giovedì 28 luglio 2011

DOPO LA «BEFFA»
ALTRO CHE RILANCIO DELL’ISTITUTO
SINDACATI DIVISI
Il provvedimento di chiusura condiviso soltanto dall’Osapp, ma osteggiato dalle altre sigle sindacali
Detenuti contro la chiusura
Spinazzola, nel carcere il via allo sciopero della fame ad oltranza

di COSIMO FORINA
Da ieri mattina i detenuti dell’Istituto Penitenziario di Spinazzola hanno iniziato ad oltranza uno sciopero della fame. Questa la risposta alla notizia della chiusura della struttura disposta con decreto dall’allora Ministro della Giustizia Angiolino Alfano. L’annuncio fatto trapelare oltre il muro di cinta da radio carcere sottolinea tutta la gravità e la delicatezza del momento. Un tradimento alle aspettative non solo per i detenuti ma anche per tutto il personale di Polizia Penitenziaria distaccato a Spinazzola. Il quale da anni chiedeva di essere stabilizzato e potenziato, costretto giorno dopo giorno, nonostante l’abnegazione al servizio, ad continuo stillicidio. Mano pesante e pressante nel chiedere di decretare la morte del carcere di Spinazzola è tutta da iscrivere ai “meriti” di un solo sindacato l’Osapp, mentre si registrava la contrarietà degli altri. Ed in particolare al suo vicesegretario nazionale Domenico Mastrulli, il quale, per sua stessa ammissione, ha incalzato il Provveditore regionale Giuseppe Martone e il Ministero al fine di ricollocare il personale in servizio a Spinazzola in altri Istituti Penitenziari. Quei ventidue uomini avrebbero in parte risolto il dramma, secondo il Mastrulli, che attanaglia le carceri italiane. Cenno ad un suo ripensamento in tal senso era emerso durante il memorabile incontro “farsa” di qualche giorno fa organizzato nel Palazzo di Città dal sindaco Nicola Di Tullio. Mentre all’insaputa dei partecipanti il Ministro Angiolino Alfano aveva di già firmato la chiusura del carcere. Un convegno finalizzato a valutare, dopo che i buoi erano in pratica scappati dalla stalla, non la chiusura del carcere ma il suo potenziamento. Mastrulli, ebbe a concludere così il suo intervento invitando il sindaco a recarsi con lui a Roma al Ministero per cercare una risoluzione sul carcere: «vado via da Spinazzola con un valore in più e ritengo che insieme potremo lavorare». A quali valori si riferisse, oggi difficile stabilirlo. La città aveva manifestato ai parlamentari presenti on. Pierfelice Zazzera (Idv) e Benedetto Fucci (Pdl), al presidente della Provincia Francesco Ventola, nonché allo stesso Martone, la ferma volontà di non veder sopprimere l’Istituto Penitenziario ormai integrato a pieno titolo nel tessuto sociale della città: «non si può chiudere una struttura che funziona e che può ospitare sino a 102 detenuti mentre le carceri italiane sovraffollate scoppiano con detenuti in condizioni pietose». Da ieri il sindaco Nicola Di Tullio come un guru indiano si è messo in riflessione con la sua Giunta, cerca strategie sul da farsi, dice: «risolutive». Si sente preso in giro, lui che ottimista, per l’esito dell’incontro organizzato dalla sua amministrazione si era fatto fotografare con il Mastrulli in un abbraccio di condivisione, foto pubblicata sul sito nazionale dell’Osapp. Ma se questo è l’aspetto di minore importanza in questa storia, altre sono le reazione di cui dover tener conto. Spinazzola terra di conquista a quanto pare per tutti, perde ancora qualcosa. Dopo l’ospedale, prima ancora la Pretura, ora il carcere, un elenco della vergogna composto nel suo insieme da tanto altro. Altro presidio dello Stato nella città murgiana viene meno,ed impoverita è anche la nuova Provincia a cui appartiene. Le telefonate di protesta giunte alla “Gazzetta” per la chiusura del carcere sono in particolare dei giovani. Di quelli che hanno deciso nonostante tutto di restare nella Città dal facile scippo, ed esprimono all’unisono collera. Loro non ci stanno ad essere impoveriti con decisioni prese da altri sulla propria pelle ed intendono organizzarsi per reagire al pari di chi si appresta a difendere il proprio posto di lavoro, una struttura, dove espiare la pena significa contare su di un percorso di rieducazione finalizzato ad un futuro reinserimento sociale che rispecchia quando sancito dalla Costituzione italiana.

