forse ne capiremo il motivo: tra inceneritori e contratti ventennali per discariche, alcune delle quali realizzate persino su laghi di acqua potabile che alimentano l'80 per cento della rete idrica salentina (Corigliano d'Otranto) e importanti siti neolitici (Spinazzola), il gruppo Marcegaglia non può che essere riconoscente per i decenni a venire nei confronti di Vendola. Il quale infatti è diventato un "intoccabile" per la stampa e la tv, di destra e di sinistra: nessuno che gli faccia mai una domanda seria che sia una. Non so se i "dossier" de il Giornale avrebbero riguardato (condizionale futuro) queste storie. Se non è così, peccato. Ma si fa sempre in tempo. Se non su "il Giornale", sul FQ, o su qualunque altra testata. Anche su "Chi" e "Novella 2000", perché no? Le shampiste leggono, se incrociano articoli scritti bene.
Veniamo al secondo motivo. Questa perquisizione e questo "reato" non mi piacciono anche perché avvicina molto Woodcock e Piscitelli a Chieco e Cazzetta, il procuratore e il pm di Matera che nel 2007, assieme al gip Onorati, formularono il seguente fantasmagorico capo di imputazione: "associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa con concorso morale esterno". Un reato inventato, che non esiste nei codici e che infatti non è mai stato applicato nella storia d'Italia, ma che ha comportato non solo perquisizioni di casa e ufficio, sequestri di pc, cd e documenti di lavoro per nulla segreti, ma che ha consentito - grazie alla contestazione del reato associativo - di mettere sotto controllo i telefoni di quattro giornalisti (tra i quali il sottoscritto) e di un capitano dei carabinieri. In quella circostanza furono proprio Feltri e Sallusti, che dirigevano Libero, a pubblicare a puntate le nostre intercettazioni (parlo di intercettazioni private, che dovevano essere distrutte perché non costituenti reato, né pertinenti al presunto reato). Non si scandalizzò nessuno. Né Feltri, né Sallusti, né le direzioni e i comitati di redazione del mio o di altri giornali (eppure, era la prima volta che un intero giornale veniva "ufficialmente" intercettato) e nemmeno l'Ordine dei giornalisti e la Federazione della stampa che oggi accennano a una timida reazione. A me, non è restato altro da fare che agire in giudizio contro Libero. Ma proprio per questo oggi difendo Feltri e Sallusti e penso che i pm napoletani sbaglino. Quale vicenda meglio di questa può dimostrare la necessità che un un principio, se lo si ritiene sacro - e la libertà di stampa lo è -, va difeso sempre? Anche e soprattutto quando riguarda chi ti ha "maltrattato" calpestando ieri i princìpi che invoca per sé oggi? Dirò di più. Così magari qualcuno può cogliere l'occasione per organizzare un dibattito in tv sull'argomento (magari con noialtri "associati a delinquere", Feltri, Woodcock, Vendola e Marcegaglia). Per noi, gli "associati delinquere", il termine ultimo per la conclusione delle indagini, prorogato tre volte, è scaduto a gennaio 2009. Ebbene, quando qualche settimana fa abbiamo inoltrato istanza al procuratore generale di Potenza, Lucianetti, affinché ci venisse detto se fossimo da prosciogliere o da rinviare a giudizio, la risposta è stata un'altra perla giuridica. E' vero - ha risposto il pg - che il termine ultimo per le indagini è scaduto da quasi due anni. Ma le indagini restano aperte perché il "caso è complesso" (una presunta diffamazione!) e, in ogni caso, gli atti compiuti dopo quel termine "sono inutilizzabili". In altre parole, se in tutto questo tempo hanno continuato a "monitorarci" e se verosimilmente continueranno a farlo - per sapere chi siamo e da dove veniamo e con chi parliamo e come la pensiamo e cosa facciamo - non dovremo preoccuparci. Tanto gli atti da gennaio all'infinito sono inutilizzabili. Eh, no. Non va bene. Urge programma tv che affronti la questione e spieghi al grande pubblico. Mi vanno bene anche Floris e Paragone. O una finestra nel tg di Mentana, a La7. Certo, da Fazio o da Vespa, oppure a Matrix, sarebbe già un altro share. Se proprio insiste, però, sceglierò Santoro.

Nessun commento:

Posta un commento