Svanisce anche un progetto Asl 100mila gli euro stanziati.
Il direttore sanitario Polemio: «Addio all’assistenza psicologica»

«Buttato ai pesci» come si suol dire, tutto un lavoro effettuato sui detenuti per evitare loro recidive. Questo è il primo grande danno decretato dalla chiusura del carcere di Spinazzola con la firma dell’ex ministro Angiolino Alfano. E nel momento in cui si parla di «sex offenders», per recidiva, si intende ricadute in azioni di pedofilia, violenza su donne e altri comportamenti odiosi legati alla sfera sessuale. La sperimentazione in corso nel carcere di Spinazzola era stata presentata con l’intervento dell’on. Benedetto Fucci (Pdl), ricevendo plauso bipartisan da tutti i parlamentari, nella Commissione Parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario presieduta da Leoluca Orlando, dalla direttrice Mariella Affatato. Ed il risultato di questa attività finanziata interamente dalla Asl/Bt per oltre 100mila euro era atteso, poiché poteva rappresentare un percorso di grandi risultati. Il carcere di Spinazzola non è certo quello di Bollate divenuto riferimento nell’azione rieducativa dei detenuti in Italia, ma qui, pur con pochi fondi, si era tentato a livello nazionale, quello che altrove non si era nemmeno concepito. Oltre ai laboratori di dolci tradizionali, quelli del cuoio con manufatti realizzati utilizzando elementi del territorio murgiano, un corso di impiantistica e manutenzione di pannelli solari, a quello di elettrotecnico che si era concluso con l’istallazione di un sistema di video sorveglianza, alla possibilità di frequentare lezioni per ottenere la licenza di scuola media, ai detenuti era stata data altra possibilità: quella di prendere consapevolezza delle propria potenzialità di offesa e correggere i propri comportamenti. Nelle parole di Franco Polemio, Direttore Sanitario Asl Bt tutta l’amarezza di quello che oggi è naufragato nel nulla: «siamo dispiaciuti della chiusura del carcere. Qualche mese fa abbiamo dato avvio ad un importante progetto sperimentale di assistenza psicologica ai detenuti sex offenders. Si tratta di un progetto ambizioso alla cui realizzazione abbiamo lavorato, in accordo e in collaborazione con la direzione del carcere, per diversi mesi. Il progetto è stato avviato grazie alla disponibilità e all’impegno di personale dell’azienda. Anche l’assessore regionale alla Politiche della Salute, Tommaso Fiore, ha partecipato a un incontro di presentazione del progetto e ha apprezzato lo sforzo fatto per avviar un discorso di recupero e supporto psicologico rivolto ai detenuti del carcere di Spinazzola. C’è stato anche un impegno economico da parte della Asl. E’ davvero un peccato non poter continuare questa sperimentazione». Sperimentazione che lo stesso Francesco Polemio, in altra occasione, non aveva esitato ad affermare: «possibile solo a Spinazzola in ragione della dimensione della struttura». Ecco ora qualcuno lo spieghi all’ex ministro Angiolino Alfano oggi segretario nazionale del Popolo delle Libertà, al Ministero che ha accettato le pressioni del sindacato che ha chiesto di utilizzare il personale in altre sedi e di risparmiare sui costi di gestione, allo stesso provveditore delle carceri Giuseppe Martone: «se con questa sperimentazione interrotta con la chiusura del carcere si sarebbe potuta evitare una sola recidiva, quello che si sarebbe ottenuto, non quantificabile in denaro, sarebbe stato una ferita indelebile in meno nella vita di nuove vittime». L’appello a rivedere la decisione sulla chiusura del carcere di Spinazzola è ora rivolta al neo ministro on. Nitto Palma da ieri nuovo Guardasigilli.

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